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La seconda parte di Rayuela stessa, che vede Oliveira di ritorno a Buenos Aires, sembra esprimere lřinsostenibile insoddisfazione che provoca vivere nella capitale

JULIO CORTÁZAR: LA MERAVIGLIA TRA INCONTRI E DISINCONTR

9. La seconda parte di Rayuela stessa, che vede Oliveira di ritorno a Buenos Aires, sembra esprimere lřinsostenibile insoddisfazione che provoca vivere nella capitale

argentina: è forte la malinconia per una vita sentita come poco interessante, in cui capitano solo cose di seconda mano, ma soprattutto in cui lřimprevedibilità offerta dalla caoticità metropolitana è inesistente: «Claro que mi país es un puro refrito, hay que decirlo con todo cariño»130. Nella seconda parte del romanzo entra in scena il

127

M. Benedetti, Julio Cortázar, un narrador para lectores cómplices, p.32, contenuto in AA/VV, Letras del

continente mestizo, Montevideo, Arca, 1972: «Il fantastico non è ciò che succede ma ciò che minaccia di

succedere».

128 J. Cortázar, Bestiario, cit., p. 21: «Ho paura, Ŕ disse semplicemente. Ŕ Se almeno mi fossi messa delle

violette sulla camicetta», p. 33.

129

Ibid., p. 23: «Lui la prese a braccetto e percorsero rapidamente la piazza piena di bambini e di venditori di gelati. Non si dissero nulla, ma tremavano come di felicità e non si guardavano. Clara si lasciava guidare, notando vagamente il prato, le aiuole, fiutando lřaria del fiume che nasceva di fronte a loro. Il fioraio era su un lato della piazza, e lui andò a fermarsi davanti al cesto montato su un cavalletto e scelse due mazzi di viole del pensiero. Ne porse uno a Clara, poi glieli fece tenere tutti e due mentre prendeva il portafogli e pagava. Ma quando ripresero a camminare (lui non la prese più a braccetto) ciascuno aveva il suo mazzo di fiori, ciascuno camminava con il suo ed era contento», p. 36.

130

J. Cortázar, Rayuela, cit., p. 33: «Il fatto è che tutto il mio paese è un rifrittume, bisogna dirlo, proprio, con tutto lřaffetto», p. 60.

Alessandro Pilo, Il meraviglioso metropolitano e gli spazi-tempi incantati della città, Tesi di Dottorato in

personaggio di Traveler, vecchio amico di Oliveira, quasi un suo doppio. In Traveler Oliveira vede sé stesso, sente che sarebbe diventato come lui se non fosse mai partito a Parigi. Traveler non ha mai avuto lřopportunità di viaggiare e uscire dal paese: «Le daba rabia llamarse Traveler, él que nunca se había movido de la Argentina como no fuera para cruzar a Montevideo y una vez a Asunción del Paraguay, metrópolis recordadas con soberana indiferencia»131. Viene di certo in mente unřaltra memorabile frase di Ernst Bloch: la piccola città «amareggia inutilmente gli uomini che vi sono internati»132. Traveler cerca di dissimulare la sua insoddisfazione, cercando di auto convincersi che in fondo in fondo, a casa propria si sta bene: «Cuando Talita, lectora de enciclopedias, se interesaba por los pueblos nómadas y las culturas trashumantes, Traveler gruñía y hacía un elogio insincero del patio con geranios, el catre y el no te salgás del rincón donde empezó tu existencia»133. Ma in fondo, Traveler è assetato di altrove: tutto ciò che è estraneo alla monotonia di Buenos Aires sembra affascinarlo e incuriosirlo. Anche per questo motivo Traveler ha un rapporto ambivalente con Oliveira. Traveler lo invidia per essere venuto a contatto con il gran mondo fuori dallřArgentina e vorrebbe conoscerlo dalle sue parole, quasi queste potessero regalargli un ingresso nella modernità, seppure fatto di luce riflessa. Oliveira, dal canto suo, tormenta Traveler nel negarglielo:

ŕ Nunca hablás de aquello ŕ decía a veces Traveler, sin mirar a Oliveira. Era más fuerte que él; cuando se decidía a interrogarlo tenía que desviar los ojos y tampoco sabía por qué pero no podía nombrar a la capital de Francia, decía «aquello» como una madre que se pela el coco inventando nombre inofensivos para las partes pudendas de los nenes, cositas de Dios.

ŕ Ningún interés ŕ contestaba Oliveiraŕ . Andá a ver si no me crees. Era la mejor manera de hacer rabiar a Traveler, nómade fracasado134.

Dal canto suo Oliveira, venuto a contatto con la bohème parigina, prova ora insofferenza per la sua corrispettiva argentina: se la prima è un vero e proprio modo di vivere, la seconda è più che altro una breve parentesi che ogni giovane abbandona non

131 Ibid., p. 128: «Gli faceva rabbia chiamarsi Traveler, lui che non si era mai mosso dallřArgentina se non

per attraversare Montevideo e una volta ad Asunción del Paraguay, metropoli ricordata con somma indifferenza», p. 211.

132

R. Bodei, op. cit., p. 13.

133 Ibid., p. 128: «Quando Talita, lettrice di enciclopedie, sřinteressava dei popoli nomadi e delle culture

transumanti, Traveler grugniva e tesseva un insincero elogio del cortile con gerani, della branda e del non mettere il naso fuori dallřangolo dove sei nato», p. 211.

134 Ibid., p.135: Ŕ Non parli mai di lì, Ŕ diceva qualche volta Traveler, senza guardare Oliveira. Era più forte

di lui, quando si decideva a fargli domande era costretto a distogliere lo sguardo, e non sapeva neppure perché era incapacre di nominare la capitale della Francia, diceva «lì» come una madre che si gratta il capo e inventa nomi inoffensivi per le Ŗvergogneŗ dei bambini, robina di Dio. Ŕ Non cřè niente dřinteressante, Ŕ rispondeva Oliveira. Ŕ Và a vedere, se non mi credi. Era il miglior modo per fare stizzire Traveler, nomade mancato», p. 211.

Alessandro Pilo, Il meraviglioso metropolitano e gli spazi-tempi incantati della città, Tesi di Dottorato in

appena i doveri sociali e gli imperativi conformisti gli imporranno altre scelte di vita. Se a Parigi Oliveira si trovava immerso in un circolo di giovani immigrati spiantati ma pieni di vita, ritrovarsi nei caffè di Buenos Aires è al contrario un modo per fuggire dalle preoccupazioni quotidiane e da vite predestinate a vecchi schemi da cui non è possibile chiamarsi fuori. Ognuno torna poi alla propria vita, piena di obbligazioni morali e sociali:

Me acuerdo, con una nitidez fuera del tiempo, de los cafés porteños en que por unas horas conseguimos librarnos de la familia y las obligaciones, entramos en un territorio de humo y confianza en nosotros y en los amigos, accedimos a algo que nos confortaba en lo precario, nos prometía una especie de inmortalidad.

Y ahí, a los veinte años, dijimos nuestra palabra más lúcida, supimos de nuestros afectos más profundos, fuimos como dioses del medio litro cristal y del cubano seco. Cielito del café, cielito lindo. La calle, después, era como una expulsión, siempre, el ángel con la espada flamígera dirigiendo el tráfico en Corrientes y San Martín. A casa que es tarde, a los expedientes, a la cama conyugal, al té de tilo para la vieja, al examen de pasado mañana, a la novia ridícula que lee a Vicki Baum y con la que nos casaremos, no hay remedio135.

10. In Cortázar Buenos Aires sembrerebbe quindi una città che non consente istanze

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