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5.5. I logs geofisici da pozzo

5.5.7. XMAC log: velocità in pozzo

Il servizio di logging acustico sviluppato dalla Baker Atlas XMAC- Cross-Multipole array (2ft Delta-T, Est XX Delta-t Dipole + Est YY Delta-t Dipole) permette l’acquisizione di full-waveform monopole, dipolo e cross-dipolo e fornisce in particolare i valori di:

 2ft Delta-T [dt24.i]

 XX inline Delta-T Dipole [dtxxqi]  YY inline Delta-T Dipole [dtyyqi].

Il sistema XMAC misura i tempi di transito (slowness o lentezze) delle onde P, S e di Stoneley, permettendo quindi di determinare con precisione:

 Le velocità di compressione (onda P)  Le velocità di taglio (onda S)

in foro pieno di fluido.

Il sistema XMAC della Baker, che può lavorare in combinazione con altri strumenti anche in pozzi deviati o orizzontali, è in grado di misurare le lentezze in diversi tipi e permette quindi di determinare le proprietà sismiche, petrofisiche e di meccanica delle rocce in condizioni di terreni teneri, sabbie inconsolidate, formazioni lente e litotipi a bassa porosità.

Esso è costituito da 4 antenne trasmittenti ad alta potenza, 2 monopoli, 2 sorgenti dipolari a bassa frequenza orientate ortogonalmente ed 8 ricevitori indipendenti.

Durante il logging un serie di impulsi ad alta frequenza viene messa dallo strumento; gli impulsi attraversano i fluidi di pozzo e l’ammasso roccioso della formazione e sono rilevati dai ricevitori a distanze variabili dalle antenne trasmittenti. Ad ogni ricevitore la forma d’onda in arrivo delle onde P, S e Stoneley viene digitalmente campionata secondo una frequenza, un periodo ed un gain prestabilito; le forme d’onda digitalizzate sono quindi trasmesse al sistema di acquisizione e registrazione posto in superficie.

Descrizione Specifiche

Lunghezza 11 m

Diametro 98,6 mm

Range pressione 137,9 Mpa

Temperatura 204°C

Peso 327 kg

Tabella 5-10. Specifiche tecniche dello strumento di acquisizione XMAC log.

Quanto maggiore è l’energia dell’impulso trasmesso e tanto maggiore è la capacità di penetrazione in profondità (ovvero lateralmente trattandosi di pozzi); infatti, come avviene anche per gli altri metodi di indagine sismica, a frequenze minori dell’impulso si ottengono le penetrazioni maggiori. Il contenuto in alta frequenza dell’impulso permette invece una buona risoluzione.

L’analisi dei tempi di transito e delle forme d’onda registrate permette di rilevare nei fori incamiciati, eventuali rotture nei casings e tratti mal o non cementati; nei fori scoperti questo tipo di acquisizione permette di:

Il pozzo esplorativo Grado-1 177

 determinare variazioni di porosità e permeabilità  identificare e distinguere le litologie presenti  caratterizzare i moduli elastici

 e riconoscere quindi variazioni nella resistenza delle formazioni, anche in relazione a eventuali fratturazioni, incarsimenti e/o anisotropie.

La velocità di propagazione delle onde sismiche nelle rocce, infatti, dipende da numerosi fattori quali la composizione chimica e mineralogica, la tessitura, la struttura, il grado di cementazione, la porosità, la presenza di fluidi ed il grado di fratturazione.

Le onde P sono le più veloci onde di volume e, pertanto, sono le prime ad arrivare sul treno d’onda; si tratta di onde in cui la vibrazione del materiale che attraversano è parallela alla direzione di propagazione dell’onda. La velocità di propagazione delle onde di compressione Vp dipende dalle proprietà elastiche della roccia di formazione e dai fluidi di strato presenti, secondo

la relazione: Vp =

ρ u

k

3

4

+

dove

κ = modulo di incompressibilità (sempre positivo), µ = modulo di rigidità o modulo di taglio del materiale

ρ = densità del materiale attraversato dall'onda.

Le onde di taglio S sono onde di volume generate dalla parziale conversione dell’onda compressionale P per rifrazione sull’interfaccia tra due mezzi a diversa velocità acustiche, oppure da una sorgente di onde di taglio; l’onda di taglio vibra in direzione perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda. Dalla relazione risulta che le onde S sono caratterizzate da velocità di propagazione inferiori a quella delle onde P e non si propagano nei fluidi; la velocità Vs è pertanto relativamente indipendente dalla tipologia di fluido o gas eventualmente presente

nell’ammasso roccioso, a differenza delle onde P Vs =

ρ

u

.

Il rapporto Vp/Vs (pari al rapporto tra Slowness S/ Sloweness P) varia normalmente tra 1.6 e 1.9, ma può presentare variazione in rapporto allo stato di consolidamento, cementazione, fratturazione della roccia.

Le onde di Stoneley (onde guidate, onde di tubo) sono onde di tipo superficiale, evanescenti nella direzione perpendicolare a quella di propagazione dell’onda stessa, che si generano all’interfaccia di due differenti mezzi solidi o all’interfaccia tra un mezzo fluido e uno solido ed interessano, in accordo alla loro lunghezza d’onda, soltanto determinate porzioni del mezzo nel quale si propagano. Sono generate da una sorgente monopolo, e sono più lente delle onde P ed S; tuttavia l’ampiezza di queste onde è maggiore rispetto a quelle delle onde di corpo, in relazione alla conservazione dell’energia su un fronte d’onda cilindrico anziché sferico (come per le onde di corpo). Nei mezzi omogenei e infinitamente estesi non presentano carattere dispersivo (Achenbach, 1973).

La velocità di propagazione delle onde di tubo è influenzata da diversi parametri, quali:  la geometria del foro,

 la velocità delle onde di taglio e di compressione nei vari materiali,  la velocità nel fluido

 la densità della formazione attraversata.

In particolare, l’esame delle onde di Stoneley permette di evidenziare la presenza di eventuali fratture e stimare il grado di apertura delle stesse.

Discussione

I metodi di indagine acustica utilizzati in foro, basati sullo studio delle caratteristiche di propagazione (intensità, ampiezza e fase del segnale) e di attenuazione delle onde elastiche nel mezzo, hanno fornito utili indicazioni sulla qualità della formazione rocciosa, sulla presenza di fluidi di strato e sul riconoscimento delle discontinuità presenti. Il confronto fra la slowness P e la slowness S permette valutazioni sul diverso contributo della porosità primaria e della porosità secondaria alla porosità totale. In generale, la velocità delle onde P è più sensibile alla porosità primaria della formazione, mentre la velocità delle onde S è più sensibile alla porosità secondaria (in quanto la fase S non si propaga attraverso fratture sature d’acqua).

Analizzando i valori di velocità e i tempi di transito ottenuti durante il log acustico XMAC e confrontandoli direttamente con le evidenze di fratturazione visibili in CBIL, è evidente che al crescere della fratturazione decrescono le velocità di propagazione Vp eVs, aumenta il valore di attenuazione, ed aumenta il rapporto Vp/Vs. E’ necessario ricordare che Vp risulta molto diversa in relazione alla porosità e presenza di fratture: l’acqua eventualmente presente, infatti, permette un agevole trasmissione delle onde di compressione, mascherando in questo modo lo stato di fratturazione esistente. In queste situazioni è risultato utile fare riferimento ai valori di Vs.

I tempi di transito sono stati misurati per le onde P, S e Stoneley e sono espressi in µs/f (microsecondi/piede).

I tempi di transito P (Figura 5-38), prossime ad una media di 47,5 µs/f, confermano una natura prevalentemente calcarea della matrice solida integra, terebrata ed investigata dai logs geofisici tra circa 700 e 1100 m di profondità. Si ricorda infatti che per la calcite i tempi di transito possono variare in funzione soprattutto della habitus e della purezza mineralogica assunta tra 45,9 e 48,1 µs/f; la dolomite è invece caratterizzata da una velocità maggiore con valori di lentezza p tra 41,0 e 44,0 µs/f. Valori di transito maggiori, di circa 53,0 µs/f sono riferibili a dolomite ankeritica (arricchita in ferro), aragonite e stronzianite.

L’andamento in profondità delle lentezze P ed S misurate ha contribuito notevolmente alla definizione di classi omogenee dal punto di vista delle caratteristiche geofisiche ed al riconoscimento di specifici aspetti tessiturali a partire dalle variazioni delle velocità delle onde, relazionabili a diverse densità della matrice rocciosa.

Da circa 700 e 730 m circa di profondità i tempi di transito P crescono progressivamente in profondità da circa 48 a 52 µs/f; il tratto 730 – 830 m circa è invece caratterizzato da velocità più stabili comprese tra 51 e 53 µs/f, ad eccezione di alcuni intervalli fratturati caratterizzati da bruschi decrementi delle velocità, quali gli evidenti picchi a 737 e 745 m di profondità e le variazioni a circa 770 m (su evidenze modeste di incarsimento) e 790 m (con lo sviluppo di un reticolo fitto ma poco intenso di fratture).

A partire da 830 m circa fino a 930 m sono state misurate lentezze crescenti, ovvero Vp decrescenti, fino a valori massimi di circa 60 µs/f e repentini cali di velocità su alcune fratture

Il pozzo esplorativo Grado-1 179

(910 e 922 m di profondità). Proseguendo in profondità, sembra possibile individuare ulteriori intervalli, omogenei per velocità:

 930 – 970, avente lentezza P media di circa 56 µs/f , anche se variabile tra 58 e 54 µs/f  970 – 1006, con lentezza P media di 58 µs/f, variabile tra 60 e 55 µs/f; queste lentezze

sembrano indicare un intervallo meno compatto rispetto a quello soprastante, in relazione ad un complesso apparentemente più fratturato, a minore densità e più stratificato. A partire da 990 m circa si riconosce un calo della lentezza, ovvero un evidente incremento di velocità, relazionabile ad un certo grado di cementazione in corrispondenza dei tratti maggiormente fratturati, che si ritiene legato a precipitazione chimica di cementi da fluidi soprasaturi lungo i piani di fratturazione.

A partire da 1006 m si sono misurate lentezze decisamente inferiori (di circa 50 µs/f), caratterizzate da variazioni più contenute in ampiezza, anche in corrispondenza degli intervalli più fratturati, solitamente caratterizzati da incrementi di lentezza di oltre 10 µs/f,; questo sembra indicare un intervallo nel complesso più denso e compatto, nonostante il maggior passo di stratificazione.

Lo stesso tipo di andamento in profondità sembra riconoscibile dal grafico relativo ai tempi di transito S (Figura 5-38), dove si individuano molto chiaramente alcuni intervalli caratteristici, quali:

 Tratto 700-726 m con lentezza molto stabile a circa 97 µs/f

 Tratto 745-830 m, con lentezze nel complesso più alti con valori medi di 98 µs/f, e picchi in corrispondenza dei tratti fratturati e più stratificati posti a 737, 745, 770 m e tra 780 e 790 m.

 Tratto 830-960 m, con velocità S in calo per una maggiore stratificazione dell’ammasso roccioso (come desunto dall’imaging del pozzo) e lentezze comprese tra circa 105 e 115 µs/f

 Tratto 960-1006 m, contraddistinto dalla lentezze più alte riscontrate nel tratto investigato di pozzo per lo più superiori a 115 µs/f. In particolare risultano ben individuabili per il contrasto di lentezza che originano, le fratture poste a:

o 974 o 983

o 991 m di profondità.

Come già riscontrato per le lentezze delle onde compressionali, anche nelle lentezze S, a partire da 1006 m si ha un brusco cambiamento nelle velocità riscontrate (calo dei tempi di transito) fino a valori medi di circa 95 µs/f, in un intervallo nel complesso risultato fratturato e nel quale sono stati riconosciuti diverse evidenze di fenomeni carsici di carattere locale (vedasi paragrafo 5.5.8 CBIL log: caratterizzazione delle discontinuità). I tratti apparentemente più integri sono caratterizzati da lentezze maggiori e sembrano concordare del tutto con le lentezze riscontrate nel tratto 700-720 m: questa particolarità sembrerebbe inaspettata poiché in seno ai carbonati paleogenici, anche se in accordo ad uno schema riscontrato anche negli altri logs geofisici acquisiti nel pozzo Grado-1.

Si segnala, inoltre, il riconoscimento di un breve intervallo (potente una decina di metri) individuato all’interno del tratto compreso tra 790 e 830 m e caratterizzato da un lieve calo delle

velocità attribuito, in base alle evidenze dell’imaging, ad una diversa tessitura dell’ammasso roccioso, caratterizzata da una maggiore porosità primaria.

Seguendo il rapporto Vp/Vs, si è esaminata la variazione dei moduli elastici dell’ammasso roccioso. Anche il diverso comportamento delle attenuazioni per le onde P ed onde S in dipendenza delle suddette caratteristiche ha confermato la necessità di approfondire la valutazione dei serbatoi geotermici anche a partire dai logs geofisici.

I valori di Vp/Vs calcolati sono variabili tra circa 1,85 e 2,20, confermando ancora la natura prevalentemente calcarea del reservoir; l’andamento in profondità del rapporto tra onde, rappresentato in Figura 5-38, evidenza la presenza di almeno 4 intervalli omogenei, caratterizzati da particolari parametri elastici o da determinate sequenze progressive, oltre che riconoscere anomalie ben localizzate in quota, in accordo con quanto riscontrato negli altri logs geofisici e con l’imaging acustico. In particolare sono evidenti intervalli fratturati posti a circa 735 m, tra 780 e 790 m, 1065 e 1080 m di profondità; nelle rocce tettonizzate sono state riscontrati valori di Vp/Vs anche superiori a 2.2, quali, ad esempio, nell’intervallo fratturato posto tra 970 e 990 m di profondità.

Elaborando i grafici binari relativi alle lentezze compressionali rispetto al rapporto vp/vs ed i grafici binari dei rapporti tra i tempi di transito P/S (Figura 5-41), si possono trovare indicazioni circa le diverse facies geofisiche ipotizzate, che risultano caratterizzate da determinati cluster di corrispondenze; questo tipo di elaborazioni è stato spesso utilizzato in letteratura per definire intervalli litologici omogenei a partire dalle misure di velocità in pozzo, seguite dalla determinazione e dall’analisi statistica dei moduli elastici calcolati (Batini e Nicolich, 1983). Allo stesso modo sono evidenti i principali intervalli fratturati, contraddistinti da valori molto alti di Coefficiente di Poisson pur mantenendo le velocità p caratteristiche dell’intervallo.

Anche i grafici binari del rapporto tra i tempi di transito S e P mettono in evidenza i diversi valori assunti dagli intervalli precedentemente individuati. A partire dai dati geofisici di pozzo acquisiti sono stati quindi ricavati i moduli elastici e le proprietà meccaniche, relazionate tra loro, delle rocce attraversate:

 Poisson’s ratio ρ

 Bulk Density modulus K

 Shear modulus G0.

Essendo legate alle velocità sismiche relative alla compressione E e al taglio G0 che subisce il materiale quando sottoposto allo sforzo, con accelerazione gravitazionale g, secondo le funzioni:

Dal rapporto tra le velocità vp e vs nelle diverse unità litostratigrafiche individuate, è stato calcolato il valore del Coefficiente di Poisson ρρρρ, attraverso le seguenti relazioni analitiche:

Il pozzo esplorativo Grado-1 181 Vp/Vs

ρ

ρ

2

1

1

σ =

σ =

σ =

σ =

(Vp2 – 2 Vs2) / 2(Vp2 – 2 Vs2)

esplicitando il rapporto tra le velocità o il coefficiente di Poisson stesso. Il coefficiente di Poisson quantifica la deformazione che può subire un corpo ed è legato al grado di litificazione, alla porosità, al grado di saturazione e al tipo di fluido saturante, oltre che al grado di fratturazione della roccia. Dalle relazioni si ha che il coefficiente di Poisson presenta un intervallo di variazione compreso tra 0,1 e 0,5, assumendo valori tendenti allo 0,5 nei materiali che si deformano senza cambiamenti di volume (come l’acqua), e valori tendenti a 0,1 nei materiali poco consolidati o sovraconsolidati.

Tabella 5-11. Valori di Coefficiente di Poisson per acqua, argille e rocce.

Materiale Coefficiente di Poisson

Acqua 0,5

Argille e mezzi saturi 0,49 – 0,47

Rocce 0,46 – 0,10

Il grafico relativo all’andamento del coefficiente di Poisson in profondità elaborato per il pozzo Grado-1 (Figura 5-38) ha evidenziato la natura calcarea del reservoir carbonatico e ha contribuito alla definizione di diversi intervalli ben caratterizzabili dai moduli elastici, che concordano con quanto ipotizzato a partire dalle velocità compressionali e di taglio. Gli intervalli si trovano indicativamente alle seguenti profondità:

-

700 – 726 m, con valore medio di ρ pari a 0,31

-

726 – 745 m e 775 – 790 m, intervalli caratterizzati da alcuni importanti sistemi di fratture con forti incrementi di ρ fino a 0,38

-

745 – 775 m e 790 – 830 m, con ρ stabili tra 0,29 e 0,32

-

830 – 890 m, caratterizzato da un progressivo calo di ρ da valori 0,34 fino a 0,30

-

890 – 1006 m, con valori di ρ abbastanza stabili tra 0,32 e 0,35

-

1006 – fondo pozzo, omogeneamente variabili con un ρ medio di circa 0,31.

L’analisi statistica di frequenza elaborata per il modulo di Poisson (Figura 5-50) sembra indicare per il reservoir carbonatico una distribuzione bimodale dovuta alle variazioni litologiche sopradescritte che permettono di distinguere nettamente le facies di 700-730 m e oltre 1006 m di profondità da quelle interposte. Alcuni punti di minimo si individuano in corrispondenza di zone molto fratturate, dove ad una diminuzione del rapporto di Poisson corrisponde una diminuzione relativa della velocità Vp rispetto alla Vs.

Il modulo di Bulk Density è stato calcolato a partire dalle velocità misurate e dalla densità di Bulk ricavata con il density log, secondo l’equazione:

K = (Bulk Dens * Vp/Vs) – (4/3 * (Vs2)

In particolare l’analisi di frequenza (Figura 5-48) mette in evidenza un comportamento bimodale che distingue i carbonati mesozoici e l’intervallo “anomalo” dai carbonati paleogenici rispetto agli altri calcari paleogenici.

Il modulo risulta variare tra 6,0*108 e 1,1*109 GPa e conferma, ancora una volta, gli intervalli caratteristici sopraelencati.

Il modulo di Shear G0 (di taglio) è una misura del rapporto sforzo/deformazione nel caso di uno sforzo tangenziale ed esprime quindi la capacità del materiale a resistere cambiando di forma e non di volume. E’ stato calcolato mediante la seguente relazione:

G0 = (Bulk Dens / (DTS2) * 1,3410)

Esso, caratterizzato da spiccata bimodalità in un grafico di frequenza (Figura 5-49), varia tra un minimo di 2,0 e un massimo di 4,5*106 GPa e conferma chiaramente i principali ranges caratteristici individuati a partire dall’esame delle velocità in pozzo, anche se con evidenze meno marcate; si riconoscono in particolare gli intervalli (Figura 5-38):

 700 – 725

 730 – 825

 830 – 1006  1006 – 1090.

Nel complesso emerge che sia per le caratteristiche geofisiche fin qui esaminate che per i moduli elastici calcolati, l’intervallo compreso tra 700 – 725 m di profondità, seppur in seno ai calcari paleogenici, risulta del tutto simile, se non analogo, all’intervallo oltre i 1006 m di profondità. Questo può portare a ipotizzare la presenza di una facies data da calcari micritici massicci di età paleogenica (non accertati nei settori limitrofi con le caratteristiche qui ottenute) o la presenza di un raddoppio tettonico con un lembo di calcari cretacici superiori coinvolti in una struttura d’inversione.