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La memoria di Perec abbraccia soprattutto ciò che è ordinario e senza splendore Infatti si può accennare fin da ora che sono i luoghi o gesti banali ad attirarne

SPAZI BANALI E INCANTO: GEORGE PEREC.

2. La memoria di Perec abbraccia soprattutto ciò che è ordinario e senza splendore Infatti si può accennare fin da ora che sono i luoghi o gesti banali ad attirarne

lřattenzione. Se spesso il presente deve rivelarsi attraverso ciò che è spettacolare e insolito, al contrario Perec cerca di rendere conto di ciò che succede e si ripete ogni giorno. Come si è detto allřinizio, lřinteresse da parte di Perec per il lato ordinario dei luoghi metropolitani passa attraverso il filtro della sfera personale. È interessante a questo proposito lřesperienza di unřosservazione urbana che Perec fece su commissione, estranea dunque a coordinate di quel tipo. Perec, già noto per le sue sperimentazioni letterarie aventi per oggetto lřosservazione di spazi metropolitani, ricevette una proposta da parte di un professore di architettura di unřuniversità parigina; gli veniva chiesto di visitare un isolato parigino e dare un proprio apporto attraverso delle esplorazioni sul posto a un progetto di riqualificazione. Perec, dopo aver visitato due volte il quartiere a lui sconosciuto, stenderà una relazione in cui si dichiara incapace di dare alcun apporto. Infatti la sua capacità di vedere e descrivere non può partire solo e unicamente dalla sua volontà: «Il mio sentimento più tenace era che lì non avevo niente di particolare da fare. Ciò significava che quel luogo per me era senza significato, inagibile […] Nessuna di queste vie ha per me un valore speciale, nessuna si lega a un ricordo o a un itinerario»144. Niente in quel quartiere sembra comunicargli qualcosa, per questo motivo il suo sguardo è privo di una direzione. In Perec la volontà di descrivere scatta dunque quando ci si trova davanti a qualcosa che si conosce o si riconosce: «Cřè un certo numero di cose che si sanno, che ci si aspetta di vedere, o che si riconoscono o che si inventano, perché si inventano a partire da qualcosa che vi è dato. Quando non vi è dato niente, un isolato assomiglia a qualsiasi altro isolato»145. Se allřinterno della sua opera questa tendenza si rivelerà cospicua, è tuttavia sbagliato pensare che nella descrizione perecchiana manca la volontà di guardare e vedere ex-novo. Anzi, come si vedrà più avanti, questa tendenza è spesso non secondaria.

Lřesperimento più ambizioso di Perec ebbe per oggetto la descrizione lungo dodici anni di dodici diversi «luoghi, vie, piazze, incroci legati a ricordi, ad avvenimenti o

144 G. Perec, ŖA proposito della descrizioneŗ, contenuto in A. Borsari, op. cit., p. 68. 145

Alessandro Pilo, Il meraviglioso metropolitano e gli spazi-tempi incantati della città, Tesi di Dottorato in

a momenti importanti della mia esistenza»146. Spazi urbani che, nei suoi piani, avrebbe dovuto descrivere due volte lřanno ciascuno: una volta sul posto, osservandoli nel modo più neutro possibile, lřaltra descrivendoli a memoria e rievocando i ricordi ad esso legati. A proposito dei risultati finali Perec dice:

Non ho unřidea molto chiara del risultato finale, ma penso che vi si scorgerà contemporaneamente lřinvecchiamento dei luoghi, lřinvecchiamento della mia scrittura, lřinvecchiamento dei miei ricordi: il tempo ritrovato si confonde col tempo perduto; il tempo si aggrappa a questo progetto, ne costituisce la struttura e la costruzione; il libro non è più restituzione dřun tempo passato, ma misura del tempo che scorre; il tempo della scrittura, che fino ad oggi era un tempo per niente, un tempo morto, che si fingeva di ignorare o che si restituiva solo arbitrariamente (L’Emploi du temps), che rimaneva sempre accanto al libro (perfino in Proust), qui diventerà lřasse essenziale147

.

Ci si ricollega a ciò che si è già detto in precedenza: gli esperimenti di Perec si muovono su un doppio binario temporale; se ricordare porta inevitabilmente a salvare e riportare alla luce ciò che si stava dimenticando, descrivere un luogo nel corso degli anni porta invece a prendere atto e testimoniare del tempo che scorre, ma soprattutto di ciò che è andato perduto. Se dunque in Perec è forte il desiderio di catturare e fermare il tempo, allo stesso modo i suoi testi danno atto di un tempo che inevitabilmente non si ferma. Perec morirà prima e non riuscirà a portare a termine il progetto a cui si è appena accennato, ma allřinterno delle sue opere son raccolte in modo sparso molte delle descrizioni di luoghi parigini scritte nel corso degli anni. È il caso della descrizione di Rue Vilin, inserita allřinterno dellřopera postuma L’infra-ordinaire. In rue Vilin vissero i genitori di sua madre, ma soprattutto lo stesso scrittore visse qua i primi anni della sua vita dal 1936 al 1942148. Rue Vilin viene descritta analiticamente in 6 occasioni diverse, in un arco di tempo che va dal 1969 al 1975. Ad ogni occasione Perec appunta i cambiamenti, ma soprattutto lo scorrere del tempo sui luoghi e gli edifici. Ciò che emerge dalla sua descrizione è la progressiva perdita di funzionalità della via. Anno dopo anno si accumula il senso di abbandono: Le serrande abbassate, le finestre murate e le tante attività commerciali chiuse danno perfettamente conto dello scorrere del tempo.

E intanto dietro le tante abitazioni demolite si profila la costruzione di nuovi edifici, spettacolo emblematico di una modernità che si rinnova continuamente cancellando ciò che è fragile e precario:

Au croisement de la rue Vilin et de la rue Julien-Lacroix, il nřy a plus de debout que Selibter, Pantalons; les trois autres coins sont occupés, deux par des terrains vagues, lřautre par un immeuble entèrement muré.

146

G. Perec, Sono nato, Torino, Bollati Boringhieri, 1992, p. 51.

147

Ibid, p. 52.

148

Alessandro Pilo, Il meraviglioso metropolitano e gli spazi-tempi incantati della città, Tesi di Dottorato in Le 18 et le 22 sont des cafés hôtels encore debout, ainsi que le 20 et le 24.

Du côté impair, le 21 est en démolition (on voit des bulldozers, des excavatrices, des feux), le 23 et le 25 sont éventrés. Après le 25 plus rien.

A la place du 26, une petite remorque aménagée en cabane. Des carcasses de voitures.

Tas dřordures non ramassées (rue Julien-Lacroix, des soldats du contingent remplacent les éboueurs en grève).

Un moineau mort au milieu de la chaussée149.

A leggere questa descrizione possono venire in mente i versi della poesia ŖLe cygneŗ150

di Baudelaire:

Le vieux Paris nřest plus (la forme dřune ville Change plus vite, hélas! que le cœur dřun mortel)

[...] Paris change! Mais rien dans ma mélancolie Nřa bougé! palais neufs, échafaudages, blocs, Vieux faubourgs, tout pour moi devient allégorie, Et mes chers souvenirs sont plus lourds que des rocs151.

Baudelaire, più di un secolo prima, è testimone di unřesperienza più o meno simile: Parigi, attraverso la demolizione dei vecchi quartieri, si trasformava infatti in una metropoli moderna. Ma se nel poeta francese la trasformazione del presente, ma soprattutto la cancellazione del passato si tinge di una intollerabile malinconia, nel caso di Perec quel cambiamento perpetuo è privo di drammaticità ed è implicitamente accettato.

Tuttavia proprio evitando un coinvolgimento emotivo e grazie a un atteggiamento apparentemente distaccato, Perec riesce a creare un potentissimo pathos del deperimento e del vuoto.

3. Allřinterno del testo letterario la descrizione è solitamente un elemento funzionale,

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