• Non ci sono risultati.

“Davvero costui è il Figlio di Dio”

Isaia 50,4-7: Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare deluso

Salmo 21: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Filippesi 2,6-11: Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo ha esaltato Marco 14,1-15,47: La passione del Signore

I

l nostro percorso di fede e di sequela dietro a Cristo raggiunge il suo culmine, la sua meta, la sua pienezza. Siamo nella Grande Set-timana della Passione del Signore. La Chiesa nella sua liturgia si fa più scrupolosa e attenta ai singoli ultimi momenti della vita del suo Signore, quasi a volerli cadenzare per poterli meglio assimilare nella fede.

La Santa Settimana si apre con un solenne portale: se si entra in una delle nostre cattedrali romaniche, la prima cosa che colpisce è la maestà e la bellezza artistica dei portali. Sono proprio questi ad attirarci per gustare poi la bellezza di quanto l’aula liturgica rac-chiude. In un certo modo, la Domenica delle Palme funge da portale solenne prima dell’accesso nella “basilica” del Triduo Pasquale. Co-gliamo dunque da questo meraviglioso portale di ingresso elementi che ci introducano all’interno del Santuario, nel cuore del Mistero.

148

Innanzitutto questa domenica assume un duplice nome: DOME-NICA delle PALME e della PASSIONE del SIGNORE. Il primo nome si riferisce, come chiaramente risulta, al gesto della processione dei rami di palme che il celebrante con il popolo radunato per la liturgia, compie all’inizio della celebrazione, facendo memoria dell’ingres-so di Gesù in Gerusalemme. Un gesto che riceviamo dalla liturgia dell’antica comunità palestinese. In tal modo imitiamo la folla di Ge-rusalemme che accoglie festante il Messia, che viene nel nome del Signore, in pace e nel segno dell’umiltà, seduto su un asinello (cfr. Mc 11, 1-10). Il secondo nome di questa Domenica fa esplicito riferimen-to alla proclamazione della Passione del Signore secondo uno dei vangeli sinottici che la narrano; quest’anno il vangelo di Marco. Con questa proclamazione la Chiesa anticipa nella fede quanto avverrà nel venerdì santo, celebrazione della passione e morte di Cristo. Già da questa domenica ci è fatto sapere che quel Messia che entra in Gerusalemme, acclamato e osannato come re, è il Figlio di Dio che, assumendo la nostra natura umana, si è fatto servo fino alla morte e alla morte di croce; e proprio per questo suo atteggiamento, Dio lo ha esaltato, ponendolo come segno di salvezza (cfr. Filippesi 2,6-11:

seconda lettura).

Viviamo una liturgia dei paradossi: da un lato il trionfo e la gloria, dall’altro la condanna e la morte di croce. Il vangelo ci ha “abituati”

a questi paradossi, ripresi nella liturgia, che servono certamente ad interrogarci sulla natura e la vera identità di colui che professiamo essere nostro Salvatore, pur nell’ora della croce. Se nella prima par-te della celebrazione della Domenica delle Palme ci uniamo, dunque, al coro festoso degli ebrei per acclamare a Cristo Signore, nostro re e messia; nella seconda parte, con l’ascolto religioso del racconto della passione, siamo chiamati a dare il nostro assenso di fede a Colui che viene nel nome del Signore, e non nel segno del potere, ma in quello del servizio e del dono di sé.

P A R O L A 149 D O M E N I C A D E L L E PA L M E

Tutta la liturgia converge verso la proclamazione della Passio-ne. Ecco i vari passaggi del racconto vivacissimo e al tempo stesso drammatico di Marco. Ecco i personaggi, in un’alternanza di adesio-ne e di rifiuto adesio-nei confronti di Gesù: i sommi sacerdoti e gli scribi non vedono l’ora di catturarlo; una donna anonima, in una cena presso Betania, unge i suoi piedi con un profumo di nardo genuino, prefi-gurando così la sua sepoltura; Giuda Iscariota, uno dei dodici, deci-de di consegnare Gesù, pattuendo il prezzo deci-del tradimento; la cena pasquale con i dodici, consumata al piano superiore di una casa già pronta con i tappeti, durante la quale Gesù svela il traditore; duran-te la cena, Gesù compie i gesti dell’Eucaristia della sua memoria e predice il rinnegamento di Pietro recalcitrante.

La scena si sposta nel Getsemani, luogo frequentato abitualmen-te da Gesù ed i suoi, e qui Egli si lascia prendere dall’angoscia e dalla preghiera confidente verso il Padre, mentre i suoi si abbandonano ad un sonno indifferente. È qui che viene Giuda con un folla attrez-zata di spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti dagli scribi e dagli anziani, quasi che Gesù fosse un oscuro rivoluzionario guerrie-ro, alla stregua dei temuti zeloti; in presa diretta Marco ci narra un quadretto marginale al racconto, eppure efficace, che riguarda un giovanetto che sta lì, forse per caso, ad osservare la scena dram-matica e che, scoperto, viene afferrato dai soldati; ma egli lascia il lenzuolo con cui era coperto e, nudo, se la dà a gambe elevate, come gli altri.

Poi l’evangelista ci conduce nel Sinedrio, dove il sommo sacer-dote, con gli anziani e gli scribi, sono già riuniti in giudizio, in quella notte, inspiegabilmente fuori da ogni norma giuridica, per cercare accuse contro Gesù. Al centro di questa scena vi è la proclamazio-ne di Gesù quale Cristo e Figlio di Dio beproclamazio-nedetto, una affermazioproclamazio-ne

150

blasfema, che piomba su di lui come una condanna inappellabile.

Con grande maestria letteraria, l’evangelista, a questo punto, apre una parentesi nel suo racconto per farci assistere alla debolezza di Pietro, che rinnega Gesù per ben tre volte e che poi piange amara-mente, in segno del suo rimorso.

E’ finalmente giorno su Gerusalemme, il grande giorno della pre-parazione alla Pasqua: la vicenda di Gesù deve essere risolta in poco tempo: ecco la scena della consegna del condannato a Pilato. Marco non si sofferma più di tanto sul processo intentato dal governato-re romano; ma sottolinea l’atteggiamento della folla che, trascinata dai sommi sacerdoti, chiede piuttosto la liberazione di un sovversivo, al posto di Gesù. Pilato, dopo diversi e blandi tentativi di liberarlo, lo consegna perché sia crocifisso.

Anche qui, Marco ci porta “dietro le quinte” e ci fa assistere al gio-co burlesgio-co da parte dei soldati sul gio-corpo di Gesù. Sulla strada do-lorosa entra in scena, in maniera ancora una volta inaspettata, un personaggio ben caratterizzato nella sua identità: Simone di Cirene, padre di Alessandro e Rufo, un contadino di ritorno dal lavoro nei campi per godersi la Parasceve, che viene costretto a condividere il peso della croce di Gesù.

Ecco la scena del Golgota. Con puntigliosa precisione, in una spe-cie di reportage dal vivo, l’evangelista ci offre quasi la cronaca degli eventi: l’ora della crocifissione, Gesù innalzato sulla croce tra due ladroni e intorno a lui gli altri protagonisti della passione: i soldati, Pilato, con la sua iscrizione del motivo della condanna, la folla, i som-mi sacerdoti con gli scribi, ma al centro di tutto Gesù e il suo grido inarticolato che lo porta alla morte.

E’ il momento più solenne di tutto il racconto di Marco. Il velo del tempio, una coltre di porpora che nascondeva il Santo dei Santi e

P A R O L A 151 D O M E N I C A D E L L E PA L M E

segnava l’inaccessibilità di Jahwè agli uomini, ora, con la morte di Gesù, si squarcia dall’alto in basso e permette a tutti di intravve-dere la verità di Gesù e del suo Dio. Di Conseguenza l’acclamazione liturgica piena di fede del centurione romano, un estraneo alla fede ebraica, che dichiara: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!». Nel titolo a tutto il suo vangelo (cfr. Mc 1, 1) Marco ci aveva preannunzia-to: «Gesù di Nazareth, il Messia, il Figlio di Dio». Ora, al culmine della sua narrazione, questa proclamazione di fede è posta sulle labbra di un pagano, ad anticipare la fede che sarà di tutta la Chiesa.

Da lontano, quasi defilate, appaiono le donne che avevano segui-to e servisegui-to il Maestro fin dal principio, già dalla Galilea. Esse sono lì a raccogliere, insieme a Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del Sinedrio, il corpo ormai esanime di Gesù. Il racconto di Marco finisce con il gesto della grande pietra rotolata contro l’entrata del sepolcro e l’attenta osservazione delle donne. Marco tiene sospesi i suoi lettori e tutti noi. Non tutto è finito. Tutto può iniziare…

La celebrazione dell’“Osanna a Colui che viene nel nome del Si-gnore” (primo momento) e che viene riconosciuto sulla croce quale Figlio di Dio (secondo momento), ci conduce al terzo momento, quel-lo dell’Eucaristia, in cui siamo invitati a nutrirci del Corpo del Signore, morto per la nostra salvezza e risorto per la nostra speranza.

152

PREGHIAMO

O Dio, Altissimo e inaccessibile,

che vieni incontro a noi nel gesto umile di Gesù di Nazareth, Messia di umiltà e di pace che cavalca un asinello,

squarcia il velo che ti nasconde ai nostri occhi, perché possiamo gridare la nostra fede in Te, che ti sei avvicinato a noi nell’amore del tuo Figlio, portato fino alla morte e alla morte di croce.

Amen.

A R T E 153 D O M E N I C A D E L L E PA L M E

Il Mistero Pasquale attraverso la Via Pulchritudinis

”Signore,