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CEO duality e performance d'impresa

Le caratteristiche professionali del CEO

CAPITOLO 5 La CEO duality

5.2 CEO duality e performance d'impresa

Le numerose ricerche empiriche occupatesi di investigare la relazione tra CEO

duality e performance d'impresa hanno prodotto risultati molto eterogenei, che di

conseguenza non hanno permesso di giungere ad una conclusione unanime e generalmente accettata sugli effetti provocati dalla CEO duality sulla performance aziendale (Boyd, 1995). Analizzando duecento aziende facenti parte della classifica della rivista Fortune, Berg e Smith evidenziarono in un loro contributo del 1978 una relazione negativa tra duality e ROI, e l'assenza di legami tra duality, ROE e cambiamento nel prezzo delle azioni. Alcuni anni dopo Rechner e Dalton (1989) esaminarono un sottoinsieme delle cinquecento imprese considerate da un'altra classifica redatta dalla stessa rivista citata in precedenza, osservando che le imprese in

cui il CEO occupava anche la carica di presidente del CdA conseguivano rendimenti azionari leggermente più elevati rispetto alle aziende in cui le due posizioni di vertice erano affidate a due soggetti diversi, anche se tale risultato non è stato ritenuto dagli stessi autori statisticamente rilevante. Analizzando in seguito le stesse imprese, Rechner e Dalton (1991) dimostrarono la relazione negativa tra CEO duality e ROE, ROI e margine di profitto. Tuttavia non latitano gli studi, tra cui quello di Donaldson e Davis (1991), che riscontrano la positività dell'associazione tra duality e misure di performance aziendali (il ROE nel caso dei due autori menzionati poc'anzi).

Il ruolo della CEO duality all'interno dell'organizzazione viene descritto in modo approfondito da due diverse teorie, la teoria dell'agenzia - agency theory - e la teoria della gestione - stewardship theory - le quali propongono opinioni contrastanti in merito agli effetti che il doppio incarico produce sulla performance d'impresa.

5.2.1 La posizione dell'agency theory

Jensen e Meckling (1976) definiscono una relazione d'agenzia “un contratto per cui una o più persone (il principale) assumono una o più persone (l'agente) per eseguire alcuni servizi per conto del principale, il quale delega una parte della sua autorità decisionale all'agente”. I due autori continuano spiegando che “se entrambe le parti della relazione massimizzano la propria utilità, ci sono buoni motivi per credere che non sempre l'agente agirà nel miglior interesse del principale”. Si può quindi ritenere che nella relazione principale-agente sorge un problema nel momento in cui l'agente orienta la sua attività verso obiettivi divergenti e/o conflittuali con quelli del suo principale (Boyd, 1995). L'impresa tenta di risolvere eventuali problemi di questo tipo delegando le attività gestionali al CEO e le attività di controllo al consiglio di amministrazione; se la responsabilità principale del CEO sarà quella di dare, attraverso le sue decisioni, un indirizzo strategico all'organizzazione e successivamente renderlo percorribile, implementando le scelte strategiche, il compito primario del CdA si espliciterà nella ratifica e nel monitoraggio delle decisioni assunte dal CEO (Boyd, 1995). Considerando allo stesso tempo da un lato la base teorica relativa alla teoria dell'agenzia, e dall'altro quanto è stato spiegato in precedenza riguardo alla CEO duality, appare chiaro che nel caso di doppio incarico in capo allo stesso soggetto questi avrebbe nelle sue mani un potere notevolmente aumentato che potrebbe causare situazioni delicate e pericolose per

l'azienda, dal momento che la funzione fondamentale di monitoraggio delegata al CdA sarebbe sotto il suo controllo. In questo modo il CEO potrebbe conseguire con maggiore facilità gli obiettivi personali, che come è già stato anticipato, potrebbero divergere anche in maniera importante dagli obiettivi strategici dell'impresa. Non lascia adito a dubbi l'opinione di coloro che applicano la teoria dell'agenzia al tema della CEO

duality: se l'incarico di CEO e di presidente del CdA venissero affidati allo stesso

soggetto, la perdita di potere nell'attività di controllo sulle decisioni del CEO delegata al consiglio di amministrazione permetterebbe al CEO di perseguire esclusivamente i propri interessi, che nel caso (non così raro) in cui fossero sostanzialmente differenti da quelli dell'impresa potrebbero incidere negativamente sulla performance della stessa.

5.2.2 La posizione della stewardship theory

Da quanto è stato spiegato nel sottoparagrafo precedente è sufficientemente chiaro che secondo la teoria dell'agenzia la relazione tra CEO duality e performance d'impresa assume segno negativo. Ad ogni modo, esistono altre teorie che giungono a conclusioni diverse (Boyd, 1995). Donaldson (1990) evidenzia come uno dei capisaldi della teoria dell'agenzia concerne il fatto che l'agente è per forza di cose un soggetto opportunista che tenta di sfruttare puntualmente tutte le occasione che gli si presentano per massimizzare la propria utilità a scapito degli altri stakeholder. Tuttavia esistono dei fattori che in qualche modo bilanciano il desiderio dell'agente di massimizzare opportunisticamente il suo benessere: la responsabilità, l'altruismo, il rispetto verso l'autorità e la motivazione di portare a termine il compito assegnato, solo per fare alcuni esempi (Donaldson, 1990). Da queste considerazioni Donaldson (1990) sviluppa la

stewardship theory, un modello opposto a quello della teoria dell'agenzia, molto lontano

dal concetto di agente opportunista e basato sulla fiducia che il soggetto al quale il principale delega alcune fondamentali responsabilità sia un ottimo gestore dei beni e delle attività dell'impresa. Secondo tale teoria la CEO duality faciliterebbe l'efficacia delle azioni del CEO, migliorando pertanto la performance dell'azienda (Boyd, 1995).

Un altro aspetto rilevante che accresce la significatività della stewardship theory riguarda la sua coerenza con altre importanti ricerche sul governo d'impresa. Una di queste è la resource dependence theory di Pfeffer e Salancik (1978), secondo la quale gli organi di vertice dell'impresa rappresentano una sorta di meccanismo in grado di

gestire le forze esterne e di ridurre l'incertezza proveniente dal contesto competitivo. Inoltre, dal punto di vista della teoria in esame, l'efficacia delle azioni dell'organo di governo dell'impresa muta a seconda delle condizioni ambientali. Ecco allora che la

CEO duality potrebbe essere una buona pratica di governance in grado di migliorare la

performance dell'azienda in determinati contesti per i seguenti motivi:

• l'ampia discrezionalità di un CEO che ricopre anche la carica di presidente del consiglio di amministrazione rende spesso più facile l'implementazione delle scelte strategiche e aiuta a superare situazioni di inerzia organizzativa (Pfeffer e Salancik, 1978);

la duality aumenta considerevolmente l'importanza del ruolo del CEO, incrementandone il potere e il locus of control, e diminuendo di conseguenza la rilevanza degli altri stakeholder (Hambrick e Finkelstein, 1987);

• un unico leader all'interno dell'impresa migliora l'interpretazione degli eventi che accadono all'esterno dell'impresa (Pfeffer e Salancik, 1978).

Altri contributi all'interno della stewardship theory riportano come la CEO duality renda più agevole la sostituzione del CEO nei casi in cui la performance dell'impresa non raggiunga livelli soddisfacenti (Harrison, Torres e Kukalis, 1988); in aggiunta, Worrel e Nemec (1993) riscontrano come solitamente l'annuncio alla borsa da parte dell'azienda dell'avvenuta “fusione” tra le cariche di CEO e di presidente del CdA ha l'effetto di incrementare il rendimento delle azioni.

5.3 Il ruolo del contesto negli effetti della CEO duality sulla