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Il CEO è il fondatore (o uno dei fondatori) dell'azienda

Le caratteristiche professionali del CEO

4.5 Il CEO è il fondatore (o uno dei fondatori) dell'azienda

La situazione in cui il CEO dell'impresa è anche il fondatore (o uno tra i fondatori) della stessa presenta delle interessanti peculiarità, soprattutto per quanto riguarda

l'influenza che esercita sul consiglio di amministrazione e, più in generale, sulle decisioni dell'impresa. I valori, le idee e la personalità del fondatore spesso modellano la cultura dell'organizzazione e influenzano i soggetti che fanno parte dell'impresa (Schein, 1983). In molti casi la strategia e la struttura dell'organizzazione rispecchiano il tipo di istruzione e le esperienze (professionali e non) del fondatore (Carrol, 1993). Gli studiosi di management concordano ampiamente sul fatto che un CEO che è anche fondatore (o tra i fondatori) dell'azienda sente un forte coinvolgimento e impegno nei confronti della stessa ed in essa quasi si identifica, generando maggiore fiducia e sicurezza nei dipendenti rispetto ad un CEO che non ha fondato l'impresa (Fischer e Pollock, 2004).

Schein (1983) attribuisce al fondatore il ruolo principale nella costituzione dell'impresa: “le aziende nascono grazie a imprenditori che hanno una visione sulle modalità attraverso cui lo sforzo collettivo può creare un nuovo prodotto o un nuovo servizio all'interno del mercato”. Lo stesso autore affida al fondatore il ruolo principale nella formazione della cultura organizzativa, e ritiene che sia proprio il fondatore ad avere il maggiore impatto nella scelta dei metodi che permettono all'impresa di risolvere i problemi provenienti dall'esterno (ossia quelli concernenti il contesto competitivo) e quelli che emergono dall'interno (essenzialmente legati all'integrazione tra le unità e le operazioni).

In virtù della posizione e del ruolo occupati il fondatore dell'impresa ricopre alcune funzioni fondamentali all'inizio della vita dell'organizzazione (Schein, 1983):

• contiene ed assorbe l'ansia e il rischio: in situazioni stressanti, riguardanti ad esempio la creazione, lo sviluppo e l'ampliamento dell'azienda, il fondatore assorbe e contiene le preoccupazioni degli altri membri dell'organizzazione, grazie alla sicurezza e alla fiducia emanate dalla posizione di massimo livello che egli ricopre; inoltre va ricordato che il rischio finale ricade a tutti gli effetti sul fondatore (e/o sul proprietario);

incorpora valori non solo economici: il fondatore è il primo vero stakeholder dell'impresa; per questo motivo è suo primario interesse non adottare visioni temporalmente ristrette improntate all'efficienza e alla ricerca di benefici immediati, bensì instillare in tutti i componenti dell'impresa un orientamento di lungo periodo che massimizzi il benessere non solo dell'organizzazione, ma anche degli stessi dipendenti e delle loro famiglie. Per far si che ciò diventi

possibile il fondatore, oltre a dimostrare spiccate doti imprenditoriali, deve essere innanzitutto portatore di valori sociali e improntati alla meritocrazia; • stimola l'innovazione: vista la sua salda posizione in azienda e i suoi

orientamenti personali il fondatore è l'unico soggetto all'interno dell'organizzazione che può percorrere sentieri molto rischiosi, spesso originati da mere intuizioni. È indubbiamente minore la possibilità di innovare che si presenta ai manager, dato che questi sono spesso inseriti negli schemi più rigidi e formali della pianificazione e della documentazione delle attività;

• da luogo all'evoluzione attraverso l'“ibridizzazione”: è stato detto in precedenza che il fondatore dell'azienda trasmette agli altri membri che la compongono i caratteri della cultura organizzativa che egli stesso ha creato. Con il trascorrere del tempo però i dipendenti dell'impresa accrescono la loro esperienza tanto da essere in grado di risolvere i problemi attraverso modalità che si discostano da quelle originali apprese dal fondatore, ma che risultano altrettanto efficaci. Talvolta le nuove pratiche sviluppate dai membri dell'organizzazione possono risultare addirittura migliori di quelle originali, poiché rispondono meglio ai cambiamenti occorsi al mutato contesto competitivo. Il fondatore dell'azienda deve perciò essere in grado di riconoscere la validità delle nuove procedure sviluppate, integrandole con quelle originali; tale situazione conduce ad una delega dell'autorità a quei manager che meglio riescono a coniugare gli assunti che contraddistinguono la vecchia cultura organizzativa con gli elementi sviluppati nel tempo con la pratica e l'esperienza. Schein (1983) ritiene che questa forma “ibrida” di cultura organizzativa sia l'unica in grado di funzionare, perché da un lato mantiene quegli aspetti, soprattutto di tipo sociale e umanitario, della cultura organizzativa originale, e dall'altro lato tiene conto di quei caratteri emersi con lo svolgersi dell'attività economica che sono necessari affinché l'impresa si adatti al contesto competitivo e in questo riesca ad essere un attore importante.

L'ultima questione sollevata da Schein (1983) riguardo al tema dei fondatori delle aziende concerne il momento della transizione alla nuova generazione di proprietari. Alla luce di quanto riportato in precedenza emerge che in questa situazione delicata è fondamentale che l'organizzazione mantenga quelle caratteristiche che le permettano di

competere in maniera ottimale sul mercato, ma senza perdere quegli elementi della sua cultura che le hanno donato unicità (differenziandosi dagli altri competitor) e che le hanno consentito di realizzarsi e di ottenere risultati soddisfacenti nel contesto di riferimento.

Nel paragrafo precedente, analizzando il potere del CEO si è fatto cenno alla dimensione strutturale del potere, così come definita da Finkelstein (1992). Dato che anche in questa parte sarà presa in considerazione appare utile riportarne sinteticamente il significato: il potere strutturale è collegato alla distribuzione formale delle posizioni nella struttura organizzativa; alla posizione formale è legato il livello di autorità gerarchica a cui appartiene un membro dell'impresa. Sia la posizione formale che l'autorità attribuiscono al soggetto un potere che gli permetterà di gestire, controllando il comportamento dei suoi subordinati, le relazioni che sorgono in azienda. Nei casi in cui il potere strutturale di un manager sia elevato la sua dipendenza dagli altri membri del vertice dell'organizzazione sarà scarsa. Il senso del concetto di posizione formale può essere colto considerando i due elementi che meglio lo contraddistinguono:

• la retribuzione, una variabile che implicitamente permette di definire lo status del soggetto all'interno dell'organizzazione;

• la percentuale di titoli emessi dall'impresa in possesso del manager in questione. Un CEO che è anche il fondatore dell'impresa, oltre a possedere un alto potere strutturale avrà nelle sue mani un altro tipo di potere, legato al fatto di essere proprietario (al cento per cento, o solo in parte) dell'azienda: proprio per questo motivo può essere definito potere “proprietario”. A parità di condizioni un top manager possessore di una percentuale di azioni significativa avrà all'interno dell'organizzazione più potere rispetto ad un altro top manager con una percentuale azionaria minore o addirittura nulla (Zald, 1969). In aggiunta, sempre riportando il contributo di Finkelstein (1992), un CEO “fondatore” avrà rapporti molto più stretti e a lungo termine con il consiglio di amministrazione, il che gli permetterà di esercitare su questi un controllo implicito di portata rilevante. Il potere derivante dall'essere proprietario dell'impresa può essere in un certo senso valutato servendosi di tre diversi indicatori:

• azioni possedute dal dirigente: calcolate in percentuale sul totale delle azioni, comprendono anche le azioni in capo al suo coniuge e ai suoi figli;

totale delle azioni emesse dall'impresa, ne fanno parte le azioni in possesso, oltre al coniuge e ai figli, anche ai fratelli e ai genitori, riferendosi quindi a una cerchia familiare più estesa; è importante considerare anche questi soggetti poiché costituiscono una vera e propria fonte di supporto per il dirigente (Finkelstein e Hambrick, 1989);

• fondatore o altre parentele: il potere “proprietario” può derivare anche da relazioni personali con altri manager che hanno all'interno dell'impresa una notevole importanza; il legame di parentela o il fatto di essere fondatore dell'azienda (o un familiare dello stesso) attribuiscono indubbiamente al dirigente un potere di una certa entità.

La combinazione dei due poteri appena descritti fa sì che un CEO “fondatore” sia meno incline ad accettare compromessi e opinioni provenienti dai membri del CdA, e avrà in azienda un ruolo molto più dominante rispetto ad un CEO che non è un fondatore della stessa (Adams, Almeida e Ferreira, 2005). Altro aspetto da segnalare è che la libertà d'espressione viene in un certo senso ostacolata: in primo luogo i soggetti facenti parte del CdA saranno restii a manifestare le loro opinioni e a condividere le informazioni in loro possesso; in secondo luogo si perderanno i benefici derivanti dalla condivisione delle conoscenze polifunzionali dei manager. Questi inoltre si sentiranno maggiormente in soggezione di fronte al CEO “fondatore” e ai suoi giudizi, subendo una conseguente riduzione della loro sicurezza psicologica (Carmell e Schaubroeck, 2006): ciò significa che i membri del CdA avvertiranno scarsa accettazione e poco rispetto da parte del CEO, e quindi saranno meno motivati ad operare secondo modalità ottimali e a migliorare la performance dell'impresa.