I principi etici della sostenibilità
4.6 L’etica ambientale cristiana: una nuova sfida culturale
120 S. Rondinara, L’ambiente dell’uomo. Crisi ecologica e nuovo rapporto uomo-natura, Roma, Città Nuova Editrice,
Alla luce di quanto è stato fin qui detto, si può affermare che il rapporto uomo-natura, società-ambiente naturale risentono di un forte deficit etico. In particolare, il fenomeno dell’urbanesimo, che ha spinto uomini e donne ad abbandonare la vita rurale per vivere in città, e l’avvento della civiltà virtuale, prodotta dalla rivoluzione informatica e telematica, hanno allontanato l’uomo dal suo ambiente naturale, rendendolo un estraneo che col passare del tempo ha perso la memoria storica del suo legame con la natura.
È importante evidenziare anche che un altro fattore culturale determinante la crisi del rapporto uomo-natura è rappresentato dal consumismo spietato delle società industrializzate, alimentato da un meccanismo perverso che, sotto la pressione pubblicitaria, crea nei cittadini “false” esigenze che li inducono a possedere e a consumare beni di cui non si ha una reale necessità. Un tale modello di consumo richiede un grande impiego di risorse energetiche, alimentari e di materie prime che per lungo tempo sono state erroneamente considerate come beni inesauribili e pertanto sfruttate secondo il principio del massimo profitto con il minimo sforzo.121 L’attuale crisi del rapporto uomo-natura nasce dall’incapacità dell’uomo contemporaneo di risolvere la contrapposizione dicotomica tra la creatività produttiva dell’uomo da una parte e la salvaguardia e la valorizzazione dell’ ambiente dall’altra. Infatti, se si lascia libero spazio all’intervento umano sulla natura, sarà quest’ultima a subirne le conseguenze, come dimostrano i numerosi disastri ambientali e lo sfruttamento indiscriminato ed acritico delle risorse naturali. Se si rende, invece, prioritaria ed assoluta la salvaguardia dell’ambiente, sarà la creatività umana a venire mortificata.122
A ben vedere, secondo lo studioso S. Rondinara,123 questa contrapposizione dipende dalla mancanza di valori forti che dovrebbero ispirare l’azione dell’uomo e che trovano fondamento in un nuovo e adeguato modello antropologico non più centrato
121 Cfr. S. Rondinara, La natura tra fede e progettualità sociale. Spunti per un rinnovato rapporto persona-natura,
Unità e Carismi, 3-4: 59-64. Roma, Città Nuova Editrice.
122 Ibidem. 123 Ibidem.
sul profitto e su una visione funzionalista ed utilitarista della natura, ma sulla persona umana e sui valori di cui essa è portatrice.
Come dice il suddetto studioso,124 questo nuovo modello di evoluzione umana e di rivoluzione ecologica può essere l’antropologia cristiana. L’intuizione di Rondinara si basa su un’ etica ambientale cristiana nella cui visione vengono introdotte le categorie dell’ “amore” e del “dono di sé”. L’etica del “dono di sé” spinge l’uomo a un dovere di solidarietà che lo lega anche all’umanità futura. In questa visione del mondo la persona umana nel realizzare il “dono di sé” diventa sempre più se stessa perché si arricchisce dell’altro e vive in piena reciprocità con i suoi simili. Realizzare il “dono di sé”, dunque, significa “farsi uno” cioè “vivere l’altro, calarsi nel vissuto dell’altro, per mettersi nei suoi panni per capirlo a fondo e poi essere per lui una persona su cui poter contare per stabilire una relazionalità autentica ed edificante la personalità di entrambi”.125
In particolare, è opportuno aggiungere che l’etica del “dono di sé” va oltre la logica del reciproco vantaggio o dell’aiuto inteso come atto di benevolenza. “Dono di sé” significa promozione di comportamenti gratuiti e solidali verso i singoli individui, le comunità, le istituzioni e l’habitat naturale. Il “dono di sé” è anche cooperazione a tutti i livelli, locale, nazionale e sovranazionale, del paese ricco verso il paese povero o in via di sviluppo, allo scopo di consentire non solo la riduzione del gap economico, ma anche la crescita autonoma e consapevole verso una politica della sostenibilità.
Tutto ciò potrebbe essere il presupposto indispensabile per elaborare una strategia di intervento coordinata tra gli Stati del mondo finalizzata ad una gestione responsabile delle risorse del Pianeta.
È interessante notare, infine, che l’etica del “dono di sé”, così come illustrata da Rondinara, si sostanzia in alcuni principi che sono stati ampiamente ribaditi nella Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo (1992), nella Carta di Aalborg
124 Cfr. S. Rondinara, Sostenibilità ambientale: coscienza e partecipazione nella gestione dei rifiuti. “Vivere l’altro” e il
trasferimento di tecnologie verso i paesi emergenti, Atti del Congresso di Ecoone, Castelgandolfo 17-19 aprile 2009.
125 Cfr. S. Rondinara, Sostenibilità ambientale: coscienza e partecipazione nella gestione dei rifiuti. “Vivere l’altro” e il
(1994) e nella Dichiarazione di Johannesburg (2002). Questi principi sono: il principio di cooperazione, di precauzione e di causa, che sono stati già ampiamente trattati nel corso del capitolo 3° del presente lavoro.
Prima di concludere vorrei, tuttavia, soffermarmi brevemente sui principi etici del rapporto uomo-natura le cui radici sono rinvenibili nel Libro di Genesi 1,28 in cui si legge: “Dio benedisse l’uomo e la donna e disse loro: siate fecondi, moltiplicatevi e riempite la terra e soggiogatela; dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame e su ogni essere vivente che striscia sulla terra”.
Una interpretazione errata di questi versi ha indotto alcuni studiosi come Lynn White 126 a sostenere che l’occidente avrebbe imparato dalle Sacre Scritture a essere “assolutamente dispotico, totalmente irresponsabile, nel suo comportamento nei confronti della natura”.127
Gli esegeti affermano, invece, che una corretta interpretazione dei verbi “soggiogare” e “dominare” deve tener conto che non si tratta né di un comando né di un imperativo etico; essi esprimono, infatti, un invito di Dio agli uomini a prendere possesso della terra per gestirla e curarla come farebbe un bravo amministratore, cosciente di non essere lui il padrone, ma di essere solo colui a cui la terra è stata affidata.128 Infatti, il verbo ebraico kābās, normalmente tradotto “soggiogare”, se riferito ad un nemico significa “dominarlo con le proprie forze”, “soggiogarlo”, se riferito alla terra significa “entrare in essa”, “prendere possesso per abitarci”. L’altro verbo rādā, che riguarda il rapporto della persona umana con il mondo animale e che normalmente viene tradotto “dominare”, in realtà significa “pascolare, guidare, condurre il gregge al pascolo”. Quindi, secondo questa interpretazione, la terra viene affidata agli uomini per abitarla e per coltivarla al fine di soddisfare le sue necessità.
Quindi Dio, affidandoci il compito di rendere la terra abitabile, di porla al nostro servizio e di essere “guida” per le creature non umane, ci investe di un ruolo di
126 Cfr. L.White, The Historical Roots of our Ecological Crisis, in Science, 155, pp.1203-1207.
127 J. Passmore, Man’s Responsability for Nature, Duckworth, London, 1980; trad. it. di M. D’Alessandro, La nostra
responsabilità per la natura, Milano, Feltrinelli, 1986, p. 15.
responsabilità e ci rende partecipi della Sua sollecitudine e attenzione nei confronti della natura. Alla luce di questo affido, l’uomo deve essere cauto e deve prendere le dovute precauzioni per una gestione cosciente ed una custodia responsabile della natura.129 A questo proposito, nel Genesi 2,15 si legge: “Iddio prese dunque l’uomo e lo mise nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse”. Nel comandamento di coltivare c’è certamente l’invito a promuovere lo sviluppo socio-economico dell’uomo, ma in modo che sia sostenibile dalla natura, altrimenti non si può conciliare con il contestuale comandamento di custodirla, cioè di assicurarne le capacità di riproduzione per le generazioni future.130
Dunque, nei comandamenti di coltivare e custodire la natura, sono rinvenibili i principi alla base del concetto stesso di sviluppo sostenibile.
In conclusione, la questione ambientale richiede un radicale cambiamento culturale e un’etica nuova che porti alla solidarietà verso l’umanità di oggi e di domani. Un tale dovere di solidarietà si esprime a livello personale, nazionale e planetario. Sono questi i livelli fondamentali per una matura coscienza ecologica che porti alla realizzazione di un modello di sviluppo sostenibile che si prefigge una crescita della società compatibile con le esigenze di tutela dell’ambiente. E’ molto difficile che questi tre momenti della coscienza ecologica si realizzino in breve tempo, perchè è necessario che l’uomo prima operi un radicale cambiamento di mentalità. Questa “rivoluzione ecologica” esige, quindi, un modello antropologico nuovo in cui si passi da un’ottica individuale ad un’ottica di comunione, da un’ottica di gruppo ad un’ottica di famiglia umana globale.
Negli anni Cinquanta, il premio Nobel Albert Camus, di fronte alla possibilità di un olocausto nucleare, disse: “Ogni generazione, senza dubbio, si crede destinata a rifare il mondo. La mia sa che non lo rifarà. Il suo compito è forse più grande: consiste
129 S. Rondinara, Cambiamenti climatici e istanza etica: il principio di precauzione, Atti del Congresso di EcoOne,
Castelgandolfo 18-19 gennaio 2003.
130 G. Bartolo, G. Giaccone, Famiglia ed educazione ambientale. Atti del 1° Simposio dei Docenti Universitari: la
famiglia in Europa, Vicariato di Roma, Ufficio per la pastorale universitaria, Pontificia Università Lateranense, Roma, 2004.
nell’impedire che il mondo si distrugga”.131 Una tale sfida riguarda indistintamente tutti i popoli del nord e del sud del mondo che, a prescindere dai loro orientamenti politici e religiosi, sono chiamati a dare il loro contributo.