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Christian Friedrich Lesser tra scienza e teologia

Christian Friedrich Lesser era un teologo tedesco, nato nel 1692 a Nordhausen. Manifestò fin da giovane attrazione per la storia della natura, campo in cui riuscì a distinguersi egregiamente. Dal 1712 studiò medicina all’Università di Halle, ma ben presto cambiò i suoi progetti per seguire il suggerimento del teologo tedesco August Hermann Francke e frequentare Teologia all’Università di Lipsia. Finiti gli studi divenne pastore di una chiesa nella sua città natale, in cui fece ritorno su richiesta del padre, e dove pochi anni dopo assunse la direzione dell’orfanotrofio locale.

Accanto ai suoi lavori di storia naturale si trovano testi che rivelano il tentativo di conciliare la scienza con la teologia, e fra questi prenderò in esame la Insecto-Theologia, Oder: Vernunfft- und Schrifftmäßiger Versuch, Wie ein Mensch durch aufmercksame Betrachtung derer sonst wenig geachteten Insecten Zu lebendiger Erkänntniß und Bewunderung der Allmacht, Weißheit, der Güte und Gerechtigkeit des grossen Gottes gelangen könne33, del 1740. Viene studiato solitamente ed è maggiormente conosciuto il

secondo volume di questa opera piuttosto ricercata, scritta originariamente in tedesco nel 1736, poi pubblicata in francese nel 1745, e tradotta senza grande successo in Italia; vista la scarsa diffusione tra i teologi italiani non vi furono successive edizioni. Si occupò della traduzione e della revisione del testo il già citato Pierre Lyonnet, che fu segretario e traduttore per il governo olandese, ma che era anche artista e incisore e divenne in seguito naturalista.

Lo scritto palesa lo sforzo di Lesser di ricercare l’onnipotenza divina riflessa negli straordinari meccanismi degli insetti. Citando fra gli altri S. Agostino, Plinio e Tertulliano, l’autore sostenne che l’opera di Dio non fosse meno presente in questi piccoli esseri che in qualsiasi altro meraviglioso animale, compreso l’uomo, considerato la sua creatura più

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perfetta. Anzi, è proprio negli esseri più minuti che la sapienza divina si faceva più evidente.

Tra i vari autori che proposero illustrazioni e riflessioni sugli insetti, nella Teologia vengono citati Maria Sibylla Merian, elogiata per il contributo dato alla scienza circa la metamorfosi, per l’accuratezza delle sue immagini e per l’intraprendenza che l’aveva portata a viaggiare in Suriname per estendere le sue ricerche oltre i confini del suo paese; Ulisse Aldrovandi, che aveva dedicato molto tempo a viaggiare per approfondire le sue conoscenze sugli insetti e pagando inoltre per ben trent’anni un pittore affinché illustrasse le sue ricerche; e René-Antoine Ferchault de Réaumur, del quale ricorda in particolare le già citate Mémoires pour servir à l’histoire des insectes, di cui riporta l’elogio dei giornalisti dell’epoca concordi nel definire l’opera “un prodigio d’erudizione, d’esattezza, d’eleganza e di graziosi ritrovamenti”.34

Dopo una lunga introduzione che passa in rassegna i contributi apportati nel passato circa gli insetti, Lesser apre la Teologia fornendo indicazioni sulla loro generazione, opera a suo parere della potenza divina (scrive infatti di creazione), unica fonte di vita per tutti gli esseri, i quali, indipendentemente dal Regno a cui appartengono (animale o vegetale, ma Lesser include anche i minerali) derivano appunto per volontà del Creatore dall’acqua e sono composti della stessa materia.

Lesser insiste sulla loro perfezione, la stessa che contraddistingue tutti gli esseri: anche gli insetti, per essendo privi di ossa e di sangue, pur essendo stati considerati da molti come esseri abbietti, o inutili a causa della loro piccolezza, vengono definiti nel suo testo come perfettamente conformati, dotati di tutto ciò di cui hanno bisogno.

La questione della suddivisione in classi rimane piuttosto confusa; nel terzo capitolo infatti gli insetti sono distinti a seconda di vari criteri, primi fra tutti la presenza o la mancanza di zampe. All’interno della prima classe si differenziano poi gli insetti non alati da quelli con

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ali, e le formiche (quelle bianche, quelle rosse delle Indie, i “formiconi” e quelle delle Isole Filippine) sono inserite fra i molti insetti non alati a sei zampe. Ma proprio qui la scelta di collocare una specie all’interno di una classe risulta poco chiara, perché poco più avanti Lesser inserisce le formiche nella categoria di insetti dotati di ali lisce.

Tra i vari argomenti toccati dall’autore figura la generazione: Lesser si riferisce a una “regola generale”35, da cui nemmeno gli insetti potevano sottrarsi, ovvero l’accoppiamento

fra maschio e femmina da cui si genera appunto un altro essere vivente, e nel caso specifico degli insetti, uova. Le caratteristiche delle uova variano fra specie e specie, sia per grandezza sia per composizione e struttura, così come varia il loro numero (Lesser riporta anche esperienze personali, in cui ad esempio aveva potuto osservare la deposizione di quattrocentotrenta uova della grandezza di un grano di miglio da parte di una farfalla, che il giorno dopo ne depose altre centosessanta). Con l’aiuto del microscopio Lesser ne ammira il contenuto, anch’esso ritenuto un segno della maestria e della sapienza con cui il creatore ha potuto collocare “tante cose in uno spazio così ristretto”36.

Lesser richiama a questo punto l’attenzione del lettore sulla noncuranza degli insetti rispetto alle proprie uova: una volta deposte, scrive, le abbandonano, lasciando il compito di farle nascere alla natura, attitudine che li distingue tanto dagli esseri umani quanto dal resto degli animali; solo i pesci sotto questo aspetto gli risultano imitatori del comportamento degli insetti. Su questo punto Lyonnet scrive un’ampia nota, specificando che ci sono in realtà diverse specie che rivolgono alle uova deposte una dedizione e una cura degne di menzione. Tra queste ricorda le api, i ragni, le mosche, e le formiche, la cui premura verso la prole è ammirevole:

La cura che ha la formica de’ parti suoi, è assai più degna di ammirazione. Che pena non si dà, per trasportarli, quando è bel tempo, dal fondo del suo soggiorno

35Ivi, p. 111. 36Ivi, p. 116.

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sopra terra, perché ricevano i dolci influssi del Ciel sereno? Che premura non dimostra per ritornarli all’antico nido allor che il Sole incamminasi all’Occidente, e l’aria incomincia ad inrigidire? Che desolamento non fa vedere, se per sorte disturbata venga la sua dimora e le Ninfe ne rimangano qua e là disperse? Le vedrete cercarle per ogni lato con indicibile diligenza, raccogliere tutte quelle, che le vien fatto di ritrovare e metterle a coperto in qualche luogo di sicurezza, frattantoché la loro stanza al primo ordine sia ritornata, ove ben tosto ha l’attenzione di ricondurli.37

Così Lyonnet fornisce esempi sufficienti per correggere in qualche modo un pensiero che poteva risultare troppo generalizzante.

Affrontando in seguito la metamorfosi di cui “i soli insetti son capaci”38, Lesser si mostra

convinto che le trasformazioni a cui essi vanno incontro riguardino esclusivamente la sfera esteriore, senza comportare cambiamenti sostanziali. Per suddividere i vari tipi di metamorfosi a seconda dei mutamenti che occorrono, Lesser prende come modello le quattro classi già individuate da Swammerdam, e ne riporta un breve sommario collocando vari insetti in ciascuna classe. Chi invece ne dà una descrizione più ampia e dettagliata è Lyonnet che dedica all’argomento una fitta nota in più pagine.

Dopo aver ricordato in cosa differiscono le quattro classi di trasformazioni, sottolinea l’insufficienza dei due soli termini usati per differenziare le ninfe dalle crisalidi: a suo avviso sarebbe necessario aggiungere un terzo termine per distinguere le Ninfe del primo tipo (le cui membra a questo stadio restano libere di muoversi e l’insetto può persino nutrirsi autonomamente) da quelle del secondo (in cui gli arti si trovano tutti ripiegati sul petto dell’animale così incapace di procurarsi il cibo da solo). Lyonnet propone allora di conservare il nome Ninfe per gli appartenenti al secondo gruppo, e di adottare semi-Ninfe o mezze-Ninfe per i membri del primo, che non sarebbe poi così distante dall’animale che le produce.

37Ivi, p. 117. 38Ivi, p. 122.

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Precisazioni di Lyonnet a parte, in questo capitolo Lesser colloca le formiche nella seconda classe:

La trasformazione della seconda classe consiste in ciò che l’insetto, il qual si trova nell'uovo sotto una forma mascherata e senza alimento, dopo d'essersi fortificato per l'evaporazione degli umori sovrabbondanti, esce dal guscio, e fa vedersi sotto sembiante d'un insetto non alato, che per altro ha tutti i suoi membri; il quale in questo stato mangia e cresce, fin che, essendo rientrato perla seconda volta come in un altro stato di Ninfa, ne sorte coll'ali, e con virtù di propagare la propria specie. Io pongo in questa classe le Formiche […].39

Come avevo già accennato, la classificazione delle formiche non è del tutto chiara in Lesser, tant’è vero che nella nota alla parte di testo appena citata, Lyonnet corregge l’autore, sostenendo che le formiche appartengano alla terza classe, nella quale anche Swammerdam le aveva poste, e giustificandolo per l’errata collocazione forse avvenuta “per abbaglio”40.

Lesser precisa che la metamorfosi a cui vanno incontro gli insetti non è l’unico loro cambiamento: si assiste spesso (ogni specie a suo modo) alla muta delle pelle, ampiamente descritta in seguito. Il capitolo si conclude con una precisazione circa i modi e i tempi delle varie metamorfosi, la cui perfezione non può a suo avviso essere attribuita al caso, ma diviene ovviamente il “luogo” in cui “riconoscere i precisi segni della infinita sapienza del Creatore”41.

Successivamente torna a trattare delle formiche, quali insetti che popolano la terra sia in superficie sia al suo interno. Ed è ancora una volta Lyonnet che dedica a questi insetti più spazio nelle note di quanto non gli venga riservato nel testo da Lesser. In particolare parla delle formiche delle Indie orientali come insetti fra i più dannosi, ma anche dotati di notevole ingegno: riferisce infatti testimonianze circa i loro spostamenti attraverso canali

39Ivi, p. 132. 40Ibidem. 41Ivi, p. 147.

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scavati nel terreno, durante i quali sono capaci di crearsi un varco all’interno degli ostacoli che eventualmente incontrano, o comunque di trovare il modo di aggirarli qualora la loro consistenza non permetta di penetrarli, o circa la loro abilità nello scalare colonne e muri per recarsi ad altezze elevate. La loro laboriosità si rivela in numerose occasioni, spesso in spazi angusti, nei quali centinaia di formiche lavorano incessantemente, ciascuna perseguendo il proprio compito “con indicibile sollecitudine”42.

Ci sono nel testo pochi accenni alle abitudini alimentari delle formiche: ad esempio Lesser cita una specie di formiche pellegrine, che si nutre di ragni, e riporta tra l’altro l’esperienza di Ernst Christoph Barchewitz43, ufficiale della Compagnia delle Indie Orientali, che

effettuò una spedizione in India tra 1709 e il 1711, e successivamente per 11 anni nell’arcipelago malese; durante questi viaggi raccolse informazioni e dettagli importantissimi sulla flora, la fauna ma anche sugli usi e i costumi delle popolazioni locali, il tutto poi trascritto in un rapporto di viaggio che risultò utile a storici, scienziati ed etnologi dell’epoca. Secondo la sua teoria le formiche si nutrirebbero perfino di ferro, tesi prontamente screditata da Lyonnet.

Ma più avanti è lodato il lavoro delle formiche che prima dell’arrivo del freddo, come anche sono solite fare le api, raccolgono le provviste per l’inverno e le portano in un luogo di facile accesso, chiudendole “come in una specie di granaio”44. A tal proposito Lesser

riporta la stessa citazione che si trova all’inizio del capitolo tratta dai Proverbi dell’Antico Testamento.

Ovviamente il merito della struttura degli insetti che permette loro di procurarsi il cibo, sia dell’istinto che li guida a fare scorte all’avvicinarsi dell’inverno è da attribuire al Creatore che avrebbe perfettamente “programmato” gli insetti, consentendo loro così di agire

42Ivi, p. 159.

43 Barchewitz (1730). 44 Lesser (1751, p. 219).

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sapientemente pur essendo privi (a suo avviso) di raziocinio, e avendo altrettanto perfettamente strutturato il mondo e la sua varietà per un connubio impeccabile.

Così come Dio ha provveduto al loro sostentamento, lo stesso ha fatto per la loro difesa, premurandosi di provvederli di quegli strumenti che meglio fossero adatti alla loro dimensione e industriosità. Passando in rassegna vari insetti, Lesser illustra nuovamente l’abilità delle formiche ben descrivendo le volte sotterranee che le stesse costruiscono:

Codesti insetti hanno un magazzino a tutti comune, né alcuna delle formiche fa provvigione per sé particolarmente. Questo magazzino è diviso in più stanze, che hanno comunicazione insieme. Sono cavate così avanti dentro terra che né la pioggia, né la neve possono penetrarvi l’inverno. I sotterranei che si fanno nelle Piazze forti, sono invenzione assai più moderna, che quei delle formiche; e pure la loro struttura non ha che fare con la perfezione, colla quale questi piccoli animali fanno fabbricare i loro.45

Nel secondo tomo viene dato più spazio alle strutture interne ed esterne degli insetti e al loro uso e abuso in vari campi della vita quotidiana. Dopo aver esaminato i sensi degli insetti, le loro membra esterne ed interne, Lesser elogia la loro bellezza in quanto esseri divini e analizza alcune delle loro caratteristiche singolari, riportando ad esempio la testimonianza di Ogier Ghiselin de Busbecq46 (citato come E. G. Augerio Busbequio),

umanista, botanico e ambasciatore dell’Impero Romano a Costantinopoli di origini francesi, il quale riporta di una formica indiana grande quanto un cane di mezza taglia, osservata allora in Turchia.

Per quanto riguarda l’uso generale degli insetti, Lesser smentisce immediatamente la credenza comune che ne farebbe degli esseri inutili: innanzitutto servono a molti popoli come nutrimento: ad esempio racconta come gli abitanti della Nuova Spagna mangiassero

45 Ivi, pp. 262-3. 46 Cfr. Forster (2005).

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proprio le formiche; tra gli insetti più importanti per l’uomo cita le api, che forniscono miele e cera, il baco da seta sfruttato nella produzione dell’omonimo tessuto, e molti altri usati per ricavarne colori e tinture.

Lesser sottolinea come, a torto, l’uso degli insetti nel campo della medicina non sia comune quanto quello degli altri animali, potendo avere questi largo impiego nella botanica, nell’osteologia, nell’anatomia, nella terapeutica ecc..

In vari modi e occasioni si impiegano formiche a scopo terapeutico:

Le formiche riscaldano, disseccano, ed eccitano agli esercizi di Venere: il loro acido odore risveglia mirabilmente gli spiriti vitali. Le più grandi sono rimedio della tigna, rogna, lebbra ec. Per servirsene, conviene dissolverle con un poco di sale, e ungerne la parte infetta. Lo spirito estratto dalle formiche è eccellentissimo per tutti gli accidenti d’orecchie, come tintinnamento, sordità ecc. apponendovi la bambagia bagnata in codesto spirito; fortifica tutti i sensi, richiama la memoria, rinnova le forze, e dà vigore nel coito. Dee preferirsi a tutte l’acque apoplettiche e corroboranti, sopra tutto per la guarigione de’ catarri soffocatori. Esteriormente s’usa nelle contorsioni o storcimenti, nell’apoplessia nell’atrofie, o dimagrimenti particolari, cagionati dalle ferite, si mesce con acque convenevoli ai nervi, e con ispiriti artritici. Le uova delle formiche giovano a chi ha l’udito assai duro. Bagnandone le guance de’ Fanciulli, fa lor cadere quella lanugine, che diciamo pelo matto. Preso alla dose di una dramma, non può credersi, quanta ecciti ventosità. Se si fa bollire un formicajo nell'acqua, e che uno se ne lavi, riscalda, dissecca, e fortifica i nervi. Quindi è che s'adopra contro la podagra, la paralisìa, i morbi della matrice, e la Cachessìa. Ne formicaj si trovano pezzetti di materia, che ha odore d'incenso, o d'ambra. Questi Animali gli formano dalla resina d' Abete, e questi sono i profumi, che più si frequentano nella Germania e nella Norvegia.47

Come si può vedere Lesser riserva ampio spazio proprio a questi insetti a conclusione del capitolo dedicato alla medicina, e nel capitolo successivo subito le annovera fra gli insetti più importanti nella catena alimentare animale: di formiche si cibano grilli, orsi, camaleonti

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e alcuni uccelli, fra cui pernici e fagiani, nutrono i propri piccoli con loro uova. Sarebbe questo uno dei motivi per cui le formiche sono così abbondanti sulla terra.

Ma la vita degli insetti ha ovviamente anche risvolti negativi: tutti conoscono le devastazioni negli orti e nelle campagne, o la loro talvolta infestante presenza nelle case e nelle città. Lesser ricorda come già Maria Sibylla Merian avesse descritto la capacità di questi piccoli esseri di distruggere il fogliame di un intero albero in una sola notte. Ovviamente ogni aspetto negativo della vita degli insetti ha nell’ottica dell’autore un senso e un fine che corrispondono alla volontà suprema di Dio. Il testo infatti è fondamentalmente un’opera teologica, ma nonostante questo trovano spazio importanti riflessioni sulla vita e le abitudine degli insetti, e sulla loro relazione con la vita degli altri animali e dell’uomo in particolare.