La Corporate Social Performance e le sue relazioni con le CEO characteristics e la performance economico-finanziaria
7.5 La relazione tra Corporate Social Performance e Corporate Financial Performance
In precedenza è stata messa in luce la stretta correlazione tra responsabilità sociale d'impresa e stakeholder theory, tanto da ritenere quest'ultima la base del concetto odierno di CSR. Secondo tale teoria vi è una relazione positiva tra CSP e CSP (Orlitzky, Schmidt e Rynes, 2003), in quanto la soddisfazione dei vari gruppi di stakeholder è un fattore strumentale alla performance finanziaria dell'azienda (Donaldson e Preston, 1995; Jones, 1995). I processi di negoziazione e contrattazione, siano essi impliciti o espliciti, che vedono la partecipazione da un lato del management dell'azienda e dall'altro degli stakeholder della stessa, costituiscono una sorta di meccanismo di monitoraggio che permettono di evitare che le preoccupazioni e gli interessi dei manager si allontanino da quelli che sono gli obiettivi dell'impresa (Jones, 1995). Per di più è ben noto il fatto che tramite l'ascolto e la comprensione degli stimoli e delle sollecitazioni provenienti da diverse categorie di stakeholder il management fornisce all'organizzazione una maggiore capacità di adattarsi alle contingenze del contesto esterno (Freeman e Evan, 1990).
Pur giungendo alle stesse conclusioni, ossia la positività della relazione tra CSP e CFP, la slack resources theory inverte la sequenza causale e cronologica tra i due concetti. Se per la stakeholder theory è la performance sociale ad incrementare la performance finanziaria dell'impresa, per la slack resources theory è grazie alla CFP che si può parlare di CSP, poiché solo una buona performance finanziaria consente all'impresa di liberare risorse in eccesso (slack resources) da destinare a comportamenti e ad azioni socialmente responsabili (Waddock e Graves, 1997). McGuire, Sundgren e Schneeweis (1988) aggiungono che la CSP spesso rappresenta un tema molto condizionato dagli interessi e dalla discrezionalità del management, e che per questo motivo l'intrapresa volontaria di politiche legate alla tutela dell'ambiente ed al benessere sociale dipende in via prevalente dalla sovrabbondante disponibilità di risorse aziendali (siano esse finanziarie, umane, ecc. …).
“La CSP può anche essere vista come una sorta di risorsa organizzativa che fornisce benefici interni e/o esterni all'impresa” (Orlitzky, Schmidt e Rynes, 2003). Dalla citazione appena riportata emerge un altro aspetto interessante legato alla performance sociale dell'impresa: alcuni autori la ritengono una risorsa di cui l'impresa può avvalersi
al fine di migliorare i suoi risultati organizzativi interni ed esterni. Dal punto di vista dei benefici che potrebbero essere ottenuti nel contesto interno all'azienda, gli investimenti in CSP potrebbero permettere all'organizzazione di sviluppare nuove competenze, capacità e risorse che si rifletteranno in seguito sulla cultura dell'azienda, sulla sua struttura, sulle tecnologie adottate e sulle sue risorse umane (Barney, 1991). Se considerata in questi termini la CSP migliora le abilità di monitoraggio dell'ambiente, i processi e i sistemi informativi, consentendo all'impresa di essere maggiormente preparata nell'affrontare i cambiamenti del contesto esterno come le crisi o l'avvento di nuove tecnologie (Russo e Fouts, 1997). In ultima analisi, le competenze apprese tramite i processi legati alla CSP si traducono in uno sfruttamento più efficiente delle risorse (Majumdar e Marcus, 2001).
Analizzando i benefici della performance sociale dell'azienda sul suo contesto esterno, va innanzitutto notato che questi ricadono soprattutto nell'ambito della reputazione dell'impresa. Fombrun e Shanley (1990) ritengono che se l'azienda comunicasse agli stakeholder le informazioni relative al suo livello di CSP ne otterrebbe dei ritorni consistenti in termini di immagine positiva da parte dei suoi clienti, dei suoi investitori, dei suoi fornitori e del sistema finanziario, facilitando anche l'accesso al credito (Spicer, 1978). Una buona reputazione consente inoltre all'impresa di attrarre lavoratori con competenze e conoscenze di elevata qualità (Turban e Greening, 1997) e di migliorare il benessere dei dipendenti, con ovvi effetti positivi sulla performance finanziaria (Davis, 1973; Waddock e Graves, 1997).
Un ulteriore contributo rilevante ai fini dell'approfondimento della relazione tra performance sociale e performance finanziaria dell'azienda è quello proposto da Wood (2010), già ampiamente menzionato nei paragrafi precedenti. L'autrice compie una distinzione tra:
a) costi relativi a comportamenti sociali negativi; b) benefici derivanti da comportamenti sociali positivi.
Per quanto riguarda i comportamenti negativi, cioè che provocano dei danni a una o più categorie di stakeholder, dallo studio di numerosi casi pratici è emersa la sussistenza di una relazione diretta e negativa tra CSP e performance finanziaria, poiché si registra un importante scostamento tra il prezzo attuale delle azioni e il prezzo atteso delle stesse (che presumibilmente sarà inferiore). In passato una misura approssimativa di una
scarsa performance sociale era rappresentata dai reclami sulla non conformità dei prodotti, che si riflettevano negativamente in primis sul bilancio dell'azienda, e in seguito sul valore delle sue azioni (Wood, 2010). Per la disamina del rapporto tra comportamenti sociali negativi e performance finanziaria dell'impresa molto importanti sono i cosiddetti “studi degli eventi”. In questi si compie innanzitutto una valutazione sul valore futuro delle azioni analizzando l'andamento registrato in passato, per poi confrontare il valore stimato con il valore che assumerebbero le azioni in seguito a qualche tipo di evento critico. Va fatto notare che questa procedura si basa sulla considerazione che “il mercato è in grado di assorbire immediatamente tutte le informazioni rilevanti nel prezzo delle azioni” (Wood, 2010). Ventisette casi diversi sono stati esaminati da Frooman (1997), il quale ha analizzato la reazione del mercato azionario ad attività aziendali illegali o non socialmente responsabili. Nel suo studio l'autore fornisce una definizione di evento riferito alla responsabilità sociale d'impresa, intendendolo come “un'azione che un'azienda sceglie di compiere e che influisce in modo sostanziale sul benessere sociale di un preciso gruppo di stakeholder” (Frooman, 1997). Tra questi tipi di eventi si ritrovano, ad esempio, violazioni della legge antitrust, reclami in merito a prodotti pericolosi o inferiori agli standard normativi, pubblicità ingannevoli, frodi, evasioni fiscali, emissioni inquinanti e violazioni di standard a tutela dell'ambiente. Dall'analisi condotta da Frooman (1997) sono affiorati numerosi casi di importanti “rendimenti anormali” - rappresentati dalla differenza tra il valore atteso delle azioni e quello in seguito all'evento - negativi. Ciò significa che “la ricchezza degli azionisti diminuisce quando l'impresa agisce illegalmente o in modo non socialmente responsabile” (Frooman, 1997), soprattutto perché un evento come quelli elencati poc'anzi esaurisce la fiducia degli stakeholder e di conseguenza la loro volontà di continuare la relazione di acquisto con l'impresa “scorretta” o di investire nella stessa.
Considerando invece i benefici apportati da azioni aziendali socialmente responsabili va fatto notare che, nonostante i numerosi tentativi, non sono presenti evidenze empiriche di una stretta correlazione tra CSP e performance finanziaria, anche se studi più recenti hanno dimostrato la positività della relazione tra i due elementi. La scarsità dei risultati delle ricerche in questo verso è prima di tutto dovuta al fatto che spesso non viene dato risalto a comportamenti meritevoli nell'ambito della CSR, sia perché non ci si avvale di misure di performance sociale appropriate, sia perché talvolta gli outcome
dei processi di CSP non sono facilmente osservabili (Wood, 2010): esistono quindi in primo luogo problemi metodologici. Un'altra questione in tal senso piuttosto complicata riguarda il fatto che un'azione responsabile o un atto di beneficenza, a prescindere dallo loro bontà, non così raramente potrebbero essere portati avanti per scopi puramente personali del soggetto che li compie; in questo caso qualora non ci dovessero essere, a prescindere dal benessere donato ad altri stakeholder, dei ritorni personali da tali comportamenti positivi, questi potrebbero anche essere abbandonati. Infine si presenta un problema teorico nello stabilire precise relazioni tra specifiche misure di CSP da un lato e di performance finanziaria dall'altro.
Nonostante le questioni appena evidenziate, grazie agli studi più recenti (svolti in settori e contesti eterogenei) la letteratura è sempre più concorde nel sostenere la positività della relazione tra CSP e performance finanziaria dell'azienda, anche se la forza di tale rapporto varia a seconda delle situazioni, dell'incidenza che la performance sociale ha sulla reputazione dell'impresa, delle informazioni e dei documenti resi pubblici dall'azienda, e delle misure utilizzate per valutare la performance finanziaria (Orlitzky, Schmidt e Rynes, 2003). Si è sempre più dell'opinione che tra performance sociale e finanziaria si instauri una sorta di circolo virtuoso, per cui una componente apporta dei benefici all'altra, la quale a sua volta si riversa positivamente sulla prima: l'impresa che ottiene dei risultati economico-finanziari positivi ha maggiori possibilità di affrontare le spese relative alla CSR, e una buona reputazione in termini di CSR comporta degli indubbi vantaggi dal punto di vista economico-finanziario (Orlitzky, Schmidt e Rynes, 2003). Un ulteriore elemento attinente prevalentemente agli aspetti teorici della questione riguarda il fatto che l'evidenza empirica ha sconfessato l'ipotesi avanzata da lungo tempo dalla teoria economica neoclassica (Friedman, 1970) secondo cui la CSP non produrrebbe benessere, in termini di ricchezza, per gli azionisti.