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Capitolo 4: il codice lingua a teatro

4.6. Quartieri Teatrali e l'acquisizione della lingua italiana L2

Un primo dato da cui partire è la percezione, da parte di tutti i partecipanti non italofoni (tranne Banafsheh), di un miglioramento della propria conoscenza della lingua italiana durante il periodo in cui hanno partecipato a Quartieri Teatrali, in particolar modo per quanto riguarda l'espressione e la comprensione orale, come avrò modo di approfondire in seguito. Ognuno di loro frequentava contemporaneamente uno o due corsi d’italiano, o andava a scuola: per tutti la frequentazione delle lezioni d’italiano è stata considerata utile per apprendere la lingua, ciononostante sono state evidenziate delle peculiarità che rendono i laboratori dei luoghi di apprendimento privilegiati.

Ho riscontrato elementi positivi per l'apprendimento linguistico che possono essere accomunati a entrambi i percorsi, e che rispecchiano in parte gli aspetti affrontati da Pietro Floridia e dalle guide laboratoriali. Di seguito mi baserò sia sulle interviste e sia sull'osservazione e la partecipazione ai percorsi.

Per quanto riguarda le interviste, la maggior parte delle riflessioni riguardanti le potenzialità di apprendimento dei laboratori teatrali mi sono state fornite dai ragazzi francofonixciv Yazi, Junior e Aboudramane.

Un primo elemento importante per agevolare l'apprendimento dell'italiano è stato l'attivazione di un clima divertente e rilassato, l'attenzione che era data al singolo, al farlo sentire a suo agio e a permettergli di mettere in campo tutte le proprie risorse. E’ importante, infatti, sentirsi a proprio agio all’interno di ogni attività, seppur con poche conoscenze linguistiche, come ricorda la guida Silviaxcv. Si valorizza in questo modo l’agency di ogni partecipante, intesa come autonomia dell’individuo in quanto attore sociale capace di effettuare le proprie scelte, interagendo con i fattori del contesto sociale, non in piena e totale libertà ma neppure come mera espressione di un ruolo assegnato dall’esterno (Bajini et al 2015). Come insegna l'approccio umanistico-affettivo, è molto importante che le persone abbassino il proprio “filtro affettivo” e vivano l'apprendimento come un'esperienza positiva e soddisfacente, che in questo caso si è concretizzata nei laboratori e nello spettacolo. Junior, per esempio, aveva iniziato il laboratorio con la paura di non

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riuscire a parlare in italiano, non voleva neppure recitare allo spettacolo. Attraverso il percorso laboratoriale ha acquisito maggiore fiducia nelle proprie capacità, ed ha recitato in italiano allo spettacolo finale, superando le proprie paure iniziali.

Io ho detto a Franz “io non voglio parlare”, voglio fare l’organizzazione, so che non parlo bene italiano, non voglio parlare una parola, fare teatro non va bene, io non fare niente. E lui ha detto “no”, fare due o tre frasi (…). Questo è giusto per me per parlare. Intervista a Junior

Anche Khadisja, Yazi e Aboudramane, i quali avevano espresso le stesse paure durante il percorso laboratoriale, hanno raccontato di essere arrivati pronti e sicuri al giorno dello spettacolo, evento molto importante dal punto di vista emotivo, come ho già avuto modo di spiegare nel capitolo relativo al teatro.

Le attività di gioco e improvvisazione sono state molto importanti dal punto di vista psicologico per chi non parlava bene la lingua, poiché hanno permesso ai partecipanti di “buttarsi” e di provare a parlare in italiano nonostante una scarsa padronanza linguistica, oltre a sperimentare la lingua in azione, agevolati peraltro dall'utilizzo di altri codici comunicativi. Alcune riflessioni in merito saranno fatte nel prossimo paragrafo, riguardo all’osservazione del laboratorio a Casa di Khoula.

Le prove dello spettacolo hanno giocato un altro ruolo chiave dal punto di vista psicologico, sociale e di apprendimento linguistico, elementi sempre fortemente intrecciati. Durante la fase del rehearsal ci si esercitava a ripetere la propria parte del copione in italiano, per cui, anche chi non si sentiva in grado di farlo, ha acquisito dimestichezza con il tempo. Come proprio del training informale, di tipo olistico, era possibile imparare “sbagliando”, attraverso piccoli aggiustamenti che avvenivano processualmente, spesso grazie alle correzioni in itinere suggerite dai compagni italofoni. Attraverso le prove si apprendeva per imitazione, guardando come facevano gli altri: anche in questo caso l'apprendimento era quindi contestualizzato ed esperienziale. Prepararsi nella nicchia laboratoriale per “andare in scena” ha significato poter acquisire una graduale consapevolezza relativa al significato del testo, poter elaborare un proprio stile performativo, trovare un proprio modo di rendere la parola scritta parola orale. In un certo

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senso, di fare propria la lingua e di vivere la lingua come un „saper fare“. Questo è stato particolarmente importante, dal mio punto di vista, per chi stava imparando a maneggiare un codice nuovo: l'italiano.

I copioni spesso contenevano testi composti di storie personali, le quali erano state espresse, elaborate e condivise dai partecipanti con il gruppo durante il percorso annuale. La narrazione aveva quindi una connotazione particolare in questi spettacoli: i “copioni” non parlavano di personaggi lontani, bensì portavano in scena auto-narrazioni. Come vi era stato un confine labile a laboratorio tra recitazione e racconto personale, così quello che ne è emerso, e che è stato rielaborato in una forma più “compiuta” per lo spettacolo, è stata una propria storia. Questo è un esempio di acquisizione del sapere, la lingua italiana L2, attraverso una forma narrativa e contestuata (2016b)xcvi.

In generale, i laboratori hanno aiutato a imparare ascoltando in contesto, poiché la lingua italiana era quella maggiormente utilizzata.

[A teatro] Sentire, ascoltare. Mi apre la mente, devo impegnarmi: cosa vuole dire? Non tutto, ma il senso generale. Cerchio, davanti, dietro, destra, buio. Il riflesso. Oggi dobbiamo salutare in… Fare piccole frasi che possono servire, però sono le parole importanti.

Intervista a Junior

Ascoltare è avvenuto all'interno di un contesto particolare, quello laboratoriale, il quale prevedeva la combinazione di parola e gesto/azione/mimica, ovvero del linguaggio teatrale. Questo elemento è presente anche nella metodologia didattica della Total Phisical Response, ed è riconducibile a un tipo di trasmissione del sapere contestualizzato.

Franz, quando lui parla, parla in maniera con i gesti che tu puoi capire cosa vuol dire, non posso sapere come si scrive, ma posso capire perché usa il gesto. Il teatro mi aiutare ad ascoltare.

Intervista a Junior

Un altro elemento emerso dalle interviste è l'importanza che ha l'oralità, ai fini della comprensione, soprattutto per chi ha bassi livelli di scolarizzazione e alfabetizzazione,

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Sì, a scuola si scrive e nel teatro non si scrive. Loro parlano e fa direttamente quello che loro hanno detto. Secondo me nel teatro è più facile da capire che a scuola. Però di là è semplice: loro parlano, loro fanno i gesti che tu puoi capire meglio. A scuola devi scrivere. Se tu non hai studiato nel tuo paese loro hanno scritto sulla lavagna, non posso capire.

Intervista a Yazi

Aboudramane pone l’accento su un aspetto centrale della trasmissione del sapere contestualizzato, ovvero l'efficacia, a livello di memoria, di collegare l'apprendimento a un obiettivo specifico e concreto: in questo caso si trattava di un'attività di medio periodo, che consisteva nel trasformare il testo scritto in un monologo da recitare davanti al pubblico.

Parlare nel teatro e nello spettacolo aiuta. Perché a scuola fai l’esercizio, ma quando fai l’esercizio e torni a casa e basta, non puoi più studiare a casa. Così quello che ho fatto non lo ripeto. Quando sono a scuola e loro mi danno un esercizio, domani dobbiamo fare altro, così non possiamo capire tutto insieme. Il teatro hai un foglio, la parte che hai da fare la guardi, la ripeti. Quello che ho fatto in teatro, le frasi non le dimentico.

Intervista ad Aboudramane

La recitazione possiede caratteristiche particolarmente interessanti in relazione all'apprendimento linguistico. Innanzitutto, recitare significa parlare una lingua attraverso il coinvolgimento sia mentale sia fisico, mettendo in campo i diversi codici comunicativi che compongono la materialità del sapere. Significa poi potersi basare su un testo che guida la parola orale, e dunque permette anche a chi conosce meno la lingua di potersi preparare, ripetendo, comprendendo piano piano quello che sta andando a dire, fino a essere sicuro di non sbagliare. Infine, attraverso la recitazione si utilizza la lingua per un obiettivo concreto e specifico, quello di essere osservato e ascoltato dagli altri, ancorando l'azione al contesto. Questo diventa tanto più forte dal punto di vista emotivo, quando si carica l'esperienza di un valore simbolico, com’è stato il momento dello spettacolo di fine anno. Aboudramane, Yazi e Junior sono stati concordi nell'affermare che non dimenticheranno mai più le frasi recitate durante lo spettacolo.

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Io non posso dimenticare le quattro frasi che ho detto: tu non ucciderai, non ruberai, signor giudice, era tutta una finzione, e noi bruceremo, bruceremo all’inferno. E non lo posso dimenticare, questo è un vantaggio. E ho visto come si scrive queste frasi, e un’altra: tu non avrai altro dio al di fuori di me... Sono rimaste, tutta la vita.

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