I lavori di Mirinellia Pirelli (Verona 1925 - Varese 2009) sono da consi- derarsi affini alle sperimentazioni di luce di James Turrell, Douglas Wheeler, Dan Flavin, Maria Nordman... contribuendo ad arricchire il re- cente patrimonio artistico sulle opere di luce, in cui la sorgente luminosa non è solo utilizzata come mezzo illuminante, ma essenzialmente per produrre inedite e sofisticate immagini dall'intenso potere avvolgente. “Quando da ragazza dipingevo, era la luce che volevo catturare... e si parlava della luce, straordinaria qualità della grande pittura veneta (ma si trattava di una luce speciale e io capivo poco)... e poi c'era la luce rompicapo dei divisionisti (e qui capivo qualcosa di più per le loro ri- cerche sui colori). Già alle prime esperienze pittoriche ingenuamente mi rammaricavo che la materia chimica dei colori sporcasse la luce, di cui sono addirittura i componenti, e come micidiali fossero i miscugli di co- lori sbagliati, capaci di precipitare i colori nel grigio nulla, come se si spegnesse all'improvviso un dispettoso computer che apposta non si ac- corge che hai toccato il comando ʹesciʹ solo per distrazione, prima di aver salvato tutto. Ma se, delusa, guardavo, attraverso un vetro contro- luce, i colori che si erano spenti sul foglio, qualcosa si riaccendeva”69.
Le sue opere racchiudono anni di studio e ricerca sulla luce, sul tipo di sorgente luminosa, sulla riflessione, rifrazione e diffrazione luminosa, sulla percezione dei colori, sulla psicologia della forma, sul movimento. La luce è vibrante energia primaria che trasforma il mondo circostante, di per sé inerte, in uno spazio carico di tensioni estetiche ed emotive. “...la possibilità di agire direttamente con la luce, creando situazioni che ponessero la luce stessa come sostanza propria e non mediata dalla vi- sione”70.
Prediligeva sorgenti puntiformi di piccola dimensione anche se potenti, e, paragonandole al fascino della luce emessa da una candela, sosteneva che l'assenza di luce diffusa permetteva di ottenere immagini più nitide, preservando intatta la loro luminosità. Evitando la sovraesposizione o la luce intensa in grado di bruciare inevitabilmente l'immagine renden- dola meno affascinante, le sue opere sono volutamente avvolte dal buio, proprio per apprezzarne le tonalità cromatiche e i loro contrasti. Altro aspetto fondamentale della sua produzione è il tentativo di rompere
69 M. Pirelli, Ombre Luce, Skira,
Milano 2003, pp. 59-60.
70Ibid., p. 59. 71Ibid., p. 60.
72Rivista Neon, numero settembre/ot-
tobre 2004.
73Pirelli, Ombre Luce cit., p. 60. 74Rivista Neon cit.
3.52 Pirelli, Meteore, anni ‘70, Me- teora n. 4, Meteora n. 19, Meteore trasparenti (doppio arcobaleno).
la tradizione statica dell'osservazione del quadro, ma di trovare un dia- logo, una connessione tra visitatore e quadro, tra l'attività filmica e lo spazio tridimensionale, sfruttando consapevolmente innovativi mezzi di comunicazione.
Il movimento è una caratteristica essenziale dei suoi lavori: i Pulsar (fig. 3.54) “semplici macchinette...simili a banchetti ottici, corredati da una sorgente di luce, qualche lente, un motorino per il movimento”71, sono
in grado di proiettare immagini in progressiva mutazione, recuperando così l'immagine pulsante delle stelle. “Io mi sono fatta costruire questi banchetti ottici, hanno un carter con lampadine da 6 Volt e 40 Watt, un trasformatore, un motorino che sposta la lente. La luce attraversando la lente si modifica. Modificando il rapporto fra questi elementi si otten- gono moltissime immagini, io scelgo e fermo l’immagine che desidero. La somma dei movimenti di rotazione della luce definisce lo spazio [...] volevo realizzare sculture immateriali, sculture di luce, quindi per primo dovevo visualizzare la luce. In una stanza tutta buia facevo prove su prove, con fili sospesi, piccole sorgenti di luce e molta pazienza”72.
Come per molti artisti, l'osservazione attenta e puntuale del cielo diventa fonte di ispirazione, repertorio in continua evoluzione, da cui trarre im- magini che rimangono sospese tra cielo e terra.
Lo stesso potere ammaliante è presente nella sequenza Meteore in cui la tradizionale cornice, anche se rivisitata in chiave metallica, è essa stessa opera d'arte e fonte di proiezione (figg. 3.52-3.53).
Il gioco del fascio di luce elettrica emessa genera un'alternanza di figure geometriche quali circonferenze, ellissi, dischi, raggi luminosi, in lento ma continuo movimento.
“Praticamente la luce ci svela il farsi immagine, analizzandola nelle sue fasi di composizione”73.
Il quadro stesso cambia e l'osservatore è posto di fronte a una sequenza filmica che contraddice la fissità dell'immagine. Il nome stesso Meteore allude proprio al concetto di transitorietà, all'impossibilità di fermarle sulla superficie al pari dei Pulsar.
L'immagine in movimento è anche sinonimo di cinema e l'autrice so- stiene un forte apprezzamento verso tale strumento, inteso non solo “...per raccontare, quanto come strumento che può creare immagini”74.
La luce nella pittura, nel cinema, nella fotografia e nei più svariati campi
della comunicazione visiva e percettiva, diventa protagonista di dispo- sitivi ottici-cinetici e ambienti multisensoriali in cui la proiezione diventa un ʹmezzoʹ indispensabile per dialogare con l'osservatore.
Un'altra opera importante e più avvolgente è sicuramente il Raumslides, definito come un labirinto di luce cangiante e ritmata, che imprigiona il visitatore (fig. 3.55). Tale ambiente multisensoriale è circondato e cir- coscritto da tende di materiale sintetico su cui vengono proiettate da un videoproiettore immagini in continuo movimento. In un primo esperi- mento sulle tende serigrafate veniva proiettato un film, ma la difficoltà di comprensione spinse l'autrice a sostituire la sequenza filmica con un numero consistente di diapositive. “Rapida, dipingendo direttamente sui vetrini delle diapositive, mi sono abbandonata a un gioco immediato e per me istintivo, in tutta libertà e senza impegno che non fosse il puro piacere della forma libera e dei colori nella luce, intesa a moltiplicare le immagini e dilatare lo spazio segnando il giocoso percorso della luce, per una percezione straniata e giocosa, una specie di ebbrezza”75.
Lo spettatore entra nell'installazione e si trova immerso tra immagini e colori che si dissolvono uno sull'altro, facendo perdere il contatto con la realtà. La proiezione conica viene tagliata da una serie di piani disposti ortogonalmente che producono una serie di riflessioni e rifrazioni del fascio luminoso, intensificando l'effetto sinestetico e di spaseamento nel visitatore. “I movimenti lineari di una normale ripresa cinematografica proiettati in questo sistema di schermi risultano sempre eccentrici e con- centrici [...] La luce sorgente si apre a cono e in questo cono ho costruito
3.53
i quadrati, dunque lungo la diagonale della stanza; lateralmente invece ho costruito i rettangoli per completare lo spazio, sempre con incroci ad angolo retto. In questo reticolo si avvicendano immagini dirette, imma- gini virtuali, immagini riflesse, perché il materiale che ho usato per gli schermi è trasparente, riflettente e specchiante insieme”76.
75 Rivista Neon, cit.
76M. Pirelli, Ombre Luce cit., p. 60.
3.55
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3.53 M. Pirelli, Meteora n. 14, 4 fasi, 1970-72.
3.54 M. Pirelli, Pulsar 360° (Aria Luce), 1970-2001.
3.55 Immagini del modellino di Stanza di luce durante la proiezione.