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Campo di indagine per gli impatti

Si è cercata una risposta al fatto che non esistano ancora gli indicatori di impatto della banda larga per le aree interne o zone rurali e come mai esistano piuttosto indicatori di sviluppo per la banda larga riferiti alla società che non sono differenziati tra insediamenti urbani e aree interne. La prima risposta che si può dare è che la banda larga ha poco sviluppo in campagna, in confronto alla città, quindi vi è poco cosa poter rilevare: Soprattutto non pare essere oggetto di attenzione sviluppare uno strumento per il 10% del mercato totale. Questo 10% non è quota rilevante per la banda larga, quindi non costituisce alcun interesse economico per i grandi operatori, soprattutto per le aree bianche, dove l'investimento ha tempi di ritorno ventennali, quindi inammissibili per qualsiasi piano industriale. Le masse rilevanti di utenze sono nelle città, quindi la marginalità di un mercato delle aree interne, ragionando in termini percentuali, non è significativo per chi si occupa di sviluppo di reti di telecomunicazione. Le aree bianche che necessitano di aiuti di stato non sono state rilevanti fino ad oggi per le indagini statistiche relative alla materia della banda larga. La questione lascia una certa preplessità.

Intanto, deve essere compreso cosa si intenda per livello istituzionale per aree rurali, dette in Italia aree interne. Eurostat propone dapprima una distinzione geografica e dati statistici circa le tipologie di regioni urbane, rurali e le situazioni intermedie298, in prima istanza basata su caratteristiche identificate e definite dall’OECD/OCSE.

In realtà la stessa metodologia OCSE che classifica le regioni NUTS 3 dell'UE crea di fatto due tipi di distorsioni che compromettono la sua applicabilità all'interno dell'UE, ma essendo autorevole la fonte, deve essere considerata in questo studio. La prima distorsione è dovuto alla grande variazione nell’ambito delle unità amministrative locali livello 2 dette local administrative units LAU2. La seconda distorsione è dovuta alla grande variazione nella superficie di regioni NUTS 3 e l’uso in alcuni paesi di separare un (piccolo) centro della regione circostante.

Quindi sono definite amministrativamente aree rurali quella con una popolazione abitante inferiore a 150 per chilometro quadro, con l’eccezione di quei centri abitati che sono ancora considerati urbani, per caratteristiche insediative di alta concentrazione di abitanti (viene citato l’esempio di Aldea de Trujillo, con 439 abitanti) e le città diffuse, a bassa densità abitativa, che sono considerate per contro aree rurali, come Badajoz, Cáceres e Uppsala, sebbene la loro popolazione amministrativa si di oltre 150k abitanti299. L’OCSE con il suo approccio classifica le regioni come eminentemente urbane, intermedie o eminentemente rurali entro una singola NUTS di terzo livello, secondo i seguenti criteri:

NUTS 3 eminentemente urbana: se la percentuale di popolazione vivente in una LAU2 è inferiore al 15%

NUTS 3 intermedia: se la percentuale della popolazione vivente in una LAU2 e compresa tra 15e 50%

NUTS3 rurale, se la percentuale di popolazione vivente in una LAU2 è più alta del 50% (in questo caso è considerata la taglia dei centri urbani della NUTS)

298 http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Urban-rural_typology, ultimo accesso 9/7/2015, anche se la pagina alla stessa data dell'accesso, considera la Croazia come paese non ancora aderente alla UE.

299 Questo è in se paradossale, perché questo studio cerca di puntare alla definizione di un problema di telecomunicazioni nella ruralità e le città portate ad esempio da Eurostat, per il metodo OCSE, sono località “rurali” ispaniche e svedese, proprio di due paesi in cui la fibra ottica e la banda larga non hanno problemi di sviluppo.

Si aggiunge che una regione classificata come eminentemente rurale secondo i primi due punti elenco, diventa immediatamente intermedia se contiene un centro urbano di più di 200k abitanti rappresentanti a loro volta il 25% della popolazione, come pure una regione classificata come intermedia diviene eminentemente urbana se contiene un centro urbano di più di 500K abitanti che a loro volta rappresentano almeno il 25% della popolazione regionale.

Esiste quindi una definizione più snella adottata da Eurostat, basata su una population grid, una maglia territoriale di popolazione, che individua due tipologie insediative basata su un approccio a due fasi per identificare la popolazione nelle aree urbane:

una soglia di densità di popolazione (300 ab/km ²) applicata a una cella di un chilometro quadrato

una misura di soglia minima, 5k abitanti, applicata a raggruppamenti di celle di griglia al di sopra della soglia di densità.

Questo metodo individua le popolazioni residenti al di fuori dei centri urbani. Per determinare le dimensioni della popolazione, le celle nella griglia sono raggruppate in base alla contiguità (anche secondo la diagonale della griglia), quindi per otto celle confinanti. Tale metodo è già pronto per alcuni paesi europei.

I dati statistici utilizzati in questo studio sono estratti dal dbase di Eurostat relativi allo sviluppo rurale300 ; secondo I dati Eurostat relativi al bilancio demografico dell'anno 2014 per la popolazione europea a 28 stati era complessivamente di circa 540.5 milioni così ripartita:

area urbana: 240.778.664 abitanti, pari a 45% del totale,

area rurale: 115.269.817 abitanti, pari a 21% del totale,

aree intermedie: 184.408.258 abitanti, pari a 34% del totale.

quindi oltre la metà degli abitanti non abita in città, circa il 21 % del totale della popolazione europea occupa territori definiti rurali in Europa, paga le tasse come gli occupanti delle città, non fruendo degli stessi servizi, perché, appunto, come minimo, non accede ai servizi internet di cui possono fruire gli abitanti delle città. Ma lo studio non intende concentrarsi sulle sole questioni europee, quindi i dati appena riportati vogliono solo indicare che esiste una percentuale della popolazione europea che costituisce, tra le altre, anche un mercato in numeri assoluti, appunto del 10% circa. Quindi il mercato esiste come numero di utenze possibili, anche all’interno della UE stessa e per fortuna, a Bruxelles se ne sono accorti, ma gli incumbent delle telecomunicazioni, che continuano a governare il mercato e gli investimenti, non fanno piani commerciali oltre tre anni. Forse per queste imprese è sufficiente soddisfare al 100% il 45% della popolazione concentrata nelle aree urbane, piuttosto che pensare di affrontare piani di investimento ventennali in un regime di concorrenza in continua evoluzione. Forse la condizione corrente, con una concorrenza non completamente definita, senza una vera unità politica, finisce per controllare e deprimere lo sviluppo delle reti di nuova generazione, più di quanto potrebbe accadere in un regime di monopolio.

Per le differenze tra città e aree interne si richiama quanto scritto in una altra sezione di questo studio, in cui si cita una relazione del convegno FTTH di Varsavia 2015, nella quale sono esaminate tali differenze e viene proposta la cancellazione progressiva delle differenze tra questi due opposti insediativi ad opera dei servizi da offrire attraverso la fibra ottica o, più genericamente, della connessione a internet. Confrontando le definizioni di città e di aree interne, si può procedere verso l'identificazione delle analogie e differenze. Per la città e per le aree rurali si assumono due definizioni301 sulle quali iniziare a definire un confronto. La città,

300 http://ec.europa.eu/eurostat/web/rural-development/data/database?

p_p_id=NavTreeportletprod_WAR_NavTreeportletprod_INSTANCE_5I478SVM8Xaj&p_p_lifecycle =0&p_p_state=normal&p_p_mode=view&p_p_col_id=column-2&p_p_col_count=2 ultimo accesso 9 luglio 2015

301Da http://www.treccani.it/vocabolario/tag/città/, città (ant. cittade) s. f. [lat. civĭtas -atis «condizione di civis» e «insieme di cives»; al sign. di «aggregato di abitazioni» la parola giunse per metonimia, sostituendo urbs]. – 1. a. Centro abitato di notevole estensione, con edifici disposti più o meno

oltre che per la densità abitativa, si distingue dalla campagna o dalle zone rurali per le diverse opportunità sociali, culturali e di servizi che offre in più rispetto agli altri luoghi. A questo punto si può tentare di fare una lista, un confronto, tra le caratteristiche delle aree urbane e quelle delle altre aree, per cercare di comprendere se le differenze siano o meno colmabili. Si ricorda il concetto di creative class indicato nella premessa: se un luogo è attrattivo, allora vi si concentrano i cervelli, le idee, le risorse. Questa è una sfida che si può cogliere, posto che la maggior parte del mondo è più prossimo alla distopia che all'utopia paesaggistica, altrimenti, le eccezionalità paesaggistiche o urbanistiche non sarebbero tali.

Deve essere compreso di che cosa ci sia bisogno perché un luogo colmi un divario rispetto a un altro luogo con caratteristiche più attrattive. Prima di tutto, bisogna identificare le differenze tra i diversi luoghi, coglierne l'essenza, quindi fare in modo di portare le caratteristiche del luogo regolarmente, in modo da formare vie di comoda transitabilità, selciate o lastricate o asfaltate, fornite di servizî pubblici e di quanto altro sia necessario per offrire condizioni favorevoli alla vita sociale (il concetto di città è legato a quello di una molteplicità di funzioni di varia origine e indole, economiche, sociali, culturali, religiose, amministrative, sanitarie, ecc., riunite in un solo luogo e per tale ragione non

è condizionato dal numero degli abitanti): ….la c. di Milano, di Londra, di Siviglia; c. grande, piccola,

antica, moderna, ricca, povera, popolosa, scarsamente abitata, ecc.; c. marittima o di mare; c. di terraferma o continentale; c. forte o fortificata; c. commerciale, industriale; c. capitale (o più spesso la capitale), quella in cui ha sede il governo; c. di provincia, che non costituisce capoluogo ma è parte della provincia; c. satellite, città che per la sua attività economica (industriale o commerciale) è strettamente legata a un centro più sviluppato, o anche, agglomerato urbano sorto nelle vicinanze di una grande città, a cui sia economicamente legato; il centro, la periferia, i dintorni di una città. Nell’uso, la parola è spesso contrapposta alla campagna, al contado: preferire la c. alla campagna; vita, gente, costumi di c.; avere una casa in c. e una villetta in campagna.

Da http://www.treccani.it/enciclopedia/spazio-rurale/ rurale, spazio (o area, o zona) Designazione generica del complesso degli insediamenti e delle attività localizzati in campagna. Il concetto, opposto a quello di spazio urbano, è stato oggetto di rinnovata attenzione, particolarmente nei paesi occidentali ed europei, dove la sistemazione dello spazio r. tradizionalmente è in assoluta

prevalenza agricola, ma in cui si sono sviluppati, sempre più numerosi, tipi diversi di attività e usi, cosicché è venuta a manifestarsi una sempre più netta dicotomia fra i termini r. e agricolo.

1. Insediamenti e sviluppo economico Nelle aree r. si sono insediate piccole e medie imprese

industriali, è cresciuto il peso della popolazione attiva nei servizi, si è verificato un controesodo r. che ha

riportato popolazione verso i centri minori. Tale flusso è stato favorito dall’evoluzione del sistema dei

trasporti, che ha incentivato i fenomeni di pendolarismo tra le grandi aree urbane e la fascia di aree r. prossime. La separazione tra r. e agricolo è stata accentuata anche dall’evoluzione delle stesse imprese agricole a base familiare, che si configurano sempre più come imprese pluriattive. I mutamenti di natura insediativa, sociale ed economica hanno portato quindi a una ridefinizione del concetto di zone r. e di economia rurale. I criteri impiegati per la definizione di tali concetti non sono univoci a causa sia della relativa novità del fenomeno, sia delle differenziazioni geografiche e culturali che si osservano nei vari paesi, sia, ancora, della varietà degli approcci disciplinari (geografico, sociologico, economico). I criteri demografici più usati prendono in considerazione parametri quali l’ampiezza demografica del Comune o la densità della popolazione e degli insediamenti, e vengono utilizzati in modo variabile a seconda delle circostanze.

La soglia demografica, impiegata di solito nei censimenti per distinguere i centri urbani da quelli r., varia notevolmente. L’habitat r., in cui gli insediamenti possono essere più o meno sparsi o accentrati, muta quindi in relazione a fattori storici e culturali. Anche l’approccio economico

tradizionale mostra alcuni limiti: i criteri dell’attività economica prevalente (solitamente l’agricoltura), o la dotazione di infrastrutture e servizi non rispondono più al modello economico che si riscontra in diverse aree r. dei paesi sviluppati e ancora meno funzionale sembra essere l’assioma delle aree r. come zone caratterizzate da un basso livello di sviluppo socioeconomico. Anche in questo caso è possibile distinguere, in funzione del tessuto economico locale, aree r. con differente grado di sviluppo.

2. Altre definizioni Altre proposte di definizione sono basate su criteri di tipo sociologico: la

ruralità sarebbe individuata dal tipo di relazioni che si stabiliscono sia fra i vari componenti della società, sia fra l’uomo e il suo ambiente; tale approccio si sviluppa partendo dalla constatazione di una

favorevole nel luogo svantaggiato o, semplicemente, in ritardo. Il luogo svantaggiato gode della posizione di late runner, cioè di chi deve prendere la rincorsa e raggiungere chi lo precede, che ha gia segnato la strada. C'è da copiare, non da inventare.

Le aree rurali, forse possono copiare, importare, dalla città, per divenire attrattive, alternative alle città stesse. La lista può essere anche eccessivamente soggettiva, ma a indicare genericamente “servizi” che sono assenti nelle aree rurali, forse non si commette un errore irragionevole. Ecco che ritorna utile anche il concetto di sostituto del combustibile, cioè se ci si mette in una situazione nella quale si introduce in un qualsiasi territorio un qualcosa che consente di non dover impiegare combustibile per doversela procurare in un luogo lontano, allora esiste una organizzazione e una sostituzione isardiana del combustibile stesso, che detto altrimenti, consiste nell’avviare la trasformazione verso una economia a basse emissioni di carbonio, anche grazie alla banda larga.

Nel procedere in questa articolazione, si vuole evidenziare il concetto che è emerso nel corso dello studio bibliografico: la città è culturalmente più attrattiva della campagna, finché non ci sorta di atmosfera sociale che coinvolge a vario titolo tutta la popolazione, con una forte relazione di appartenenza al territorio e alla comunità locale (microcollettività). In definitiva, non sembra possibile individuare un criterio univoco per la definizione delle zone r.; di contro, risulta privilegiabile un approccio che, combinando variamente tra loro in numero e peso i parametri descritti, non riduca la complessità e il carattere sistemico dei fenomeni sociali, geografici ed economici che stanno alla base del concetto di rurale.

Le componenti che devono essere presenti in una concezione di area r. che miri a integrare criteri differenti in un’ottica multidisciplinare sono: caratteristiche demografiche diverse rispetto a quelle urbane; ambiente naturale poco alterato da centri residenziali e/o da attività economiche; agricoltura significativa e non marginale; presenza diffusa di piccole e medie imprese operanti in altri settori economici. Una volta identificate, le aree r. si possono distinguere tra loro in base al grado di sviluppo/marginalità e di autonomia/dipendenza.

3. Modelli di sviluppo Si possono identificare così diversi modelli di sviluppo. Un primo

modello è quello delle aree r. in sviluppo, in cui l’agricoltura assume un ruolo minore mentre si insediano attività secondarie e terziarie fondate su un tessuto di piccole e medie imprese; si parla in questo caso di

sviluppo endogeno o locale. Un secondo modello è tipico/">tipico delle aree della fascia territoriale a

ridosso delle grandi aree urbane; si parla in questo caso di sviluppo dipendente. In entrambi i casi la minore attività agricola rende disponibili superfici da destinare ad altre funzioni (produttive, ricreative, di protezione della natura ecc.). D’altro canto gli insediamenti residenziali e produttivi tendono a far alzare i valori fondiari. Si creano così meccanismi di sovracapitalizzazione dell’agricoltura, di conflitto in merito all’uso dei fondi, di modifica dei sistemi produttivi locali con alterazioni paesaggistiche ed ecologiche. Un terzo modello riguarda invece le aree r. in ritardo di sviluppo nelle quali si assiste a un declino sia economico sia sociale. La marginalizzazione dell’agricoltura e l’assenza, o lo scarso peso, di altri settori economici portano a un aumento della componente femminile e di quella senile della popolazione, al degrado delle istituzioni locali, allo scarso peso politico di queste aree.

In sintesi, nell’ambito r. lo sviluppo si può definire come la crescita sostenibile dell’attività economica e del reddito per le persone che compongono una comunità locale, nel rispetto dell’ambiente, mediante un uso equilibrato delle risorse naturali. La pubblicazione, nel 1988, del documento Il futuro del mondo rurale si può considerare come il punto di partenza per l’intervento dell’Unione Europea nelle aree r., definite come «tessuto economico e sociale che comprende una serie di attività eterogenee: agricoltura, artigianato, piccole e medie industrie, commercio e servizi», e che includono gran parte del territorio dell’Unione. L’intervento dell’Unione è stato rilanciato nell’ambito della Conferenza europea

sullo sviluppo rurale (Cork 1996), che ha dettato le linee guida della politica di sviluppo r., raccolte poi

nell’Agenda 2000. Le aree r., secondo l’UE, sono identificabili mediante parametri reddituali (PIL pro capite inferiore a una certa soglia) e strutturali (percentuale di popolazione attiva in agricoltura); tale

approccio tende a far coincidere, quindi, le aree r. con quelle in ritardo di sviluppo. In Italia queste

possono essere delimitate in base ai parametri accennati, nelle regioni centro-settentrionali; in quelle meridionali, invece, tale delimitazione decade, in quanto le aree sono interessate da specifiche politiche

sarà una alternativa a quanto essa offre. La città e' richiamo302, da millenni il centro della vita per eccellenza e che soddisfa, per i mezzi avuti fino ad oggi, la necessità di socialità degli umani, essenzialmente attraverso una relativa facilità di vita, grazie all’organizzazione intrinseca della struttura urbana. Le città sono sempre stati luogo di concentrazione per ogni elemento della vita umana e il rapporto di questi luoghi di aggregazione con i territori rurali contermini è stato anche di scambi e sottrazioni, ai danni del territorio più debole.

Ci si interroga se con la banda larga si possa pervenire a un diverso rapporto tra città e ruralità, soprattutto verso che cosa possa evolvere la ruralità se dotata di banda larga. Il nuovo rapporto tra questi luoghi avrà un nuovo tipo di equilibrio o squilibrio. Esiste sempre un rapporto di sudditanza basato sulla povertà e sul potere, che questo sia economico, politico o culturale e la città ne ha sempre beneficiato, tranne nei momenti di crisi grave, quali le guerre, carestie o pestilenze, per lo stesso meccanismo di concentrazione degli elementi: l’autonomia della vita rurale implica una organizzazione della stessa che porta a una resilienza economica: se nelle città mancano le derrate, in campagna, anche solo per economia di sussistenza, è possibile avere qualcosa da mangiare. Ora il mercato della banda larga è ovviamente più sviluppato nei centri urbani, a discapito del territorio rurale, ma in una caso specifico, come quello dell'Unione Europea, sono state promulgate politiche che intendo colmare il divario digitale, proprio per fare in modo che i territori rurali possano avere un mezzo di telecomunicazione che consenta di essere, almeno in questo, alla pari con gli insediamenti urbani.

Nella predisposizione della lista di indicatori si deve tentare di immaginare che cosa diverrà la muova ruralità e non limitarsi a mettere a punto uno strumento che sia in grado di valutare lo stato o situazione corrente. Limitandosi alla sola condizione corrente, se ne potrà rilevare l’installazione, ma la vera sfida è di arrivare ad avere un primo strumento in grado di misurare il progresso dei territori rurali.

Se diverrà corretta la visione già illustrata, cioè di omogeneizzazione, almeno per i servizi, tra città e territori rurali, ci si troverà di fronte a un progresso e forse a una inversione economica e demografica, di contro-migrazione dalle città verso i territori rurali. La contro-migrazione non sarà più dettata da mode, controllata da necessità di varia natura, perché le aree rurali, con l'avvento della banda larga nelle reti di nuova generazione, avrà gli stessi vantaggi culturali della città, offrendo qualità di vita che la città non può offrire, per la mancanza nel suo paesaggio di elementi e quantità di naturalità.

Le reti territoriali sono lo strumento di relazione e di sopravvivenza per l’uomo. Le reti sono tematiche, hanno uno o più argomenti da sviluppare, qualsiasi sia il settore, dal primario al