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Il piano strategico per l’occupazione e l’inclusione sociale dell’Italia nel PNR 2014

Nel documento DEL LAVORO 2013 - 2014 RAPPORTO SUL MERCATO (pagine 190-193)

Raccomandazioni comunitarie

1.2 Il piano strategico per l’occupazione e l’inclusione sociale dell’Italia nel PNR 2014

Nel quadro del semestre europeo, il Piano Nazionale di Riforme del 2014 risponde dunque al duplice obiettivo di disegnare la strategia futura del paese nell’ambito di Europa2020 e al contempo presentare le riforme messe in atto nel corso dell’ultimo anno per rispondere alle Raccomandazioni espresse dalla Commissione a maggio 2013 e ratificate dal Consiglio Europeo del 27 e 28 giugno 2013. Con il progressivo rafforzamento dei meccanismi di sorveglianza multilaterale, poi, è indubbio che il Piano Nazionale di Riforme costituisca ormai anche una risposta “preventiva” a quelle che potranno essere le Raccomandazioni Specifiche adottate dal Consiglio Europeo per l’anno successivo. Infatti, l’infittirsi degli appuntamenti di verifica e di confronto tra Commissione Europea e singoli Stati Membri, nonché le revisioni tematiche effettuate in seno ai principali comitati in seno alla Commissione (EPC, EMCO, SPC) consentono di verificare i progressi compiuti nell’adempiere alle precedenti Raccomandazioni e al

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contempo di evidenziare eventuali nuove sfide che si affacciano nello scenario socio-economico dei singoli paesi47.

Inquadrato in tale prospettiva, il Piano Nazionale di Riforme presentato dall’Italia nel 2014 identifica in una accelerazione del processo di riforma strutturale dell’economia il prerequisito per una ripresa della crescita economica e dell’occupazione, declinati attraverso il richiamo ai principi cardine della strategia Europa2020: sostenibilità, inclusività e intelligenza. Il piano di azione annunciato dal Governo nel documento presentato ad aprile si muove su tre principali assi: quello delle riforme istituzionali, quello delle riforme in ambito economico e quello delle riforme del mercato del lavoro. Se è vero che ai fini di questo rapporto sarà utile limitare l’attenzione agli scenari delineati per il mercato del lavoro, occorre rilevare l’interconnessione esistente tra gli ambiti di riforma non solo per quanto attiene alla necessaria complementarietà degli interventi richiamata dallo stesso Piano ed agli effetti che un’auspicata ripresa possono generare sull’occupazione, ma anche con riferimento a specifici aspetti che interagiscono direttamente con il contesto istituzionale e con i fenomeni del mercato del lavoro. La annunciata riforma del titolo V, ad esempio, potrebbe andare anche nella direzione di razionalizzare l’attuale riparto di competenze in materia di politiche attive del lavoro. Al contempo, una riforma del fisco che ponga tra i suoi obiettivi quello di ridurre il cuneo fiscale sul costo e sui redditi da lavoro e trasferirlo a consumi e patrimonio (come tra l’altro indicato dalla Commissione Europea nelle sue Raccomandazioni all’Italia) non può che avere effetti sulla domanda e sull’offerta di lavoro, in particolare di quella femminile.

Per quanto attiene al percorso indicato per una riforma organica del mercato del lavoro, il Piano Nazionale di Riforme 2014, oltre a ricordare le modifiche introdotte in materia di lavoro a tempo determinato e apprendistato contenuti nel c.d. Decreto Poletti (d.l. n. 34/2014)48, ripercorre il disegno tracciato nella proposta di legge delega presentato dal Governo alle Camere in aprile e attualmente all’esame del Senato (A.S. 1428). Il riordino delle forme contrattuali rappresenta la risposta del Governo al persistente dualismo in un mercato del lavoro fortemente caratterizzato da “rendite di posizione” e alle difficoltà di inserimento stabile dei giovani nel mercato del lavoro. Tale dualismo, distorcendo l’allocazione ottimale di capitale umano, genera un disallineamento tra aumento dei salari e guadagni di produttività. Il disegno di riordino prevede una razionalizzazione delle forme contrattuali attualmente esistenti nell’ottica di rendere più coerente il quadro normativo con il contesto occupazionale nazionale e internazionale. A tal fine sembra delinearsi la definizione di un nuovo testo organico che semplifichi e armonizzi la disciplina relativa a diversi istituti contrattuali, sempre che, attraverso il processo di razionalizzazione, non si ravveda la necessità di sopprimerne alcuni. Si

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Architravi del processo di sorveglianza e di monitoraggio dell’evoluzione della situazione socio-economica nell’ambito delle politiche per l’occupazione e le politiche sociali sono il Joint Assessment

Framework, l’Employment Performance Monitor e il Social Protection Performance Monitor. 48

prevede anche l’eventuale introduzione di un contratto a tutele crescenti, accompagnate dalla definizione di un salario minimo – sentite le Parti Sociali – da applicare a tutto l’universo del lavoro subordinato. Sempre nel contesto delle politiche di promozione dell’occupazione giovanile, il Piano di Riforme illustra in maniera sintetica finalità e strumenti del Piano Italiano Garanzia Giovani, di cui si dà maggior dettaglio in altre sezioni di questo rapporto (vedi capitolo 2). Oltre agli interventi programmati nell’ambito di tale iniziativa, nel Piano Nazionale di Riforme il Governo annuncia l’intenzione di rivedere l’intero assetto dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, a partire da una razionalizzazione degli incentivi attualmente esistenti, rafforzando il sostegno all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità. Alla nascente Agenzia Nazionale per l’Impiego viene demandato il compito di gestire in maniera integrata le politiche attive e passive del lavoro49, rimanendo in capo alle Regioni e alle Province Autonome il compito di programmare gli interventi sul territorio. Al Ministero del Lavoro viene infine assegnato il compito di definire standard minimi di servizio che Servizi per l’Impiego sono tenuti a rispettare nelle loro funzioni. Per incrementare l’efficacia delle misure di attivazione viene delineato un rafforzamento del principio di condizionalità per la fruizione di integrazioni al reddito, mentre si prospetta una razionalizzazione delle strutture e degli enti che in seno alla Pubblica Amministrazione sono preposti alla gestione degli stessi interventi di politiche attive e passive del lavoro. Ampio il capitolo dedicato agli ammortizzatori sociali, il cui riordino viene finalizzato ad un estensione della platea dei beneficiari delle misure di integrazione al reddito e ad una maggiore coerenza tra storia contributiva e uniformità delle tutele. In tale prospettiva si collocano i numerosi principi di intervento, volti a definire un sistema nel quale la concessione della Cassa Integrazione sia subordinata sia all’effettiva capacità delle imprese di poter riprendere la propria attività, che all’esaurimento di altre forme di riduzione dell’orario di lavoro. Viene prospettato un sistema nel quale l’Aspi interviene direttamente, limitando quei casi, ancora frequenti, in cui le crisi aziendali si caratterizzano per l’erogazione di tutte le possibili forme di ammortizzatori sociali fino alla definitiva chiusura degli stabilimenti. In tale prospettiva si ipotizza una estensione temporale dell’Aspi per i disoccupati da rapportare alla loro pregressa storia contributiva, mentre si vuole introdurre, sperimentalmente per un biennio, una copertura assicurativa contro i periodi di disoccupazione anche per i lavoratori a progetto e i collaboratori coordinati e continuativi. Infine, proponendo la cancellazione del requisito di disoccupazione per l’accesso alle misure di carattere assistenziale, sembra delinearsi un progetto di maggiore separazione tra interventi di natura assicurativa e prestazioni socio-assistenziali.

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Sembra profilarsi quindi la progressiva transizione verso un sistema di tipo one stop shop, volto a semplificare le procedure per l’accesso – e la gestione unificata – agli ammortizzatori sociali ed alle misure di attivazione.

In un contesto in cui la partecipazione femminile al mercato del lavoro, seppur in crescita, appare ancora del tutto insoddisfacente, e abbondantemente al di sotto dei livelli necessari a centrare gli obiettivi occupazionali della strategia Europa2020, il Governo intende prendere provvedimenti anche nell’ambito delle politiche di incentivo all’occupazione femminile. Gli assi di intervento annunciati sono tre: rendere universale l’indennità di maternità, garantendone il diritto anche nei casi di mancato versamento dei contributi previdenziali; incentivare il second earners sia attraverso l’introduzione di un tax credit che attraverso una revisione del regime degli sgravi fiscali per i coniugi a carico; rafforzare il sistema dei servizi di cura per agevolare la conciliazione tra lavoro retribuito e lavoro di cura, ancora gravante in misura maggiore sulle donne.

Infine, il Piano Nazionale di Riforme 2014 si sofferma sulla lotta alla povertà, annunciando una estensione su tutto il territorio nazionale entro la fine dell’anno del c.d. “sostegno all’inclusione attiva” (SIA)50, che affianca al tradizionale sostegno monetario una serie di misure di intervento di carattere socio-assistenzaile sui membri delle famiglie che ricevono l’aiuto. Vale la pena ricordare come nel corso del 2014 sia partita in 12 città la fase di sperimentazione dello strumento – che sostituisce la social card - e sia a breve prevista una sua estensione nelle aree del Mezzogiorno.

Nel documento DEL LAVORO 2013 - 2014 RAPPORTO SUL MERCATO (pagine 190-193)