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io infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigeni-to perché chiunque crede in lui non vada perduunigeni-to, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3, 16). Il Vangelo della quarta domenica di Quaresima è particolarmente forte: nelle parole che Gesù rivolge a Nicodemo non c’è spazio per fraintendimenti. Il progetto di Dio è chiaro e deve compiersi, ma il mondo stenta a comprenderlo, così com’era stato affermato dall’evangelista Giovanni già nel suo solenne prologo: «La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tene-bre che la luce, perché le loro opere erano malvagie» (Gv 3, 19). E’, questa, purtroppo una realtà senza tempo: l’uomo di ogni epoca si è scontrato con la sua (umana) incapacità di riconoscere la luce, di-menticando spesso di essere un pellegrino in cammino e preferendo la scorciatoia del peccato alla salita della ricerca.

Il poeta e filosofo libanese Khalil Gibran ha dedicato gran par-te della sua opera letpar-teraria, a metà tra poesia e prosa, al par-tema dell’amore spirituale e della ricerca. Una delle sue opere più famose, nonché una delle più interessanti per struttura e contenuto è Gesù, Figlio dell’uomo: si tratta di una raccolta di monologhi pronunciati da personaggi che hanno incontrato Gesù nel loro cammino di vita.

Attraverso le voci Giovanni il Battista, Maria Maddalena, Pietro, un pastore del Libano, un giovane sacerdote di Cafarnao, la sposa di Cana, Nicodemo e molti altri, Gibran tenta di delineare il profilo di

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quel Dio fatto uomo nel Figlio. L’ultima voce è quella di “un uomo del Libano, diciannove secoli dopo”, che ritrova nella sua vita e nel suo tempo i segni del passaggio di un uomo spesso incompreso, custode di un mistero probabilmente incomprensibile, ma unico portatore di gioia vera.

«Maestro, Maestro dei canti, Maestro delle parole non dette, sette volte sono nato, sette volte sono morto

dal tempo della Tua visita fugace, dal tempo del Tuo effimero venire.

E guarda, ora vivo di nuovo a ricordare un giorno e una notte tra le colline,

quando ci sollevava la tua marea.

Da allora molte terre e molti mari ho attraversato e ovunque mi portasse la mia sella, o la mia vela c’era il Tuo nome: anelito o sofisma. […]

Maestro, Maestro di poesia,

Maestro di parole cantate, Maestro di parole pronunciate, hanno eretto templi perché dimora fossero al Tuo nome, e sopra ogni altura hanno innalzato la Tua croce:

simbolo e segnale che guidi i loro passi inquieti, ma non, non verso la Tua gioia.

È una collina, la Tua gioia, che si erge oltre i loro limiti. […]

La Tua voce fu padre per i loro pensieri, e li aiutò a comprendere.

La Tua voce fu madre per le loro parole e il loro respiro. […]

Noi ci chiamiamo l’uno con l’altro, ma sei Tu che davvero chiamiamo,

come l’alta marea nella primavera del nostro desiderio, e come, quando il nostro autunno viene, dolce il riflusso.

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Grido o sussurro, il Tuo nome è sulle nostre labbra, sempre, Maestro della pietà infinita. […]

Maestro, Maestro Poeta,

Maestro dei nostri desideri non espressi, il cuore del mondo pulsa col battito del Tuo, ma non sa bruciare del Tuo canto.

Siede il mondo, ascolta, in serena letizia la Tua voce, ma rimane seduto, non si alza

per scalare i fianchi delle Tue colline.

L’uomo desidera sognare il Tuo sogno ma non intende destarsi alla Tua aurora, e la tua aurora è il suo sogno più grande.

Vuole vedere con i Tuoi occhi, l’uomo,

ma non ha voglia di trascinare i piedi fino al Tuo trono.

[…]

Maestro, Maestro di luce,

i cui occhi guidano le dita annaspanti dei ciechi, sei ancora disprezzato e schernito:

uomo troppo debole e incerto per essere Dio, Dio troppo uomo per essere adorato.

Per il loro io prigioniero, sono la messa e l’inno, il sacramento ed il santo rosario

ma Tu, Tu sei il loro io lontano,

la loro intima brama, e l’oggetto del loro ardore.

Ma Maestro, Cuore di cielo,

Cavaliere del nostro più bel sogno, Tu ancora percorri questo giorno;

archi e frecce non fermeranno i passi tuoi.

Tu ti fai largo tra le nostre frecce:

ci guardi e sorridi.

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E tu che sei il più giovane di tutti noi, per noi sei Padre.

Poeta, Cantore, Cuore grande, possa Iddio benedire il Tuo nome e il grembo che ti ha portato, e il seno che ti ha dato il latte.

E possa Iddio perdonare noi tutti»16.

16 KHALIL GIBRAN, Tutte le poesie e i racconti, Newton Compton Editori, 2011, pp. 254-259.

Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi.

Orazione Colletta Dio ha creato l’uomo segnato

da questa dignità suprema, rendendolo cioè capace di poter imitare Dio nell’amore assoluto e sconfinato,

perché gli altri vivano.

DAVID MARIA TUROLDO, Il Vangelo di Giovanni Dio ama racchiudere

il grande nel piccolo:

l’universo nell’atomo l’albero nel seme l’uomo nell’embrione la farfalla nel bruco l’eternità nell’attimo l’amore in un cuore se stesso in noi.

FERRUCCIO PARINELLO, Ho buttato tutto ciò che potevo