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Ciclo economico, occupazione e disoccupazione in Italia

All’interno dello scenario europeo la posizione dell’economia italiana resta fra le più difficili. Dal punto di vista dell’andamento del ciclo, l’Italia ha apparentemente condiviso i punti di svolta degli altri paesi dell’area euro, ma ha mantenuto costantemente un gap di crescita sfavorevole rispetto alle economie del centro, Germania in particolare. Di fatto, dalla metà del 2013 nonostante diversi indicatori avessero anticipato una fase di graduale recupero, l’economia ha continuato ad alternare variazioni di segno diverso, ma prossime a zero. Peraltro, le prospettive restano ancora incerte, e non è ancora scontato che il superamento della crisi sia prossimo. Si guarda quindi con apprensione al segno degli indicatori congiunturali che, come in altri paesi europei, hanno recentemente evidenziato qualche sintomo di esitazione.

Un bilancio delle perdite di prodotto maturate fra il 2007 e l’inizio del 2014 è possibile in base al grafico seguente. Le aree ombreggiate indicano le fasi di recessione attraversate dall’economia dai primi anni novanta. La retta estrapola dopo il 2007 la tendenza del Pil italiano nel periodo precedente, ovvero ci dice di quanto saremmo cresciuti qualora non ci fosse stata la “grande crisi” e il nostro prodotto fosse aumentato ai pur blandi ritmi del periodo 1991-2007. In effetti, il Pil italiano, che ha subito una contrazione di oltre l’8 per cento negli ultimi anni, sarebbe invece aumentato di quasi il 9 per cento, e risulterebbe del 19 per cento superiore ai livelli attuali. Si tratta dunque di una perdita clamorosa, che rappresenta l’esito di due recessioni consecutive, rivelatesi particolarmente profonde: la prima va dal quarto trimestre del 2007 al secondo del 2009, e la seconda inizia dal terzo trimestre 2011 anche se non è ancora stabilita la datazione ciclica ufficiale per l’ultimo punto di svolta2.

Le difficoltà osservate nel corso della prima parte dell’anno, con due trimestri consecutivi di contrazione del Pil, contrastano con l’andamento di diversi indicatori. Alcuni di essi, ad esempio il clima di fiducia delle imprese e delle famiglie, hanno effettivamente descritto una fase di recupero.

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Sul tema della datazione del ciclo vi è tuttora dibattito. Non è immediato stabilire se le lievi contrazioni della prima parte del 2014 vadano considerate una estensione dell’ultima recessione, piuttosto che una terza recessione a sé stante.

Italia - Prodotto interno lordo 75 80 85 90 95 100 105 110 91 94 97 00 03 06 09 12 Indice 2007 = 100

Elaborazioni REF Ricerche su dati Istat

Datazione ciclica italiana

minimo iniziale

massimo minimo finale

espansione contrazione ciclo completo

1 mag-45 set-47 mar-48 28 6 34

2 mar-48 ago-51 mag-52 37 13 50

3 mag-52 set-57 ago-58 64 11 75

4 ago-58 ott-63 gen-65 62 15 77

5 gen-65 ott-70 ott-71 69 12 81

6 ott-71 mar-74 mag-75 29 14 43

7 mag-75 feb-77 dic-77 21 10 31

8 dic-77 mar-80 mar-83 27 36 63

9 mar-83 mar-92 lug-93 108 16 124

10 lug-93 nov-95 nov-96 28 12 40

11 nov-96 dic-00 mag-03 49 29 78

12 mag-03 ago-07 giu-09 51 22 73

13 giu-09 ago-11 26

fonte: Isae-Istat, REF Ricerche per gli ultimi due cicli

Se si passa ad esaminare le tendenze del mercato del lavoro, si coglie subito come, in linea con la stagnazione dell’economia, il ciclo alla domanda di lavoro non sia ancora ripartito. L’occupazione ha continuato a contrarsi ancora, nel corso della seconda metà del 2013, sia pure ad un ritmo meno marcato rispetto ai trimestri precedenti, e si è poi stabilizzata nella prima parte del 2014, anche se in termini di unità di lavoro la tendenza è stata ancora flettente.

Permangono anche ampie divaricazione territoriali: difatti al Centro-nord l’occupazione si è stabilizzata, mentre al Sud la caduta si è protratta ancora in misura marcata.

Il protrarsi della fase di flessione dell’occupazione ha scoraggiato l’ingresso nel mercato del lavoro tant’è che, nel corso del 2013 e nella prima parte del 2014 le forze di lavoro sono rimaste sostanzialmente stabili. La caduta dell’occupazione si è tradotta pressoché integralmente in un aumento del numero di disoccupati nel corso del 2013. Nella prima parte del 2014 con l’arresto dalla contrazione dei livelli occupazionali anche il numero di disoccupati si è stabilizzato.

I progressi per il mercato del lavoro italiano non potranno che essere molto graduali. Oltre al fatto che la ripresa dell’economia stenta a materializzarsi, va anche ricordato che la domanda di lavoro tradizionalmente segue l’attività economica con un lag temporale; tale ritardo è stimabile in circa due-quattro trimestri a seconda delle diverse fasi storiche (Mameli P., 2014), il che lascerebbe presumere che il mercato del lavoro potrebbe iniziare a beneficiare di un contesto congiunturale meno sfavorevole non prima dell’inizio del 2015 nella migliore delle ipotesi.

Le tendenze in atto suggeriscono quindi che i tempi della svolta del mercato del lavoro potrebbero essere lunghi. Al proposito, le indagini Istat presso le imprese avevano mostrato una prima inversione di segno delle valutazioni che queste esprimono sulla consistenza degli organici. La tendenza si è però invertita nel corso degli ultimi mesi, il che conferma che le imprese non vedono al momento l’esigenza di ampliare gli organici e che i tempi dell’inversione del ciclo dell’occupazione saranno molto lenti.

Italia: attese sull'occupazione, imprese manifatturiere -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 10 15 00 02 04 06 08 10 12 14

Elaborazioni REF Ricerche su dati Commissione europea

Italia: attese sull'occupazione, imprese delle costruzioni -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 00 02 04 06 08 10 12 14

Italia: attese sull'occupazione, imprese dei servizi -25 -20 -15 -10 -5 0 5 10 15 20 25 30 00 02 04 06 08 10 12 14

Elaborazioni REF Ricerche su dati Commissione europea

Un aspetto importante è rappresentato dal fatto che è possibile che in alcune imprese vi sia ancora manodopera sottoutilizzata, come evidenziato dalla caduta dei livelli della produttività del lavoro degli ultimi anni e dal crollo dei margini di profitto; in queste circostanze, la ripresa si dovrebbe tradurre in un incremento della produttività più che in un innalzamento delle ore lavorate. Fra l’altro, nel settore industriale vi è un ampio stock di lavoratori in Cassa integrazione; per cui le imprese dovranno inizialmente riassorbire questi lavoratori, prima di procedere con nuove assunzioni.

Alcune principali evidenze su questi aspetti sono illustrate nella tavola allegata. I dati mostrano che in un periodo lungo oramai sei anni la maggior parte dei settori ha registrato una contrazione della produttività del lavoro, ovvero la domanda di lavoro si è contratta meno del valore aggiunto. In mancanza di crescita della produttività, anche la variazione del costo del lavoro per unità di prodotto è risultata significativa. Peraltro, date le difficili condizioni di contesto, le imprese non sono neanche riuscite a traslare interamente sui prezzi dell’output gli aumenti dei costi unitari, tant’è che la variazione del Clup ha superato in quasi tutti i settori quella del deflatore del valore aggiunto. La contrazione subita dai margini di profitto indica che le imprese dovranno sfruttare le opportunità che verranno concesse da una domanda finale più vivace puntando su incrementi della produttività, piuttosto che dell’occupazione.

Attività economica, domanda di lavoro, costi e prezzi nei maggiori settori dell'economia variazioni % cumulate, 2007-2013 Valore aggiunto Unità di lavoro Produttività del lavoro Costo del lavoro

Clup Deflatore del valore aggiunto Costo del lavoro reale Agricoltura -6.5 -10.3 4.3 11.9 7.3 6.7 4.9 Ind s.s. -15.9 -16.3 0.5 19.1 18.4 4.7 13.7 Costruzioni -26.7 -20.4 -7.9 18.2 28.3 22.4 -3.5 Servizi di cui: -4.1 -1.9 -2.2 9.3 11.8 9.6 -0.2 Comm, ripar, alberghi pub es, trasp -10.3 -4.8 -5.7 13.5 20.3 14.4 -0.8 Comunicazioni e informazione -4.4 -0.1 -4.3 11.6 16.6 -8.3 21.7 Att finanz e assicurative 13.0 -4.4 18.3 0.2 -15.3 -8.4 9.4 Att.immobiliari -1.7 -1.3 -0.4 17.5 18.0 16.2 1.1 Attività professionali scientif tecniche -9.7 5.3 -14.2 12.7 31.4 16.5 -3.3 PA, Istruzione, sanità altri -1.9 -4.3 2.5 7.6 5.0 5.1 2.4 Attività artistiche, intratt. e altri 2.2 4.8 -2.4 16.0 19.0 26.6 -8.3

Totale -8.0 -6.7 -1.4 12.1 13.6 9.3 2.6

Elaborazioni REF Ricerche su dati Istat

La tavola mostra anche come la crescita del costo del lavoro - espressa in termini reali sulla base del deflatore del valore aggiunto - appaia significativa soprattutto nell’industria. I settori esposti alla concorrenza internazionale non sono stati in condizione di espandere i loro prezzi durante gli anni scorsi. Tale situazione è acuita dal deprezzamento di diverse valute dei paesi emergenti, che esercitano una pressione al ribasso sui prezzi dei manufatti internazionali.

Un altro aspetto da ricordare è che negli anni passati la crisi ha anche determinato una riduzione delle ore lavorate per occupato, soprattutto attraverso l’incremento della diffusione del lavoro part-time. In molti casi il part-time costituisce una soluzione di ripiego per i lavoratori; ad essa ci si riferisce spesso con l’espressione di “part-time involontario”. E’ possibile che appena se ne presenterà l’opportunità, questi lavoratori cerchino di ampliare l’orario di lavoro, incrementando così le ore lavorate pro-capite. Dato il ritardo che caratterizza il ciclo della produzione e quello dell’occupazione, il lag temporale che intercorre fra ripresa del ciclo e condizioni del mercato del lavoro tende poi ad ampliarsi ulteriormente se si fa riferimento all’andamento del tasso di disoccupazione. La relazione fra ciclo economico e tasso di disoccupazione è nota come “legge di Okun”. Secondo tale relazione si ha un assorbimento della componente ciclica del tasso di disoccupazione se l’output gap tende a ridursi, ovvero se la crescita economica supera il potenziale. Ne deriva che, per quanto la crescita del Pil potenziale oggi in Italia sia molto bassa, vicina a zero, appare comunque necessario che la variazione del Pil si porti almeno su tassi sopra l’1 per cento prima di osservare qualche beneficio sull’andamento del tasso di disoccupazione.

Questo anche perché la ripresa dell’occupazione può portare nuovi lavoratori a entrare nel mercato, attratti dalla maggiore probabilità di trovare un impiego. Se l’elasticità dell’offerta di lavoro rispetto all’andamento dell’occupazione risulta elevata, anche il numero di disoccupati tende a rimanere elevato.

In conclusione, l’economia è ancora troppo debole per poter determinare in tempi brevi un chiaro miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro, anche considerando che le difficoltà del quadro economico generale stanno esercitando una pressione significativa al ribasso sull’andamento delle retribuzioni.