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Nel catalogare e inventariare con dovizia di particolari ciò che è banale e ordinario, sembrerebbe esserci un altro elemento degno di nota: il piacere di compiere unřazione

SPAZI BANALI E INCANTO: GEORGE PEREC.

4. Nel catalogare e inventariare con dovizia di particolari ciò che è banale e ordinario, sembrerebbe esserci un altro elemento degno di nota: il piacere di compiere unřazione

prettamente antifunzionale. Come già si è visto nel primo capitolo parlando di Simmel, la vita metropolitana non sarebbe neppure immaginabile se tutte le attività e le stimolazioni esterne non fossero regolate in modo estremamente puntuale, o come direbbe Simmel, «in uno schema temporale rigido e sovra individuale»160. Infatti, davanti al rapido e ininterrotto avvicendarsi di impressioni esteriori e interiori, lřabitante metropolitano non ha altra scelta che selezionare i continui input che provengono dalla realtà circostante. Limitare gli stimoli metropolitani è quindi necessario, oltreché liberatorio.

Al contrario, gli esperimenti descrittivi perecchiani hanno come requisito fondamentale proprio lřeliminazione di quel filtro. Nellřosservazione metodica e regolare della quotidianità metropolitana tutto diventa ugualmente meritevole dřattenzione. Così facendo, viene messo per un momento da parte lřatteggiamento indifferente verso il prossimo tipico dellřabitante della grande città. Ma ciò che è più importante, ci si lascia andare a un piacere che la modernità metropolitana tende a rendere un lusso: spendere liberamente molte energie in unřattività non produttiva, spogliandosi così di un approccio pragmatico verso la vita quotidiana. In altre parole ci si trova davanti al piacere di realizzare delle attività per il semplice gusto di realizzarle il meglio possibile.

Come già si è visto in precedenza, nelle proprie flânerie metropolitane alcuni autori fanno un uso perverso del proprio tempo e dedicano unřattenzione smisurata a tutto ciò che normalmente passerebbe inosservato. Al pari di Cortázar, anche in Perec lřantifunzionalità è estremamente rigorosa e precisa. Infatti le operazioni descrittive viste finora hanno a monte un ordine rigorosissimo. Tuttavia, differentemente da Aragon o Breton, in Perec non viene esaltato un modus vivendi antifunzionale. Allřinterno della sua opera si eccepisce a una corretta condotta metropolitana nel caso di una sola e ben circostanziata azione. Si tratta di unřantifunzionalità monomaniaca. Si trovano tracce

rivelarsi per contrappunto in note molto scarne (S. Freud, Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, Torino, Bollati Boringhieri, 1991, p. 117).

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Alessandro Pilo, Il meraviglioso metropolitano e gli spazi-tempi incantati della città, Tesi di Dottorato in

evidenti di questa tendenza in quello che è forse il suo testo più famoso: il romanzo La

vie mode d’emploi. La vie mode d’emploi è un testo che parla della passione della gente

per azioni e gesti inutili.

Ovviamente, il pensiero va subito al miliardario Bartlebooth e al suo progetto, perfetto esempio di autoreferenzialità artistica. Bartlebooth progetta infatti la sua vita in questi termini: dopo dieci anni passati a prendere lezioni dřacquerello egli trascorrerà ventřanni a dipingere paesaggi marini in giro per il mondo, infine destinerà altri ventřanni a risolvere dei puzzle, costruiti su sua commissione, che avranno per soggetto i paesaggi da lui dipinti. Ogni puzzle, una volta completato, verrà bagnato in una soluzione da cui uscirà, bianco e immacolato, il foglio su cui venne dipinto lřacquerello: «il voulait que le projet tout entier se referme sur un homme qui se noie, il voulait que rien, absolument rien nřen subsiste, quřil nřen sorte rien que le vide, la blancheur immaculée du rien, la perfection gratuite de lřinutil»161

. Di fronte allřincoerenza del mondo Bartlebooth si propone di portare fino in fondo un programma, ristretto sì, ma intero, intatto, irriducibile. In altre parole decide di organizzare tutta la sua vita intorno a un progetto la cui ragion dřessere sta esclusivamente nella sua volontà: comřè evidente, nel progetto di Bartlebooth tutta lřattenzione è rivolta verso il processo, al contrario lřoggetto, il contenuto, è secondario e minimo, addirittura destinato a sparire.

Anche Cinoc, un altro inquilino dello stabile, porta avanti un progetto allřinsegna di una monomaniaca antifunzionalità:

Cinoc, qui avait alors une cinquantine dřannées, exerçait un curieux métier. Comme il le disait lui-même, il était Ŗtueur de motsŗ: il travaillait à la mise à jour des dictionnaires Larousse. Mais alors que dřautres rédacteurs étaient à la recherche de mots et de sens noveaux, lui devait, pour leur faire de la place, éliminer tous les mots et tous les sens tombés en désuétude162.

Una volta andato in pensione, Cinoc inizia a percorrere le bancarelle del lungosenna e a raccogliere libri usati, vecchie guide turistiche e vecchi manuali, con lřidea di annotarne le parole rare. Cinoc decide infatti di realizzare un dizionario delle parole dimenticate e ormai in disuso. Ma non bisogna credere che Cinoc sia guidato dal desiderio di perpetuare il ricordo di tradizioni, usanze o popolazioni ormai estinte. Il suo

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G. Perec, La vie mode d’emploi, cit., p. 481: «Voleva che lřintero progetto si chiudesse su se stesso

senza lasciare tracce, come un mare dřolio che si chiuda sopra un uomo che annega, voleva che non ne rimanesse niente, assolutamente niente, che non ne uscisse che il vuoto, il candore immacolato del nulla, la perfezione gratuita dellřinutile», La vita istruzioni per l’uso, cit., p. 401.

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Ibid., p. 361: «Cinoc, che era allora sulla cinquantina, esercitava uno strano mestiere. Come diceva lui stesso, faceva lřŗammazzaparoleŗ: lavorava allřaggiornamento dei dizionari Larousse. Ma mentre altri redattori erano sempre alla ricerca di parole e significati nuovi, lui per fargli posto, doveva eliminare tutte le parole e i significati caduti in disuso», Ibid., p. 301.

Alessandro Pilo, Il meraviglioso metropolitano e gli spazi-tempi incantati della città, Tesi di Dottorato in

scopo è semplicemente «sauver des mots simples qui continuaient encore à lui parler»163.

Le opere di Bartlebooth e Cinoc sono dei perfetti esempi di monomaniaca antifunzionalità. E certo in questi personaggi cřè qualcosa del loro creatore: davanti allřincapacità di cogliere e afferrare il mondo che lo circonda, anche Perec sceglie di limitarsi a un piccolissimo compito, lřosservazione o la descrizione di uno spazio metropolitano, e tenta di portarlo a termine con una meticolosa dedizione monomaniaca. Ma dietro quelle azioni apparentemente autoreferenziali sembra presente un fortissimo pathos del dissolversi.

5. Se finora si è visto che il rapporto di Perec con lo spazio è fortemente ancorato a

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