Capitolo 4: il codice lingua a teatro
4.7. Riflessioni osservanti e partecipanti: Casa di Khoula e il Casalone
I percorsi laboratoriali che ho attraversato, come osservatrice e come partecipante, hanno avuto ciascuno delle peculiarità proprie riguardo alla composizione del gruppo e alle attività proposte, che mi hanno permesso di cogliere alcuni elementi rilevanti rispetto alle potenzialità presenti nei laboratori per l'acquisizione dell'italiano L2.
A Casa di Khoula gli italofoni erano la maggioranza. Vi era inoltre un piccolo gruppo di ragazzi francofoni provenienti dalla Costa d’Avorio con un livello molto basso di conoscenza della lingua italiana (tra cui Aboudramane); un’aiuto-guida francofona con livello buono d’italiano, originaria del Benin; e una ragazza arabofona di origine marocchina, con un livello molto basso d’italiano (Khadisja). Alcuni dei partecipanti italofoni, oltre alla guida, conoscevano abbastanza bene il francese.
Le improvvisazioni sono state uno degli elementi più interessanti da osservare in questo percorso, anche perché sono state presenti in quasi tutti i laboratori. Dal punto di vista linguistico, si è sentito spesso parlare in francese, poiché era possibile avere una traduzione simultanea da parte dell’aiuto-guida: erano quindi frequenti improvvisazioni in cui si passava rapidamente da un codice lingua all'altro. L’alternanza o la presenza simultanea di più lingue è stata una caratteristica costante soprattutto nella prima fase del percorso, lasciando sempre più spazio all’italiano con il passare del tempo.
All’interno delle attività d’improvvisazione, sono state numerose le sperimentazioni di
grammelot:
«Grammelot» significa […] gioco onomatopeico di un discorso, articolato arbitrariamente, ma che è in grado di trasmettere, con l’apporto di gesti, ritmi e sonorità particolari, un intero discorso compiuto. In questa chiave è possibile improvvisare – meglio, articolare – grammelot di tutti i tipi riferiti a strutture lessicali, le più diverse. La prima forma di grammelot la eseguono senz’altro i bambini con la loro incredibile fantasia quando fingono di fare discorsi chiarissimi con farfugliamenti straordinari (che fra di loro intendono perfettamente) (Fo 1997: 81).
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Le improvvisazioni che utilizzavano il grammelot portavano a sviluppare capacità comunicative non strettamente linguistiche, a focalizzarsi sull'obiettivo comunicativo più che sull'utilizzo “corretto” della lingua, utilizzando il corpo, la voce, gli elementi del contesto: questo risultava tanto più utile ai partecipanti con una scarsa conoscenza della lingua italiana. Inoltre, essendo permeata di componente ludica, l'improvvisazione permetteva a mio avviso di sentirsi liberi di sbagliare: da una parte, giocando, si possono creare nuovi mondi, nuovi linguaggi, per cui è prevista una certa libertà espressiva; dall'altra, come insegna la metodologia didattica del Process Drama, l'elemento fictionale può attivare uno schermo protettivo, per cui il soggetto che “sta sbagliando” non è la persona in sé, bensì un personaggio di finzione (Piazzoli 2012).
Un episodio particolarmente interessante da osservare è stato un'attività d’improvvisazione con utilizzo del grammelot che ha avuto luogo nel periodo primaverile, quindi a percorso avviatoxcvii. Khadisja, che conosceva poco la lingua italiana, e la cui lingua madre era sconosciuta in pratica a tutti, non era solita esprimersi molto a laboratorio. Durante l’improvvisazione la partecipante, dapprima giocando con il grammelot “arabo”, ha poi iniziato a parlare in arabo, esprimendosi con forza e presenza. Sebbene le altre persone non potessero comprendere il significato di quello che diceva, sembrava a proprio agio nel poter comunicare. Si è creata in quell'occasione una sinergia molto forte tra lei e il gruppo. Quest'attività l'ha notevolmente “sbloccata” dal punto di vista comunicativo: da quel laboratorio ho notato una presa di parola sempre maggiore con il passare del tempo, anche con tentativi di utilizzare la lingua italiana.
Questa esperienza mi ha portato a formulare due riflessioni. La prima è che potersi esprimere in un ambiente in cui si riesce scarsamente a comunicare, in questo caso utilizzando una lingua sconosciuta dagli altri, può essere utile per attivare la comunicazione con le altre persone. Bisogna ricordare che spesso lo scoglio di una nuova lingua, molto distante dalla propria, può portare a rinunciare allo sforzo comunicativo ed anche allo sforzo legato all'apprendimento linguistico.
La seconda è che le attività ludiche e d’improvvisazione allenano a ricercare strategie comunicative, concentrandosi sul qui e ora del contesto. Sviluppare competenze comunicative extra verbali è infatti parte di un processo di apprendimento linguistico, come
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insegna l'approccio comunicativo all'apprendimento linguistico L2.
Un altro elemento emerso a Casa di Khoula è stato il ruolo positivo che ha giocato il lavoro in piccoli gruppi durante la preparazione dello spettacolo, il cui copione era quasi totalmente in lingua italianaxcviii. I gruppi di lavoro, di circa 7/8 persone l'uno, comprendevano sia italofoni sia non italofoni. Lavorare in pochi ha permesso da una parte di assumersi più responsabilitàxcix, attraverso la partecipazione attiva di tutti, oltre a favorire un contesto in cui gli italofoni hanno potuto aiutare i non italofoni sia nelle parti di traduzione sia di recitazione. Secondo la teoria per l’apprendimento di una lingua L2 sviluppata da Daniel Cassany (Bajini Bonomi Calvi 2015), i gruppi cooperativi svolgono un ruolo molto importante per l'apprendimento, specie se questi gruppi sono eterogenei, ovvero comprendono persone di culture, origini, interessi, livelli di competenza e abilità linguistiche differenti.
Il laboratorio al Casalone mi ha permesso di riflettere su altre tipologie di attività. Anche in questo percorso la maggioranza dei partecipanti era italofona. Vi erano poi tre ragazzi bilingui romeni, due ragazze iraniane con livello d’italiano molto buono (Behnoosh e Banafsheh), e ragazzi francofoni e anglofoni con livello d’italiano basso e medio/basso, provenienti da Mali, Nigeria (Blessing) e Costa d’Avorio (Yazi e Junior). In questo laboratorio, fin dall’inizio, chi non conosceva bene l’italiano provava a parlarlo, anche poco, forse anche per la mancanza di traduttori.
L’elemento più interessante da osservare in questo percorso, dal punto di vista linguistico ma non solo, è stato il lavoro di narrazione, basato largamente sull'espressione e la condivisione di esperienze personali. È stato molto importante il lavoro in coppia, che ha previsto incontri al di fuori dell’ambiente laboratoriale, e in cui i compagni erano spesso uno italofono e uno non italofono.
Avendo preso parte attivamente a questo percorso, mi è capitato di partecipare a un’attività in coppia con un ragazzo ivoriano, Yazi. L'attività era divisa in diverse fasi: inizialmente si raccontava al compagno la propria storia durante il laboratorio, la quale doveva poi essere rielaborata in forma scritta attraverso un lavoro in coppia, che prevedeva degli incontri extra-laboratoriali. L'obiettivo era di recitare/narrare la storia all'interno del gruppo, per poi
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portarla in scena. Durante i nostri incontri extra-laboratoriali Yazi mi chiedeva nuove parole da utilizzare, e mi chiedeva il significato di ciò che io gli stavo raccontando. Il sapere veniva trasmesso in questo modo in forma narrativa. Ho potuto notare come, attraverso queste fasi, Yazi abbia acquisito maggiore dimestichezza nel raccontare la sua storia, arricchendola piano piano di particolari, e arrivando pronto al momento della condivisione con il gruppo. Da alcune frasi scarne, era arrivato a scrivere una pagina completa, con l'utilizzo di vocaboli nuovi. Inoltre ho notato come, sebbene avessimo preparato un testo che poteva recitare a memoria, abbia raccontato la sua storia utilizzando in forma libera le nuove parole e i verbi che aveva imparato, esprimendo bene i concetti che erano presenti nel testoc. Il lavoro di coppia italofono/non italofono è stato particolarmente efficace per l'apprendimento, come ha anche confermato Junior:
Quando parlo in francese mi viene dalla testa, ma quando parlo italiano devo riflettere in francese e questo prende tempo. Adesso parlo con te ma penso che tu mi puoi aiutare quando sbagliato. Ma quando sono tante persone, tutto il mondo non ha la stessa maniera di aiutare qualcuno.
Intervista a Junior
Quest'attività mostra a mio parere l'efficacia di una trasmissione del sapere di tipo narrativo, contestuata e volta a un obiettivo comunicativo concreto, la quale inoltre possiede alcuni elementi propri del Glottodrama, quali il coinvolgimento dell’emotività e del vissuto personale.
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