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2. Falegnami e muratori: la produzione statutaria, i libri matricularum e le cedole

1.3. I funerali dei soci

L'ultimo momento fondamentale per gli iscritti alla società era legato alla morte del socio o di un suo familiare. Dalla normativa in materia funeraria prodotta dalle due società può essere tangenzialmente osservato il mutamento, verificatosi nel corso del XIII secolo, della manifestazione del dolore all'interno della celebrazione. In origine il corteo che accompagnava verso l'ultima dimora il defunto, che veniva lasciato a viso scoperto e avvolto nel mantello della società, aveva una valenza prettamente laica41. I soci del

compianto manifestavano la propria sofferenza con violenta disperazione ed erano coinvolti attivamente nella celebrazione funebre. Le attività produttive si fermavano per onorare il defunto: i falegnami potevano lavorare esclusivamente alla realizzazione dell'arca o della cassa che raccoglieva il feretro dell'artigiano. Il nunzio informava i ministrali, il massaro e gli uomini della società sul quartiere di appartenenza del deceduto. Muratori e falegnami si riunivano nella casa del defunto e portavano il corpo in processione nella chiesa più importate del quartiere. Se il socio apparteneva al quartiere di porta Stiera, i soci si dirigevano verso la chiesa di San Gervasio; se il quartiere di

38 I casi sono quelli riportati nella prima matricola della società dei falegnami stilata pochi anni dopo la compilazione del Liber Paradisus nella quale compaiono per la prima volta anche gli artigiani appena liberati, cfr. ASBo, Capitano del popolo cit., falegnami, matricola (1264-1287), c. 3v; Erioli, Società e

lavoro cit., p. 48.

39 Cfr., Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana cit., IX, lemma maestria, p. 410; ibid., lemma

maestro, pp. 413-414.

40 ASBo, Capitano del popolo, Libri matricularum, n. 2 (1294-1314), falegnami, cc. CCXXVr- CCXXXVIIIbisIIv; ibid., muratori, cc. CCXXXVIIIIr-CCXLVIv. Vedi infra, cap. IV.

41 I muratori stabilirono che il mantello facesse parte dei beni della società: «...quod de avere societatis debeat me<er>i unum palium qui portari debeat super corpora mortua hominum societatis et eorum familie...», ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1329, rubr. XI; cfr., Ariès, L'uomo e la morte cit.,

appartenenza era quello di porta Piera, la processione si muoveva verso la chiesa di San Pietro; se il feretro proveniva dal quartiere di porta Procula, la società si spostava verso la chiesa di Sant'Ambrogio; se, infine, il morto apparteneva al quartiere di porta Ravennate, la meta del corteo doveva essere la chiesa di Santo Stefano. La società allestiva anche una camera ardente: il massaro doveva provvedere all'acquisto di due candele di cera nuova dal costo prima di 16 e poi di 12 libbre, che venivano accese ai lati del corpo avvolto nel mantello della società42. Al termine o durante la cerimonia gli incaricati dalla società si

occupavano della distribuzione delle elemosine ai poveri, con particolare attenzione ai soci iscritti. Questo antico rito aveva lo scopo di applicare indulgenze ai vivi, procacciandone ai morti43. Già nell'alto Medioevo, infatti, garantire il nutrimento dei

pauperes rappresentava uno dei modi, attuati dai signori, per garantire la salvezza delle

anime propria e dei propri familiari44. Proprio segando questa ritualità la società dei

falegnami istituì, nel 1270, la figura specifica del massarius pauperi, il cui compito era proprio quello di distribuire elemosina con particolare attenzione ai soci bisognosi. La sua elezione avveniva la domenica in cui erano designate le altre autorità. Doveva essere scelto tra gli uomini di quarant'anni di età appartenenti al quartiere in cui si presentava la necessità e non poteva in alcun caso rifiutarsi di svolgere l'incarico45.

La sintesi tra credenze tradizionali e credenze cristiane che traspare dai gesti descritti emerge nella normativa fino alla fine del Duecento, periodo in cui la città emise la prima legislazione in materia suntuaria. Questa regolamentazione, infatti, invitando i cittadini a moderare il lusso della manifestazione, contribuì, probabilmente, in parte alla trasformazione del corteo in una cerimonia prettamente religiosa, caratterizzata dal contegno e dalla dignità46. La legislazione invitava gli artigiani a non sfilare per la città

con croci appartenenti a corporazioni, chiese o quartieri differenti da quella della cappella di appartenenza dell'artigiano. Anche il numero dei candelabri della camera ardente non

42 Tamba, Le norme associative cit., pp. 129-130 (rubr. XVI, XVII, XXVIII); ASBo, Capitano del popolo cit., muratori, 1258-62, rubr. XVII, XVIII, XIX, XXVI; ASBo, Capitano del popolo cit., falegnami, 1255-1262, rubr. XXIII, XXIV, XXXIV; ibid., Documenti e codici miniati cit., n. 1, rubr. XX; ibid., n. 2, rubr., XVIII, XIX, XXVII, ibid., Capitano del popolo cit., falegnami, 1288, rubr. XVIII, XIX.

43 Ariès, L'uomo e la morte cit., pp. 207-210; Vovelle, La morte e l'Occidente cit., pp. 50-51. 44 M. Montanari, Alimentazione e cultura nel Medioevo, Roma-Bari 1995 (Quadrante, 18), p. 30.

45 ASBo, Capitano del popolo cit., falegnami 1288, rubr. XLVI; ASBo, Documenti e codici miniati cit., n. 2, rubr. LVII.

46 Ariès, L'uomo e la morte cit., pp. 355-363; Vovelle, La morte e l'Occidente cit., pp. 48-52; V. Pinchera,

Vestire la vita, vestire la morte: abiti per matrimoni e funerali, XIV-XVII secolo, in Storia d'Italia, XIX

doveva superare la quota di quattro, mentre si chiedeva di non avvolgere il feretro con mantelli, coltri o altro, né accompagnarlo in processione con candele accese47. Sebbene

inizialmente fosse solo un invito alla moderazione, la normativa, molto discussa in ambito cittadino, non venne recepita immediatamente dalle società d'arte.

La legislazione suntuaria dell'inizio del Trecento non apportò particolari novità in riferimento alla celebrazione dei funerali48. Ancora negli statuti dei muratori del 1329 la

descrizione della processione e delle azioni ad essa legate venne mantenuta quasi immutata49. Le due società si adeguarono consegnando direttamente il mantello di

appartenenza all'arte, con cui avvolgere il feretro che doveva essere restituito pulito e integro a cerimonia finita50. A testimonianza di un progressivo decadimento dei

sentimenti di condivisione e solidarietà degli appartenenti alla società, vi è la registrazione di una maggiore difficoltà, riscontrata dalle autorità di questo periodo, di reperire uomini per trasportare il corpo del defunto in processione. La normativa sia dei muratori che dei falegnami, infatti, insiste su questo punto costringendo i massari a nominare personalmente gli incaricati tra i soci e a imporre loro il servizio51.

Nelle rubriche degli statuti compilati dai falegnami e dai muratori del pieno Trecento, invece, i riferimenti alla legislazione suntuaria si ampliarono con richiami espliciti all'abbigliamento da indossare durante la cerimonia funebre52. I falegnami e i

muratori, infatti, vietarono ai propri soci, ai massari e ai ministrali di partecipare alla

47 Statuti di Bologna dell'anno 1288 cit., pp. 245-248 (l. IV, rubr. LXXXI Tractatus de variis et

extraordinariis criminibus et excesibus pertinenti bus ad specialem notarium domini potestatis deputatum super coroni set vesti bus dominarum et aliis infrascriptis: de penis plorantium seu se desmantantium ad exequias mortuorum vel emxenia mittentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica) ora in La legislazione suntuaria, secoli XIII-XVI. Emilia Romagna, a cura di G.

Muzzarelli, Bologna 2002 (Pubblicazione degli Archivi di Stato. Fonti XLI), pp. 51-52; A. Campanini,

L'applicazione delle leggi suntuarie: riflessioni sugli albori del caso bolognese, in La norma e la memoria cit., pp. 493-512: 503. Sul ruolo del massarius pauperi della società dei falegnami è molto

significativa la normativa del 1298 dove si sottolinea come questi debba effettuare le donazioni tra gli artigiani bisognosi iscritti all'arte, «[…]teneantur vinculo sacramenti expendere ut dictum est dictos denarios et supra ipsium animam pro animabus inventibus et defuntibus omnium dicte societatis.», in ASBo, Documenti e codici miniati, n. 5, 1298, rubr. LXI.

48 La legislazione suntuaria cit., pp. 59-60.

49 ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1329, XI, XII.

50 ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1329, XLI, XLII, XLIII; ibid., muratori 1335-1355, XXXIII;

ibid., muratori 1376, XXXIII; ibid., falegnami 1320[a], XXIV; ibid., falegnami 1320[b], XXIII; ASBo, Documenti e codici miniati cit., n. 5, XXII. Cfr., La legislazione suntuaria cit., pp. 75-77.

51 ASBo, Capitano del popolo cit., muratori 1329, XLI, XLII, XLIII; ibid., falegnami 1320[a], XXIV;

ibid., falegnami 1320[b], XXIII; ASBo, Documenti e codici miniati cit., n. 5, XXII. Cfr., Degrassi, L'economia artigiana cit., p. 145.

celebrazione vestendo con il mantello della società. Solo il defunto poteva esserne avvolto, purché di valore inferiore ai trenta bolognini: per ovviare a problemi di sorta, la società dei muratori continuò a fornirlo direttamente ad ogni celebrazione. I falegnami aggiunsero l'imposizione per i propri soci di non presentarsi alla celebrazione con il capo coperto da cappelli o cappucci, ad eccezione che si appartenesse a qualche ordine religioso, ma indossando le scarpe. La processione doveva svolgersi in silenzio, come precisato negli statuti dei falegnami, dalla sede della società alla casa del defunto53. Il

seppellimento doveva avvenire seguendo tutte le onorificenze del caso e ogni bottega doveva essere mantenuta chiusa. Il mancato rispetto di questa norma sembra essere la conferma di quanto s'intravvedeva solo nei decenni precedenti: la perdita del sentimento di appartenenza e solidaristico dei membri delle arti a favore degli aspetti più prettamente economici e politici54. I falegnami, infatti, furono costretti ad imporre al proprio massaro

di nominare alcuni uomini di fiducia che, andando fisicamente a controllare le botteghe, prelevavano gli artigiani inadempienti e li accompagnavano alla celebrazione55.