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2.1. Stratigrafia e geodinamica

2.1.3. Ciclo sedimentario neoalpino

Come precedentemente accennato, alla successione flyschoide di avanfossa alpina seguono in discordanza regionale, e talvolta in netta discordanza angolare, i depositi molassici di età compresa tra il Cattiano ed il Messiniano.

Questo potente prisma sedimentario si depositò nel Bacino Veneto-Friulano di avanfossa interessato da una complessa inflessione tettonica in direzione alpina (Pieri & Groppi, 1981; Cassano et al., 1986; Fantoni at al., 2001).

L’attività orogenetica neoalpina si attuò durante diversi stadi compressivi a direzione variabile (Figura 2-11):

 stadio tardo cattiano-burdigaliano: asse di compressione massima (σ1) in direzione

N20-N30 con faglie e sovrascorrimenti fortemente controllate dalle strutture preesistenti dinariche riattivate (Doglioni & Bosellini, 1987);

 stadio langhiano-tortoniano: asse di compressione massima (σ1) in direzione N340

con formazione di marcate lineazioni ad andamento Valsuganese (Castellarin et al., 1992);

 stadio Messiniano-Pliocene: assi di compressione massima (σ1) variabile tra Nord-Sud

e N290- N310 con lineazioni ad andamento Giudicariense.

A queste direzioni degli sforzi compressivi

variabili nel tempo corrisposero il

sollevamento e l’esumazione di aree diverse con conseguente variabile provenienza del materiale terrigeno, come suggerito dalla composizione dei sedimenti arenacei (Figura 2-12).

Durante il primo stadio

Cattiano-Burdigaliano il bacino risentiva ancora di influenze dinariche deducibili da un modesto ispessimento di questi depositi in direzione Nord-Est. Le litofacies dei corpi sabbiosi, infatti,

sono caratterizzate da un andamento

thickenning- e coarsening-upward nella stessa

direzione. Anche se non è stato confermato dalle più recenti interpretazioni sismiche del sottosuolo friulano (Fantoni et al., 2002), queste caratteristiche sedimentologiche testimonierebbero una debole flessurazione dell’avampaese alpino verso est generata dal carico litostatico ancora esercitato dalle coltri dinariche (Amato et al., 1977; Pieri & Groppi, 1981; Cassano et al., 1986; Grandesso et al., 1992; Mellere et al., 2000).

A partire dal Langhiano la flessurazione sarebbe avvenuta in direzione settentrionale per effetto del carico litostatico esercitato dalle coltri alpine sensu stricto, ancora piuttosto lontane dall’avampaese di molassa (Massari et al., 1986A, 1986B; Massari, 1990). I sedimenti terrigeni di questa fase langhiana sono costituiti da arenarie quarzose con frammenti litici -metamorfici e vulcanici- provenienti dal dominio Austroalpino e dalla Finestra dei Tauri in rapido sollevamento a settentrione del Lineamento Insubrico (Massari et al., 1987; Stefani, 1987; Zattin et al., 2003).

Figura 2-11. Assi di compressione massima individuati nel Sudalpino orientale (Castellarin & Cantelli, 2000).

Figura 2-12. Mappa paleogeografica semplificata relativa all’evoluzione del foreland del Friuli-Veneto (Zattin et al., 2003).

Dal Serravaliano e durante il Messiniano il fronte dei sovrascorrimenti avanzò rapidamente verso l’avampaese, determinando l’esumazione delle aree poste nel settore Dolomitico (Castellarin et al., 1980; Castellarin & Vai, 1982) e la formazione di un’avanfossa molto subsidente caratterizzata da successioni più sottili verso la Bassa Pianura friulana e l’Adriatico settentrionale (Fantoni et al., 2002). Nelle porzioni più settentrionali le successioni sedimentarie di avanfossa superano localmente i 3000 m di profondità (1500 m nel pozzo Nervesa e circa 1800 m nel pozzo Gemona 1).

L’analisi delle petrofacies ha confermato un cambiamento delle sorgenti di alimentazione del materiale terrigeno: si tratta di arenarie litiche poco quarzose in cui predominano clasti carbonatici (Massari et al., 1986A, 1986B; Stefani, 1987; Zattin et al., 2002, 2003), indicando sorgenti nel dominio sud-alpino.

L’intera successione molassica è stata suddivisa in cinque sequenze sedimentarie maggiori, definite “megasequenze” da Massari et al. (1986b) separate da livelli-guida glauconitici (Figura 2-13); esse sono il risultato dell’interferenza tra il segnale eustatico globale, l’attività tettonica locale ed il tasso di subsidenza (Mellere et al., 2000). Le prime quattro sequenze individuano un trend oscillante ma complessivamente trasgressivo, in sostanziale accordo con la ricostruzione delle curve eustatiche globali (Vail et al., 1977; Haq et al., 1987), che conferma un’attività tettonica ancora lontana. L’attività del fronte di sollevamento in area Sudalpina centro-orientale, combinata con una globale caduta glacio-eustatica del livello marino (Haan & Arnott, 1991), determinò la quinta sequenza, a tendenza regressiva, che culminò con la formazione di un bacino ristretto salmastro quindi lacustre, l’emersione di gran parte della regione e l’intensa erosione delle aree meridionali (Stefani, 1984; Barbieri et al., 2002). Questa sequenza è rappresentata alla base da marne grigie epibatiali e di piattaforma (a frequenti bivalvi) seguite da alternanze di areniti e siltiti d’ambiente deltizio, chiusa, infine, sia da conglomerati e arenarie d’ambiente alluvionale sia da fanghi lacustri (Massari et al., 1986).

Figura 2-13. Cicli trasgressiviregressivi dell’area friulano-veneta e confronto con le oscillazioni eustatiche globali del livello marino (Massari et al., 1986; modificato).

La definizione sedimentologica dell’intera successione molassica del sottosuolo friulano non è ricavabile dal confronto diretto con i depositi coevi costituenti la maggior parte dei rilievi collinari della fascia pedemontana centro-occidentale e che affiora con buona continuità presso il torrente Meduna. Per quanto deducibile dai pozzi profondi perforati nella pianura, la Molassa dovrebbe presentare granulometrie più fini e facies più profonde in relazione alla direzione di ingressione marina e mancherebbero le successioni regressive post-Tortoniano (Venturini, 1987).

A partire dall’analisi delle sezioni sismiche il tetto del Miocene è individuabile mediante una marcata discordanza erosiva, attuatasi durante il Messiniano; su questa unconformity poggiano i sedimenti dell’ingressione marina pliocenica. Il tetto si approfondisce verso NO seguendo l’andamento strutturale regionale; la sequenza si assottiglia verso la parte sud-orientale della pianura dove termina in onlap sul Gruppo di Cavanella (in queste aree di età Burdigaliano-Langhiano), a sua volta in onlap sul sottostante Flysch eocenico.

Più in profondità la parte basale risulta costituita dal Gruppo di Cavanella che è identificato da un insieme di riflettori marcati e continui, corrispondenti ad arenarie e sabbie glauconitiche, tipiche di mare poco profondo, significativamente differenziato dalle unità del Miocene Sup. (Tortoniano), costituite da marne e arenarie, sabbie e argille. In prossimità dei rilievi prealpini, dove il Miocene si ispessisce, possono essere presenti anche depositi marnosi del Serravalliano (Miocene Medio). Infatti, il Miocene Medio e Superiore affiorante nell’area prealpina è costituito da marne di piattaforma esterna, serravalliane, con sovrastanti siltiti di prodelta e arenarie di fronte deltizio di età tortoniana, ed infine da conglomerati messiniani legati alla progradazione di una fascia pressochè continua di fan-delta e di conoidi alluvionali, alimentati dalla catena alpina in sollevamento (Massari et al., 1986).