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Catechesi biblico-teologica-artistica

MICHELANGELO BUONARROTI, Serpente di bronzo, 1511-12 affresco 585x985 cm

Cappella Sistina, Roma.

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«C

ome Mosè innalzò il serpente nel deserto così sarà innalza-to il Figlio dell’Uomo» (Gv 3,14). Nella notte del mondo, Gesù intesse un dialogo con un celebre scriba e membro del Sinedrio e, in particolare, fariseo, Suo amico e seguace: Nicodemo. Egli trova in Gesù la luce che viene ad illuminare il suo cuore, dunque il cuore di ogni uomo e di ogni donna di buona volontà. In questa conversa-zione, così come presentata dal Vangelo di Giovanni, Gesù fa riferi-mento al celebre episodio del Libro dei Numeri (21,4-9), il cui prota-gonista è un serpente di bronzo, innalzato da Mosè: la narrazione biblica sottolinea che la liberazione dalla morte per avvelenamento avveniva solo se si “guardava” il serpente innalzato, cioè se si aveva uno sguardo di fede nei confronti di quel “simbolo di salvezza”, come lo definisce il libro della Sapienza: «Chi si volgeva a guardarlo era salvato non per mezzo dell’oggetto che vedeva, ma da Te, salvatore di tutti » (Sap 16,6-7).

Era stata una delle tante insidie durante la marcia di Israele nel deserto del Sinai: i serpenti velenosi che si annidavano tra le pietra-ie. Volano nell’aria i serpenti infuocati dipinti da Michelangelo nella Cappella Sistina. Volano planando sul popolo d’Israele, uccidendo-lo. La bibbia ebraica, del resto, parla di serpenti infuocati (saraf), rimando abbastanza esplicito ad altri esseri infuocati, i serafini.

Questi ardenti di carità, quelli roventi di morte. Così, al centro della vela destra affrescata da Michelangelo, si erge il serpente di rame di Mosè che, innalzato nel deserto, come un’antidoto, garantisce sa-lute e vita a quanti, dopo essere stati morsi, lo guardano. Il serpen-te rossiccio s’innalza quale vessillo sul bastone mosaico appeso alla maniera dell’antico caduceo e il primo salvato, per il Buonarroti, è un bambino; simbolo di quell’altro Bambino che si trastullerà sulla buca dell’aspide senza subirne danno, il Cristo, vero salvifico serpente.

E’ curioso notare che a Timna, nella regione mineraria dell’Arabia,

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nell’area settentrionale sinaitica, siano stati scoperti dagli archeo-logi piccoli serpenti di rame, metallo che là abbondava, i quali pro-babilmente avevano la funzione di protezione magica da quei rettili velenosi che infestavano la steppa.

Commissionata da Papa Giulio II, la volta della Cappella Sistina, in uno dei quattro pennacchi che l’abbelliscono, tutti legati alla di-fesa di Israele da parte di Dio, ritrae proprio l’episodio mosaico del Serpente di bronzo. Il popolo israelita, che mormorava contro Dio e Mosè, subì l’arrivo di serpenti velenosi che cominciarono ad uccidere gli insoddisfatti. I toni caldi, predominanti nelle figure, dal giallo al rosso infuocato, contrastano delicatamente i grigi e le gamme az-zurrine del fondo e degli stessi personaggi. Anche gli scorci e le tor-sioni delle figure sono resi con molta efficacia dall’artista, mentre i volti degli stessi appaiono con espressioni marcatamente di pa-nico. Durante un tumulto indescrivibile di figure che si intrecciano, realizzate con un cromatismo molto espressivo e violento, al cen-tro Mosè, pentito ed impietosito della forte azione d’ira verso quella popolazione, è ritratto nell’atto di forgiare ed innalzare il Nehustan, un serpente di bronzo, che guariva le persone morsicate dai vele-nosi rettili, soltanto guardandolo. Il simbolo salvifico appare in forte contrasto cromatico con la scala dei grigi-azzurrini che ne caratte-rizzano il fondo. A sinistra sono raffigurati gli scampati alla morte che, con concitati atteggiamenti e segni diretti all’immagine salvifi-ca, esprimono riconoscenza. Altri implorano per la salvezza di quelli mortalmente morsicati.

Simile ai serpenti di alcuni pastorali ortodossi, dove il corpo del rettile, con testa e coda incrociate, viene a formare un anello, crean-do un forte rimancrean-do al legame fra croce ed Eucaristia. Se il palo del-la croce dice il sacrificio, del-la forma geometrica del cerchio (come

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caristia) rimanda all’infinito e, dunque, all’eternità. Sant’Ambrogio, commentando il Salmo 37, citava un’antica usanza secondo la quale ci si curava dai morsi velenosi dei serpenti cibandosi della teriaca, cioè della carne del serpente triturata col veleno. Anche il cristiano, cibandosi del corpo di Cristo, Signore della vita, è guarito dai morsi della morte. Tuttavia assume un antidoto solo chi sa di essere ma-lato: come la teriaca è composta di carne mescolata a veleno, così l’assunzione della Carne del Salvatore deve essere accompagnata dalla contrizione del cuore.

Gesù, nel dialogo notturno con Nicodemo, stabilisce un parallelo tra quel segno di salvezza e sé stesso crocifisso. «Quando sarò in-nalzato da terra attirerò tutti a me» (Gv 12, 32). Alla luce della Sua Resurrezione, è Gesù stesso il vero Salvatore del mondo: solo guar-dando Lui crocifisso possiamo trovare la guarigione da ogni male, soprattutto dal male del cuore, dal peccato, dalla solitudine, dall’an-goscia, dal non senso, perché Lui è il valore, il senso della nostra esi-stenza.

Le braccia aperte di Gesù sulla croce sono il segno dell’accoglien-za con cui, ancora una volta, ci ricorda che Lui ripone in noi, uomini e donne di buona volontà, la sua fiducia. Leggendo questo passo del Vangelo di Giovanni, spiccano alcuni predicati verbali che potremmo definire “verbi quaresimali”.

Innanzitutto, il primo verbo è credere. Siamo chiamati a credere non ad una verità, non ad un dogma, non ad una cosa: siamo chia-mati a credere ad una persona, a Gesù Cristo, la roccia del nostro cuore, il senso del nostro vivere e del nostro sperare.

Un altro verbo è amare. Nel suo figlio Gesù, Dio ama non solo i discepoli, ma tutti gli uomini, tutte le donne, tutti e ciascuno con un amore di padre. E’ nelle tenebre che Dio innalza Cristo Crocifisso e

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Risorto, che viene a giudicare il mondo, perché il Padre Celeste a Lui ha affidato ogni giudizio. «Io non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo» (Gv 12,47). Infatti nell’affresco, in basso a destra un dito, simile a quello di Dio nella creazione mi-chelangiolesca, indica il giudizio universale, accanto affrescato, dal medesimo artista. Il “giudizio del mondo” da parte di Gesù è sentire dentro di sé la presenza amorevole di Dio. È il calore di sentirci amati e membri di una comunità di figli e di fratelli, che hanno come unico punto di riferimento il Vangelo del Signore.

Infine il verbo vivere, sapendo cogliere la verità che è il Vangelo di Gesù. In Quaresima ogni cristiano è invitato ancora una volta a cre-dere, ad amare, ad accogliere la salvezza per mettersi alla sequela di Cristo, a vivere la luce e a vivere la verità. Guardiamo a Cristo Cro-cifisso, è lui il segreto della storia, è lui la speranza del nostro cuore.

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Il ricordo di te