3.1. Monete e spezie
Alle origini della società magistrorum lignaminis et muri le retribuzioni delle autorità e dei collaboratori della società erano stabiliti in bolognini, le monete di uso comune e di larga diffusione. In particolare, il compenso per ministrales e massarius era fissato dalla società in otto bolognini a semestre; quello del notaio era di venti bolognini a semestre; quello spettante ai due nunzi era di trenta bolognini, per quello operante per i soci muratori e, a causa del numero maggiore d'iscritti, di quaranta per quello incaricato dai falegnami; il compenso, infine, per ognuno dei due inquisitores rationis era di cinque bolognini92.
Con la divisione delle società, i muratori e i falegnami continuarono a prevedere un versamento in moneta corrente che, spesso, rimase uguale a quello degli anni precedenti o incluse solo un adeguamento93. Dal 1264, invece, i falegnami introdussero
un nuovo sistema di pagamento che prevedeva il versamento di una parte del compenso in spezie, con pepe e zafferano94. Il pagamento in natura non va considerato come un
retaggio del passato ma più come un'opzione e un'alternativa molto diffusa anche nelle città basso medievali. Spesso gli stessi artigiani venivano retribuiti con merci (anche se più diffusa era la permuta), mentre il denaro, sebbene diffusissimo, era utilizzato anche come misura di valore per i calcoli dei commercianti ed il computo dei prezzi95. Di fatto
le spezie, così come i gioielli, il cibo, i vestiti, gli animali erano considerati merce di scambio e ricoprivano, quindi, un valore monetizzabile96. Il pepe e lo zafferano, in
92 Tamba, Le norme associative cit., pp. 127-128, 130, 132, 134, rubr. X, XXVII, XL, XXXIX, LXI. 93 Sul compenso spettante e massaro e ministrali cfr., ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1258-
1262, rubr. XVII; ibid., muratori 1329-35, rubr. VI, XVII; ibid., falegnami 1255-62, rubr. XXII. Sul compenso spettante ai nunzi cfr., ibid., muratori 1258-62, rubr. XLII, LIV; ibid., falegnami, 1255-62, rubr. XXXIII, XLVI. Su quello spettante agli inquisitores rationis cfr., ibid., muratori 1258-1262, rubr. XLVII; Ibid., falegnami 1255-62, rubr. XLVII. Sul compenso del notaio della società dei falegnami cfr.,
ibid., falegnami 1255-62, rubr. XLVI.
94 ASBo, Capitano del popolo cit., falegnami 1288, rubr. XVII, XLII; ASBo, Documenti e codici miniati, n. 1, rubr. XIX, XL; ibid., n. 2, rubr. XVII, XXXVI, LXII.
95 A. Dopsch, Economia naturale ed economia monetaria nella storia universale, Firenze 1949, pp.194- 205; C.M. Cipolla, Money, Prices and Civilization in the Mediterranean World fifth to seventeenth
century, Princeton 1956, pp. 3-12; P. Toubert, Il sistema curtense: la produzione e lo scambio interno in Italia nei secoli VIII, IX e X, in Storia d'Italia, VI (Economia naturale, economia monetaria), Torino
1983 (Annali, 6), pp. 5-66: 51-53.
96 Cipolla, Money, Prices cit., pp. 5-6. Carlo Maria Cipolla riteneva che la ricerca del pepe fosse stato il vero motore dello sviluppo economico del Medioevo, cfr., C.M. Cipolla, Il ruolo delle spezie (e del
particolare, erano largamente utilizzati anche tra i ranghi meno elevati della popolazione a scopo conservativo e culinario, poiché si riteneva avessero un'azione digestiva e corroborante in associazione all'assunzione di carni97. Non si trattava, comunque, di
prodotti orientali ma di spezie facilmente reperibili. Il pepe, ritenuto una spezia comune, molto diffuso e utilizzato anche nell'antichità, veniva investito di un valore terapeutico in abbinamento, soprattutto, ai cibi legati a sangue e interiora. Lo zafferano, invece, largamente utilizzato già in Età antica tra le classi plebee della penisola italiana, era impiegato in cucina per il suo caratteristico colore in associazione alle carni di maiale, all'anguilla e ai cereali98. Non è chiara, tuttavia, la causa dell'introduzione del pagamento
in natura in sostituzione di quello monetario. La scelta sembra essere legata al prestigio rappresentato dal consumo delle spezie, che avrebbe contribuito ad attribuire esclusività all'incarico e autorevolezza all'incaricato99. Si trattava, probabilmente, del tentativo di
elevare socialmente la società perpetrato dai falegnami a danno delle altre società d'arti. Maggiore ricchezza significava maggiore peso politico e coinvolgimento anche all'interno della politica cittadina. Una lettura analoga potrebbe giustificare l'introduzione, contemporanea a questi anni, di zafferano e cumino, un spezia utilizzata come il pepe anche dai ceti più bassi della popolazione sin dall'alto Medioevo, nell'impasto utilizzato per la realizzazione delle benedictiones, le focacce distribuite tra i soci nei momenti di ritrovo societario100. Questi tentativi sembrano aver dato dei risultati nel lungo periodo.
Nel 1294, infatti, la società compariva solo al sedicesimo posto nella gerarchia delle ventitré società riconosciute dal comune cittadino, in posizione decisamente arretrata rispetto alle professioni legate alla lavorazione di cuoio, alla fabbricazione di
97 M. Montanari, L'alimentazione contadina nell'alto Medioevo, Napoli 1979 (Nuovo Medioevo, 11), pp. 407-411; B. Laurioux, De l'usage des apice dans l'alimentation médiévale, "Medievales", 5 (1983), pp. 15-31: 29-31; J.L. Flandrin, Condimenti, cucina e dietetica tra XIV e XVI secolo, in Storia
dell'alimentazione, a cura di J.L. Flandrin e M. Montanari, Roma-Bari 1997, pp. 381-395: 383-386; P.
Freedman, Il gusto delle spezie nel Medioevo, Bologna 2008, pp. 58-59.
98 Laurioux, De l'usage des apice cit., p. 20; Freedman, Il gusto delle spezie cit., p. 52.
99 Montanari, L'alimentazione contadina cit., pp. 457-468; Freedman, Il guto delle spezie cit., pp. 146-169. Si rimanda alle riflessioni di Massimo Montanari sulla “grammatica del cibo”, che considerano le spezie come un lessico speciale, cfr., Id., Il cibo come linguaggio, in Comunicare e significare nell'alto
Medioevo, Spoleto 15-20 aprile 2004, I, Spoleto 2005 (Settimane di studio della Fondazione Centro
Italiano di Studi sull'Alto Medioevo, LII), pp. 85-114: 94-95; Id., Il cibo come cultura, Roma-Bari 2004, p. 138.
100In riferimento alla preparazione delle benedictiones e al loro ruolo cfr., cap. III, par. 1.1. (L'incontro mensile). Sull'uso del cumino in campo culinario nel Medioevo cfr., Laurioux, De l'usage cit., p. 24.
abbigliamento e alla lavorazione di metalli101. Nel 1376, invece, all'interno dell'elenco
delle ventisei società d'arti cittadine compilato, in rigoroso ordine gerarchico, la si trova al dodicesimo posto, in posizione decisamente avanzata rispetto a quella della società dei muratori arretrata al diciannovesimo posto (nel 1294 era collocata al diciassettesimo). A distanza di quasi un secolo la società dei falegnami aveva superato molte delle arti legate alla produzione di calzature e abbigliamento, come i lanaioli, i pellicciai e i sarti, e alla mercanzia, come i salaroli102.
All'interno della società dei falegnami, quindi, negli anni Settanta e Ottanta del Duecento, oltre all'introduzione di un sistema di pagamento in natura, è osservabile una diversificazione del corrispettivo dovuto alle varie autorità delle arti: al massaro, ai ministrali e al notaio spettava un compenso semestrale di una libra di pepe e un'oncia di zafferano da consegnare all'interno di un vaso dal valore di sei denari più, nel caso del notaio, venti bolognini; il nunzio, invece, percepiva venti bolognini più due once di pepe all'interno di due vasi dal valore di sei denari ciascuno; mentre il compenso dei sindaci rimaneva fisso e invariato in dieci bolognini103. Dal 1298 i compensi subirono alcune
variazioni. Il compenso monetizzato del notaio salì a trenta bolognini a semestre, più un corrispettivo per le scritture private, mentre il compenso del massaro venne differenziato da quello del ministrale e aumentato in due once di zafferano più una coppa del valore di sei denari104.
Negli statuti trecenteschi mentre il compenso per i ministrali rimase invariato, quello spettante al massaro, a seguito di un aumentato valore dell'incarico, venne aggiornato ulteriormente in due libbre di pepe, due once di zafferano da consegnare in due coppe, dal valore di sei denari ciascuna. Il compenso del nunzio, invece, venne ridimensionato e ridotto a mezza libbra di pepe, mezza oncia di zafferano e una coppa dal valore di sei denari, monetizzabili, a scelta, in quattro soldi di bolognini. Tutti i compensi degli ufficiali pagati ancora in precedenza unicamente in moneta, vennero uniformati al
101Si tratta dell'ordine gerarchico seguito nella compilazione del liber matricularum di quest'anno cfr., Pini, Città, comuni, corporazioni cit., pp. 274, 280-281.
102Gli Statuti del comune di Bologna degli anni 1352, 1357; 1376, 1389 cit., I, pp. 441-442 (<l.I, r. 29>
Que quidem societates artium predictorum, de quibus supra in officio massariorium artium fit mentio sunt hec, videlicet. Rubrica).
103ASBo, Capitano del popolo cit., falegnami 1288, rubr. XVII; ASBo, Documenti e codici miniati, n. 1, rubr. XIX, XL, XLI ibid., n. 2, rubr. XVII, XXXVI, XXXVII.
pagamento in natura. I sindaci e il procuratore generale cominciarono a percepire una libbra di pepe e un'oncia di zafferano più una coppa del valore di sei denari. I sapienti e l'avvocato della società, invece, vennero compensati con due libre di pepe e due once di zafferano consegnate all'interno di due vasi dal valore di sei denari ciascuno105. Nello
stesso periodo anche la società dei muratori introdusse nella propria normativa una parte di pagamento in natura. Ministrali e massaro cominciarono ad essere compensati con una libbra di pepe e un'oncia di zafferano, che venivano consegnate a Natale e a Pasqua106. Il
notaio, invece, percepiva trenta bolognini, una libbra di pepe e un'oncia di zafferano consegnate come nei casi precedenti a Natale e a Pasqua, più un compenso variabile a seconda delle scritture eseguite107. Il compenso semestrale per i nunzi, invece, venne
fissato nella somma di quindici soldi di bolognini, più tre once di pepe, la quarta parte di un'oncia di zafferano, una retribuzione variabile ad ambasciata e, infine, vestimenta et
calciamenta a carico della società con, in particolare, il vexillo iusticie e il cappello108. La
differenza così sostanziale tra i compensi percepiti dai nunzi delle due società nel Trecento trova risposta nella differenza di ruoli e compiti attribuiti loro. Il nunzio della società dei muratori, come visto, assunse parte dei compiti che, nella società dei falegnami, spettavano ai sindaci109.
3.2. I compensi variabili 3.2.1. Il notaio
Una parte di retribuzione variabile era prevista per i notai delle società, cui veniva riconosciuto, come visto, un fisso e una parte a prestazione eseguita. Nel 1258 la società dei muratori fissò questa parte di compenso in dodici denari di bolognini ogni contratto d'apprendistato e due denari di bolognini per ogni pignoramento110. Dal 1329 la stessa
società, lasciando identica la retribuzione fissa, stilò un prezzario indicando i compensi più comuni da versare ai notai. Un bolognino era la somma pattuita per la stesura di un
instrumentum discipulli, tre bolognini quella per la composizione de precepto, sei quella
105ASBo, Documenti e codici miniati cit., n. 10, rubr. XXXI; ibid., n. 55, rubr. III, XXVIII. 106ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1335-1355, rubr. I; ibid., muratori 1376, rubr. I. 107ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1335-1355, rubr. VII; ibid., muratori 1376, rubr. VII. 108ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1335-1355, rubr. IX; ibid., muratori 1376, rubr. IX. 109Vedi supra, par. 1.2.3. (I sindaci).
per la redazione de securitate111. Il notaio veniva nominato fideiusor della società e
provvedeva direttamente al proprio pagamento rispettando i prezzi fissati dal listino. Dal 1298, anche i falegnami inserirono all'interno dei propri statuti il preziario del notaio con le scritture maggiormente richieste: ogni citazione veniva pagata un denaro povero, ogni
presentacione, un denaro di bolognini, per ogni precepto pignorandi aliquem, renunciatione pignoris accepti e pignoris proibiti nuncii societatis il compenso saliva a
tre denari di bolognini, mentre per ogni securitate prestita il compenso era fissato in dodici denari di bolognini. Per le altre scritture, meno utilizzate, non veniva fissato un compenso, ma di volta in volta i boni viri, arbitri e uomini di fiducia della società, provvedevano a stabilirne il valore112. Il notaio era tenuto a recarsi nella sede dell'arte
ogni domenica, salvo un giustificato allontanamento dalla città, e ad effettuare la raccolta delle domande per l'iscrizione nella società sia degli aspiranti magistri, sia degli
obedientes. La richiesta costava dodici denari di bolognini ed era il compenso spettatogli
per l'iscrizione nella matricola del capitano del popolo presso la camera degli atti e la verifica del versamento della quota associativa113.
Confrontando il prospetto relativo alle retribuzioni dei notai diviso secondo gli statuti delle due arti, è immediatamente evidente la differenza di compenso richiesto per l'iscrizione all'arte e la registrazione presso la camera degli atti tra la metà del Duecento e il pieno Trecento (tab. 2). Entrambi i notai delle due società, infatti, passarono dalla richiesta di dodici denari di bolognini a quella di due soldi di bolognini per la stessa attività. In realtà, già prima della metà del Trecento, il sistema d'iscrizione alle arti era divenuto più complesso, così come i requisiti richiesti agli aspiranti soci, che obbligavano il notaio ad effettuare controlli più rigidi all'interno delle matricole della camera degli atti114. La pratica poteva, in effetti, essere divenuta più onerosa, richiedendo al notaio
stesso una maggiore competenza e un maggiore impegno. Tuttavia l'aumento dei prezzi
111ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1329-35, rubr. XXVIII.
112ASBo, Documenti e codici miniati cit., n. 5, rubr. LIII; ASBo, Capitano del popolo cit., falegnami 1320[a], rubr. IL; ibid., falegnami 1320[b], rubr. XLVII. I boni viri potevano essere autorità appartenenti all'arte negli anni passati o uomini laici o appartenenti al clero, che si erano guadagnati il prestigio tra i soci favorendo la conciliazione tra soci o parti avverse. Cfr., Du Cange, Glossarium mediae et infimae
latinitatis, I, Unveränderter Nachdruck der Ausgabe von 1883-1887 (Rist. anastat. Graz 1954), sub voce
bonus; A. Forcellini, Totius latinitatis lexicon, I, Patavii 1827, sub voce bonus.
113ASBo, Documenti e codici miniati cit., n. 5, 1298, rubr. LIV; ASBo, Capitano del popolo cit., falegnami 1320[a], rubr. L; ibid., 1320[b], rubr. XLVIII.
poteva nascondere anche un provvedimento filo governativo, che rendeva più difficoltoso il processo d'inurbamento di elementi stranieri o provenienti dal contado e, soprattutto, lo precludeva a quelli economicamente deboli.
Nel Trecento i preziari dei notai appartenenti alle due società erano molto simili. Ogni citazione o relazione o presentazione presupponeva un versamento di tre denari poveri di bolognini. Per i recuperi crediti, entrambi i notai richiedevano una compenso di sei denari, anche se il notaio della società dei muratori lo percepiva solo in caso di recupero di somme inferiori ai quaranta bolognini. Per i recuperi di cifre superiori ai quaranta bolognini e inferiori ai cento, il notaio percepiva uno soldo di un bolognino grosso, mentre per i recuperi di somme superiori ai cento soldi percepiva due bolognini grossi. Continuando nell'analisi dei preziari notarili è possibile osservare anche alcune differenze importanti tra le due società rispetto al compenso di alcune prestazioni. Se il notaio della società dei muratori presentava un listino più articolato rispetto al provvedimento de precepto pignorandi, richiedendo una somma maggiore a seconda del debito da recuperare, i notai della società dei falegnami richiedevano una somma doppia rispetto a quelli dei muratori in merito ai provvedimenti di de securitate prestanda. E' forse troppo azzardato ipotizzare che i muratori, a differenza dei falegnami, fossero soliti incorrere in debiti con la società anche onerosi e di difficile copertura, magari per tentare un miglioramento sociale attraverso l'organizzazione e la gestione di cantieri di grandi dimensioni. Parallelamente, potrebbe risultare un'ipotesi avventata dedurre come l'attività dei falegnami potesse essere accompagnata dal finanziamento esterno di investitori impegnati in altre attività, che si prestavano come garanti in caso di debiti con la società. Naturalmente mancano dati più consistenti ma varrebbe la pena di considerare queste ipotesi, in un contesto differente, confrontando atti e scritture private115.
Tra i compensi per le altre prestazioni si può osservare come la rogazione di scritture per i soci interdetti dalla società, la registrazione di un arbitrio soprasseduto dai ministrali o di una provvisione proposta e aggiunta dai sapienti costava sei denari poveri. Ogni socio allontanato dalla società dei muratori pagava la revoca dell'interdizione un soldo di bolognini. La società dei muratori inserì nel proprio statuto anche i prezzi relativi
115Si è ritenuto sufficiente accennare all'ipotesi che, naturalmente, necessiterebbe della possibilità di un nuovo “Dottorato di ricerca”, al fine d'illustrare anche le domande e incognite a cui le fonti statutarie da sole non possono dare risposta.
ad altre prestazioni. L'iscrizione di un apprendista costava due soldi di bolognini per ogni testimone più sei denari se l'iscrizione avveniva in una sola cappella o un soldo di bolognino se l'iscrizione avveniva in più cappelle. In caso di lite, ogni giuramento davanti alle autorità della società costava al socio quattro denari di bolognini. In caso di giuramento davanti a testimoni, l'artigiano doveva versare un denaro per ogni testimone presente. Per la registrazione dell'entrata in società, sia i soci dei muratori che quelli dei falegnami dovevano pagare tre soldi di bolognini: due spettavano come compenso al notaio e un terzo doveva essere versato al notaio della camera degli atti116.
3.2.2. Sindaci e nunzi
Un tipo di retribuzione analoga, formata cioè da una parte di compenso fissa ed una variabile, era prevista anche per altri funzionari delle arti. Dal 1298 la società dei falegnami, ad esempio, fissò il compenso per il lavoro dei sindaci in quattro soldi di bolognini per ogni massaro, ovvero per ogni registro di conto da controllare. In caso di mancato completamento del lavoro entro il mese previsto, i ministrali erano tenuti a punire i syndici al pagamento di venti soldi di bolognini e all'elezione di nuovi funzionari117. La società dei muratori, invece, fin dal 1258 pagava il proprio nunzio un
denaro ad ambasciata118. Anche la società dei falegnami stabilì nel 1264, che il nunzio
dovesse essere unico e percepire quaranta bolognini ogni anno (o venti bolognini ogni sei mesi di servizio presso la società) più un denaro per ogni ambasciata compiuta119.
All'inizio del Trecento Il nunzio della società dei muratori continuava a percepire unicamente un denaro a spostamento e diciotto denari di bolognini nel caso in cui dovesse riunire la società per la morte di un socio120. Dal 1335 i muratori si avvicinarono
a quanto già previsto dalla normativa dei falegnami del 1298 e del 1320. Il nunzio della società dei muratori percepiva per ogni citazione consegnata presso la sede della società o entro una distanza di dieci pertiche dalla domus societatis un denaro povero. Se la
116ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1335-1355, rubr. XXXVIII; ibid., muratori 1376, rubr. XXXVII; ASBo, Documenti e codici miniati cit., n. 55, rubr. III.
117ASBo, Documenti e codici miniati cit., n. 5, 1298, rubr. XXVI; ASBo, Capitano del popolo cit., falegnami 1320[a], rubr. XXIX; ibid., 1320[b], rubr. XXVII.
118ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1258-62, rubr. XLII, LIV.
119ASBo, Documenti e codici miniati cit., n. 1, rubr. XL; ibid., n.2, rubr. XXXVI. Fino a tale data la parte di compenso variabile non era indicata cfr., ASBo, Capitano del popolo cit., falegnami, 1255-62, rubr. XXXIII, XLVI.
citazione veniva consegnata presso la piazza del comune o in sua prossimità (dieci pertiche), il nunzio della società dei muratori percepiva due denari poveri, mentre quello dei falegnami uno solo. Le citazioni consegnate entro le mura cittadine erano pagate tre denari di bolognini dai muratori e due dai falegnami. Quelle, infine, consegnate fuori dalle mura, nel sobborgo cittadino, venivano pagate quattro denari di bolognini dai muratori e, dal 1320, tre dai falegnami. Nel caso, poi, di consegne differenti, il massaro stabiliva a suo arbitrio il compenso da versare al nunzio. Quando, invece, il nunzio della società dei muratori si spostava per eseguire pignoramenti, i compensi si raddoppiavano, mentre quello della società dei falegnami percepiva tre denari di bolognini121.
3.3. Le modalità di pagamento
Tutte le modalità di pagamento prevedevano il saldo totale delle autorità e dei collaboratori entro la fine del mandato del nuovo massaro, al termine dell'accertamento degli obblighi dovuti effettuato da parte dell'autorità uscente122. Dal 1298 i ministrali della
società dei falegnami erano tenuti ad approvarlo entro dieci giorni dalle elezioni, mentre il massaro doveva provvedere al versamento dei compensi entro un mese, facendo recapitare dal nunzio, direttamente a casa degli ufficiali, le coppe e le spezie123. Da parte
loro, il massaro e i ministrali uscenti dovevano versare, nel 1298, la somma venticinque lire di bolognini, portata nella sola prima metà del 1320 a cento, da autenticare nel quaderno suarum reformationium, come cauzione nel periodo di passaggio in cui i
syndici dovevano effettuare il controllo dei conti. Nel caso di accertamento positivo, il