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2) Vincoli derivanti dalla traduzione diamesica

1.4.2 Le caratteristiche tecniche

Nel corso degli anni, una serie di studi sulla fruibilità dei prodotti audiovisivi e sui meccanismi di elaborazione dei contenuti degli stessi da parte degli utenti hanno permesso di mettere in luce quali siano le necessità e le esigenze dei consumatori e quali quelle caratteristiche che permettono ad un prodotto audiovisivo di risultare massimamente user-friendly, ovvero godibile e facilmente usabile per il pubblico. Si fa riferimento in particolare all’applicazione del tracciamento oculare su utenti esposti ad un contesto multimodale, test che hanno reso possibile la raccolta di mappature, o

pattern oculomotori, che rilevano dove, con che durata, e con che intervalli temporali l’osservatore, durante la visione di un prodotto sottotitolato, focalizza l’attenzione sul- le varie componenti che appaiono sullo schermo, e quali siano gli input che vengono maggiormente “osservati” in nome della loro riconosciuta funzione di “fonti infor- mative61”. La conclusione più rilevante che simili test hanno contribuito a portare alla

luce è che nell’elaborazione di un prodotto sottotitolato “la lettura del testo scritto si al-

terna con la lettura dell’immagine: non vi è una netta distinzione tra la lettura del testo e quella dell’immagine ma piuttosto un alternarsi verticale rapido”. (Perego, Taylor, 2005: 10462)

Poste queste premesse, sono state elaborate una serie di convenzioni che stabilissero alcuni standard in merito a lunghezza, tempo di esposizione e disposizione dei sottoti- toli sullo schermo, al fine di garantire la realizzazione di quello che dovrebbe essere lo scopo di ogni prodotto sottotitolato: “to provide maximum appreciation and comprehension

of the target film as a whole by maximising the legibility and readability of the inserted subtitled text” (Karamitroglou, 1998: 163). Si analizzano brevemente di seguito alcune tra le più

note convenzioni.

Il tempo di esposizione

Ispirata dalla teoria dell’automaticità dei processi di lettura e di rilettura dei testi, la

regola dei sei secondi fa riferimento ad un tempo massimo di sei secondi come intervallo

di permanenza ideale sullo schermo di un sottotitolo disposto su due righe conte- nenti una media di 33-35 caratteri l’una. È stato dimostrato infatti che un osservatore, esposto ad un sottotitolo, ne inizierà automaticamente la lettura a prescindere dalla complessità semiotica del contesto, dalla sua età e dal suo grado di alfabetizzazione e che, terminata questa, avvierà altrettanto automaticamente il processo di rilettura della medesima stringa, anche nell’eventualità in cui questa fosse risultata perfettamente chiara.64 Tuttavia, a differenza di quanto si possa credere, la rilettura di un testo multi-

modale non comporta alcun beneficio per l’osservatore, neppure in termini di quan- tità di informazioni sussunte, ma anzi costituisce un elemento di disturbo che ostacola la comprensione del prodotto, guasta la compattezza d’insieme dell’opera e minaccia la fluidità della fruizione. Si è dunque cercato di calcolare un lasso di esposizione idea- le, che da una parte concedesse allo spettatore un margine temporale sufficientemente esteso per garantire l’adeguata elaborazione del contenuto del sottotitolo anche in un contesto di sovraccarico di informazione semiotica, ma dall’altra abbastanza breve da non innescare l’automatismo del processo di rilettura. Nel caso di sottotitoli brevi, il tempo di esposizione ideale viene calcolato proporzionalmente al numero di caratteri che compongono il sottotitolo, avendo cura di non scendere mai sotto la soglia di esposizione di 1.5 secondi, considerato il tempo minimo di permanenza sullo scher- mo necessario a prevenire l’effetto “flash”, che inibisce per qualsiasi utente la capacità di elaborazione della stringa, anche nel caso essa coincida con un solo monosillabo.

61 Perego, Taylor, La Traduzione Audiovisiva, pp. 93-104. 62 Perego, Taylor, La Traduzione Audiovisiva, cit., p. 104.

63 Karamitroglou, Fotios, “A Proposed Set of Subtitling Standards in Europe”, Translation Journal,, Vol. 2, Issue 2, 1998, pp. 1-15.

Preme sottolineare che quello dei sei secondi è un tempo medio, un intervallo funzio- nale arbitrariamente stabilito in quanto ritenuto un discreto compromesso in grado di dare vita ad un sottotitolo qualitativamente conforme alle esigenze di decodifica del fruitore medio. Si tenga presente che il tempo di lettura, e conseguentemente il tempo di esposizione ottimali, variano all’alterarsi di una serie di fattori: il tempo necessario all’elaborazione del sottotitolo aumenta proporzionalmente all’incremento della densità d’informazione, alla diminuzione della dimensione e della risoluzione dello schermo (il cinema consente sottotitoli più lunghi), all’abbassamento del grado di ridondanza tra immagini e testo ecc.

Si noti inoltre come il vivace dibattito sul numero massimo di caratteri ritenuto ac- cettabile per ciascun sottotitolo al fine di contenere l’estensione del testo sulla scena sta recentemente scemando: lo sviluppo tecnologico consente al giorno d’oggi l’otti- mizzazione dello spazio disponibile sullo schermo attraverso il conteggio del numero di pixel occupato dal sottotitolo, sistema che permette di tenere in considerazione l’ingombro dei caratteri più che il loro numero, sulla logica della considerazione che lettere come la “m” o la “o” occupano una porzione di spazio maggiore rispetto a caratteri “sottili” come la “i” o la “l”.

Il posizionamento

Un altro fattore in grado di influenzare sensibilmente la velocità di lettura del sottoti- tolo è il suo posizionamento. Si ritiene che qualità ed efficacia di un sottotitolo siano empiricamente testabili mediante la verifica del grado di consapevolezza che l’utente che assiste alla proiezione di un prodotto sottotitolato dimostra durante la visione dello stesso. È infatti posizione condivisa da molti quella di giudicare il sottotitolo tanto più efficace, tanto più riesce a passare inosservato agli occhi di chi lo legge: in altre parole, non solo lo spettatore non dovrebbe risultare infastidito dall’ingombro fisico del sot- totitolo, che seppur in maniera parziale tende di fatto ad oscurare una porzione più o meno vasta dello schermo, ma soprattutto la sua elaborazione dovrebbe avvenire “acon- sciamente”, ovvero l’utente dovrebbe fruirne senza avere la consapevolezza di farlo. Venendo al posizionamento, si tende al giorno d’oggi a ritenere ottimale il sottotitolo con allineamento al centro e collocazione ai piedi dello schermo, meglio se nell’osser- vanza di una spaziatura pari a 1/12 dell’altezza del monitor dal fondo e di 1/12 della larghezza rispettivamente dal margine sinistro e da quello destro. La disposizione su due righe anziché su una sola è genericamente preferita, soprattutto nel caso in cui il sottotitolo risulti particolarmente esteso in lunghezza. La finalità di tutte le prescrizio- ni relative a disposizione e posizionamento del sottotitolo sta nella precisa volontà di raggruppare le fonti degli input più significativi in una porzione limitata e circoscritta dello schermo, allo scopo di limitare il più possibile l’ampiezza dei movimenti sacca- dici e di ridurre in questo modo il tempi di lettura degli utenti.

Vi sono eccezioni alla collocazione nella parte bassa dello schermo, individuabili in tutte quelle situazioni in cui informazioni rilevanti sono riportate, o attraverso im- magini e azioni, o attraverso captions e stringhe di testo di altro genere, nella porzione inferiore della scena. In tutti questi casi è preferibile la dislocazione del sottotitolo

nella fascia superiore dello schermo, al fine di consentire allo spettatore la fruizione ottimale dell’informazione. Si tenga tuttavia presente che il repentino cambio di sede del sottotitolo rischia di sortire un senso di smarrimento sull’utente, che a causa dello spiazzamento e dell’effetto sorpresa percepiti, potrebbe non avere il tempo necessario ad elaborarlo.

La suddivisione

La letteratura è incredibilmente prolissa nel descrivere le norme che dovrebbero di- sciplinare la suddivisione dei sottotitoli al fine di favorire la fluidità di lettura dello spettatore. Posto che nel caso non sia possibile garantire la medesima lunghezza delle due stringhe del sottotitolo è preferibile che la prima sia più corta, il sottotitolatore dovrebbe impiegare il massimo sforzo nel creare stringhe compiute sia nel significato che nella sintassi, che si concludano nei limiti delle possibilità concesse dalle utterances, con un segno di punteggiatura che sia un punto, una virgola o un punto e virgo- la, che non separino coppie grammaticali quali soggetto-verbo, sostantivo-aggettivo e verbo-complemento e che siano anche opportunamente cadenzate dal ritmo del parlato, rispecchiandone la naturale alternanza di pause e riprese. Da evitare sono la permanenza del sottotitolo per più di due secondi dalla fine della battuta, che insinua nello spettatore dubbi sulla correttezza del testo tradotto e il mancato inserimento di una pausa di almeno ¼ di secondo tra due sottotitoli consecutivi, che impedisce di cogliere l’avvenuto passaggio di stringa.

Il layout

È da preferirsi il colore bianco, possibilmente contornato o ombreggiato al fine di fa- vorirne il contrasto con lo sfondo e di incrementarne la facilità di lettura. Nel caso di uno sfondo particolarmente chiaro, lo spostamento nella parte superiore dello scher- mo può essere evitato e sostituito dall’inserimento del sottotitoli in caselle di testo di colore grigio. In merito al colore, costituiscono eccezione anche i film in bianco e nero, dove il sottotitolo può apparire in giallo anziché in bianco. In termini di font, una buona scelta rimane l’Arial, mentre sono da evitare tutti quei font che, per quanto esteticamente pregevoli, rendono difficoltoso il riconoscimento dei caratteri a causa della loro complessità.

I fondamenti