5.7 Regime quasi-stazionario
5.7.1 Circuito RC
E possibile estendere le leggi dell’elettrodianmica analizzate per le correnti stazionarie anche in casi alcuni casi in cui la corrente sta variando nel tempo. Tipicamente i tempi di risposta di un circuito dipende dalla velocit`a con cui i segnali elettrici si muovono lungo tutto il circuito. Questa velocit`a `e pari alla velocit`a della luce nel mezzo, che `e nell’ordine di 108 m/s. Se si ha a che fare con circuiti le cui sollecitazioni elettriche sono molto pi`u lente di questa velocit`a si pu`o trascurare la variazione delle grandezze fondamentali (corrente, differenza di potenziale) nel tempo rispetto al tempo di risposta del circuito.
In queste ipotesi continuano a valere tutte le ipotesi fatte nel caso del regime stazionario, con l’unica accortezza che le grandezze che compaiono nelle leggi sono correnti istantanee e differenze di potenziale istantanee.
In questa condizione si trascurano tutti gli effetti di emissione energetica sotto forma di radiazione. L’energia fornita dal generatore viene quindi dissipata tutta per effetto Joule.
5.7.1 Circuito RC
Un esempio di circuito che funziona in regime quasi-stazionario `e una resi-stenza e un condensatore collegate con una differenza di potenziale (Figu-ra 5.9).
Figura 5.9: Circuito RC.
Partiamo dal caso del condensatore scarico, e accendiamo il generatore. In questo caso si genera una corrente i che tende a caricare il condensatore. La carica che si accumula in un tempo dt `e pari a
dQ = idt Ma sappiamo che in un condensatore vale:
C = Q
V Q = CV
CdV = idt Sfruttiamo la legge di Ohm:
i = VR R
Ma la differenza di potenziale ai capi della resistenza `e pari a f − V dove V `e la differenza di potenziale ai capi del condensatore (secondo principio di Kirchhoff). CdV = f − V R dt dV dt + V RC = f RC
Notiamo che dimensionalmente la grandezza `e una differenza di potenziale diviso un tempo (dalla derivata temporale). Questo significa che RC ha le dimensioni di un tempo, lo chiameremo da ora τ . Cerchiamo le soluzioni di questa equazione quelle dell’omogenea associata:
dV dt +
V τ = 0 Che ha soluzione per
V (t) = Ae−τt
Troviamo la soluzione particolare tra le costanti: V∗(t) = C C τ = f τ C = f
Da cui la soluzione della differenza di potenziale ai capi del condensatore `e: V (t) = f + Ae−τt
Troviamo il parametro A. Il condensatore `e inizialmente scarico percui V (0) = 0
V (0) = 0 = f + A A = −f V (t) = f1 − e−τt
Vediamo che per t che va all’infinito possiamo il potenziale ai capi del condensatore diventa proprio la forza elettromotrice, e cessa di scorrere corrente.
Scarica del condensatore
Analizziamo ora la scarica. Partiamo dal caso del condensatore carico con carica iniziale V0 e spegnamo il generatore cortocircuitando il circuito.
A questo punto la carica presente sulle armature diminuisce generando una corrente elettrica i
dQ = idt dQ = CdV CdV = idt
Rivediamo ancora una volta i con la differenza di potenziale ai capi della resistenza
i = VR R
Questa volta non c’`e il generatore, quindi la differenza di potenziale ai capi della resistenza `e la stessa di quella ai capi del condensatore, cambiata di segno: i = −V R CdV = −V Rdt Risolviamo l’equazione: dV V = − 1 RCdt Z V (t) V0 dV V = − 1 RC Z t 0 dt Anche i questo caso chiamiamo τ = RC
logV (t) V0 = −
t τ V (t) = V0e−τt
Capitolo 6
Magnetismo
Se si considerano particolari materiali presenti in natura, si osserva che tra di loro possono esercitarsi delle forze che risultano essere di gran lunga pi`u intense di quelle elettrostatiche, ma di simile forma. Queste forze possono essere di natura attrattiva o repulsiva, risulta quindi naturale cercare di assegnare loro un segno proprio come per le cariche elettriche.
I segni di queste ”cariche” sono detti poli Nord e Sud1.
Per esplorare le linee di forza di questo campo si pu`o far ricorso ad un ago magnetico che si allinea al campo di forze in ogni punto dello spazio.
Fino alla fine dell’800 lo studio dei fenomeni magnetici era scollegato da quello dei fenomeni elettrici. A priori infatti si direbbe che si trattano di fenomeni distinti seppur simili. Entrambe sono forze che agiscono a distanza, ma nel caso dell’elettricit`a posso generare cariche isolate, per i poli magnetici no.
Per quanto infatti si provino a separare due poli si otterranno sempre nuovi poli del segno opposto. Ogni materiale `e quindi costituito da una coppia di poli N e S indivisibili.
Tuttavia alla fine dell’800 ci si accorse che lo scorrere di una corrente elettrica attraverso un circuito altera il campo magnetico intorno al circuito. Furono fatti una serie di esperimenti molto importanti per cercare di determinare come il passaggio di corrente modificasse il campo magnetico nello spazio circostante. La conclusione di questi esperimenti fu in fatto che il moto delle cariche elettriche genera un campo magnetico.
Sorge subito una questione molto spinosa: come pu`o un fenomeno fisico dipendere dal movimento delle cariche? Se cos`ı fosse non sarebbe invariante per sistemi non inerziali, quindi la fisica dipenderebbe dal sistema dal quale osserviamo i fenomeni. Torneremo su questo problema alla fine del corso.
1
6.1 Effetti del campo megnetico su un circuito
Possiamo subito notare quali sono gli effetti che ha un campo magnetico su un circuito percorso da corrente. Per descrivere quantitativamente l’effetto che un campo magnetico ha su un circuito `e possibile costruire un semplice sistema per osservare la forza con cui interagisce un circuito percorso da corrente i (Figura 6.1).Figura 6.1: Circuito per studiare l’interazione tra circuito e campo magneti-co, uno dei bracci del circuito `e mobile. Attraverso due molle viene studiata la forza per unit`a di lunghezza esercitata sul filo. Un potenziometro (Re-sistenza variabile) serve per far variare in maniera controllata la corrente i che scorre nel circuito, per studiare la dipendenza della forza da i.
Attraverso questo sistema possiamo studiare la compressione delle mol-le (e quindi la forza per unit`a di lunghezza esercitata sul filo percorso da corrente) in funzione della corrente i che scorre lungo il filo.
Definiamo ora ~
B0 (Campo di induzione magnetica) ~l (lunghezza del filo)
~
F (Forza di interazione)
Le osservazioni empiriche hanno mostrato che la legge che regola queste tre grandezze `e:
~
F = i~l × ~B0
Possiamo iniziare con le nostre astrazioni matematiche e considerare un pezzetto infinitesimo di filo di lunghezza ~dl. Su questo filo si eserciter`a una forza d ~F che sar`a pari a:
d ~F = i ~dl × ~B0 (6.1)
Questa formula `e molto utile ed `e nota come seconda formula di La-place, consente facilmente di calcolare l’interazione del campo magnetico con un generico circuito di qualunque formula attraverso l’integrale:
~ F = I d ~F = I i ~dl × ~B0= i I ~ dl × ~B0
Definizione 6.1 (Campo di induzione magnetica) Si definisce il cam-po di induzione magnetica ~B0 come quel campo tale che:
~ F = i~l × ~B0 Si misura in Tesla: [B0] = F il = N A · m = [T ] Un altra unit`a di misura molto utile `e il Weber
Definizione 6.2 (Weber) Il Weber `e un unit`a di misura che serve per misurare il flusso del campo magnetico:
[ΦS( ~B0)] = [B0S] = N · m A = J A = [V s] = W b E vale la relazione: [T ] = W b m2
Il campo di induzione magnetica ~B0 appena definito gode di una pro-priet`a molto importante. Abbiamo detto che non si riesce mai ad isolare un polo magnetico. Quindi questo campo non `e mai generato da poli iso-lati, ma da dipoli magnetici. Siccome come vedremo questo campo ha una struttura molto simile a quello elettrostatico, la caratteristica che non si possono separare poli di un segno dall’altro fa si che qualunque superficie chiusa prendiamo, il flusso del campo magnetico su quella superficie deve essere nullo.
Dimostreremo questa propriet`a rigorosamente in seguito, per il momento notiamo questo risultato molto importante, cos`ı importante da meritare di essere indicato come la seconda equazione di Maxwell :
~
∇ · ~B0 = 0
Questa propriet`a discende direttamente dalla non esistenza di monopoli magnetici.
Proviamo ora a vedere qual `e la forza che si esrcita con un circuito la cui sezione `e non trascurabile (che occupa un volume) Per farlo analizziamo meglio la 6.1. Come si vede c’`e una dipendenza diretta della forza dalla corrente elettrica. Proviamo a scrivere la corrente puntuale:
di = ~J · ˆndS
Poich´e i vettori ~J e ~dl sono tra loro paralleli posso usare ~J nel prodotto vettoriale:
Ma il prodotto tra superficie infinitesima e spostamento infinitesimo da il volume infinitesimo:
d ~F = ~J × ~B0dτ (6.2)
Da cui integrando su tutto il volume occupato dal circuito otteniamo ~ F = Z τ ~ J × ~B0dτ