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4. I beni delle società

1.1. I cantieri gestiti dal comune

L'obbligo per falegnami e muratori di prestare giornate lavorative a favore del comune aveva sicuramente origini antiche, probabilmente già nella città altomedievale e vescovile10. Le società continuarono a mantenere immutato questo

servizio per tutto il Trecento, impegnandosi a gestire direttamente la fornitura di

cura di A. Campanini, R. Rinaldi, Bologna 2008 (Quaderni Dipartimento Paleografia e Medievistica, ricerca e strumenti; 3), pp. 239-258: 255-257.

7 Cfr., ibidem.

8 Il primo riferimento nella normativa ai manovali è in ASBo, Capitano del popolo cit., muratori, 1258-62, rubr. IL. Cfr., H. Pirenne, Storia economica e sociale del Medioevo, Milano 1967, pp. 204-205; B. Geremek, Salariati e artigiani nella Parigi medievale, secoli XIII-XV, Firenze 1990 (Biblioteca Universale Sansoni, 10), pp. 14-18; G. Pinto, L’organizzazione del lavoro nei cantieri

edili (Italia centro-settentrionale), in Artigiani e salariati. Il mondo del lavoro nell’Italia dei secoli XII-XV, Decimo convegno internazionale del Centro italiano di studi di Storia e d’Arte (Pistoia 9-13

ottobre 1981), Pistoia 1984, pp. 69-101, ora in Il lavoro, la povertà, l'assistenza. Ricerche sulla

società medievale, Roma 2008, pp. 31-60; Id., I cantieri edili nelle città medievali dell'Italia centro-settentrionale, in I portici di Bologna cit., pp. 99-104. La raffigurazione del cantiere e della

bottega attraverso le tre differenti figure (garzone, salariato e maestro) impegnate nell'attività produttiva fu idealizzata e semplificata nel 1610, nel Trattato degli ordini di Charles Loyseau, cfr. Berengo, L'Europa delle città cit., p. 432.

9 Berengo, L'Europa delle città cit., p. 447.

10 Si trovano tracce di questa tradizione all'interno degli statuti cfr., A.I. Pini, Città, comuni,

corporazioni nel Medioevo italiano, Bologna 1986 (Biblioteca di Storia Urbana medievale, 1), p.

manodopera specializzata. Il contributo per la realizzazione di opere di pubblica utilità veniva da tutti i settori. Le comunità del contado, ad esempio, contribuivano concretamente attraverso il finanziamento economico e la fornitura di manodopera generica da utilizzare per i lavori faticosi e non specializzati11. Nel corso del

Duecento, era il ministrale della società dei falegnami a scegliere direttamente i soci destinati a svolgere il lavoro, seguendo rigorosamente l'ordine dei nomi inseriti nella matricola12. I muratori, invece, preferivano far estrarre i nominativi dalle proprie

autorità che s'impegnavano a eseguire il sorteggio onestamente e senza recare danno a soci con i quali erano personalmente in conflitto13.

Nel 1288 i capimastri, sia muratori, che falegnami, proponevano al comune i servizi necessari partecipando a un'asta pubblica che veniva assegnata al progetto ritenuto meno oneroso e dai maggiori benefici14. Le giornate lavorative prestate in

questi cantieri erano pagate direttamente dal comune, che fissava i compensi all'interno dei propri statuti. Nel 1250 a falegnami, muratori e produttori di gesso spettavano quindici bolognini per il lavoro eseguito nel periodo compreso tra la festa di san Michele (il 23 settembre) e Pasqua. Nel periodo estivo, compreso tra Pasqua e la festa di san Michele, la giornata lavorativa era più lunga e la retribuzione saliva a sei soldi imperiali (diciotto bolognini) più il vitto. Nel caso in cui il magister non volesse usufruire del vitto, i compensi crescevano ulteriormente a sette denari imperiali nel periodo invernale e a dieci in quello estivo15. Nel 1288 i compensi per

muratori e falegnami vennero diminuiti, anche se venne allungato il periodo ritenuto estivo e, quindi, maggiormente retribuito. Dalla festa di Ognissanti (31 ottobre) alla Quaresima il salario giornaliero venne fissato in due soldi di bolognini al giorno più il

11 Anche i contadini venivano chiamati a contribuire nei periodi in cui il lavoro dei campi non richiedeva la loro presenza (soprattutto nei casi di semina, mietitura, vendemmia) cfr., Statuti di

Bologna dall'anno 1245 all'anno 1267, a cura di Frati, I, Bologna 1869 e ss. (Dei monumenti

istorici pertinenti alle provincie della Romagna. Ser. 1, Statuti); ibid., p. 170 (l. I, rubr. XXII

Sacramentum superstancium stratis et aquis).

12 G. Tamba, Le norme associative, lo statuto della Società dei Muratori negli anni 1248-56, in

Muratori a Bologna. Arte e società dalle origini al secolo XVIII, Bologna 1981, pp. 119-134: 132-

133 (rubr. XLIII). Cfr. E. Erioli, Società e lavoro attraverso la matricola dei falegnami (1264-1287), in Artigiani a Bologna. Identità, regole, lavoro (secc. XIII-XIV), a cura di A. Campanini, R. Rinaldi (dpm quaderni, ricerche e strumenti 3), pp. 27-62: 45-46.

13 ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1258-62, rubr. XXIV.

14 Statuti di Bologna dell'anno 1288, a cura di G. Fasoli, P. Sella, II, Città del Vaticano 1939 (Studi e Testi della Biblioteca Apostolica Vaticana, 85), p. 231 (l. XII, rubr. XXXXIIII De laboreriis ferri,

muri et lignaminis per comune Bononie locandis).

15 Statuti di Bologna dall'anno 1245 cit., II, p. 81(l. VII, rubr. LXXIII Quantum infrascripti magistri

habere debeant pro eorum mercede); A. Hessel, Storia della città di Bologna dal 1116 al 1280, a

cura di G. Fasoli, Bologna 1975 (Fonti e studi per la storia di Bologna e delle province emiliane e romagnole; 5), p. 198; F. Bocchi, Il comune popolare e l'urbanizzazione dei borghi, in ead.,

vitto o, in sostituzione, dodici bolognini. Nel periodo da Pasqua alla festa di Ognissanti, invece, il compenso saliva a tre soldi di bolognini più il vitto o a quattro senza16.

Dalla fine del Duecento e per tutto il Trecento la normativa inerente il lavoro presso i cantieri del comune non cambiò in maniera sostanziale. Le società dei falegnami e dei muratori prevedevano che fossero sempre il massaro e i ministrali a fornire la manodopera per i cantieri gestiti dal comune, secondo le necessità dei quartieri cittadini e in modo che honera mensurentur et choequentur cum honoribus. La nomina doveva avvenire nel momento in cui la manodopera era maggiormente presente in città; quelli impegnati in altri cantieri non potevano in alcun caso farsi sostituire da colleghi, ma dovevano svolgere personalmente l'incarico, ad eccezione dei casi in cui fossero già operativi all'interno di cantieri comunali17. I falegnami,

invece, precisarono come all'interno di questi cantieri, un artigiano non potesse assumere di propria iniziativa un collaboratore come aiuto. La nomina poteva essere eseguita solamente dal massaro o dai ministrali, gli unici a cui spettava quantificare il lavoro e la manodopera necessaria ad attuarlo18.

Nel pieno Trecento i falegnami permisero ai propri soci convocati in nei cantieri comunali, ma già impegnati in cantieri di proprietà cittadina, a provvedere personalmente alla nomina dei propri sostituti19. Visti, probabilmente, i numerosi

tentativi di frode a danno dell'amministrazione il pagamento dei salari venne affidato direttamente ai notai delle strade. Nel 1335 il comune stabiliva che ai maestri falegnami e muratori spettasse un compenso giornaliero di tre soldi di bolognini compreso il vitto (valutato dodici bolognini) per i lavori effettuati dalla festa di Ognissanti alla Quaresima e di un massimo di cinque soldi di bolognini compreso il vitto (quattro, senza) nel periodo restante. Per gli ingegneri, invece, il compenso saliva a quattro soldi di bolognini per il periodo dalla festa di Ognissanti a Pasqua e di

16 Statuti di Bologna dell'anno 1288 cit., II, pp. 217-218 (l. XII, rubr. XVIII De mercede magistrorum

lignaminis).

17 ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1329, rubr. XXII; ibid., muratori 1335, rubr. XXXIV;

ibid., muratori 1376, rubr. XXXIV; ibid., falegnami 1320[a], rubr. XLIII; ibid., falegnami 1320[b],

rubr. XLI; ASBo, Documenti e codici miniati cit., n. 5, rubr. XLIV; ibid., n. 10, rubr. LI; ibid., n. 55, rubr. XLVIII. La citazione è tratta dalle rubriche degli statuti dei muratori.

18 ASBo, Documenti e codici miniati cit., n. 5, rubr. XL; ibid., n. 10, rubr. LI; ibid., n. 55, rubr. XLVIII; ASBo, Capitano del popolo cit., falegnami 1320[a], rubr. XXXIX; ibid., falegnami 1320[b], rubr. XXXVII.

sei per il resto dell'anno. Il compenso per i manovali era, invece, dimezzato, ma ad ognuno era chiesto di lavorare il più possibile e al meglio, senza cercare di lucrare20.

2. Gli “ordini” lavorativi