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La normativa di riferimento relativa ai MSNA riflette le tre caratteristiche di cui la categoria si compone: la “minorità”, l’essere “straniero”,

l’essere “solo” in “terra straniera” e privo quindi del riferimento tanto familiare quanto da parte dello Stato. La normativa appartiene in gran parte alla normativa relativa ai minori (Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo del 1989, il Codice Civile, la Legge 184/ 83 sull’affidamento e l’adozione), in parte alla normativa sull’immigrazione (Testo Unico sull’immigrazione 286/ 98 e successive modifiche, e il relativo regolamento di attuazione D.P.R: 394/99, e l’art. 25 della

1947, come American Anthropological Association, uno Statement on Human Rights in cui si invitava l’organizzazione delle Nazioni Unite a rispettare le differenze culturali, ad abbandonare la visione etnocentrica che proponeva come valori universali, valori tutti interni all’elaborazione e alla pratica dell’Occidente e ponendo la cultura di ogni gruppo umano come l’unica “fonte di validità della moralità e del diritto” (Herskovits, 1947). Non si può negare che lo Statement abbia per primo messo in luce le difficoltà di raggiungere consensi e concordanze sui fondamenti universali diritti umani.

legge “Bossi- Fini”, L. 30 luglio 2002 n. 189 “modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo”, e il suo Regolamento di attuazione n. 334/2004), in parte ancora alla normativa riguardante specificatamente i MSNA (come il regolamento del Comitato per i Minori Stranieri D.P.C.M. 535/99).

Sino ad oggi l’ordinamento l’atteggiamento delle istituzioni e degli organi deputati alla gestione e risoluzione delle problematiche relative ai minori stranieri soli in Italia, è stato molto spesso ambiguo e non uniforme, a causa sia delle caratteristiche complesse proprie del fenomeno e degli interrogativi di non scarso rilievo circa l’opportunità degli interventi che lo stesso solleva, sia per il suo impatto sulle agenzie del welfare. La condizione giuridica del cosiddetto “minore straniero non accompagnato” ha subito in Italia, dal 1998 a oggi, profonde modifiche a causa di una serie di interventi normativi da parte del Parlamento e del Governo. Le norme entrate in vigore sono contenute in provvedimenti formalmente eterogenei che disciplinano le diverse problematiche dell’identificazione, dell’affidamento, della tutela, dell’accoglienza, dell’autorizzazione al soggiorno o del rimpatrio del minore straniero non accompagnato. La formazione progressiva della disciplina ha comportato alcuni problemi di coordinamento fra le norme approvate. Va comunque detto che tale normativa costituisce il primo vero tentativo del legislatore italiano di disciplinare compiutamente la materia. Si è quindi ritenuto opportuno presentare lo stato attuale della disciplina applicabile ai MSNA e dar conto di alcune riflessioni mosse a suo riguardo, in relazione sia alle norme stesse sia alla loro applicazione concreta.

L’art. 1 del regolamento concernente i compiti del Comitato Minori Stranieri (DPCM del 9 dicembre 1999, n. 535) definisce i “minori non accompagnati” quei soggetti minorenni “non aventi cittadinanza italiana o di altri stati membri dell’Unione che, non avendo presentato domanda di asilo, si trovano per qualsiasi causa nel territorio dello stato privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano.”

Il panorama relativo alle misure da adottare nei confronti dei MSNA appare estremamente complesso. Nonostante il superiore interesse del minore sia il criterio generale e preminente in tutte le decisioni e le misure adottate nei suoi confronti, non possiamo non prendere atto di una grande disomogeneità nelle valutazioni dei singoli casi.

A partire da quanto è stabilito dal T.U. 286/98, il Comitato per i minori stranieri viene considerato l’unico ente a cui spetta il compito di decidere in merito alla permanenza del minore nel Paese di arrivo, ovvero al suo ritorno presso il paese di origine. Sono invece gli enti locali92 ad essere incaricati della risoluzione di tutte le questioni legate all’accoglienza e all’assistenza sul territorio dello stato con evidenti e comprensibili difformità93 nelle modalità di gestione del fenomeno. In assenza di un

92 In campo amministrativo ricordiamo il principio introdotto nell’ordinamento dall’art. 23 lett. C) del

D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il quale ha attribuito agli enti locali la competenza delle attività di assistenza per i minori soggetti a provvedimenti giudiziari. Tale principio è stato confermato anche dalla legge 142 del Giugno 1990 che ha ridistribuito gli oneri tra i diversi livelli degli organi dello Stato. Inoltre il recente parere del Consiglio di Stato n. 2938/95 del 29 gennaio 1998 ha ribadito la competenza delle amministrazioni comunali nell’erogazione delle rette di ricovero a favore dei minori stranieri ed italiani.

93Almeno fino alla metà degli anni 90, in mancanza di previsioni specifiche di legge, l’espulsione dei

indirizzo specifico di carattere nazionale e di fronte al mancato coordinamento tra interventi legislativi e prassi dei servizi, un ruolo rilevante venne assunto dalle misure adottate da Tribunali e Questure, con inevitabili riflessi sui percorsi cui sono indirizzati i minori stranieri una volta giunti in Italia.

Inizialmente, l’estensione degli stessi istituti giuridici in uso per l’infanzia abbandonata o vittima di situazioni di disagio è andata a coprire le molte lacune normative. In seguito, l’affidamento, la tutela, la concessione di un permesso di soggiorno, la collocazione di un minore in un luogo sicuro, la ricerca di familiari, l’analisi della situazione socio- economica di origine del minore, la formulazione, infine, di un programma di lungo periodo educativo- professionale ai fini dell’inserimento del minore presso le società di accoglienza, hanno rappresentato alcuni passaggi logici di un lungo percorso procedurale in lenta evoluzione con il quale si sta ancora tentando di fronteggiare e subentrare a situazioni di emergenza.

I risultati, come accennavo, non sempre sono stati lineari e ineccepibili. Una sommaria analisi retrospettiva consente di individuare le tappe principali di un percorso di tutela del minore definito da alcuni approcci analitici quasi “intrattabile”(Turri, 1999), a causa della “coesistenza nell’ordinamento giuridico di molteplici disposizioni, disorganiche e in parte contrastanti tra loro, che danno luogo a enormi difficoltà di orientamento e, conseguentemente, a prassi giudiziarie disparate” (Ibidem).

12.1 3.3.2 I diritti dei MSNA tra la Costituzione Italiana e la Convenzione di New

York

L’immigrazione straniera in Italia diventa un fenomeno statisticamente rilevante solo a partire dalla metà degli anni 70 dopo la chiusura delle frontiere da parte degli stati europei tradizionalmente legati all’immigrazione. Il primo tentativo di regolamentare i flussi è avvenuto con la legge del 30 dicembre 1986 n. 94394che attraverso proroghe, e con alcune modifiche95, ha consentito la regolarizzazione di 120 mila presenze.

Il 28/12/ 1990 viene promulgata la Legge Martelli96 che- seppur all’avanguardia per aver adottato due interventi specifici a favore degli immigrati (l’estensione ai cittadini dei paesi non europei del diritto di ottenere lo status di rifugiati politici ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951 e la previsione di una programmazione degli ingressi per motivi di lavoro) - ancora non prevedeva né menzionava norme specifiche per i minori stranieri. La produzione normativa che seguì la 39/ 90 si è tradotta in numerosi decreti legge, spesso non convertiti, diretti soprattutto a disciplinare i flussi migratori rispetto agli ingressi e alle espulsioni; ancora pochi, tuttavia, i rimandi e le disposizioni relative ai minori stranieri. Nel frattempo, la disciplina della condizione giuridica del minore straniero non accompagnato, traeva impulso, a livello nazionale,

successivamente nel 1996, per giungere a considerare non passibili di espulsione alcune categorie specifiche di stranieri, tra cui i minori di 16 anni e coloro che convivono con parenti entro il IV grado.

94 Cfr. 1. N.943/1986, “Norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori extra

comunitari e contro le immigrazioni clandestine.” Prima ancora di quella data, era la normativa sulla

Pubblica Sicurezza, del 1931 che disciplinava il soggiorno, l’impiego e l’espulsione degli stranieri in Italia (Regio Decreto n. 773 del 1806/ 1931, Testo Unico delle Leggi della Pubblica Sicurezza,Titolo V “Norme sugli stranieri”).

95D.L. n. 154 del 27/04/1987;D.L. n. 242 del 27/6/ 1987; D.L. n.353 del28/8/ 1987; L. n.81 del 16/3/

1988

96Legge 28 Febbraio 1990 n. 39, “Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei

dai diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione Italiana, e, a livello internazionale, dalla Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo.

Per ciò che concerne la legislazione nazionale, la Costituzione italiana (1948) ricorda tra i diritti fondamentali dell’essere umano tutti quelli riconosciuti al soggetto in età evolutiva funzionali allo sviluppo della sua personalità (art. 2, 3, 30, 31, 34 della Costituzione). In particolare, l’art. 2 della Costituzione rende applicabili agli stranieri e quindi anche ai minori le norme costituzionali che tutelano i diritti fondamentali dell’individuo. Una conferma si trova nell’art. 10, il quale garantisce il diritto di asilo a chi sia impedito nell’esercizio delle libertà fondamentali nel suo Paese di origine.

A livello internazionale, la Convenzione di New York97 del 1989 rafforza le norme sopra citate della Costituzione italiana, ponendo il principio del superiore interesse del fanciullo come chiave di lettura di tutte le forme di intervento nei confronti del minore. Dalla convenzione di New York derivano veri e propri obblighi per gli stati contraenti essendo l’unico strumento di diritto internazionale che prevede, seppur in maniera marginale, la materia dei minori non accompagnati. Naturalmente gli obblighi sono formulati in maniera molto generica e contenuti in statuizioni di principio che necessitano di essere calate nel contesto di uno specifico ordinamento per poter essere riempite di contenuto.

Ratificando la Convenzione di New York con la legge 176 del 1991, lo Stato italiano si impegna a garantire tutti i diritti contenuti nella Convenzione senza discriminazione alcuna, “indipendentemente dall’origine nazionale, etnica e sociale”98. L’art. 3 afferma il superiore interesse dei minori come criterio di primaria importanza in qualsiasi decisione da prendere nei suoi confronti; l’art. 20 stabilisce il diritto di ogni fanciullo, temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare, ad avere una protezione e ad aiuti speciali dello stato di accoglienza e, dove questo non sia possibile, alla protezione sostitutiva degli stati parte. Tale assistenza può realizzarsi attraverso l’affidamento, l’adozione o il collocamento in istituti di accoglienza.

Nel successivo art. 22, relativo ai minori rifugiati, è affermata la priorità, in termini di protezione e assistenza umanitaria, da parte dello stato di arrivo per il minore che chiede rifugio; allo stesso tempo gli stati parti si impegnano ad attivarsi “per ricercare i genitori o altri familiari… al fine di ottenere le informazioni necessarie per ricongiungerlo alla sua famiglia”. In questo senso la convenzione di New York privilegiando la continuità del senso di appartenenza al luogo degli affetti primari individua nella famiglia di origine l’ambiente privilegiato per la promozione del benessere del minore.

12.2 3.3.3 I primi tentativi di regolamentazione del fenomeno

Nel periodo immediatamente successivo alla legge 39/90, la regolamentazione della materia dei minori stranieri non accompagnati è stata affidata sia alle disposizioni di indirizzo generale che a quelle presenti nei codice civile e penale (che concernono l’apertura della tutela e la punibilità nei confronti di chi effettua l’abbandono del minore),99nonché all’unico articolo della legge sopra nominata (art. 1), seppur relativo al caso del minor richiedente asilo. A fronte di una mancanza di norme specifiche, le

97 In merito ai minori non accompagnati gli articoli della Convenzione di New York maggiormente

significativi sono: art. 2, art. 3 co. 1 e 2, art. 6; art. 8, art. 12, art. 20, art. 22 co.1, art. 22 co. 2.

forme di intervento dettate dall’urgenza, soprattutto di fronte all’esodo massiccio e clandestino di minori albanesi in Italia, fecero riferimento ad una prassi fondata su una “lettura estensiva” dell’art. 37 della legge n. 184 del 1983. Al minore straniero in stato di abbandono “si applica la legge italiana in materia di adozione e di affido e i provvedimenti necessari in caso di urgenza” ed è il Tribunale ad essere responsabile per l’apertura della procedura di adattabilità100.

Grazie alla pressione esercitata da alcune ONG e dall’autorità giudiziaria, i MSNA entrano nell’agenda del governo. Il Ministero dell’Interno, di Grazia e Giustizia e del Lavoro, prendendo spunto dal complesso quadro normativo, dagli accordi internazionali, dalle pratiche degli enti locali e dei singoli tribunali dei minorenni, emanarono alcune circolari per regolare la questione dei minori non accompagnati. La normativa relativa al minore straniero solo a questo punto sembra uniformarsi. La circolare del Ministero dell’Interno n. 32 del 20 luglio 1993 “minori stranieri privi di permesso di soggiorno in stato di abbandono” in Italia stabiliva la priorità dell’intervento dell’autorità giudiziaria minorile rispetto a quella della pubblica amministrazione per tutti quei minori “temporaneamente o definitivamente privi di un ambiente familiare idoneo e senza protezione”. In seguito, la n. 20851 relativa “all’ingresso e soggiorno di minori stranieri in Italia” informava dell’istituzione presso la Presidenza del Consiglio di ministri - dipartimento Affari Sociali- di un Comitato per la tutela dei minori stranieri con i precisi compiti di: vigilanza sulle modalità di soggiorno dei minori; cooperazione con le amministrazioni interessate; accertamento dello status del minore non accompagnato; adozione del provvedimento di rimpatrio assistito; e, infine, il censimento dei minori presenti non accompagnati. A questo fine, a partire dal 2000, è stata istituita presso il Comitato una apposita banca dati dei minori non accompagnati segnalati allo stesso Comitato. Il 16 giugno 1994, una nuova circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale (la n. 67) regola “l’accesso all’impiego” per “ i minori extracomunitari in stato di abbandono”; la n. 29 prevede la possibilità per il minore straniero non accompagnato e sottoposto a tutela di rimanere in Italia anche una volta raggiunta la maggiore età, usufruendo dell’iscrizione alle liste di collocamento alla stregua di tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia per motivi di lavoro101.

Un ulteriore passo nell’ottica dell’accoglienza e dell’integrazione è stato compiuto con la legge del 31 maggio 1995 n. 218, Riforma del sistema italiano di “diritto internazionale privato”. L’art. 42 intitolato “giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori” afferma che “la protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell’Aja del 1961, resa esecutiva in Italia con la legge 24 ottobre 1980 n. 742” e che “le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle persone considerate minori solo dalla loro legge nazionale nonché alle persone la cui residenza abituale non si trova in uno degli stati contraenti”.

L’approvazione della legge 40/ 98, conosciuta come Turco Napoletano, integrata dal decreto legislativo 286 del 1998 (“Testo unico delle disposizioni concernenti la

100 La legge 4 maggio 1983 n. 184, sulla disciplina dell’adozione e dell’affidamento di minori, ha

innovato la normativa precedente (l. 431/ 67) affiancando alla disciplina materiale interna quella atta a regolare dettagliatamente gli aspetti internazionali dell’istituto.

101 É interessante notare che la dicitura di tutte le circolari si rivolge ai minori stranieri in stato di

abbandono identificandoli con la condizione del minore giunto in Italia privo di genitori o adulti per lui responsabili. La scelta terminologica indica i fondamenti teorici di un intervento basato sulle stesse misure adottate nei confronti dei “minori italiani in stato di abbandono”.

disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”), si configura come il primo tentativo di legislazione organico in materia di diritti e doveri di cittadini stranieri in Italia. In seguito al progressivo incremento delle presenze minorili e sotto la spinta della riflessone sulla tutela dell’infanzia, l’ordinamento italiano, per mezzo della legge sopra menzionata, ha gradualmente fatto propri i principi ispiratori delle Convenzioni Internazionali tentando di adeguare e trasformare gli strumenti giuridici ed amministrativi presenti in funzione delle nuove esigenze emergenti. Nel T.U. è prevista dallo Stato italiano una parte relativa e specifica per i minorenni, accompagnati o non, sottraendoli, quindi, alla disciplina generale sui minori. Ma soprattutto, con questa legge, viene stabilito il divieto di espulsione, possibile ora solo in casi eccezionali rigorosamente valutati dal Giudice Minorile (per esempio, in seguito all’espulsione dei genitori). Infatti la legge prevede solo in via generale un Comitato per la tutela dei minori stranieri rimandando all’emanazione di un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione dei suoi compiti e delle modalità di ingresso e di soggiorno dei minori.

La legge 40 e il Testo Unico disciplinano espressamente il diritto all’unità familiare e alla tutela del minore102; in questo senso, l’art. 28 stabilisce, in conformità al precetto della convenzione di New York del 1989, che il “superiore interesse” del minore debba essere prioritario in tutti i procedimenti amministrativi o giurisdizionali relativi all’unità familiare. Inoltre, per quanto riguarda le materie di istruzione e salute è prevista, seppur con alcune restrizioni per gli irregolari, la tutela e l’assistenza ai minori, indipendentemente dalla loro condizione di legalità sul territorio italiano (art. 35). Il T.U. all’art. 19 comma secondo dispone l’inespellibilità103 del minore straniero. I principi e le regole che assicurano la protezione dei minorenni richiedono che l’allontanamento degli stessi dal nostro Paese non possa avvenire senza una consegna a chi esercita la potestà su di loro, o all’autorità tutoria del paese di origine o di provenienza. L’istituto del rimpatrio adottato nei confronti di un soggetto minore riflette il primato dell’interesse del singolo sull’interesse dello Stato, chiaramente sub conditione, dovendo quest’ultimo conformarsi ai dettami della Convenzione di New York. L’art. 32 dispone il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di studio o di accesso al lavoro al compimento della maggiore età ai “minori comunque affidati ai sensi dell’art 2 della legge 184/83”, a prescindere dal sistema delle quote annuali. L’art. 2 della 184/ 83 stabilisce l’ordine di preferenza delle misure di assistenza predisposte per la tutela del minore “temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo: affidamento familiare, comunità, istituto”.

Da questa breve e sommaria disamina si evidenzia la continuità nell’orientamento del legislatore nel predisporre misure normative rivolte ad accogliere il minore straniero; un indirizzo, questo, che sembra informare anche la legge 476/ 98 relativa alla disciplina degli ingressi per i minori stranieri. Il nuovo art. 33 afferma al comma 1 che “fatte salve le ordinarie disposizioni relative all’ingresso nello stato per fini familiari, turistici, di studio e di cura, non è consentito l’ingresso ai minori che… non sono accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado”; al comma 5 dello stesso articolo propone una disposizione specifica per il minore non accompagnato: “qualora sia comunque avvenuto il suo ingresso nel territorio dello stato al di fuori delle condizioni consentite.” Per evitare sovrapposizioni nelle competenze

102Titolo IV della legge 40/ 1998 e del TU “Diritto all’unità familiare e tutela dei minori”.

viene anche stabilito che l’unico compito attribuito alla commissione per le adozioni internazionali sia quello di comunicare i nominativi dei minori al Comitato dei minori stranieri104, istituito dall’art. 33 del TU.

L’aumento del numero dei minori non accompagnati affidati de facto o accolti presso istituti e centri di accoglienza dei comuni ha aumentato le difficoltà di gestione del fenomeno da parte delle Amministrazioni locali. Saranno le norme regolamentari ad imprimere un nuovo impulso alla disciplina giuridica del fenomeno dei minori non accompagnati. Il regolamento di attuazione del T.U., emanato con il D.P.R il 31 agosto del 1999 n. 394 e pubblicato il 13 novembre 1999, all’art 28 decreta che “ quando la legge dispone un decreto di espulsione, il questore rilascia un permesso di soggiorno per minore età, salvo l’iscrizione del minore di 14 anni nel permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario straniero regolarmente soggiornante in Italia. Se si tratta di minore abbandonato è direttamente informato il Tribunale per i minorenni per i provvedimenti di competenza”. In merito, la circolare del Ministro dell’Interno del 23 dicembre 1999 ha inteso precisare che “viene previsto, per i minori in espellibili di età superiore ai 14 anni, il rilascio del permesso di soggiorno per minore età”, qualora non si verifichino situazioni riconducibili ad altre tipologie di soggiorno già previste dalla normativa in vigore.

12.3 3.3.4 Compiti e funzioni del Comitato minori stranieri

Con l’art 5 del Regolamento di attuazione si introducono disposizioni di modifica del T.U., relativamente alle funzioni e ai poteri propri del Comitato per i minori stranieri, di cui all’art. 33 del decreto 286/98105. L’art. 5 del decreto legislativo 113/99, successivamente emanato con D.P.C.M. del 9 dicembre 1999 n. 535106, definisce le modalità di accoglienza dei minori non accompagnati da parte dei servizi sociali e dagli enti locali e individua le soluzioni applicabili nei loro confronti anche in