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Castigliano-catalano: storia di una mancata contrapposizione

Elementi per uno studio narratologico e strutturale di Si te dicen que caí

2.1 Analisi formale del testo

2.1.8 Castigliano-catalano: storia di una mancata contrapposizione

La questione linguistica detiene in Spagna un peso specifico non indifferente e ciò non può essere in alcun modo fonte di sorpresa nell’avvicinarsi all’analisi della letteratura di un paese la cui cultura è storicamente suddivisa nelle quattro lingue che, oggi, sono ufficialmente riconosciute ed equiparate dalla legge e di fronte ad essa100. L’esempio, raro nel suo caso, che è costituito da Juan Marsé, pertanto, non può essere facilmente archiviato come quello di uno scrittore che incarna l’eccezione all’interno della regola, come è stato definito, forse un po’ troppo frettolosamente, da alcuni critici101, ma, anzi, merita di essere analizzato con accuratezza per comprenderne certe dinamiche che, inevitabilmente, si riflettono nelle sue opere e, per quanto ci interessa, in Si te dicen que caí. Non è dunque superfluo segnalare che ci troviamo di fronte ad un autore catalano, nato e cresciuto in Catalogna, profondamente permeato, come abbiamo visto, dalla cultura del microcosmo del barrio barcellonese, il quale, nonostante tutto, scrive

98 O duplicación interior, come viene definita in KIRSCH, Jeffrey Allen (1986), Técnica

novelística en la obra de Juan Marsé, University Microfilms International, Ann Arbor, p.187.

99 PASCAL CASAS, Danielle (1988), El Teatro social en la novelística de Juan Marsé, University

Microfilms International, Ann Arbor.

100 Mi preme sottolineare come, benché sarebbe estremamente interessante, non abbia intenzione

alcuna di affrontare in questo luogo l’ampia e sfaccettata problematica del plurilinguismo in Spagna ma soltanto di trattare l’influenza che il catalano ed il catalanismo hanno avuto sul Marsé di Si te dicen que caí, con particolare attenzione al tono del linguaggio che predomina nel testo.

101 AA.VV. (2005), Personalidad literaria y humana del autor. Arturo Pérez Reverte, Joan de

Sagarra y Javier Coma conversan con el autor. Modera Beatriz de Moura, in ROMEA CASTRO, Celia, Juan Marsé, su obra literaria: lectura, recepción y posibilidades didácticas, Horsori, Barcelona, p.90.

in castigliano. Per evitare di cadere nei facili condizionamenti politici, spesso anche leziosi, che circondano il tema, dai quali peraltro Marsé si è sempre sentito estraneo, è corretto perciò segnalare che, durante tutto il periodo della dittatura franchista, né il catalano, né il galiziano, né tantomeno il basco ebbero in Spagna alcun diritto di cittadinanza, condizionando, di fatto, la cultura di molti giovani, compreso Marsé, che erano costretti dalle circostanze a non usare la propria lingua madre che in ambito familiare, privati, inoltre, anche della possibilità di apprenderne a scuola le regole grammaticali e d’uso più elementari, come ricorda lo stesso narratore: «Y la más determinante [anomalía] no fue aquella escuela inoperante y beatorra de la dictadura, la del lema Por el Imperio hacia Dios, escuela donde ciertamente se prohibió leer y escribir catalán, y hasta hablarlo en horas de clase»102. A questi già pesanti fattori vanno aggiunti altri che non poterono non indirizzare la scelta verso l’acquisizione dello spagnolo, e non del catalano, come lingua letteraria; gran parte della paraletteratura, dei film, delle

aventis e, più avanti, delle canzoni, dei racconti e dei primi romanzi d’autore con cui Marsé entrò in contatto erano infatti rigorosamente forniti in spagnolo, a tal punto che l’autore indica nella preferenza per questa lingua una soluzione spontanea e naturale. Quando poi, come osservato da Williams, la situazione cambierà, inizieranno a sorgere le prime dispute:

Durante la democracia después de Franco, la autonomía regional vuelve a introducir el catalán en sus formas habladas y escritas. Como un autor catalán, Marsé se encuentra en la situación paradójica de escribir, y escribir sobre Cataluña, en la ahora “extranjera” lengua castellana. Se encuentra en medio del engaño lingüístico-cultural del neo-catalanismo, donde la renovación de reconocimiento regional se enfrenta con la falta de instrumentos lingüísticos para poder expresarse apropiadamente en la lengua regional103.

Da quest’apparentemente assurda posizione Marsé si smarca alla sua maniera, rifiutandosi categoricamente di modificare i propri referenti storico-culturali a

102 MARSÉ, Juan (2009), Discurso para la Ceremonia de entrega del Premio Cervantes 2008,

Archivo del sitio oficial del Ministerio de Cultura de España, Madrid, p.4.

vantaggio di chi, probabilmente, gli deve aver chiesto di ergersi a simbolo dell’indipendentismo catalanista e scegliendo di non rappresentare, nelle sue opere, nessun’altro all’infuori di se stesso104.

L’uso che del catalano fa in Si te dicen que caí, allora, è ristretto ma assolutamente significativo; sono i maquis, come pronosticabile, ad utilizzarlo con maggior frequenza, quasi come un linguaggio in codice dal radicato significato identificativo riflesso anche in molti dei loro nomi o soprannomi, spesso servendosi di frasi fatte o espressioni idiomatiche, come nel caso del celebre Foc

nou i merda pels que quedin pronunciato dal più ribelle di loro, Palau105; abbondano poi, specialmente tra gli adolescenti, termini strettamente catalani o prestiti allo spagnolo, tanto che basta aprire il libro ad una pagina qualsiasi per imbattersi in uno di loro.

In ambito più generale si osserva una marcata propensione dell’autore verso l’utilizzo di una lingua spesso colloquiale, a volte cruda e, non c’è da sorprendersi, persino volgare; rispondendo così senza inutili veli di circostanza alle esigenze di verosimiglianza che si propone di rispettare nell’opera, Marsé, ben sapendo destreggiarsi tra il gergo di quartiere di quegli anni, si preoccupa piuttosto di offrire al lettore un panorama linguistico che sia coerente con quello sociale che intende rappresentare, cosicché anche i frequenti coiti, come accennato precedentemente, vengono trattati con un linguaggio adeguato ed intriso di volgarità.

Anche se alcuni studiosi hanno voluto riconoscere a Marsé, senza che ne esistesse apparente bisogno, una certa elevatezza poetica in certi brevi passaggi del testo, non ritengo opportuno dover necessariamente rintracciare passi linguisticamente aulici in un’opera come Si te dicen que caí, anche considerando la serena avversione che nutre l’autore verso qualsiasi eccessivo sperimentalismo a livello linguistico106.

104 MARSÉ, Juan (2009), Discurso para la Ceremonia de entrega del Premio Cervantes 2008,

Archivo del sitio oficial del Ministerio de Cultura de España, Madrid, p.3.

105 Cfr. nota 31, p.17.

106 CHIRBES, Rafael (2008), Material de derribo, in RODRÍGUEZ FISCHER, Ana, Ronda

Marsé, Candaya, Canet de Mar, p.274 ed AMELL, Samuel (1984), La narrativa de Juan Marsé,

Intendo infine richiamare l’attenzione sui pochi ma efficaci prestiti e calchi da altre lingue indoeuropee riscontrabili nell’opera, in particolare dall’inglese e dal francese, quali fatibomba, orsay o meublé107.