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5. Le materie prime

5.2. Mattoni e coppi

Legato, probabilmente, alla localizzazione delle fornaci nel quartiere di porta Stiera era il controllo sulla produzione duecentesca di mattoni e coppi. La normativa del 1265, infatti, prevedeva che le fornaci fossero verificate da frati Minori e Predicatori, insediatisi recentemente nel quartiere, entro le calende di maggio, prima, cioè, che la produzione avesse inizio167. Il governo obbligava ogni fornaciaio a sostenere una

162Lo Statuto del Comune di Bologna dell'anno 1335 cit., pp. 862-863 (l. VIII, rubr. 221 De

vendentibus gissum vel chalcinam. Rubrica). Ancora nel Settecento in merito alla produzione di

gesso si legge: «Il gesso è necessario sia cotto di fresco, e non stentivo, mentre quest'ultimo è tardivo a fare presa per avere preso dell'umido, e non lega fortemente come fa il recente; deve essere bianco, e che dentro non vi si scorga cenere, ne terra, deve avere la grappa mezzana, perché la grossa è segno di poca cottura e la piccola d'essere abbruggiato», cfr., Angelotti, Nuova

economia per le fabriche cit., p. 93.

163ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1335, rubr. XXXVII; ibid., muratori 1376, rubr. XXXIX. 164Lo Statuto del Comune di Bologna dell'anno 1335 cit., pp. 862-863 (l. VIII, rubr. 221 De

vendentibus gissum vel chalcinam. Rubrica).

165ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1376, rubr. XL, XLVIII. 166ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1376, rubr. XLI, XLII, XLIII.

167Statuti di Bologna dall'anno 1245 cit., III, pp. 152-154 (l.VII, rubr. CXLVI De modo lapidum et

cuporum inquirendo); ibidem, p. 199 (l. X, rubr. XCVII De arte fornaxariorum et predariorum);

Bocchi, Il comune popolare e l'urbanizzazione cit., pp. 53; Tamba, Muratori a Bologna cit., pp. 101-104; Pini, Città, comuni e corporazioni cit., pp. 246-248; Pirli, Testamenti di artigiani cit., pp.

produzione annuale di octos coctos lapide set cuppos da vendere in città, nel 1252, a venticinque o ventisei bolognini al miliare, secondo il tipo di prodotto (i coppi costavano leggermente di più). Dal 1259 al 1262, invece, il comune stabilì che le due fornaci di Castelfranco, volute e finanziate dal comune stesso, dovessero produrre in un anno sei cocte di mattoni da vendere a venti bolognini ogni migliaio per la costruzione del baraccano e delle torri168. Si trattava del prezzo che i fornaciai erano

tenuti obbligatoriamente a fare a favore del governo cittadino, come ci testimoniano gli statuti degli anni dal 1250 al 1267 a proposito della richiesta di mattoni fatta per la realizzazione del selciato della chiesa di Santa Margherita169. Il costo dei mattoni

realizzati nel contado, a cui il comune chiedeva almeno due cotture l'anno, doveva essere, nella fornace prossima al comune Poliçini ultra Renum, di quattordici bolognini ogni miliare di mattoni e venti ogni miliare di coppi170. Nel 1288 i prezzi

vennero diversificati e un miliare di mattoni, a seconda della qualità di produzione, veniva venduto a quaranta, a trenta o a ventiquattro bolognini171.

Le dimensioni dei mattoni e dei coppi erano stabilite già dal 1250 e dovevano rispecchiare quelle della forma esposta sub voltis del vecchio palazzo comunale (il palazzo oggi denominato del Podestà)172. I mattoni dovevano essere lunghi nove once,

larghi quattro e spessi due (corrispondenti, cioè, a cm 28,5 x 12,7 x 6,4), mentre i coppi dovevano misurare circa sette once alla base maggiore, quattro in quella minore e dovevano avere un lato corrispondente a tredici once circa (corrispondente ad un trapezio di basi cm 15 e 25 e di altezza 50)173. Dall'analisi mensicronologica effettuata

Rosanna Gabrielli su alcuni campioni di edifici cittadini, variamente scelti per tipologia e committenza, risulta come i fornaciai dal XII alla metà del XIII secolo tendessero a produrre mattoni di lunghezza inferiore rispetto al modello imposto dalla

168Statuti di Bologna dall'anno 1245 cit., III, pp. 330-331 (l. XI, rubr. LXXXI De turribus et

barrachanis castri franci levandis).

169Ibid., II, pp. 469-470 (l. IX, rubr. CCLII Quod laboreria sallegatarum supradictorum que precise

fieri tenentur non teneantur precise dummodo lapides deficerent).

170Ibid., III, pp. 412-415 (l. IX, rubr. CXXI De fornace una facienda in quolibet plebatu).

171Statuti di Bologna dell'anno 1288 cit., II, p. 214 (l. XII, rubr. XI De fornaxariis facientibus lapides

vel cuppos).

172Statuti di Bologna dall'anno 1245 cit., III, p. 152-154 (l.VII, rubr. CXLVI De modo lapidum et

cuporum inquirendo). Anche le altre unità di misura bolognesi dovevano corrispondere a quelle

esposte sulla facciata del comune cfr., ibid., I, p. 189 (l. I, rubr. XXVII); ibid., II, pp. 134-135 (l. VII, rubr. CXXVII Quod addantur passo ad mensurandum presa que sit de panno).

173Luigi Frati stesso ha effettuato la misura degli stampi ancora presenti presso la facciata del palazzo comunale confrontandoli con gli statuti cittadini del 1454, dove sono riportate le misure dei mattoni. Quelle dei coppi corrispondono, invece, al modulo che doveva possedere il fornaciaio cfr.,

Statuti di Bologna dall'anno 1245 cit., pp. 153-154 in nota; Tamba, Da socio ad “obbediente” cit.,

p. 146; F. Bergonzoni, Note sulle unità di misura bolognesi, in I portici di Bologna cit., pp. 161- 170; Gabrielli, Prime analisi mensicronologiche cit., pp.151-152.

città. A partire da questa data i modelli mostrano un nuovo aumento spiegabile, secondo la Gabrielli, con la nuova normativa sulla regolamentazione dimensionale della produzione laterizia174. I controlli, quindi, si erano resi necessari a causa della

tentativi di frode perpetrati dai fornaciai a danno di muratori e acquirenti nei decenni precedenti. Gli stessi controlli, poi, perpetrati nella prima fase, come detto, dagli ordini religiosi, commissionari delle principali opere di muratura cittadina, si erano rivelati particolarmente efficaci, ridimensionando la larghezza dei mattoni.

Nel 1335 i costi del materiale venduto continuarono a variare a seconda della qualità e dell'acquirente: mille mattoni ben cotti e scelti direttamente dal privato, dovevano essere venduti a quarantadue soldi di bolognini. Il comune, che non effettuava la scelta, affidandosi ai fornaciai, li acquistava a trentacinque soldi di bolognini. La seconda scelta, effettuata sempre dai muratori acquirenti, veniva pagata venticinque soldi di bolognini ogni mille mattoni. Mille coppi, invece, venivano pagati in tutti i casi cinquanta soldi di bolognini, così come stabilito dal consiglio del popolo175. L'acquisto dei mattoni e coppi doveva essere finalizzato al solo scopo edile

senza possibilità di lucrare attraverso la rivendita176. In questo modo oltre a cercare di

soddisfarne l'elevata richiesta, il comune tentava di mantenere contenuti i prezzi della materia prima riducendo al minimo l'incidenza dei costi di distribuzione e dei rincari177.

Come per la produzione di gesso e calce, anche quella dei mattoni e dei coppi nel Trecento venne affidata direttamente alla società dei muratori178. L'analisi

174Gabrielli, Prime analisi mensicronologiche cit., pp. 155-156.

175Lo Statuto del Comune di Bologna dell'anno 1335 cit., pp. 861-862 (l. VIII, rubr. 219 De

fornaxariis faciendis cuppos vel lapides. Rubrica).

176Statuti di Bologna dall'anno 1245 cit., I, p. 207 (l. I, rubr. XXXVII De lapidibus et cupis pro lucro

non emendis); Statuti di Bologna dell'anno 1288 cit., II, p. 214 (l. XII, rubr. XII Ut nulli liceat emere cupos vel lapides causa revendendi); Lo Statuto del Comune di Bologna dell'anno 1335 cit.,

pp. 861-862 (l. VIII, rubr. 219 De fornaxariis facientibus cuppos vel lapides. Rubrica; l. VIII, rubr. 220 Quod nulli liceat emere cuppos vel lapides causa revendendi). Cfr., Hessel, Storia della città di

Bologna cit., p. 198; Fasoli, Le compagnie delle arti cit., p. 57.

177Cipolla, La politica economica dei governi cit., pp. 471-472. Questa politica del comune bolognese venne attuata anche in altri versanti, attraverso il divieto imposto agli artigiani impegnati nei settori alimentari e nel trasporto di costituirsi in società, cfr. Fasoli, Le compagnie delle arti cit., pp. 256- 261; A.I. Pini, Potere pubblico e addetti ai trasporti e al vettovagliamento cittadino nel Medioevo:

il caso di Bologna, in "Nuova Rivista Storica", LXVI (1982), pp. 253-281; Id., Città, comuni, corporazioni cit., pp. 38-39; Berengo, L'Europa delle città cit., pp. 413-414.

178In riferimento alla lavorazione dei mattoni nel Settecento ancora si sosteneva: «Li fornasari di pietre devono usare diligenza, acciò le pietre riescano leggiere, ben cotte, e la terra sia buona, ben purgata, facendone cavere l'autunno, quando non possono più lavorare al banco, formando pietre, che così cavate, il freddo, brine e giazzi dell'inverno la spurgano e la rende più dolce da potersi lavorare, tanto quelli fanno le pietre, procurando avanti levarle d'Ara siano asciutte & avanti ponerle in fornace siano secche, perché si cuocono più presto e riescono buone per lavorerio». Cfr.,

mensicronologica dei mattoni dei principali edifici cittadini mostra proprio tra la fine del Duecento e l'inizio del Trecento una nuova diminuzione delle dimensioni, che tende nuovamente a crescere alla metà del secolo179. L'affidamento del controllo della

produzione della materia prima ai muratori sembra essere dettata da una nuova necessità. Con un rallentamento nei lavori di ampliamento dei conventi e degli edifici di culto e uno spostamento della committenza verso gli edifici civili, gli ordini ecclesiastici avevano perso interesse nell'applicazione del controllo e i fornaciai ne avevano subito approfittato tentando, nuovamente, di aumentare il proprio guadagno attraverso produzioni di mattoni dalle dimensioni inferiori, Le frodi, quindi, si erano erano maggiormente diffuse e il comune aveva scelto, a questo punto, di affidare il controllo della produzione ai muratori, rendendo i fornaciai, fino ad allora impossibilitati ad avere una propria corporazione in quanto produttori di materia prima, una società membrum dei muratori. Il passaggio, testimoniato negli statuti della società dei muratori degli anni 1335-1355, bloccò immediatamente i tentativi di frode, ma solo quando la società magna impose una normativa più rigida riscontrabile negli statuti prodotti nell'anno 1376, le dimensioni dei mattoni tornarono a crescere180. Sempre in questi anni i muratori scelsero di adottare un rigido controllo

anche sulla qualità del produzione, attuando una differenziazione a seconda della cottura del materiale. I fornaciai, infatti, erano tenuti a separare i mattoni e i coppi ben cotti da quelli crepati, non cotti o cotti in maniera insufficiente. Chi veniva trovato a mescolare il materiale veniva punito al pagamento di cinque bolognini per ogni centinaio di mattoni venduti e in sei bolognini ogni centinaio di coppi già venduti senza i requisiti richiesti181.