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I cassintegrati si concentrano soprattutto al Centro-nord

Nel documento DEL LAVORO 2013 - 2014 RAPPORTO SUL MERCATO (pagine 127-131)

La ripartizione delle ore di Cig autorizzate per area geografica ha riguardato le regioni del Centro-nord all’incirca per 890 milioni di ore, pari al 76 per cento del totale nazionale, mentre al Sud si conteggiano 278 milioni di ore richieste dalle imprese, poco più di un quinto del totale complessivo. Nelle regioni del Nord e in quelle del Sud rispetto al 2012 è cresciuto soprattutto il ricorso alla Cig straordinaria, mentre in quelle del Centro l’incremento complessivo è dovuto più che altro alla Cassa ordinaria; la cassa in deroga si è invece ridotta in tutte e tre le principali aree geografiche.

In media d’anno, il numero stimato di equivalenti occupati momentaneamente sospesi dall’attività produttiva è stato pari a circa 173 mila al Centro-nord e 63 mila al Sud: la

divergenza dipende dal peso elevato dell’industria sul totale degli occupati nelle regioni Centro-settentrionali e della maggiore presenza di imprese di piccola dimensione al Sud. Questo aspetto ha giocato un ruolo importante nel corso della crisi in quanto la Cig è stato lo strumento principale di politica del lavoro adottato in Italia. Le caratteristiche dello strumento hanno fatto sì che venisse utilizzato in maniera inferiore nelle aree dove la crisi del mercato del lavoro è stata più acuta, e dove i lavoratori che hanno perso l’impiego avevano minori chances di ricollocazione nel territorio.

Equivalenti occupati in Cig al Centro-nord

0 50 100 150 200 250 300 350 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14

ore erogate; Equivalenti occupati totale economia; dati in migliaia Elaborazioni REF Ricerche su dati Inps

Equivalenti occupati in Cig al Sud 0 10 20 30 40 50 60 70 80 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14

ore erogate; Equivalenti occupati totale economia; dati in migliaia Elaborazioni REF Ricerche su dati Inps

ordinaria straordinaria e deroga

I segnali di stabilizzazione dell’economia emersi a inizio 2014 rendono plausibile un arresto della crescita del ricorso alla Cig durante l’anno in corso; tuttavia i dati sulla prima metà dell’anno indicano ancora una situazione di emergenza. Nei primi sei mesi del 2014 le imprese hanno già richiesto 560 milioni di ore di Cassa integrazione; il dato è in lieve diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2013, ma scomponendo tale andamento per tipologia di intervento si osserva che al calo della Cig ordinaria e di quella in deroga, si contrappone la crescita delle ore di Cig straordinaria (+20 per cento nel periodo di riferimento). Si stima che tra gennaio e giugno i lavoratori in Cassa straordinaria sarebbero circa 128 mila; queste persone sono a maggior rischio di essere poste in mobilità, per poi essere definitivamente licenziate, pertanto queste dinamiche fanno presupporre che nei mesi a venire si assisterà ancora a distruzione di posti di lavoro. Tale possibilità è elevata soprattutto per i lavoratori collocati in cassa integrazione a zero ore, le cui opportunità di re-impiegarsi presso le stesse imprese sono minate dalle difficoltà cui queste ultime sono andate incontro.

In aggiunta non va dimenticato che il riassorbimento dei cassintegrati tende a rallentare la creazione di nuovi posti di lavoro.

Relativamente al sistema delle tutele in caso di sospensione momentanea del lavoratore, l’intenzione del Governo è quella di mantenere in vita l’istituto della Cassa integrazione ordinaria e straordinaria, riportandolo però all’utilizzo originario, ovvero quello di

assistenza in caso di crisi aziendali temporanee, e di eliminare invece la Cig in deroga secondo la dead-line prevista dalla Legge Fornero (31 dicembre 2016).

Gli altri interventi in materia di lavoro adottati dal Governo Renzi sono contenuti nella Legge n.78/2014 in vigore da maggio di quest’anno, e mirano in primis ad aumentare la flessibilità in entrata, tramite la liberalizzazione del contratto di lavoro a termine. Con l’obiettivo di massimizzare la creazione di nuova occupazione in questa fase iniziale di ripresa si è infatti ampliata la facoltà per le imprese di assumere a termine senza dover indicare la causale per i primi tre anni del contratto, rimuovendo così alcune delle rigidità introdotte dalla legge Fornero.

Questo cambiamento offre lo spunto per offrire una valutazione di alcune caratteristiche del mercato del lavoro italiano nel confronto con gli altri paesi europei, sulla base degli indicatori di protezione dell’impiego dell’Ocse, e per ipotizzare come questi potranno ulteriormente modificarsi alla luce dei cambiamenti recentemente introdotti.

2.2 Regolamentazione e flessibilità del mercato del lavoro.

L’evoluzione recente degli indicatori Ocse

Gli indicatori Ocse di protezione dell’impiego sono indici sintetici che misurano il grado di rigidità del mercato del lavoro di un determinato paese, analizzando le procedure e l’entità dei costi che le imprese devono affrontare nella fase di licenziamento di lavoratori con contratti standard o in quella di assunzione di lavoratori con contratti a tempo determinato.

L’analisi e la quantificazione (per quanto approssimativa) dei diversi regimi di

protezione dell’impiego attraverso questi indici risulta importante nell’ottica dello

studio del possibile impatto di regimi più o meno rigidi sul mercato del lavoro e per la valutazione di eventuali riforme o evoluzioni nella legislazione del lavoro. La costruzione di ranking internazionali può avere l’obiettivo di valutare il grado e il tipo di tutele di cui gode il lavoratore nei diversi paesi, oltre che di evidenziare la relativa onerosità della regolazione del mercato del lavoro per le imprese, anche al fine di poterne valutare i riflessi sulla posizione competitiva.

Essa si esplicita nell’assegnazione di una valutazione numerica compresa tra 0 nel caso di mercati del lavoro completamente flessibili (massima facilità di ricorrere all’interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato o di utilizzare contratti di lavoro di durata prefissata) e 6 nel caso di mercati del lavoro molto rigidi (massima difficoltà).

Recentemente questi indicatori sono stati rivisti e aggiornati dall’Ocse. Rispetto alle versioni precedenti, che consideravano tre aspetti fondamentali24, ora si tiene conto (seppur parzialmente) anche delle previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro e

24

Le previsioni normative considerate per la costruzione degli indici sintetici di EPL (Employment

Protection Legislation) riguardavano tre grandi aree: (i) interventi o procedure che regolamentano il

licenziamento individuale di lavoratori assunti a tempo indeterminato; (ii) costi aggiuntivi in caso di licenziamenti collettivi; e (iii) forme di regolamentazione relative all’utilizzo dei contratti di lavoro a termine.

della giurisprudenza giuslavorista. Si è quindi avuta una revisione complessiva delle serie storiche degli indici di protezione dell’impiego, oltre ad un aggiornamento al 2013. Ciò significa che il dato più recente per il nostro Paese incorpora le disposizioni della riforma Fornero (legge 92/2012), che ha riguardato sia la flessibilità in uscita (introducendo modifiche relative all’articolo 18), sia quella in entrata (tramite una razionalizzazione delle tipologie contrattuali).

Dalla fine degli anni ’90 al 2008: la flessibilità in Italia aumenta grazie

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