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13.1 4.1 La scuola: fucina del cambiamento

Tra i percorsi principali di inserimento e familiarizzazione alla cultura di accoglienza, sicuramente va annoverata l’educazione scolastica e l’ambito della formazione in generale. La scuola rappresenta infatti un indicatore chiave cioè del dispiegarsi di un proficuo processo di integrazione in quanto “per i ragazzi immigrati o di origine immigrata frequentare la scuola, acquisire conoscenze e competenze che possono essere capitalizzate per il futuro inserimento nel mercato del lavoro, rappresenta un cruciale passo avanti verso un’assimilazione di “successo” (cfr. Zhou, 1997).

All’indomani della Legge del 1998, la quale si ricorda ha sancito l’obbligo scolastico per i minori stranieri a prescindere dalla loro regolarità sul territorio italiano, si pose l’esigenza di un sostegno per l’inserimento a scuola dei minori stranieri, compresi quindi i MSNA, che rientravano nella fascia dell’obbligo di istruzione. Situazione che fece sì che gli adulti si avvicinassero ad educatori ed associazioni per richieste di informazioni e di aiuto rispetto allo svolgimento delle pratiche necessarie per il processo di regolarizzazione in corso. Si tratta di un periodo cruciale in relazione all’elaborazione di nuove modalità di integrazione dei minori marocchini di estrazione rurale, soprattutto di quelli giunti in Italia da poco. All’interno dei confini nostrani ci si interroga su come poter garantire una piena integrazione dei muovi giovani migranti, rispettosa delle differenze di ognuno (dibattito peraltro, abbiamo visto, mai conclusosi); dall’altra parte, i MSNA, confrontandosi con i coetanei italiani, iniziano a mettere in discussione i propri riferimenti culturali, il proprio modus vivendi149.

Nel caso dei MSNA è stato ed è infatti proprio l’accesso alla scuola a costituire la discriminante rispetto alle tendenze di chiusura e resistenza alla cultura dominante, sottraendo spesso i ragazzi a situazioni di marginalità più o meno accentuata e devianza sociale. Qualora infatti accettino di essere inseriti in un percorso di accoglienza, sono generalmente iscritti a scuola o a corsi di apprendistato. Tale situazione li porta a confrontarsi con i minori autoctoni e ad inoltrare per questa ragione tutta una serie di differenti rivendicazioni nei confronti della società di arrivo; ragioni che fanno sostanzialmente perno attorno al principio di “somiglianza – uguaglianza” con i compagni di scuola con i quali hanno condiviso il lungo percorso scolastico.

Partendo dalla necessità di spiegare gli insuccessi scolastici e la dispersione che spesso caratterizza i percorsi scolastici dei “figli dell’immigrazione”, molte ricerche sia a livello nazionale (Giovannini, Queirolo Palmas, 2002; Bosisio, Colombo et al., 2005) ed internazionale (cfr. Portes – MacLeod, 1996, 1999; cfr. Thomson- Crul, 2007), hanno evidenziato come l’essere straniero costituisca un elemento di vulnerabilità per il successo scolastico, in base a fattori come le caratteristiche dei movimenti migratori e

149 Rimaneva poi comunque il problema dei ragazzi arrivati in precedenza, privi di qualsiasi tipo di

qualifica e spesso con un avvenire pregiudicato dal coinvolgimento in piccoli atti di devianza. Alcuni di loro riuscirono a seguire con successo e a terminare un iter di reinserimento attraverso l’istituto della messa alla prova giudiziaria, ma la gran parte rimase - ed è ancora oggi - in una situazione caratterizzata da precarietà.

del sistema formativo dei paesi di ricezione, e le dinamiche di interazione tra questi due poli che incontrandosi attraverso una negoziazione quotidiana delle forze in gioco contribuiscono alla riformulazione e reinvenzione di un nuovo spazio sociale.

Per lungo tempo si è ritenuto che i bambini potessero adattarsi più facilmente degli adulti al nuovo contesto sociale e culturale, senza peraltro indagare sul peso che lo sradicamento e la migrazione comportano in termini di costruzione dell’identità. Il fattore dell’età è stato spesso richiamato come discriminante ai fini dell’integrazione. Si pensava, cioè, che quanto minore fosse l’età al momento della migrazione, tanto maggiori potessero essere le possibilità di inserimento positivo (Favaro, 1999; Bindi, 2005). Ma risultati di ricerche recenti dimostrano tutto il contrario: i bambini della II generazione presentano problemi di uguale intensità, se non di maggiore gravità, rispetto ai bambini migranti della prima generazione. Il disadattamento scolastico, in altri termini, non rappresenterebbe allora che una manifestazione del disagio più generale scatenato dall’esperienza di sradicamento, dalla situazione di provvisorietà e di marginalità sociale determinata dall’esperienza migratoria (Ibidem).

Studi recenti150 – avallati anche da opportune ricerche quantitative (CILS – Children of Immigrant Longitudinal Study) – rivelano che la riuscita scolastica dei minori stranieri dipende da diversi fattori: il percorso migratorio dell’alunno, il diverso investimento nello studio fra maschi e femmine e soprattutto lo status socio- culturale familiare151(anche laddove è accentuata la precarietà degli inserimenti lavorativi e degli insediamenti sociali), così come la coesione maggiore o minore della comunità di appartenenza (Bindi, 2005). Elementi questi, come abbiamo visto nel primo capitolo, sintomatici di un percorso di assimilazione al “ribasso” verso segmenti di popolazione particolarmente connotati da precarietà e stigmatizzazione.

La sfida maggiore e più dolorosa è forse proprio quella portata avanti dai MSNA in quanto, a causa della particolare condizione di essere giunti in età adolescenziale e con obiettivi ben precisi, si trovano a fronteggiare difficoltà ben più numerose. Ricominciare da capo nell’età dell’adolescenza, accettare la condizione di regressione e di mutismo in cui ci si trova a vivere per mancanza di parole, ricostruire legami affettivi con i pari italiani , con i quali spesso si vive una distanza e un’estraneità , negoziare i progetti per il proprio futuro con genitori, non sempre disponibili a farlo: sono solo alcune delle fatiche che il viaggio di migrazione comporta. Ma soprattutto frequentare la scuola significa per loro trasformare i propri progetti migratori e ciò in aperta antitesi con i sogni, i desideri, ma anche gli obblighi imposti dalla famiglia e/o dalla comunità. L’adempimento dell’obbligo scolastico è infatti certamente molto distante dagli obiettivi del progetto migratorio tesi prevalentemente al raggiungimento di un introito economico. Il lavoro continua ad essere infatti un punto “dolente”, motivo di crisi e profonde nevrosi. Accettare una strada diversa, richiede una buona dose di negoziazione con se stessi, la propria famiglia, la comunità di appartenenza. E’ questo il motivo per cui così spesso i feedback scolastici parlano “abbandono” della scuola o “de- scolarizzazione” di fatto.

150In Italia questa attenzione multidimensionale la si riscontra tra gli altri in C. Cominelli e M. Colombo,

2001. Si veda anche l’indagine svolta in diverse città italiane sulla riuscita scolastica e sui diversi aspetti

delle esperienze scolastiche dei minori stranieri, pubblicata in due volumi editi dalla Fondazione Agnelli: L. Fischer, M.G. Fischer, 2002 e G. Giovannini, L. Queirolo Palmas (a cura di), 2002.

151 Il riferimento è alla tesi sostenuta da Bourdieu sul capitale culturale e l’ethos di un individuo e in

particolare sulla loro importanza nel condizionare il rapporto di un alunno con la scuola, sia agli studi di Boudon che considerano più specificatamente l’influenza dei fattori sociali sulle scelte individuali e in particolar modo su quelle scolastiche. Cfr. Bourdieu P., 1978; R. Boudon, 1980.

La scuola si configura allora come la vera fucina del cambiamento sociale, in quanto capace (almeno in linea potenziale) di reinventare le regole del gioco, di ristabilire nuovi piani di equilibrio, attraverso un più veloce apprendimento dei codici linguistici e culturali da parte dei minori stranieri e consentendo, laddove siano attuati dei reali programmi “interculturali”, di far conoscere agli autoctoni il mondo dei compagni stranieri. In questo senso la scuola è forse a tutt’oggi la principale istituzione in grado di fare incontrare le parti in gioco: sottraendo i migranti alla marginalità sociale e/o alla chiusura etnica all’interno del proprio gruppo di appartenenza e consentendo per questa stessa ragione un primo passo verso la risoluzione dell’incomunicabilità culturale.

Certo è che la strada è ancora lunga e non priva di ostacoli. Come emerge dai dati dell’etnografia a fattori di particolare vulnerabilità “personali” e “culturali”, quali ad esempio la volontà di auto-realizzazione, lo status socio- economico della famiglia di origine e la pressione della stessa per l’ottemperamento del mandato migratorio, il livello di istruzione di partenza, l’atteggiamento generali nei confronti della scuola e dell’istruzione, vanno ad aggiungersi i limiti intrinseci del nostro sistema scolastico. Ci si riferisce, in particolare, alla mancanza di un’adeguata formazione dei docenti sull’italiano come seconda lingua e sulla dimensione interculturale dell’insegnamento; alla carenza di laboratori; alla mancanza di figure stabili di mediazione culturale tra la scuola e la famiglia; alla scarsa attenzione alla famiglia di origine; alla mancanza di una pratica del lavoro in rete con le altre agenzie, pubbliche e private, presenti sul territorio; al “volontarismo” cui si impronta il lavoro dei docenti disponibili a sperimentare, ai finanziamenti “ a termine” cui sono legati i progetti che vengono attivati. L’insieme dei risultati delle indagini richiamano alla necessità di un ripensamento complessivo delle politiche scolastiche, in modo da individuare priorità e centri di costo e di garantire un innalzamento complessivo della qualità dell’insegnamento ed una modernizzazione che non sembrano più prorogabili. D’altro canto vale la pena ribadire nulla è possibile se tra le linee pensate a favore dell’integrazione dei MSNA non siano presenti progetti che sappiano conciliare al contempo aspirazioni lavorative e scolastiche. E ciò sembra più che mai necessario come opera prima di mediazione tra le aspirazioni di giovani “lavoratori” (e delle loro famiglie) e la nostra società che fa perno sull’istituzione scolastica come primo agente di socializzazione alla cultura di accoglienza.

13.2 4.2 I minori stranieri a scuola: alcuni dati

A rendere ragione della rilevanza del ruolo della scuola nel panorama odierno sono anche i dati relativi alla presenza dei minori stranieri a scuola, sempre più cospicui negli ultimi anni. In generale, va sottolineato, la presenza degli alunni di origine immigrata nella scuola italiana si caratterizza per una crescita tumultuosa e improvvisa, che ha coinvolto in maniera diversa le diverse aree del Paese e spesso, all’interno di un stessa zona, i singoli comuni e i singoli quartieri, costituendo, senza dubbio, il fenomeno più rilevante che negli ultimi anni ha interessato il nostro sistema scolastico.

Nell’anno scolastico 2007/08 gli alunni con cittadinanza non italiana presenti nel sistema scolastico nazionale rappresentano il 6,4% del totale degli alunni corrispondenti a 574.133 unità. Il fenomeno delle immigrazioni, in crescita nel nostro Paese con particolare intensità nel periodo 2002- 2004 anche per effetto dei provvedimenti di regolarizzazione (L. n. 189/2002 e L. n. 222/2002) si riflette nella scuola italiana che in dieci anni ha visto aumentare di oltre 500.000 unità gli iscritti di origine straniera. I dati fotografano una situazione per cui, di pari passo con una tendenza al ricongiungimento e

alla stabilizzazione delle famiglie immigrate, sono aumentati considerevolmente i minori stranieri. A conferma di ciò, le scuole primarie e secondarie di I grado accolgono il maggior numero di allievi di origine straniera, che rappresentano rispettivamente, in percentuale, il 7,7% e 7,3% dell’intera popolazione scolastica. Nonostante la scuola dell’infanzia non rientri nell’obbligo scolastico, la presenza degli studenti non italiani rappresenta una quota significativa del 6,7%. Più contenuta l’incidenza nella scuola secondaria di II grado, pari al 4,3%152.

Tabella 4 - Alunni con cittadinanza non italiana per livello scolastico (valori assoluti e percentuali) –

A.S. 1996/1997 - 2007/2008

Anni scolastici Totale Scuola Infanzia Scuola Primaria Secon. I Grado Secon. II Grado 1996 - 1997 59.389 12.809 26.752 11.991 7.837 2001- 2002 196.414 39.445 84.122 45.253 27.594 2002 -2003 239.808 48.072 100.939 55.907 34.890 2003 - 2004 307.803 59.500 123.814 71.447 52.380 2004 - 2005 370.803 74.348 147.633 84.989 63.833 2005 - 2006 431.211 84.058 165.951 98.150 98.150 2006 - 2007 501.420 94.712 190.803 113.076 113.076 2007 - 2008 574.133 111.044 217.716 123.396 126.396

FONTE: Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Direzione Generale per gli Studi e la Programmazione e per i Sistemi Informativi – Servizio Statistico, 2008

L’impatto dei minori stranieri sul sistema scolastico italiano – già segnato da una diminuzione di alunni italiani conseguente al calo delle nascite – è stato inoltre amplificato da alcune tipicità del modello di immigrazione italiano quali: la velocità nel cambiamento, la distribuzione disomogenea sul territorio nazionale e la composizione cosmopolita dei flussi. La pluralità culturale è infatti ampiamente espressa sui banchi di scuola dove sono rappresentate 191 nazionalità diverse, dislocate in tutti i continenti. Si registra, in particolare, una netta prevalenza di alunni provenienti dai Paesi extra- europei anche se, in questi anni, è in aumento la presenza di alunni di origine dell’Est Europa153.

152

La maggiore numerosità degli studenti stranieri rispetto ai residenti rilevati dall’Istat è dovuta alla probabile presenza di alunni appartenenti a nuclei familiari non regolarizzati. Tale rapporto è superiore a 100 nella fascia di età 7/14 anni e raggiunge il valore più alto nei 13enni (109,5%).

153 Vanno tuttavia distinti i flussi europei comunitari da quelli originari dell’Est poiché presentano un

andamento inverso: in costante diminuzione i primi, in netta crescita i secondi che registrano dal 1994/1995 un innalzamento di quasi 6 punti percentuali. Va tuttavia fatto un distinguo: l’aumento che si registra nella seconda metà del 2004 dei cittadini dell’Unione Europea è, come è noto, dovuto alle presenze straniere comunitarie, essendo da questa data cambiato lo status di cittadinanza di una buona parte di cittadini stranieri che erano già presenti nel nostro Paese. Un andamento di crescita oscillante si registra invece per gli allievi di origine asiatica, mentre sono proporzionalmente in calo quelli di provenienza africana e australiana; viceversa in leggero aumento negli ultimi 6 anni gli allievi di origine americana.

La cittadinanza più rappresentata in Italia è quella rumena con 92.734 alunni pari al 16,15 % del totale degli alunni stranieri. A seguito dell’ingresso della Romania nei paesi dell’Unione Europea il numero degli alunni rumeni ha subito un forte incremento superando la numerosità degli alunni provenienti dall’Albania (85.195 pari al 14,84 %), che negli anni precedenti era la nazione più rappresentata. Insieme al Marocco (76.217 presenze, 13,28%), la Romania e l’Albania coprono il 44,27% delle presenze straniere nella scuola.

Tabella 5 - Alunni con cittadinanza non italiana per alcuni Paesi di provenienza – A.S. 2007/2008

Paese Tot. Alunni (V.A.) Tot. Alunni (%)

Romania 92.734 16.15

Albania 85.195 14.84

Marocco 76.217 13.28

Cinese, rep. popolare 27.558 4.80

Ecuador 17.813 3.10

Tunisia 15.563 2.71

Filippine 15.248 2.66

India 14.708 2.56

Serbia,repubblica di 14.340 2.50

FONTE: Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Direzione Generale per gli Studi e la Programmazione e per i Sistemi Informativi – Servizio Statistico, 2008

Grafico 1. Alunni con cittadinanza non italiana per alcuni Paesi di Provenienza. Anno