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Cenni generali

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 127-133)

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CAPITOLO V

CONSUMAZIONE E TENTATIVO

SOMMARIO: 1. Cenni generali – 2. La consumazione nel reato di cui all’art. 187 CPS – 3. Il tentativo nel reato di cui all’art. 187 CPS – 4. Bibliografia

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rilievo per i reati permanenti, mentre negli altri casi i due momenti tenderanno a coincidere2.

Di conseguenza, i reati di mera condotta si ritengono perfetti (e consumati qualora non si tratti di reati permanenti) nel momento in cui la condotta prevista dalla norma è stata completamente posta in essere.

Nei delitti di evento, solo l’avverarsi di quest’ultimo rende il delitto perfetto3.

b. Tentativo

Le moderne concezioni del diritto penale conoscono anche la figura del delitto tentato o del cd. ‘tentativo’. Si è in presenza di un tentativo quando l’autore ha manifestato l’intenzione di commettere il fatto e ne ha iniziato l’esecuzione, senza tuttavia che vengano realizzati tutti gli elementi oggettivi della fattispecie. Proprio quest’ultimo elemento distingue il reato perfezionato da quello tentato, mentre l’elemento soggettivo è interamente integrato in entrambe le varianti4.

L’intenzione di commettere il fatto presuppone sempre il dolo, anche solo nella sua forma eventuale. Qualora la fattispecie richieda aggiuntivamente che il dolo copra particolari elementi («ai fini di…»,

«allo scopo di…»), anche tali presupposti dovranno essere rispettati5. Non è invece ritenuta sufficiente la volontà di agire condizionata (bedingte Handlungswille). Essa è caratterizzata dalla circostanza che l’autore si riserva la determinazione a commettere il reato a dipendenza del verificarsi di una condizione. Così chi, per esempio, in seguito a uno diverbio, pone una rivoltella sul tavolo per sostenere le minacce altrui,

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2 GÜNTER STRATENWERTH, Schweizerisches Strafrecht. Allgemeiner Teil I, Berna 2005, p. 303; MANTOVANI,Diritto penale (1), pp. 416-417.

3 STRATENWERTH, AT I (2), p. 149. Sul punto vedi anche GÜNTHER ARZT, Erfolgsdelikt und Tätigkeitsdelikt, in ZStrR 2/1990, pp. 168 ss.

4 GUIDO JENNY, in MARCEL NIGGLI/HANS WIPRÄCHTIGER, Basler Kommentar. Strafrecht I, Basilea 2007, ad art. 22, § 1.; STEFAN TRECHSEL, Schweizerisches Strafgesetzbuch. Praxiskommentar, Dike 2008, vor art. 22, § 1; MARTIN KILLIAS/ANDRÈ KUHN/NATHALIE DONGOIS/MARCELO F.

AEBI,Precis de droit pénal général, Stämpfli, Berna 2008, pp. 67 ss.

5 DTF 120 IV 206; 122 IV 248; 128 IV 21; 131 IV 103; JENNY,Bsk (4), ad art.

22, § 3; STRATENWERTH, AT I (2), pp. 307-308.

1.2 Reati d’evento e reati di mera condotta

1.3 Definizione

1.4 L’intenzione di commettere il fatto

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non adempie al dolo dell’omicidio o delle lesioni personali se parte accidentalmente un colpo6. La distinzione appare lineare nell’illustrazione teorica, ma nella prassi appurare se un soggetto abbia manifestato l’intenzione di commettere il fatto o se essa sia in realtà solo condizionata, è un questione di non semplice soluzione7.

Per determinare, nel tentativo, l’inizio della fase esecutiva, nell’evoluzione del dibattito giuridico si sono alternate ricostruzioni riconducibili a due principali scuole di pensiero. La prima e più risalente, accomuna la dottrina e la giurisprudenza che imperniavano le proprie speculazioni attorno a criteri unicamente oggettivi. Al proprio interno si potevano ulteriormente distinguere due profili. Secondo l’impostazione oggettiva formale, si considerava tentato il reato in cui l’autore avesse posto in essere almeno una parte della condotta descritta dalla fattispecie. I fautori della concezione oggettiva materiale, invece, ritenevano l’esecuzione iniziata già con quegli atti che sono necessariamente e naturalmente collegati con la condotta tipica8.

Apparve peraltro ben presto che l’inizio dell’esecuzione poteva essere meglio determinato considerando le modalità con le quali l’autore avrebbe avuto intenzione di procedere. Solo in tale ottica, infatti, sarebbe stato possibile distinguere in modo sufficientemente preciso il tentativo dagli atti meramente preparatori9. Il Tribunale federale giunse quindi a elaborare la c.d. Schwellentheorie (teoria della soglia, del punto di non ritorno), la quale opera una miscellanea di elementi sia soggettivi che oggettivi. In base a essa l’esecuzione si considera iniziata con quella condotta che, secondo il piano criminoso, rappresenta il punto di non ritorno, salvo l’intervento di forza maggiore10. Di non immediata soluzione è tuttavia la determinazione del ‘passo decisivo’ che segna lo spartiacque tra l’ideazione e la fase

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6 STRATENWERTH, AT I (2), p. 195.

7 JENNY,Bsk (4), ad art. 22, § 3

8 STRATENWERTH, AT I (2), pp. 304 ss.

9 STRATENWERTH, AT I (2), p. 311.JENNY,Bsk (4), ad art. 22, §§ 7 ss.; HANS SCHULTZ, Strafbare Vorbereitungshandlungen nach StrGB Art. 260bis und deren Abgrenzung vom Versuch, in ZStrR 1/1990, pp. 68 ss.

10 DTF 99 IV 153 ; KILLIAS,Précis (), p. 72.

1.5 L’inizio dell’esecuzione del tentativo.

Teorie oggettive

1.5.1 Teorie soggettive e

Schwellentheorie

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esecutiva. Le Corti avrebbero dovuto, secondo la giurisprudenza più risalente del TF, basarsi sulla personalità dell’autore e sulle circostanze del caso concreto11. Alcune sentenze, come la pronuncia pubblicata in DTF 87 IV 157, facevano tuttavia riferimento a regole d’esperienza. Nel caso citato (interruzione illecita della gravidanza), il superamento, da parte della gestante, della soglia della casa in uso a chi avrebbe dovuto praticare l’aborto venne ritenuto principio dell’esecuzione.

La soggettivizzazione della Schwellentheorie, ovvero la sua interpretazione basata sulla personalità dell’autore, è stata però vivacemente criticata dalla dottrina, che ha rinvenuto in essa una violazione del principio di uguaglianza. Fondare la soglia del non ritorno sulla determinazione personale dell’autore, il quale potrebbe essere più o meno risoluto in base alla propria esperienza, rappresenterebbe inoltre un grosso problema sotto il profilo probatorio.

Per questi motivi, molti autori salutano positivamente l’orientamento della giurisprudenza più recente, la quale anela a basarsi su criteri più oggettivi12. Elementi come la personalità dell’autore e la sua vita anteriore al fatto sono stati progressivamente abbandonati in favore di criteri come la prossimità temporale e spaziale rispetto al fatto vietato13.

Elemento comune a tutte le correnti dottrinali e giurisprudenziali menzionate è la convinzione che solo una seria minaccia per l’ordinamento possa essere meritevole di sanzione. Non qualsiasi condotta che integra i requisiti menzionati è quindi punibile e anche qualora il tentativo sia meritevole di sanzione, rimane aperta la questione se sia opportuno comminare una pena attenuata14. L’art. 22 CP stabilisce infatti in che misura un tentativo è punibile:

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11 DTF 87 IV 155 ; 83 IV 1145.

12 STRATENWERTH, AT I (2), pp. 311 ss.; TRECHSEL,Praxiskommentar (4), ad art. 22, § 5.

13 DTF 131 IV 130, c. 8.2; DTF 117 IV 396.

14 STRATENWERTH, AT I (2), pp. 317.

1.5.2 Critiche alla Schwellentheorie

1.6 La punibilità del tentativo

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121 Art. 22 Tentativo. Punibilità

1 Chiunque, avendo cominciato l’esecuzione di un crimine o di un delitto, non compie o compie senza risultato o senza possibilità di risultato tutti gli atti necessari alla consumazione del reato può essere punito con pena attenuata.

2 L’autore che, per grave difetto d’intelligenza, non si rende conto che l’oggetto contro il quale l’atto è diretto o il mezzo da lui usato per commetterlo è di natura tale da escludere in modo assoluto la consumazione del reato è esente da pena.

La riduzione di pena facoltativa è un retaggio derivante dalle teorie soggettive del tentativo. Secondo tali correnti di pensiero, infatti la misura della pena deve dipendere non dall’avverarsi o meno dell’evento, ma dall’intensità della volontà criminale (verbrecherischer Wille). Un illustre esponente della teoria soggettiva affermava che non vi è motivo di attenuare la pena «wo bereits im Versuch der verbrecherische Wille völlig hemmungslos erscheint»15. Tuttavia, dal punto di vista sistematico è da notare come la legge non pone sullo stesso piano il delitto tentato e quello consumato. Altrimenti, l’autore che commette il fatto con lieve volontà criminale e che giunge a porre in essere tutti gli elementi oggettivi tipici solo grazie a circostanze favorevoli, dovrebbe essere punito secondo la Willensschuld corrispondente al reato tentato. Ciò ovviamente non è permesso dall’ordinamento, il quale attribuisce un significato autonomo alla gravità dell’evento16.

Il cpv. 2 prevede una causa di non punibilità qualora, per grave mancanza di intelligenza, l’autore non si rende conto che il suo tentativo non è idoneo alla commissione del reato. Anche tale disposizione è stata influenzata dalle teorie soggettive, ma la sua rilevanza pratica secondo la dottrina è marginale17.

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15 Id, p. 318.

16 STRATENWERTH, AT I (2), p. 318; TRECHSEL, Praxiskommentar (4), Vor art. 22, § 4; JENNY,Bsk (4), ad art. 22, § 24 s.

17 STRATENWERTH, AT I (2), pp. 318-319; JENNY,Bsk (), ad art. 22, § 24.

1.6.1

1.7 Impunità

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c. Desistenza e pentimento attivo

L’art. 23 si occupa di due ipotesi in cui l’autore, dopo aver posto in essere un tentativo evita, o tenta di evitare, il verificarsi dell’evento:

Art. 23 Desistenza e pentimento attivo

1 Se l’autore ha spontaneamente desistito dal consumare un reato iniziato o ha contribuito ad impedirne la consumazione, il giudice può attenuare la pena o prescindere da ogni pena.

2 Il giudice può attenuare la pena o prescindere da ogni pena nei confronti dei coautori o dei compartecipi che hanno spontaneamente contribuito ad impedire la consumazione del reato.

3 Il giudice può attenuare la pena o prescindere da ogni pena anche se la desistenza dell’autore o del compartecipe non ha, per altri motivi, potuto impedire la consumazione del reato.

4 Il giudice può attenuare la pena o prescindere da ogni pena nei confronti del coautore o compartecipe che si è adoperato seriamente e spontaneamente per impedire la consumazione del reato, sempreché il reato medesimo sia stato commesso indipendentemente dal suo contributo.

La desistenza è possibile solo nei casi di tentativo incompleto, ovvero quando l’autore ha commesso alcune, ma non tutte, delle azioni che, in base al suo piano criminoso, dovrebbero condurlo a commettere il reato. Se egli decide di non porre in essere tutto quanto previsto originariamente ai fini di delinquere, il giudice può attenuare la pena o addirittura prescindere dalla comminazione di essa18. La resipiscenza deve essere spontanea e decisivo a tal valutazione è il capire se, nonostante l’intervento di influssi estranei, rimanga intatta o meno la libertà di scelta19.

Il pentimento attivo presuppone che l’autore si sia attivamente e con successo impegnato ed adoperato per evitare l’evento. In questo caso egli ha posto in essere un tentativo completo e quindi tutte le azioni corrispondenti al suo piano criminoso. In seguito tuttavia, in forza del suo intervento, l’evento non si è verificato o si verificato per

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18 TRECHSEL,Praxiskommentar (4), ad art. 23, §§ 1 ss.; JENNY,Bsk (4), ad art.

23, § 4; KILLIAS,Précis (4), p. 77.

19 DTF 108 IV 106 1.8

1.9

1.10 Pentimento attivo

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cause di forza maggiore. Anche in questo caso il giudice può mitigare o escludere la pena20.

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