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Il discorsi di Tony Blair

6.2 La carriera politica di Tony Blair

Anthony Charles Lynton Blair nasce ad Edimburgo (Scozia) il 6 maggio 1953. Dopo un’infanzia e un’adolescenza trascorse tra la capitale della Scozia e la cittadina di Durham, frequenta la facoltà di legge al St. John’s College di Oxford. La scelta della carriera politica non è stata immediata da parte del giovane Blair che inizialmente segue le orme paterne, esercitando come avvocato nel foro di Londra dal 1976 al 1983 e occupandosi soprattutto di cause industriali e della difesa dei diritti dei lavoratori.

Come già il padre, seppur con una visione e soprattutto con un esito completamente diverso, Blair decide di tentare la carriera politica.

Nel 1983 viene eletto al Parlamento nelle fila dei laburisti, segnalandosi come uno degli uomini più a destra all’interno del partito. Nel suo primo discorso da parlamentare, pronunciato il 6 luglio 1983, affermò: “Non sono socialista perché la lettura di un libro di testo ha acceso la mia fantasia e neppure perché provengo da una tradizione accettata senza riflettere; lo sono perché credo che il socialismo sia l’ideale più vicino ad un’esistenza che sia insieme, razionale e morale. Esso è per la cooperazione, non per la competizione; per l’amicizia, non per la paura. Esso sostiene l’uguaglianza”.196 Sono probabilmente queste sue posizioni a sostenerne la brillante ascesa politica, favorita da quella parte della sinistra stanca del dominio conservatore, ma al contempo sempre più dubbiosa sull’utilità di mantenere posizioni radicali. Dopo vari incarichi come portavoce dell’opposizione (per il tesoro e gli affari economici nel 1984, per il commercio e l’industria nel 1987, per l’energia nel 1988, per il lavoro nel 1989 e per l’interno nel 1992), Tony Blair diventa leader del Partito Laburista del Regno Unito nel maggio del 1994, all’età di 41 anni, succedendo al segretario John Smith morto prematuramente.

Sin da subito Blair impone un drastico cambiamento di rotta in senso moderato nella linea politica del partito. Emblematica la sua battaglia, vinta, per la riforma della costituzione del partito che ne cancella uno dei fondamenti storici: l’impegno in direzione della proprietà pubblica (“Clause 4”).197 È interessante notare che sotto la sua leadership, il “Labour party” si presenta con il nome di “New Labour” proprio per marcare la discontinuità con le impostazioni ideologiche dei decenni passati. Alle elezioni politiche del 1997 il programma del “New Labour” viene largamente premiato, consentendo a Blair di ottenere una schiacciante vittoria elettorale e di riportare al governo il partito laburista dopo 18 anni di governi conservatori presieduti dalla “Lady di ferro” Margaret Thatcher che aveva imposto un radicale cambiamento del Paese in senso liberista. Come afferma Philip Gould,198 uno dei principali artefici della campagna elettorale di Blair, il punto chiave del successo del

196 Cfr.T. Blair, Maiden Speech [Discorso d’esordio] alla Camera dei Comuni, 6 luglio 1983, in T. Blair, E. Sartor (a

cura di), Il mio nuovo laburismo, L’Aquila, Textus, 1997.

197 Cfr.L.DE MICHELIS, L’isola e ilmondo.Intersezioni culturali nella Gran Bretagna d’oggi, Milano, FrancoAngeli,

programma laburista consisteva in un’agenda politica che accoglieva e compenetrava elementi che prima distinguevano i due opposti schieramenti politici. Il New Labour avrebbe, da un lato, sostenuto posizioni di “destra” in materia di crimine, welfare, immigrazione, imposte e, dall’altro, avrebbe perseguito una politica sociale di sinistra nei settori della sanità, dei servizi sociali e del lavoro.199 Solo un’agenda così organizzata avrebbe consentito di ottenere la maggioranza e favorire il consenso necessario per apportare i cambiamenti più radicali insiti nel progetto laburista: devolution, riforma della House of Lords, economia più dinamica e riforma della pubblica istruzione.200

Blair si propone come un “punto d’incontro” tra la trasformazione in senso socialdemocratico del partito e il vuoto lasciato libero dai conservatori. Infatti, si pone subito come leader di un nuovo genere e sia rispetto al partito che, soprattutto, rispetto al governo rappresenta un outsider.201 Inoltre, mancando di un retroterra familiare nel movimento laburista, di tradizionali legami con il settore pubblico o con i sindacati, Blair personifica il New Labour in un modo difficilmente possibile per i suoi immediati predecessori.

Già nella conduzione del cosiddetto “governo-ombra”202 aveva eliminato le vecchie procedure, in favore di un accordo con i “modernizzatori” (i “big four”, Gordon Brown, Robin Cook, John Prescott e lo stesso Blair),203 con l’ausilio di fidati consiglieri, esperti soprattutto nel campo dei mass media e dell’opinione pubblica. Come outsider egli non era appesantito del carico che i suoi predecessori portavano con loro, ma ciò che conta di più è che egli non compare mai sulla scena da solo poiché la maggior parte dei suoi compagni di partito condividevano la sua visione e appoggiavano la sua leadership.204

198Cfr. P. GOULD, The Unifished Revolution. How the Modernisers Saved the Labour Party, London, Little, Brown and

co., 1998.

199 L. DE MICHELIS, op. cit. 200Ibidem.

201 Cfr. M. CALLONI, (a cura di), Il Nuovo Labour, Tony Blair, Milano, I libri di Reset, 2003.

202 Così veniva denominato il governo costituito dai membri dell’opposizione. Cfr. T. BLAIR, E. SARTOR, (a cura di), Il

mio nuovo laburismo, op. cit., p. 34.

203 Ibidem.

Egli ha, inoltre, rafforzato l’ufficio del Primo Ministro più di qualsiasi altro suo predecessore, privilegiando l’importanza della comunicazione, dando poca importanza al Cabinet come sede decisionale e delegando in gran parte la politica interna a Gordon Brown, Ministro del Tesoro.205 Ciò che sin dall’inizio il Primo Ministro ha temuto è stata la tradizionale “frammentazione” dell’attività di governo, ossia la separazione delle politiche tra i vari ministeri. Lo scopo e lo sforzo di Blair è stato, invece, quello di avere un’attività di governo unitaria (“joined up” policy

making ),206 in cui il centro motore e propulsore deve essere il Primo Ministro.

Anche nel rapporto con il Parlamento, Blair ha segnato una discontinuità con i suoi predecessori. Egli non è un “House of Commons man”207 e a differenza di questi, grazie alla larghissima maggioranza ottenuta, evita la necessità di contatti con i parlamentari.

Egualmente i contatti tra il Premier, i sindacati e le roccaforti tradizionali del partito sono diminuiti, suscitando sentimenti negativi tra la base e gli attivisti di partito. Sul piano interno e nelle arene partitiche nazionali, la sua aspirazione era quella di essere riconosciuto come un governatore bipartisan capace di attrarre nelle sue schiere anche uomini politici provenienti da tradizioni di sinistra e di presentarsi come un leader in grado di rilanciare le questioni più scottanti della società inglese mediante l’adozione sapiente di nuove metodologie di marketing politico:208 la mobilitazione dei giovani, il faccia a faccia dispiegato in numerosi incontri coniugato con il tam tam sul web e il ricorso alle nuove tecnologie.

È probabilmente grazie a tali strategie che nel giugno del 2001 e successivamente nel maggio del 2005, Blair e il suo “New labour” vengono riconfermati al governo, ma il processo di riforme portato avanti passa in secondo piano rispetto ai tragici accadimenti dell’11 settembre e al conseguente inizio della guerra al terrorismo. Sfidando i forti dissensi presenti all’interno dell’opinione pubblica e del suo stesso

205 A. T

ORRE, Poteri del primo ministro e organizzazione ministeriale nell’esecutivo di Tony Blair, in Diritto pubblico

comparato ed europeo n°1, Torino, G. Giappichelli editore, 2002.

206 Cfr. L. DE MICHELIS, op. cit., p.34-35. 207 Cfr. A. TORRE, op. cit. pp. 215.

208 Cfr. R., BERTINETTI, Manipolazioni democratiche. Stregoni mediatici nella Britannia postmoderna, Bologna, Il

partito, Blair decide di sostenere militarmente come principale alleato gli Stati Uniti, dapprima in Afghanistan nella guerra contro i Talebani a partire dal 2001, e successivamente in Iraq nella guerra contro Saddam Hussein a partire dal 2003.

La credibilità di Blair esce fortemente minata dalle sue decisioni in materia di politica estera, infatti, pur avendo vinto le elezioni politiche del 5 maggio 2005, annuncia il suo ritiro, quantomeno dal ruolo di leader laburista, per la successiva legislatura. Per quanto riguarda l’uomo e la vita privata, Tony Blair è descritto come un vero e proprio ammaliatore, un oratore apprezzato e compreso dalla gente, capace di trasmettere agli interlocutori la rassicurante sensazione di essere l’“uomo giusto” per rimettere a posto le cose con la sola forza della persuasione e senza rivoluzioni. I suoi oppositori dicono invece che nei suoi discorsi non ci sono contenuti, solo belle parole presentate con toni misurati ed eleganti.

I suoi modi di fare modernizzano i formalismi della politica ingessata britannica. La familiarità del suo volto aperto, il suo sorriso non forzato ma accomodante, da “typical english man”, aveva ormai conquistato non solo gli inglesi ma anche il suo stesso apparato di consulenza che come slogan centrale della propria campagna scelse una frase che nelle intenzioni doveva avere un effetto persuasorio immediato: “Britain forward, not back; I’m Labour, count me in”.209 Dai suoi discorsi emerge una grande qualità oratoria e la capacità di interagire come nessuno con i media. Non a caso Blair investe ampiamente i suoi sforzi anche su Internet facendo leva sul marketing on line. Possiede, infatti, un sito personale,210 con cui si identifica il suo stesso partito e che ha permesso un legame immediato con l’uomo politico, andando così a rafforzare il fenomeno della personalizzazione. Nel processo di costruzione mediale della sua leadership politica e del New Labour come partito della modernizzazione, Blair adotta una strategia di contatto popolare e di ricerca di una credibilità di tipo realistica, seguendo la formula della politics of “soft” power,211 fondata sulle logiche della pubblicità televisiva. In tal modo Blair prende le distanze

209 Per maggiori informazioni si veda il sito Internet ufficiale dell’ufficio del Primo Ministro britannico: http://www.

number-10. gov.uk/

210 Ibidem.

dalla politica del passato attraverso una esibizione più populistica, in cui si presenta come “youth and youthful one of us”.212 Soprannominato dai media “Call me Tony

Blair”213 per il tono informale delle sue conferenze stampa in cui risponde ai giornalisti chiamandoli per nome, Blair costruisce il suo personaggio enfatizzando la propria appartenenza alla generazione cresciuta negli anni Sessanta, cui si è spesso attribuito il merito di avere provocato una delle più imponenti rivoluzioni culturali del Novecento: “I am a modern man. I am part of the rock and roll generation, the

Beatles, colour TV, that’s the generation I come from”.214

Grazie al suo carisma e alla sua tenacia politica, Blair riesce a ricostruire e a modernizzare il vecchio partito laburista che appare sin da subito irriconoscibile sia per le politiche effettivamente portate avanti sia, soprattutto, per la nuova connotazione ideologica che si basa su una nuova visione politica nota come “terza

via”.