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Capitolo 3: Antropologia, teatro e intercultura

3.4. Cantieri Meticci: il teatro come luogo di incontro e intercultura

Cantieri Meticci ha, tra i vari obiettivi, quello di agevolare l'espressione personale e l'incontro inter-culturale e inter-generazionale, anche attraverso la messa in discussione di pregiudizi e letture stereotipiche dell’altro.

Secondo Pietro Floridia il teatro possiede alcune caratteristiche peculiari che lo rendono un luogo privilegiato d’incontro: la sua forma inter-relazionale, la centralità del codice corporeo, la pratica dell'ascolto e quella narrativa e autoriale.

[il teatro] è una forma inter-relazionale, non è una forma artistica o un tipo di percorso in cui in qualche modo si è competitivi l'uno nei confronti dell'altro, ma è per definizione qualcosa che si basa sull'ascolto dell'altro. Anche senza meticciato eccetera, un buon attore è uno che è in grado di ascoltare il suo compagno di scena e di reagire di conseguenza. (…) Siamo dentro un modello di "sport di squadra", qualcosa che vive nella co-costruzione (…) Sono forme dove il mondo si gestisce nell'ascolto e nell'essere funzione e parte di un organismo collettivo. (…) Ovviamente questo è uguale al calcio o alla barca a vela, diciamo. In più, in teatro ci metti mille altri discorsi. Un discorso di gestione del corpo, qualcosa in cui, in modo graduale, in modo in teoria armonico, come la danza, presuppone e si costruisce nella collaborazione tra corpi, e questo ha potenza ed è un codice molto importante. Se l'altro è soprattutto sospetto o paura o anche progressivamente un certo tipo di odore diverso, essere in un contesto in cui in teoria, se fatto bene, morbidamente, diventa normale che ci abbracciamo, che ci tocchiamo, che creiamo qualcosa assieme, anche quello è un fatto molto forte. (…)

La narrazione di sé è ovviamente in qualche modo una tecnica terapeutica, che può generare depressione, euforia, essere in pace con se stessi: cioè, come ci pensiamo e come ci raccontiamo, non so come dire, in qualche modo è tutto. Cioè inquadrare noi stessi è un tema molto importante che cambia tutto. Le forme di, al di là della narrazione di sé, le forme di espressione e di racconto e di essere autori sulle cose, avere un contesto in cui mi esprimo, sono io autore, scrivo e racconto testi, anche se non parla di me, è un'altra cosa ancora.

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Un altro elemento positivo, sia dal punto di vista psicologico che sociale è, secondo Floridia, la fiducia in sé stessi che si sviluppa durante il percorso laboratoriale e che può portare a vivere lo spettacolo come un’esperienza gratificante:

(…) il credere in sé stessi, lo sperare che sta società in generale ti faccia un applauso, l'esserci, è molto importante psicologicamente. Poi anche praticamente, come pubbliche relazioni, come sicurezza.

Intervista a Pietro Floridia

Le guide Silvia, Francesco e Nicola hanno riflettuto sulle potenzialità del teatro per creare una dimensione di incontro.

E’ emersa l'importanza della pratica narrativa: raccontare, come spiega la guida Silviaxliv

, significa rielaborare e condividere esperienze personali, talvolta traumatiche, all'interno di uno spazio protetto, attraverso lo “schermo” della finzione scenica e drammatica. Inoltre, permette di imparare a raccontare bene una storia attraverso la padronanza del linguaggio teatralexlv.

La guida Francesco sottolinea l’importanza di non “costringere” i ragazzi, soprattutto quelli che hanno affrontato esperienze particolarmente difficili, a raccontare storie personali: è necessario creare uno spazio in cui ognuno possa essere autore e narratore di una propria storia, quella che ha voglia di raccontarexlvi.

Viene dato valore anche alla pratica dell'ascolto. Riuscire ad ascoltarsi, come spiega Silvia, è possibile all’interno di un contesto in cui anche chi normalmente non si esprime, o non si sente in diritto di farlo, riesce a prendere la parola: per questo la creazione del gruppo, il clima di fiducia e l'attenzione alla relazione sono importantixlvii. In particolar modo, Silvia si riferisce alla situazione di numerosi migranti che si trovano da poco tempo in un nuovo contesto sociale, che passano la maggior parte del giorno all'interno dei centri di accoglienza e che non padroneggiano la lingua italiana.

Secondo Nicola il teatro è una palestra per allenare la pratica dell’ascolto e del decentramento, che producono creatività:

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Non ci sono persone geniali o creative, se tu impari le regole, impari ad ascoltare e a prendere dagli altri, a pescare dagli altri e non dalla tua testa, questo è fondamentale. Ti decentra da te stesso, uno è creativo se è decentrato e ascolta gli altri. Il teatro ti costringe a proiettarti sull'altro e aiutare l'altro, è bellissimo aiutare l'altro in scena, invece di pensare: adesso faccio un gran numero.

Intervista a Nicola

Il codice corporeo viene considerato da Nicola, rispetto a quello verbale, un potente catalizzatore di creatività:

La cosa difficile è che quando chiedi delle parole è difficile, con il movimento e la musica vengono fuori delle cose bellissime, invece con le parole il corpo si irrigidisce e si accende solo il cervello, che è il grande limite della nostra idea di cos'è il teatro: la poesia imparata a memoria, sto fermo e la dico.

Intervista a Nicola

Oltre a narrare ed ascoltare l’altro, è importante per le guide la creazione artistica collettiva: gli spettacoli di fine anno raccolgono infatti le storie, i movimenti, i gesti, le intuizioni e le riflessioni dei partecipanti, rendendo il prodotto finale una vera e propria creazione personale e collettiva.

Come ricorda Pietro Floridia, c'è una certa soddisfazione nell'essere autori di qualcosa, che si tratti di un testo, di una sedia di un dipintoxlviii.

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