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LA CARENZA DI DISPOSIZIONI GIURIDICHE E IL CODICE DEL

CAPITOLO 2. EVOLUZIONE : EVOLUZIONE LEGISLATIVA DEL BILANCIO

2.2 LA CARENZA DI DISPOSIZIONI GIURIDICHE E IL CODICE DEL

Fin dal XIII-XIV secolo con l‟uso della partita doppia, vi furono i primi articolati rendiconti patrimoniali, che risultavano dai saldi delle scritture.

Storicamente, si ebbe un‟evoluzione a livello giuridico, della disciplina del bilancio (anche se non si parla specificatamente di bilancio ma si parla di inventario) con l‟art. 8 dell‟ “ordonnance de commerce colbertina” del 1673 che sanciva:

L‟obbligo per tutti i commercianti di stabilire entro sei mesi l‟inventario di tutti i loro beni (mobili ed immobili) e di tutti i loro crediti.

L‟obbligo di rinnovare ogni due anni tale inventario.

Queste semplici regole, le uniche esistenti in materia, furono la base del Code de commerce francese del 1807.

In Italia i primi cenni sul bilancio d‟esercizio sono nel “codice di commercio” del 1865,95 in particolare, negli artt. 147 e 121.

L‟art. 147 sanciva il divieto per gli amministratori di votare nella seduta di approvazione del bilancio, e l‟art. 121 in cui veniva sancito che l‟accomandante (vedi società S.a.S.) non era tenuto alla restituzione degli interessi sul capitale o sulle quote di utile, qualora dai bilanci annuali fatti in buona fede risultassero benefici al loro pagamento.

Fu in questo codice che per la prima volta vi furono cenni al bilancio annuale d‟esercizio, in quanto, nel codice precedente “Codice Albertino” del 1842, si citavano solo disposizioni in materia di inventario come nel “code de commerce”.

Secondo queste norme il bilancio era quindi nato come derivato dell‟inventario ed era ritenuto lo specchio della situazione economica dell‟impresa; esso derivava dal riassunto delle scritture contabili e doveva essere una esposizione schematizzata di

95 Fu dopo la costituzione del regno d‟Italia, che venne intrapresa una grande opera di unificazione

legislativa, che prese in considerazione anche il Codice di Commercio che nacque con la legge del 25 giugno 1865.

53 tutti i dati necessari per conoscere ed interpretare la situazione oggettiva dell‟impresa.

Vi era per cui una visione totalmente incentrata sull‟elemento patrimoniale, focalizzata sul capitale, che metteva in secondo piano le modalità di formazione del reddito.

L‟insofferenza dei soci, dovuta all‟impossibilità di effettuare un riscontro diretto sul bilancio redatto dagli amministratori e la loro conseguente necessità di poter far riferimento ad un bilancio redatto su chiare norme giuridiche, a garanzia di veridicità, portò alla promulgazione del Codice di Commercio del 1882 (cosiddetto codice Zanardelli),96 il quale essendo ancora molto aderente al Codice francese risultò

lacunoso in termini di bilancio.97

Il Codice comprendeva una serie di articoli dedicati al bilancio, in particolare si fa riferimento agli: art. 22, art. 89, e dall‟art. 176 all‟art. 182.

L‟art. 22 ricalca quasi fedelmente il vecchio Codice Francese e dispone che “ Il commerciante deve fare ogni anno un inventario dei suoi beni mobili ed immobili e dei suoi debiti di qualunque natura e provenienza. L‟inventario si chiude col bilancio e col conto dei profitti e delle perdite […]”.

In tutto il paragrafo dedicato al bilancio (da art. 176 a art. 182) il più significativo è l‟art. 176 che detta regole inerenti lo schema di bilancio, infatti egli stabilisce l‟obbligatorietà di dare indicazione del “Capitale sociale” reale, e delle quote dei versamenti da parte dei soci, “ancora dovute”.98

Sancisce inoltre, che la finalità del bilancio è quella di dimostrare con “evidenza e verità gli utili realmente conseguiti e le perdite sofferte”.99 Tale norma risulta

imperfetta, in quanto i concetti di “evidenza e verità” non sono compatibili con la

96 Codice del Commercio del regno di Italia, dato a Monza il 31 ottobre 1882, dal Re Umberto I, e

sottoscritto dal ministro G. Zanardelli, con vigenza dal 1 gennaio 1883.

97 Altre legislazioni dell‟epoca in altri stati vedi Prussia (codice del 1861) e Svizzera (1881)erano

decisamente più avanzate. In quanto i Codici di commercio contenevano già alcune disposizioni sulla valutazione delle voci di Bilancio.

98 Codice di commercio art. 176 : “Gli amministratori devono presentare ai sindaci, almeno un mese

avanti il giorno fissato per l‟assemblea generale che deve discuterlo, il bilancio dell‟esercizio precedente, coi documenti giustificativi, indicando in esso indistintamente: - 1, il capitale sociale realmente esistente, -2 la somma dei versamenti effettuati e di quelli in ritardo. […]”

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presenza di quantità stimate ed astratte, e mette in evidenza la mancanza di organismi e di regole per il controllo delle valutazioni.

E infatti con l‟art. 89 che il codice lascia alle società, sancendolo come “obbligo da indicare nell‟atto costitutivo”, la facoltà di stabilire: le regole con le quali redarre i bilanci e calcolare gli utili o le perdite. Pertanto, si ritenne lecito usare qualsiasi criterio di valutazione.

Ci si affidò quindi ai “principi della contabilità” ed al senso di responsabilità di amministratori e sindaci.100

In linea di principio, si poteva adottare qualsiasi criterio di valutazione, purchè si attenesse alle disposizioni dello statuto o dell‟atto costitutivo.

Con il Codice del 1882 continua una visione “patrimonialista” del bilancio, che proprio in questo periodo si sviluppa con le teorie del Besta. Assume sempre più importanza, a discapito del “Conto profitti e perdite” la struttura e l‟entità del capitale aziendale.

Nella prassi contabile si diffonde l‟idea che il bilancio sia costituito dal solo Stato patrimoniale, mentre il Conto Profitti e perdite è considerato un allegato che mette in evidenza le variazioni degli elementi patrimoniali.

Tale codice ebbe sicuramente il merito di aver regolato, per la prima volta in Italia, il Bilancio, tuttavia non riuscì a delineare il bilancio come strumento informativo pubblico.

Il bilancio delle società, mancando una dettagliata legislazione a riguardo, divenne sempre più un documento privo di significato informativo.

La Giurisprudenza, fra la fine dell‟800 e l‟inizio del 900, non riteneva ammissibile un controllo sul bilancio, in quanto tale controllo era considerato come un‟ intromissione

100 “il codice del commercio del 1882[…] si chiude nell‟agnosticismo più competo, limitandosi ad una

sola norma astratta quale era quella secondo cui il bilancio della anonima deve dimostrare con evidenza e verità gli utili realmente conseguiti e le perdite sofferte[…] il legislatore non ritenne opportuno dettare regola alcuna sul contenuto minimo del bilancio e sui criteri di valutazione dell‟attivo, affidandosi, in omaggio alla propria ispirazione liberista, al senso di responsabilità degli amministratori e dei sindaci nella “giusta valutazione”” E. BOCCHINI, Manuale di diritto della contabilità delle imprese, II edizione, 1995, pag. 129.

55 nel settore amministrativo e gestionale dell‟azienda, tale situazione sfociò nell‟accettazione di delibere di approvazione di bilanci palesemente falsi.101

Molti autorevoli studiosi manifestarono la loro contrarietà verso questa situazione ritenuta inaccettabile, ciò portò all‟istituzione di Commissioni per l‟attuazione della riforma del Codice del 1882.

Tali commissioni contemplarono delle norme riguardanti il contenuto del bilancio e alcuni criteri di valutazione a cui riferirsi per la redazione dello stesso.

Infatti verso gli anni ‟30, a livello giurisprudenziale, si iniziò ad ammettere la non validità dei bilanci falsi e a superare la concezione della sostanziale impugnabilità del bilancio,102 infatti si considerò superata l‟idea che il bilancio fosse totalmente fuori

dal campo di giudizio da parte dei giudici.

Da questo momento si incominciò a delineare una progressiva evoluzione, sia a livello legislativo che giurisprudenziale, che portò ad un miglioramento della funzione informativa del bilancio.

101“ […] il periodo (che va dagli anni del codice del commercio ai primi del codice civile) caratterizzato

– come s‟è detto – dalla tendenza a ritenere la delibera di approvazione del bilancio sottratta al sindacato del giudice”. E. BOCCHINI, Il bilancio delle imprese, 1979, pag. 27.

102 “[…] la giurisprudenza sul finire degli anni ‟30 – anche in coerenza con la sanzione penale

introdotta dalla legge 4/6/1931, num. 660, art. 2, per la fraudolenta esposizione di fatti falsi – riconobbe l‟impugnabilità della deliberazione.” G.E. COLOMBO, G. OLIVIERI, Bilancio d‟esercizio e bilancio consolidato, Vol. 7., 200, pag 31. In merito si vedano : Cass. 24/6/1937, in Foro It., 1938, I, 33; A. Torino, 23/12/1938, in Foro It., 1939, I, 374; A. Milano, 24/2/1939, in Riv. Dir. Comm., 1939, II, 394.

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2.3 CODICE CIVILE DEL 1942 PRIME DISPOSIZIONI LEGISLATIVE SUL