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Commento traduttologico

1. Pre-translation – Adaption – Spotting 2 Pre-translation – Spotting – Adaption

2.3. L’analisi dei passaggi comic

2.3.6 Misenaga Shirosato

È un lunghissimo flashback a raccontare allo spettatore i motivi che hanno portato Kuroshima a dedicare la sua intera esistenza alla causa delle scuse e all’irto sentiero che porta alla conquista del perdono.

Tra gli antefatti, uno è particolarmente significativo: colpito da una goccia di acqua bollente, inavvertitamente schizzata durante la preparazione di un piatto di ramen in un ramenya (ラメん屋) Kuroshima vedrà mobilitarsi il personale dell’intera azienda, dall’ultimo degli inservienti fino al manager del franchising, nel tentativo di placare la sua insoddisfazione verso il pessimo servizio prestato. L’unico a non prodigarsi con zelo alla causa sembra essere proprio il diretto responsabile del misfatto, un cuoco dai modi bruschi di nome Funaki, rifiutatosi scortesemente di scusarsi per la disat- tenzione prestata, anche a fronte della pubblica richiesta del cliente. Né i rimborsi in denaro, via via sempre più consistenti, né le visite dei vertici aziendali e né tantomeno il ripensamento dell’intero servizio di cottura, presentazione e consegna al tavolo delle pietanze della catena di ristoranti si sono rivelati sufficienti ad accontentare il futuro presidente del Centro per le Scuse di Tokyo, che rimane intransigente nel suo desiderio di vedersi rivolgere le scuse dal diretto responsabile, a costo di causare la chiusura definitiva del locale. A poche ore dall’incidente Kuroshima, ritiratosi in una sala da the nell’attesa che Funaki riscoprisse un barlume di senso civico e decidesse di chiedere debitamente perdono, riceve la visita dell’inserviente e di un secondo cuoco del ramenya, che cercano di rimediare all’irresponsabile comportamento del collega. Kuroshima, convinto di avere di fronte il direttore del locale, si rivolge con questo appellativo al suo interlocutore, che subito conferma di essere un “semplice cuoco” e porge per ulteriore conferma il proprio biglietto da visita al nostro presidente, pre- sentandosi come Misenaga Shirosato. A questo punto, lo spettatore straniero si trova di fronte ad un fermo immagine di qualche secondo, che inquadra la targhetta con i dati personali del cuoco, subito seguito da un primo piano su Kuroshima che, con un’espressione a metà tra il confuso e il divertito, ripete il nome del suo interlocutore.

Stringa Timing Versione originale Traduzione letterale Sottotitolo 1663 1:43:52.68- 1:43:54.73 いやいやいや、 店長さん関係な いよ。

No direttore, lei non c’entra

nulla. Grazie direttore, ma lei...

1664 1:43:54.73- 1:43:57.69

いや、あの・・・ 店長ではなく、 あのう

No ecco, io non sono il

direttore... No ecco, non sono il direttore... 1665 1:43:57.69-

1:43:59.88

ミセナがと申しま す・・・

Mi chiamo Misenaga sono un semplice cuoco.

1666 1:43:59.88- 1:44:01.69

ミセナがさんって いうの。

Misenaga ha detto? Ah, capisco.

1667 1:44:01.96- 1:44:04.53

店長代理 Misenaga Shirosato Misenaga Shirosato

Si è scelto di riportare il presente passaggio come un esempio di linguistic untran-

slability. Ne da una definizione Catford: “In linguistic untranslatability the functionally relevant features include some which are in fact formal features of the language of the SL text. If the TL has no formally corresponding feature, the text, or the item, is (relatively) untran- slatable” (Catford, 1965: 9418). L’impossibilità di tradurre il passaggio è da imputarsi

interamente all’incolmabile differenza che separa il sistema di scrittura giapponese da quello italiano. Si proceda con ordine: nel rivolgersi a lui come al direttore del ne- gozio, Kuroshima chiama Misenaga Shirosato tenchō (店長), che è la parola comune che in giapponese definisce il responsabile al vertice di un esercizio commerciale. A quel punto, come già detto, egli controbatte precisando di non essere il presidente ma semmai un semplice cuoco. Allugando il biglietto da visita però, lascia intravedere i caratteri di cui si compone il suo cognome, Misenaga (店長), che sono precisamente i medesimi che compongono la parola tenchō. In altre parole, il termine 店長 ha due letture differenti, di cui la prima è un nome comune che si pronuncia tenchō e l’altra è un cognome che si pronuncia misenaga: per quanto differenti nel suono dunque i due termini sono omografi e proprio dall’omografia nasce la comicità della scena. L’effetto che lo spettatore giapponese percepisce è vicino a quello che risulterebbe ad un madrelingua italiano se l’amministratore delegato di una multinazionale che pro- duce prodotti vegani si chiamasse Giuseppe Manzo o Davide Tagliabue. Il passaggio risulta invece totalmente incomprensibile al fruitore non giapponese, che si domanda perplesso perché il regista abbia deciso di inquadrare un biglietto da visita e perché Kuroshima ripeta stupito e divertito il cognome del cuoco.

Analizzando il passaggio dal punto di vista delle strategie traduttive adoperabili per trasporre il passaggio e tentare di salvare almeno in parte l’elemento comico, bisogna arrendersi al fatto che il presente caso lascia ben pochi assi nelle maniche del traduttore.

18 Catford Jan, A Linguistic Theory of Translation; an essay in applied linguistics, London, Oxford University Press, 1965.

L’unica soluzione pare quella di adottare una communicative translation e di italianizzare il nome del cuoco sulla falsariga dell’esempio precedente. La scelta tuttavia, piuttosto ingombrante nell’equilibrio del prodotto audiovisivo, cozzerebbe irrimediabilemte in primo luogo con la traccia audio, da cui il nome Misenaga Shirosato è perfettamente udibile, e implicherebbe in secondo luogo la necessità di tradurre i nomi di tutti i per- sonaggi in lingua italiana, scelta questa che rischia di guastare la naturalezza del film e di risultare in una forzatura piuttosto evidente. A seguito di un’attenta riflessione sull’equilibrio della dimensione verbale e di quella extraverbale della scena, nonché sulla rilevanza del passaggio sull’economia complessiva dei significati del prodotto, ritenuta scarsamente impattante, si è dunque deciso, e preme qui sottolinearlo, in ma- niera ponderata e consapevole, di optare per la rinuncia e, scegliendo di non tradurre, di ignorare l’elemento comico. Si è tuttavia ritenuto opportuno non abbandonare completamente il fruitore nello smarrimento, fornendogli una leggera traccia che at- tenuasse la possibile incoerenza percepita durante l’inquadratura del biglietto da visita: da qui la scelta di inserire un sottotitolo che riportasse il nome del cuoco in caratteri latini in modo da veicolare anche l’attenzione del pubblico italiano su quello che, per il pubblico giapponese, è chiaramente il punto focale della scena.

Si noti che le conseguenze della scelta presa sono di estrema rilevanza per il presente elaborato. Il labile intervento del traduttore infatti, si colloca all’estremo dell’adegua- tezza, in quanto non fornisce al pubblico ricevente alcuna informazione ulteriore rispetto a quella a disposizione del pubblico source, ma lascia il testo scevro da qualsiasi forma di manipolazione: in altre parole il pubblico italiano sente e vede esattamente ciò che il pubblico giapponese aveva visto e sentito. La situazione, dunque, è quella di un elemento comico interpretato da due culture, di cui una è la cultura di emissione dell’elemento in questione, mentre l’altra è una cultura terza. Il risultato è lampante: esposto all’elemento estraneo al proprio sistema linguistico-culturale, il pubblico della realtà ricevente, privato dell’opportuno intervento del traduttore (e con opportuno si intende qui un intervento addomesticante) metabolizza la scena senza grosse lacune dal punto di vista della comprensione dei contenuti e dello sviluppo della trama (e questo solo grazie alla non essenzialità del passaggio scenico) ma ignora completa- mente di essere sottoposto ad una sollecitazione comica.