CAPITOLO 3: OSTACOLI VERSO UNA “PERFETTA” CAPACITA’
3.2 EVOLUZIONE NORMATIVA IN TEMA DI INTERFERENZE FISCALI DEL
SISTEMA TRIBUTARIO DEL 1973
Il legislatore Italiano è stato sempre propenso all‟adozione del sistema a binario unico adottato anche dalla Germania, che, come detto in precedenza, ha fatto derivare il reddito imponibile dal reddito d‟esercizio precedentemente calcolato secondo la normativa civilistica e dei corretti principi contabili.
Già con il R.D. 24 agosto 1877, n. 4021 il legislatore fece coincidere la definizione dei due redditi: reddito imponibile e reddito d‟esercizio, definendo come reddito imponibile quello ottenuto dal bilancio e dal Rendiconto, in quanto ciò che risultava essere un utile o un reddito per il socio lo era anche per il Fisco.
Il passo successivo si ebbe con l‟introduzione dell‟obbligo per le imprese di redigere la dichiarazione annuale dei redditi, accompagnata dalla redazione del Bilancio come sancito dal D.P.R. del 5/07/1951 num. 573, che confermava il principio di derivazione del reddito imponibile sul reddito d‟esercizio.
Si evince che il sistema fiscale antecedente alla riforma del 1973 era molto scarno, rispetto ai sistemi che a questo seguiranno, in quanto la legislazione tributaria si basava su poche e semplici regole che non necessitavano di particolari sforzi interpretativi.
Non era nemmeno previsto, per la tassazione del reddito reale, l‟utilizzo di sofisticate procedure di accertamento. Infatti, la determinazione del reddito d‟impresa era effettuata su bilanci elementari e semplici come stabilito dalla normativa dell‟epoca con poche voci e l‟impossibilità di complicazioni.
Per questo motivo era molto difficile incorrere in problemi di “inquinamento fiscale”, senza tralasciare, che la stessa normativa fiscale non era ancora così articolata da portare alla formazione di deroghe rispetto a quanto riportato nel bilancio d‟esercizio, redatto secondo le norme del codice civile.
Con l‟introduzione della riforma fiscale del 1973, l‟Italia si adeguò, se pur in ritardo agli altri Paesi europei, introducendo una struttura più complessa per l‟imposizione reddituale.
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La legge delega della riforma (L. D. 825/1971) stabiliva che la determinazione dei redditi delle imprese, doveva avvenire tenendo conto delle variazioni che andavano effettuate al bilancio d‟esercizio, poiché lo scopo della normativa fiscale era quello di ottenere un reddito imponibile basato su dati efficienti e definibili.203
Il parlamento italiano confermò il rapporto di derivazione tra le due tipologie di reddito, il reddito imponibile derivava dal reddito di esercizio, ottenuto seguendo le regole civilistiche.
Tale principio verrà poi ripreso e inserito nel D.P.R. 597/1973 che modificava il sistema di imposizione dei redditi, nel quale veniva sancito che si considerava reddito di impresa il risultato ottenuto dalla somma algebrica del valore risultante dal conto profitti e perdite del periodo di imposta e le variazioni derivanti dalle norme espresse dallo stesso D.P.R. in materia tributaria.204
Sempre il D.P.R. 597/1973, stabiliva il principio della “previa imputazione”, ovvero l‟obbligo di imputare al conto Profitti e Perdite (che con il TUIR del 1986 verrà rinominato Conto Economico) tutti quei componenti negativi di reddito che si volevano dedurre in base alle norme fiscali, pena la non deducibilità di tali voci.205
Tale norma206, fu una delle cause di inquinamento fiscale, in quanto il legislatore, se
pur indirettamente, per la necessità di avere gettito fiscale e ridurre i casi di elusione ed evasione, fece si che il contribuente, nel redigere il bilancio di esercizio, seguisse le
203Art. 2 n.16, L. D. 825/1971 “determinazione dei redditi derivanti dall‟esercizio di imprese
commerciali secondo criteri di adeguamento del reddito imponibile a quello calcolato secondo principi di competenza economica, tenuto conto delle esigenze di efficienza, rafforzamento e razionalizzazione dell‟apparato produttivo”
204 Art. 12 del D.P.R. 597/1973: “Il reddito d‟impresa è costituito dagli utili netti conseguiti nel periodo
d‟imposta, determinati in base alle risultanze del conto profitti e perdite con le variazioni derivanti dai criteri stabiliti nelle successive disposizioni di questo titolo”.
205 Art. 74, D.P.R. 597/73, c. 3: “I costi e gli oneri non sono ammessi in deduzione se non risultano
imputati al conto dei profitti e delle perdite allegato alla dichiarazione […]
“la condizione che la norma fiscale richiede, pena la non deducibilità, è che certi costi ed oneri e rettifiche di valore siano iscritti nel conto profitti e perdite per essere dedotti dal reddito imponibile.” E. COLUCCI, F. RICCOMAGNO, Il bilancio d‟esercizio e il bilancio consolidato dopo l‟attuazione delle direttive comunitarie, 1992, pag. 69.
137 norme tributarie anziché le norme civilistiche e i principi contabili, per poter così ottenere degli sgravi fiscali e ridurre il valore delle imposte dovute.207
Questo, fece si, che nel tempo, si instaurasse la prassi di redigere i bilanci di esercizio utilizzando le norme tributarie dettate dal TUIR e non attenendosi alle norme civilistiche ed ai principi contabili, dando vita alla cosiddetta “dipendenza rovesciata”; in quanto, il redattore, nel definire i componenti del reddito di esercizio, (che era alla base del reddito imponibile) sceglieva, per convenienza, il sistema di valutazione dettato dalla normativa tributaria.208
Questa situazione perdurò per diversi anni, nonostante la giurisprudenza considerasse tali bilanci non corretti,209 in quanto, non redatti secondo i principi
delle norme civilistiche, e, la dottrina optasse per l‟adozione del sistema a “doppio
207 “ con tutte queste misure il legislatore non accordava per lo più esenzioni fiscali in senso stretto,
cioè non prosciugava e sottraeva all‟imposta materia imponibile, ma semplicemente si limitava ad anticipare la deduzione di certi costi di competenza di futuri esercizi (gli ammortamenti anticipati, gli ammortamenti finanziari), o a postergare la tassazioni di taluni componenti positivi di reddito di carattere straordinario (le plusvalenze, le sopravvenienze attive, ecc…). si trattava sostanzialmente di misure di incentivo all‟autofinanziamento[…]” G. FALSITTA, Il problema dei rapporti tra bilancio civile e bilancio fiscale nel progetto di riforma della imposta sulla società (IRES), in Rivista del Diritto Tributario num. 11/2003, pag. 923.
208 “[…]la presenza di una norma, quale è l‟art. 75, comma 4, e le previsioni contenute in altre
disposizioni del TUIR,specificatamente sugli ammortamenti anticipati (art. 67 comma 3) e sulle sopravvenienze attive(art. 55 comma 3 lettera b), hanno ingenerato nella unanime dottrina la convinzione che su una impostazione generale improntata ad un modello di dipendenza parziale e siano state introdotte disposizioni che, di fatto, configurano un modello di dipendenza rovesciata. Infatti, il citato art. 75 comma 4, prevede al primo periodo che “le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto dei profitti e delle perdite relativo all‟esercizio di competenza”. Tale diposizione ha portato a ritenere che, se un costo non è previamente transitato in conto economico, nell‟esatte misura ammessa dalla normativa fiscale e secondo il principio fiscale della competenza, esso non può essere dedotto fiscalmente, con ciò creando problemi di raccordo con le valutazioni civilistiche o, addirittura, imponendo il ricorso a valutazioni fiscali in sede di redazione del bilancio d‟esercizio pur di usufruire dei margini di agevolazione concessi, appunto, dalle norme potenzialmente sovvenzionali.” N. POLLARI, Determinazione fiscale del reddito d‟impresa e raccordo con il bilancio d‟esercizio, Il fisco, 27/1997, pag. 7663.
209 “La giurisprudenza, in una sentenza del tribunale di Milano (la num. 4850 del 13 Aprile 1978), si è
spinta oltre ed è giunta ad ipotizzare il principio del doppio binario e ad affermare che la normativa fiscale non interessa alcuno dei criteri fissati dal codice civile in tema di bilancio ed in particolare per l‟accertamento degli utili e delle perdite d‟esercizio. Il giudice ha pertanto dichiarato nulla la delibera dell‟assemblea che ha approvato il bilancio d‟esercizio nel cui conto economico sono stati imputati ammortamenti anticipati calcolati sulla base dell‟art.68 del D.P.R. 597/1973 in quanto l‟ammortamento anticipato, pur consentito dalla normativa fiscale, non è iscrivibile nel bilancio redatto a norma degli artt. 2423 c.c. e seg. per la determinazione del reddito d‟esercizio. l‟iscrizione è vietata dal principio di precisione e da quello di competenza economica, i quali costituiscono, insieme con quello di chiarezza i cardini della struttura prevista dall‟attuale ordinamento civile. Per il giudice, poiché per il secondo comma dell‟art. 74 del D.P.R. 597/1973 l‟ammortamento anticipato non può essere detratto come costo se non risulta dal conto profitti e perdite, ciò dimostra che esiste un evidente contraddizione fra l‟ordinamento civile e quello fiscale” V. CODA, G. FRATTINI, Valutazioni di bilancio, 1984, pag. 139.
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binario”, in modo da restituire autonomia, sia al sistema fiscale, che al sistema civilistico, ridando così la capacità informativa al bilancio.
Facendo transitare poste esclusivamente fiscali all‟interno del Conto Economico si ottenevano risultati di bilanci economicamente non veritieri, creando utili inferiori a quelli risultanti dall‟applicazione delle norme del codice civile e dei principi contabili nella redazione del bilancio. Questo penalizzava soprattutto le aziende italiane che operavano all‟estero, dove l‟informativa di bilancio era basilare per gli investitori che volevano valutare l‟effettiva capacità dell‟azienda di creare valore e per gli obbligazionisti che volevano valutare i propri investimenti.
Come abbiamo già detto, tale situazione di “interferenza fiscale”, continuò per un lungo periodo, fino a quando la stessa Comunità Economica Europea mise in evidenza l‟importanza del bilancio, non solo come rendiconto annuale, ma, come mezzo di informazione per tutti gli stakeholders interessati alle condizioni economiche patrimoniali delle imprese.
Infatti con la IV direttiva si pose l‟accento sul principio del “quadro fedele” da rispettare nella redazione del bilancio, ribadendo l‟importanza di ridurre le interferenze fiscali e cercando di rendere il bilancio più neutrale possibile rispetto al fisco.
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3.3 LE PRIME SOLUZIONI ALLE INTERFERENZE TRIBUTARIE: