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Le caratteristiche professionali del CEO

4.7 Esperienza internazionale

In una stagione economica che da un paio di decenni si caratterizza per il fatto che aziende più o meno importanti si affidano alla delocalizzazione e all'outsourcing per aprire nuove frontiere commerciali o per ridurre i costi di produzione e distribuzione non si può trascurare un aspetto divenuto fondamentale per svolgere con efficacia l'attività d'impresa: ci si riferisce alla gestione delle interdipendenze che si instaurano tra i diversi contesti internazionali in cui opera l'azienda. L'espressione “interdipendenze internazionali” viene definita da Roth (1995) come “il grado in cui le performance delle attività delle funzioni aziendali sono coordinate o integrate tra le diverse unità situate in differenti paesi”. Quando diverse attività dell'azienda, di qualsiasi tipo esse siano, hanno luogo all'estero, il CEO deve fronteggiare situazioni e problematiche particolari, indiscutibilmente differenti da quelle che emergono all'interno dei confini nazionali; ecco allora che l'esperienza internazionale del CEO ricopre un ruolo fondamentale nella gestione ottimale delle relazioni che sorgono tra i diversi mercati in cui l'impresa esercita il proprio business. Prima di approfondire le questioni riguardanti l'esperienza internazionale del CEO appare alquanto necessario dedicarsi al tema delle interdipendenze internazionali ed ai fatti inerenti alla loro gestione.

La letteratura economica individua principalmente due elementi distintivi che appartengono alle imprese internazionali: questi sono lo svolgimento di alcune attività all'estero e la presenza delle risorse necessarie per l'azienda in più di una nazione (Roth, 1995). Il fatto che l'impresa operi a livello internazionale la mette davanti ad una concorrenza varia e poliedrica, che per essere fronteggiata efficacemente richiede integrazione tra le varie componenti dell'impresa (Knickerbocker, 1973; Prahalad e Doz,

1987). Proprio per questo motivo per affrontare la competizione e le interdipendenze internazionali, a strategie specifiche per ogni contesto estero che permettono alle diverse sussidiarie di operarvi in modo indipendente dall'impresa madre, possono venir preferite politiche e azioni basate sulle capacità e le competenze esistenti a livello di gruppo. Poiché le modalità con cui un'impresa opera nel contesto internazionale non sono ben determinate e quindi classificabili nettamente, si è solo nella posizione di individuare i due estremi di un continuum:

a) da un lato l'internazionalizzazione dell'impresa può essere riscontrata solo in alcune attività, più o meno fondamentali, come la ricerca di capitale e di investimenti e il controllo del flusso di vari tipi di informazioni (ad esempio report relativi a misure di performance o lo scambio di novità tecniche); in questo caso la casa madre darà ampia autonomia alle sussidiarie, ritenendo l'integrazione e il coordinamento indispensabili solo per attività residuali e di importanza modesta: il livello di interdipendenza internazionale dell'impresa sarà quindi piuttosto basso;

b) dall'altro lato si registrerà un elevato livello di interdipendenza internazionale quando è molto forte l'integrazione tra le diverse unità presenti al di fuori del territorio nazionale.

La gestione dell'interdipendenza a livello internazionale è stata un tema al centro dell'attenzione di numerose ricerche. Alcuni studi si sono concentrati sui meccanismi di integrazione e sui sistemi di controllo utilizzati per gestire tale interdipendenza (Galbraith e Kazanjian, 1986), mentre altri (Michel e Hambrick, 1992) si sono dedicati alle modalità con cui l'interdipendenza viene affrontata dal top management, considerandone gli orientamenti, le conoscenze e il grado di coesione sociale tra i suoi membri. Ciononostante non sono presenti in letteratura studi che si focalizzano sulla rilevanza del CEO nella gestione dell'interdipendenza internazionale, se si esclude il già citato contributo di Roth (1995). Quest'ultimo ritiene fondamentale il ruolo centrale del CEO nel fronteggiare questa particolare situazione in cui l'impresa si trova ad agire; per sostenere la sua tesi riporta una citazione tratta dall'articolo di Egelhoff (1991), parafrasabile nel modo seguente: “solo al livello del CEO e dei membri dell'organo esecutivo aziendale esiste una prospettiva ampia riguardante la gestione e le varie funzioni dell'impresa, e solo a questo livello si è in grado di raccogliere e processare

efficacemente le informazioni provenienti da ogni unità dell'organizzazione”. Se si adotta questo tipo di approccio è logico concentrare l'attenzione su quelle caratteristiche del CEO che hanno gli effetti più importanti sulla gestione dell'interdipendenza internazionale; a tal proposito Roth le individua nel locus of control, nello stile di risoluzione dei problemi, nelle diverse esperienze funzionali e nell'esperienza internazionale. Poiché le prime tre delle caratteristiche appena elencate hanno già avuto modo di essere esplicate, si focalizzerà ora l'attenzione sull'ultima di quelle sopra citate, l'esperienza internazionale.

Un'impresa che esercita le sue attività avvalendosi anche di unità dislocate in paesi esteri registrerà ovviamente un certo grado di interdipendenza tra le varie entità che la compongono; è quindi fondamentale capire come gestire le relazioni che sorgono in questa situazione complessa. Senza ombra di dubbio si può affermare che la gestione delle interdipendenze a livello transnazionale richiede una vasta gamma di conoscenze e di esperienze eterogenee. Va specificato che nel caso in cui alle sussidiarie venga riconosciuta ampia autonomia operativa l'intervento della case madre sulle politiche perseguite dalle sussidiarie sarà piuttosto contenuto; di conseguenza il CEO avrà un interesse minore a capire profondamente le dinamiche che si vengono a creare nei rapporti internazionali tra le diverse componenti dell'azienda. L'esperienza internazionale del CEO assume invece valore considerevole (Roth, 1995) quando l'integrazione tra la sede centrale dell'azienda e le diverse unità organizzative situate oltre i confini nazionali diventa fondamentale per la strategia sia a livello centrale (e quindi per l'impresa nel suo complesso) che periferico (cioè per le sussidiarie). Dello stesso parere è Kogut (1985, 1989), il quale assegna notevole importanza alla rete internazionale sviluppata dalla multinazionale, tanto da ritenerla (almeno a livello potenziale) una vera e propria competenza distintiva, poiché le attività operative che l'azienda esegue nei paesi esteri le permettono di aumentare la sua “flessibilità”, intesa come capacità di poter vagliare differenti politiche e mosse concorrenziali. Un CEO capace di dirigere le attività e il flusso di risorse tra i paesi esteri in cui l'impresa è presente consente a quest'ultima di “testare” i diversi contesti e di sfruttarne i relativi vantaggi competitivi; Kogut (1989) ritiene che tali vantaggi internazionali (perché emergono al di fuori del paese d'origine dell'azienda) siano soprattutto riconducibili all'abilità del management, e in primo luogo del CEO, di gestire il flusso di risorse che

viene continuamente trasferito all'interno della rete costituita dalle diverse unità operative. Ecco allora che un CEO che ha sviluppato nel corso degli anni una importante esperienza riguardo a questa fonte di vantaggio competitivo apporterà alla performance dell'impresa un contributo notevole. L'esperienza nella gestione delle interdipendenze internazionali matura ricoprendo posizioni lavorative caratterizzate dall'assunzione di significative responsabilità riguardanti le operazioni che vengono svolte a livello internazionale, svolgendo incarichi all'estero che permettano di incrementare la conoscenza della rete costituita dalla varie unità organizzative (Edstroem e Galbraith, 1977), e facendo propri quegli elementi che contraddistinguono le varie nazioni e le differenti culture.

Un altro aspetto riguardante le interdipendenze internazionali è costituito dal processo comunicativo tra la casa madre e le sussidiarie. Victor e Blackburn (1987) fanno notare che l'interdipendenza non è mai un elemento statico, bensì muta continuamente cercando di adattarsi alle nuove dinamiche e alle nuove necessità di coordinamento tra le diverse unità organizzative; ciò non fa altro che aumentare la quantità e la frequenza delle comunicazioni. Vista la difficoltà nel ricondurre tali processi comunicativi a procedure standardizzate (Van de Ven, Delbecq e Koenig, 1976), un CEO che instaura un flusso comunicativo informale all'interno della rete aziendale riuscirà a gestire l'interdipendenza internazionale in modo sicuramente più efficace. Per concludere può essere affermato che:

• CEO con una importante esperienza nella gestione delle attività internazionali avranno un impatto positivo notevole sulla performance dell'azienda nel caso di elevata interdipendenza tra le diverse unità organizzative situate oltre i confini nazionali;

• CEO con una forte esperienza a livello internazionale apporteranno maggiori benefici alla performance dell'impresa in situazioni di alta interdipendenza internazionale rispetto a situazioni in cui l'interdipendenza tra le entità dell'azienda presenti all'estero sia più modesta.

4.8 Conclusione

Nel quarto capitolo sono state analizzate le caratteristiche “professionali” dei CEO. A questo punto dovrebbe esser chiaro il motivo che le distingue da quelle personali: mentre queste riguardano più da vicino il carattere, la cultura e la psicologia della persona, le caratteristiche professionali si riferiscono prevalentemente alla vita lavorativa del CEO.

Dopo aver preso in rassegna la letteratura sul tema delle “CEO characteristics” e aver operato la classificazione ormai ben nota, è stato deciso di analizzare le seguenti caratteristiche professionali: l'orientamento funzionale (per cui il CEO ha conoscenze più specifiche in alcune funzioni aziendali piuttosto che in altre), lo stile di leadership (distinguendo tra autocrazia, burocrazia, rivolto alle relazioni umane, partecipazione e autonomia), il potere (intendo prevalentemente con questo termine l'influenza del CEO sulle decisioni finali), l'essere il fondatore (o tra i fondatori) dell'azienda, la permanenza in carica (prendendo in considerazione fattori quali, ad esempio, la durata, l'esperienza accumulata e il contesto in cui opera l'impresa) e l'esperienza internazionale. È stato scelto di approfondire le caratteristiche appena elencate perché, sulla base di quanto appreso dallo studio di autorevoli contributi, sembrano essere le più influenti sulle dinamiche dell'azienda, sulla sua struttura e sulla sua performance.

Va tuttavia sottolineato che la disamina delle caratteristiche del CEO non si esaurisce con quelle descritte nei paragrafi precedenti. Il doppio incarico CEO-presidente del CdA (ciò che nella letteratura manageriale viene identificato come CEO duality), la remunerazione, la responsabilità sociale d'impresa e la sostenibilità sono temi di assoluta rilevanza, meritando per questo motivo una altrettanto accurata analisi: a tal proposito si provvederà nei successivi capitoli.

CAPITOLO 5