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Capitolo 2: Cantieri Meticci e Quartieri Teatrali

2.3. Sul campo

I tre percorsi che ho seguito sono stati il laboratorio nel circolo Arci Il Casalone, nella biblioteca Casa di Khoula, e nel Centro delle Donne, rispettivamente nei quartieri S. Donato, Bolognina e S. Stefano.

Il Casalone

Il laboratorio ha avuto luogo all'interno del circolo Arci Il Casalone, in una stanza spaziosa a fianco del bar del circolo, frequentato quotidianamente dagli anziani del quartiere S. Donato. Questo percorso è stato condotto, per il secondo anno, da Francesco, guida laboratoriale con anni di esperienza nella compagnia, coadiuvato da Alexandra, una giovane ragazza anch'essa parte della compagnia teatrale e del gruppo “Shebbab MET Project”.

In questo laboratorio sono stata partecipante a tutti gli effetti: dal mio arrivo, a metà gennaio, fino alla messa in scena dello spettacolo finale.

Questo laboratorio ha avuto la particolarità di ospitare persone non solamente che parlavano lingue differentixxxiii, di provenienze geografiche differentixxxiv, ma anche di età molto differenti: c' era un gruppo di ragazzini di quindici anni, molti ragazzi tra i venti e i trent’anni, come anche signori di quaranta e di settant’anni. Dal punto di vista di genere c'è stato un equilibrio, che si è mantenuto fino alla fine del percorso. Il gruppo ha visto una partecipazione media di venti persone, molte delle quali hanno portato avanti il laboratorio fino alla fine dell'anno. Alcuni avevano partecipato anche l'anno precedente, ma per la maggioranza dei partecipanti era la prima esperienza teatrale.

Il tema principale trattato nei laboratori in vista dello spettacolo, è stato il potere, e ci si è basati in particolar modo su riflessioni tratte dall'opera “Il Crogiuoloxxxv”. A partire da questo spunto, Francesco ha deciso di lavorare con noi sul tema della caccia alle streghe, ponendoci una questione: chi sono le streghe al giorno d'oggi? E quando noi ci siamo sentiti delle streghe, ci siamo sentiti accusati ingiustamente dalla società?

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anche se la cosa non è vera, mi salvo e divento l'accusatore. Se io non confesso una cosa che non ho fatto vengo giustiziato, e lo riporto al, chi ha oggi il potere di nascondere le cose? Ad esempio, io ho tre televisioni ed ho il potere di farti pensare chi è il cattivo. Il potere di comunicare, di giudicare.

Intervista a Francesco

L’esito del percorso è stato lo spettacolo “Le streghe nell'ombra”, che è andato in scena il primo di luglio nella sala Centofiori del MET.

Dal punto di vista della ricerca, questo percorso è stato utile perché ho sperimentato il ruolo di partecipante, vivendo in prima persona le attività, la preparazione dello spettacolo, lo spettacolo stesso, ed ho avuto modo di intessere legami ed amicizie con gli altri partecipanti. Inoltre, mi ha permesso di osservare e vivere le dinamiche inter-culturali ed inter-generazionali, grazie alla composizione eterogenea. Infine, è all'interno di questo laboratorio che ho condotto la maggior parte delle interviste ai partecipanti.

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Immagine III Locandina dello spettacolo “Le streghe nell’ombra”, esito del percorso laboratoriale al

“Casalone”xxxvi

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Casa di Khoula

Casa di Khoula è la biblioteca pubblica del quartiere Bolognina: il laboratorio ha avuto luogo al piano superiore dell'edificio, in una sala molto ampia e luminosa.

La guida del laboratorio era Nicola: dopo aver lavorato nei laboratori al Teatro dell'Argine, di cui Pietro era direttore artistico, ha deciso, dal 2013, di seguire con entusiasmo il progetto di Cantieri Meticci. L'aiuto-guida era Moussa, un giovane ragazzo facente parte da tempo della compagnia teatrale, ed anch'esso membro del gruppo teatrale “Shebbab MET Project”.

Ho iniziato questo laboratorio come partecipante, ma, dopo poche settimane ho deciso di diventare osservatrice esterna. Questo ruolo, come ho avuto modo di introdurre nel paragrafo sul “Posizionamento”, mi ha tenuta ad una certa distanza emotiva dai partecipanti.

All'inizio dell'anno, come mi ha raccontato Nicola, era possibile che i partecipanti arrivassero alla trentina, ma con il passare del tempo il gruppo si è ridimensionato e consolidato, arrivando ad una partecipazione media di venti persone, con una maggioranza netta di genere femminile. Per quanto riguarda l'età, si andava dai venti ai quarant'anni. La maggioranza delle persone era italiana, vi erano poi tre ragazzi provenienti dalla Costa d'Avorio ed una ragazza proveniente dal Marocco, arrivati da meno di un anno in Italia. In questo percorso, il livello di conoscenza delle arti sceniche era buono, elemento che ha portato Nicola a proporre attività teatrali abbastanza avanzate.

Il testo su cui si è basata la drammaturgia è “Venivamo tutte per marexxxviii”:

Mi è piaciuto tantissimo. A me piacciono in generale i libri scritti da donne, l'anno scorso avevamo lavorato su Medea, non scritto da una donna, ma con una tematica femminile forte. Questo è un libro corale scritto da una donna sulle migranti giapponesi negli USA del Novecento. Il coro dice: "Noi eravamo sulla barca...": la narrazione in prima persona plurale è interessante quando lavori con venticinque persone che devono stare in scena. È un tema difficile, ma c'è molta ironia.

Inizialmente pensavo di lavorare sui testi del libro, e poi ho fatto la scelta di far parlare loro.

Intervista a Nicola

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alla creazione di uno spettacolo, “Venite, Giapponesi!” che è andato in scena al MET, attraversandone sia gli spazi interni che quelli esterni.

Questo percorso è stato particolarmente utile per osservare la complessità del linguaggio teatrale: musica, immagini, oggetti, corpo, voce e parola sono stati esplorati in diversi modi. Soprattutto grazie all'improvvisazione e alla particolare composizione linguistica, in questo laboratorio è stato possibile ascoltare un assemblaggio di diverse lingue, create sul momento per comunicare nel miglior modo possibile con gli altri.

Infine, anche in questo laboratorio ho avuto modo di fare numerose interviste ai partecipanti.

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Immagine V Locandina dello spettacolo “Venite, Giapponesi!”, esito del laboratorio a “Casa di Khoula”xxxix

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Il Centro delle Donne

L'ultimo percorso che ho seguito, anche questo in veste di partecipante, ha avuto luogo nel Centro delle Donne, in quartiere S. Stefano. Nuova sperimentazione all'interno di Quartieri Teatrali, si trattava di un laboratorio pensato esclusivamente per il genere femminile. Alcune donne della compagnia avevano infatti manifestato il desiderio e l'esigenza di attivare un confronto al femminile, nato in particolar modo dopo un'esperienza a Ventimiglia:

Quest'estate siamo andati con alcuni di loro con un gruppo informale a Ventimiglia, abbiamo pensato di tornarci perché quello che ci ha stupito è che ci sono tantissime migranti sole, minorenni, con bambini, cosa di cui in genere non si parla nei media. Abbiamo pensato di tornare per intervistare queste donne, per dare rilievo e voce a questa parte di migrazione femminile. (...) Poi quando siamo tornati ne abbiamo intervistate alcune, e c'era questo progetto che era ambivalente: uno sulle scrittrici da proporre al MET, e uno che ci è venuto in mente lì a Ventimiglia, con un gruppo di ragazze, di fare un laboratorio dedicato alle donne, perché ci si era poste il problema che in Cantieri Meticci le migranti nel tempo non rimanevano a far parte della compagnia, ci si è interrogate sulle ragioni e si è ipotizzato che per alcune di loro può essere difficile per ragioni personali di violenza subìta o culturali di interazione con il genere maschile. (...) È una cosa nuova quest'attenzione al genere femminile, per me è importantissimo e ho cercato di promuoverlo subito, perché per me personalmente è importante che il discorso del confronto culturale e dell'integrazione avvenga in parallelo ad un discorso di genere, del rispetto delle donne e delle diversità tutte.

Intervista a Silvia

Le guide di questo laboratorio erano molte: Silvia, Francesca, Viviana, Karen, Natalia e Stefania, le quali, con ruoli differenti, fanno parte della compagnia di Cantieri Meticci da tempo. Nella prima fase hanno partecipato molte ragazze italiane e ragazze, anche minorenni, di origine nigeriana, ospiti in una struttura d'accoglienza. Con il passare del tempo il gruppo si è molto ridotto, e sono rimaste quasi solamente ragazze italiane. Le guide laboratoriali si sono interrogate sulle motivazioni dell'abbandono: è stato ipotizzato che fosse dovuto al continuo spostamento delle ragazze da una struttura all'altra. Ad ogni modo questi sono interrogativi che stanno ancora interessando Cantieri Meticci, e che mi hanno fatto riflettere sulla necessità, in primo luogo, di comprendere quali siano le aspettative, i desideri ed il significato che ogni partecipante attribuisce al progetto teatrale;

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in secondo luogo, sulla necessità di avere maggiori informazioni rispetto ai percorsi di vita e ai mondi di provenienza delle partecipanti.

Il testo su cui si sono ispirate molte attività laboratoriali, e su cui poi si è basato lo spettacolo finale, è “L'astragaloxli”, che, secondo Silvia e Francesca, avrebbe potuto avere

dei punti di contatto con le storie delle ragazze migrantixlii.

La creazione di un gruppo coeso è avvenuta in questo caso verso la fine del percorso, a ridosso dello spettacolo “Il Salto: Il cielo si era allontanato di almeno dieci metri”, grazie ad un lavoro serrato di prove. In scena si percepiva un'energia davvero molto forte, anche perché nello spettacolo sono state portate le nostre rielaborazioni verbali e corporee sul tema della violenza di genere, condivise durante il percorso annuale. È stato poi chiesto al gruppo di riproporre lo spettacolo anche in occasione del 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Questo percorso è stato utile alla ricerca per diversi motivi. Da una parte ha permesso di portare alla luce numerosi interrogativi, posti dalle guide, di fronte alla mancata creazione del gruppo e all'abbandono del progetto da parte di numerose ragazze; inoltre, la struttura sperimentale ed aperta ha agevolato un confronto continuo su temi organizzativi e drammaturgici tra guide e partecipanti. Infine, è stata un'esperienza molto forte dal punto di vista personale, relazionale ed artistico, che mi ha permesso di riflettere in prima persona sulle potenzialità riflessive, creative e trasformative proprie del teatro.

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Immagine VII Locandina dello spettacolo “Il Salto. Il cielo si era allontanato di almeno dieci metri”, esito

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