• Non ci sono risultati.

Il rifiuto dell’engagement

Il peso della questione sociopolitica

3.1 Un dilemma insoluto: la presunta politicizzazione di Si te dicen que caí

3.1.3 Il rifiuto dell’engagement

Ridurre un romanzo della portata estetica di Si te dicen que caí ad un mero dibattito circa la sua effettiva o presunta politicizzazione appare sinceramente, oltre che poco interessante e, forse, metodologicamente scorretto, anche piuttosto deludente sotto il profilo di un approfondito esame analitico, tanto che in questo studio si è preferito dare maggior risalto agli aspetti formali, senza tuttavia tralasciare un tema che lo stesso autore ritiene comunque di secondo piano. A tal proposito William Sherzer si domanda saggiamente se sia possibile annodare, intrecciandole senza traumi, le due distinte linee di sviluppo narrativo, ottenendo così un’opera artisticamente valida senza sacrificarne su quest’altare, al tempo stesso, il valore sociopolitico, partendo dal presupposto che alla base del testo

14 CLARK, Rosemary (2003), Catholic iconography in the novel of Juan Marsé, Tamesis Book,

marsiano esista, secondo lui, un fondamento politico critico; il risultato, commenta ancora Sherzer rendendo così ampio merito a Marsé, è un’opera densa di entrambi i contenuti, stilisticamente avanguardista e tematicamente ricca15.

Ma la sostanziale indifferenza che l’autore ha sempre manifestato nei confronti di chi gli rimproverava un evidente engagement non può essere passata sotto silenzio, tanto che altri critici hanno commentato: «supongo que Marsé se habrá tomado la noticia – la opinión oficial de la crítica sobre su obra – con la estoica sabiduría lacónica del boxeador veterano con que se ha tomado todo desde que lo conozco»16. In effetti lo scrittore si è sempre strenuamente difeso dalle accuse di chi lo voleva implicato ed impegnato, attraverso Si te dicen que caí, nell’antifranchismo militante e, anzi, non si è mai stancato di riconoscere come erronea l’interpretazione che vede una qualsiasi tesi politica agire come input per la narrazione.

Disconoscendo la letteratura, come abbiamo già visto, come arma politica critica, si riserva d’altro canto il dovere di analizzare la realtà per quella che è, assumendo una prospettiva, se non propriamente neutra, come afferma Kim, quantomeno non così apertamente schierata, considerata anche la messa alla berlina delle gravi colpe dei maquis17. Appare quasi superfluo, allora, considerare che:

Si te dicen que caí, por ejemplo, es la historia de un barrio. No tiene ninguna pretensión de dar una visión totalizadora del franquismo en los años cuarenta. Pero, claro está, la novela ofrece una idea de esto; y no sólo de la represión política, sino también del hambre, del miedo, de la miseria moral del país, de la corrupción en todos los niveles. [...] tampoco me propuse ninguna venganza personal contra los

15 SHERZER, William M. (1982), Juan Marsé: entre la ironía y la dialéctica, Fundamentos,

Madrid, pp.42-47.

16 CHAMORRO, Eduardo (2008), La rabia discreta, la melancolía distante, in RODRÍGUEZ

FISCHER, Ana, Ronda Marsé, Candaya, Canet de Mar, p.55. Il saggio fu originariamente pubblicato sull’edizione de El Mundo del 10 aprile 1994, p.91.

17 KIM, Kwang-Hee (2006), El cine y la novelística de Juan Marsé, Biblioteca Nueva, Madrid,

franquistas. Lo que me proponía era sencillamente reconstruir el barrio y la infancia mía en ese barrio18.

Se, dunque, il motivo principale per cui Marsé ha deciso di scrivere Si te

dicen que caí non può essere rintracciato nell’intenzione politica, bensì, al contrario, nella volontà di recupero di un vissuto giovanile del quale si sentiva defraudato dalle stesse circostanze sociali venutesi a creare in seguito ad una guerra di cui non era in alcuna misura responsabile, appare tuttavia naturale che l’epoca di cui tratti sia inevitabilmente zeppa di riferimenti politici e, così, anche l’intero romanzo. Senza toccare il tema del franchismo e della resistenza, pertanto, non sarebbe stato possibile rievocare nessuna aventi, nessun Java, nessun barrio. E pazienza se qualcuno si sarà sentito offeso, forse anche a causa dell’incompleta cicatrizzazione di una ferita ancora aperta e ben viva nella memoria di molti lettori degli anni Settanta, giacché «el realismo sigue molestando, sigue estando proscrito»19.

Mi interessa infine sottolineare, come nota Seligson, che l’atavica questione della distruzione morale e sociale di cui la Guerra Civile fu portatrice in Spagna è riflessa da Si te dicen que caí non solo in riferimento specifico a quel massacro, bensì è estensibile ad ogni conflitto armato in cui sono stati coinvolti civili innocenti in grado di offrirne un’attestazione o, addirittura, una testimonianza artistica20.

18 SINNIGEN, Jack H. (1982), Narrativa e ideología, Nuestra Cultura, Madrid, p.118.

19 CONTE, Rafael (2008), El realismo proscrito, in RODRÍGUEZ FISCHER, Ana, Ronda Marsé,

Candaya, Canet de Mar, p.261. Il saggio è del settembre del 1975 e fu pubblicato originariamente sul numero 346 della rivista Ínsula, p.5.

20 SELIGSON, Esther (2008), Los goyescos laberintos de la Guerra Civil española, in

RODRÍGUEZ FISCHER, Ana, Ronda Marsé, Candaya, Canet de Mar, p.293. Il saggio risale al 1973 e fu pubblicato originariamente sulla rivista Excelsior. Diorama de la cultura, anche se non è chiaro in quale numero di quell’anno.

Conclusioni

Il termine ultimo di uno studio, in letteratura, consiste semplicemente in un momentaneo punto finale, prima del quale, in innumerevoli casi, già molto è stato detto riguardo ciò di cui si è voluto trattare e dopo il quale si attiveranno certamente altre voci che, giustamente, vorranno dare il loro contributo; ritengo pertanto opportuno considerare concluso il cerchio di questo lavoro ricollegandomi al suo incipit, in maniera da poter fornire a chi legge un’inquadratura, spero, quanto più possibile nitida, compatta e fedele del caleidoscopio narrativo che viene a costituirsi in Si te dicen que caí.

Abbiamo potuto osservare lungo il percorso come la complessità strutturale, gli accorgimenti formali e l’intensità della narrazione raggiungano spesso vette rilevanti, tali, secondo alcuni studiosi, da compromettere persino la comprensione letterale dell’opera1; ciononostante, a giudicare dal successo editoriale e, in parallelo, dalla ridotta considerazione critica, il testo, e più in generale l’intera produzione di Juan Marsé, ha sempre riscosso una buona accoglienza da parte del pubblico, che, evidentemente, deve aver subito sia il fascino della personalità dell’autore, sia quello di una scrittura realistica, quasi intima in relazione agli ambienti proposti, ma, al tempo stesso, frizzante e sognatrice, come si evince anche dalla riflessione di Marla Williams:

Marsé, sin embargo, se niega a abandonar sus raíces literarias de clase baja: la base de sus novelas es el mundo semi-literario de su niñez y ofrece sus obras a un público cuya mayor expectativa es simplemente la de leer cuentos maravillosos. [...] Al atraer un público más amplio, Marsé corre el riesgo de ser considerado un autor comercial. Sin duda él prefiere seguir los pasos de sus mentores de juventud, tales como Zane Grey, en vez de ser clasificado entre los seudo-intelectuales de una Cataluña naciente2.

1 Rintraccio i nomi, a riguardo, di Gould Levine, Soldevila Durante e Tovar, citati in SHERZER,

William M. (1982), Juan Marsé: entre la ironía y la dialéctica, Fundamentos, Madrid, p.41.

Ed è proprio a partire da questa volontà di rendersi indipendente e riconoscibile che sviluppa il suo stile marcatamente originale, figlio da un lato dei traumi della posguerra, drammaticamente reali, e dall’altro della necessità di superarli senza dimenticarsene attraverso il rifugio nell’evasivo, ambiguo e fantastico strumento delle aventis. Come egli stesso dichiara, infatti:

Por mi parte sólo puedo decir que, desde no sé cuánto tiempo, quizá desde aquellas tardes soleadas en el parque de Gaudí, de un modo u otro, consciente o no de ello, he buscado en toda obra narrativa de ficción un eco, o un aroma, de ese eterno conflicto entre apariencia y realidad, que de tantas maneras se manifiesta en el transcurso de nuestras vidas. Porque yo soy ante todo un lector de ficciones, un amante incondicional de la fabulación. Tan adicto soy a la ficción, que a veces pienso que solamente la parte inventada, la dimensión de lo irreal o imaginado en nuestra obra, será capaz de mantener su estructura, de preservar alguna belleza a través del tiempo. Una excesiva dosis de realidad puede resultar indigesta, incluso para un adicto a la realidad y al bistec como Sancho y como yo3 [corsivo mio].

Con queste premesse, quindi, è probabilmente più facile comprendere il ricorso a geniali mezzi espressivi, quali il narratore multiplo, la duplicità dei personaggi, il costante intreccio dei livelli temporali o le stesse aventis, che agiscono sul testo modificandone la percezione del lettore in direzione di una crescente e ben distribuita ambiguità, la quale ottempera così sia all’incurabile desiderio di Marsé di «enmascararse, disfrazarse, camuflarse, ser otro»4, sia al dovere morale, che sente vivo dentro di sé, di offrire un’altra possibile, verosimile, parallela versione di quegli anni Quaranta usurpati dal franchismo e dei quali si sente ingiustamente derubato quando afferma che esiste «este desacuerdo entre apariencia y realidad, entre lo que oficialmente se decía que

3 MARSÉ, Juan (2009), Discurso para la Ceremonia de entrega del Premio Cervantes 2008,

Archivo del sitio oficial del Ministerio de Cultura de España, Madrid, pp.5-6.

4 MARSÉ, Juan (2008), Autorretrato (II), in RODRÍGUEZ FISCHER, Ana, Ronda Marsé,

Candaya, Canet de Mar, p.29. La caricaturale autodescrizione, tuttavia, fu pubblicata originariamente in MARSÉ, Juan (1988), Señoras y Señores II, Tusquets, Barcelona, pp.173-174.

éramos (adictos, felices, reconciliados, bien pagados, píos feligreses todos) y tal como nosotros nos veíamos en realidad»5.

Quella stessa equivocità, dunque, che alcuni critici considerano come ostacolo per un corretto avvicinamento a Si te dicen que caí, rappresenta invece per altri il punto massimo raggiunto dal realismo spagnolo del dopoguerra e, come fa notare ancora Sherzer, non può e non deve essere in alcun modo stravolta dal curatore di un’edizione commentata, pena la contaminazione illegittima del testo, attraverso anticipazioni, informazioni aggiuntive o chiarimenti non previsti dall’autore, obbedendo così alla ferrea regola filologica di rispetto dell’opera che, in questo caso, deve conservare la complessità che le è propria almeno sino a quando il lettore non sarà in grado di decodificare per conto proprio le chiavi di volta distribuite lungo il romanzo6.

In ultima analisi, dunque, ciò che primariamente risulta essere apprezzabile in

Si te dicen que caí è la straordinaria capacità di Marsé nel riuscire ad utilizzare l’estetica, pur rifiutando l’estetismo, al servizio della sostanza, della trama, che ne ricava così consistenza e verosimiglianza uniche nel panorama contemporaneo, come osserva Rodríguez López-Vázquez:

A diferencia de estos autores citados [Gabriel Miró y Virginia Woolf], que producen texto narrativo a partir de elementos líricos, Marsé produce calidades líricas a partir de un muy sólido texto narrativo. Esta textura lírica está al servicio de la transmisión de las historias, los personajes y las tramas que sus novelas nos proponen7.

5 MARSÉ, Juan (2009), Discurso para la Ceremonia de entrega del Premio Cervantes 2008,

Archivo del sitio oficial del Ministerio de Cultura de España, Madrid, p.7.

6 MARSÉ, Juan (1985), Si te dicen que caí, SHERZER, William M. (a cura di), Cátedra, Madrid,

pp.41-42.

7 RODRÍGUEZ LÓPEZ-VÁZQUEZ, Alfredo (2002), De la indagación a la teoría narrativa:

manual de aprendizajes literarios para los lectores de Marsé, in BELMONTE SERRANO, José – LÓPEZ DE ABIADA, José Manuel, Nuevas tardes con Marsé: ensayos sobre la obra de Juan

Appendice – Censimento dei personaggi di Si te dicen