I PARTE: LE CITTÀ PERSE
2.3 La città (a)normale
Malgrado tutto ciò, nel romanzo di Tasić dietro al caos generale che regna nella citt{, si intravede qualche sforzo di creare una normalit{ personale. Ad esempio, la zia, nonostante le minacce di morte e la quotidianit{ piena di paura, cercava l’amore e la normalit{ nella relazione con l’Agente Romeo in una citt{ che era tutto tranne normale:
Ricordavano uno all’altra che era possibile vivere qualcosa di bello anche in quelle circostanze dolorose, in mezzo alle carenze, povertà, vergogna: malgrado la guerra che singhiozzava lì vicino e respingeva le onde di violenza nella città che amavano. Dicono che è la gente fa la città: se è così, loro componevano la loro città, la ricreavano di nuovo, per loro stessi, sulla loro misura.xxx(Tasić 2008: 167).
Questo tipo di tentativo è presente anche nel romanzo The Tiger’s Wife di Téa Obreht, nonostante tutto l’auto-esotismo, precedentemente analizzato. L’autrice attraverso l’immagine di Belgrado negli anni novanta, ritrae la lotta per instaurare una quotidianit{ accettabile, di proseguire la vita trasformando gli inconvenienti non trascurabili nella sua parte integrale. Anche se questo ritratto è qualche volta accompagnato da sforzi di interpretare la situazione politica e le ragioni del conflitto non particolarmente riusciti105,
104La traduzione italiana di Massimo Rizzante, pubblicata nel 2010 nell‟edizione “Il Labirinto del Mondo” della casa
editrice Il Ponte del Sale di Rovigo.
105La critica Aleksandra Đuriĉić sostiene che le parti più deboli e meno convincenti del romanzo sono quelle dove
69 rimane comunque tra le parti più personali e intime del romanzo. Belgrado all’inizio degli anni novanta, cioè durante le guerre al di fuori del territorio serbo, di cui si trova nel centro, è descritta da Téa Obreht come una citt{ relativamente sicura, consapevole che un assedio era quasi impossibile (Obreht 2011: 33). Nonostante le misure preventive che l’amministrazione aveva imposto, come il coprifuoco e il bollettini che avvertivano i cittadini di stare attenti perché ognuno poteva essere “an informant of enemy” (Obreht 2011: 33), la vita continuava seguendo, per quanto possibile, la propria routine:
While tanks heading for the border drove down the Boulevard, I sat at the window and practiced sums. Because the war was new and distant, because it was about something my family didn’t want me to trouble myself with I didn’t particularly care about, there were still art lessons and coffee dates with Zora, birthday celebrations and shopping trips. My grandfather […] stood in the bread line for six hours at a time, but I wouldn’t know this until later. My mother still carried her projector slides to teach art history at the University, my grandama still tuned in to classic movie hour to watch Clark Gable smirk at Vivien Leigh.” (ibid.: 34)
ed anche:
The distance of the fighting created the illusion of normalcy, but the new rules resulted in an attitude shift that did not suit the Administration’s plans. They were going for structure, control, panic that produced submission – what they got instead was social looseness and lunacy. To spite the curfew, teenagers parked on Boulevard, sometimes ten cars deep, and sat drinking on their hoods all night. People would close their shops for lunch and go to the pub and not return until three days later. (ibid.)
La grande differenza di questa immagine rispetto a quella in Stakleni zid è dovuta a una serie di fattori. In primo luogo, il romanzo di Téa Obreht è narrato in prima persona: si pretende che l’esperienza raccontata sia effettivamente vissuta, per cui non le mancano i particolari che rendono umane anche le situazioni estreme, come una guerra in vicinanza, carenze, inflazione. Al contrario, in Stakleni zid, la vita a Belgrado è mediata dalla distanza e dalla preoccupazione per la vita dei propri cari, mentre il quotidiano è limitato all’esperienza canadese dei protagonisti. In secondo luogo, in The Tiger’s Wife, si tratta dei ricordi di una persona giovane che all’epoca era bambina, protetta dalla sua famiglia che per lei ricreava
2011: 445). Invece, secondo Iva Kosmos la buona ricezione del romanzo in Serbia è dovutaall‟approccio verso la guerra, che corrisponde alla pratica della politica ufficiale serba di evitare la colpa collettiva e di abbracciare il ruolo di vittima il relazione al conflitto in Kosovo. La stessa critica cita anche la reazione di Svetlana Slapšak, in quanto membro dell'alternativa intellettuale serba, dove quest'ultima afferma che il romanzo di Obreht si può leggere come un'opera che relativizza la responsabilità e impedisce il confronto critico con il passato (Kosmos 2013).
70 l’illusione di normalit{, proteggendola dagli aspetti straordinari e difficoltosi come le file per il pane, ad esempio, ed anche se ha partecipato alle attivit{ di contrabbando, il loro obiettivo non era di sopravvivere ma di procurarsi le cassette di Bob Dylan e Johnny Cash (Obreht 2011: 38-39). In terzo luogo, Natalia era solo una bambina qualsiasi, mentre la Zia in Stakleni zid era particolarmente esposta alle minacce in quanto giornalista, fino troppo curiosa secondo il regime. Infine, mentre l’obiettivo di Stakleni zid, secondo le parole del suo autore, è quello di far affrontare al pubblico in Serbia le “questioni scomode”, di non lasciare all’oblio le domande irrisolte e responsabilit{ ignorate, si può ipotizzare che Téa Obreht, scrivendo per un pubblico internazionale e mettendo in evidenza anche questo aspetto della vita, che rende umano il suo paese di origine estensivamente demonizzato (vedi: Longinović), abbia voluto controbilanciare l'immagine esotica, rinforzata anche dal suo romanzo.
Il ritratto della Belgrado del ’99106 in The Tiger’s Wife prosegue la stessa logica di resistenza della vita quotidiana al caos e alla distruzione:
Bombs were falling, and the entire City shut down. For the first three days, people did not know how to react – there was hysteria, mostly, and people evacuated or tried to evacuate, but bombs were falling up and down the two rivers, and there was nowhere to go to avoid them. [...] On the fourth day of bombing, compelled by the irresistible need for certain kinds of freedoms despite the circumstances – or, perhaps, because of them – people started going to coffeehouses again, sitting on the porches, often staying out to drink and smoke even after the sirens sounded. There was an attitude of outdoor safety [...] The coffeehouses stayed open all night. (ibid.: 274).
Oltre a questa resistenza passiva, caratterizzata dall’”arte” di ignorare ciò che stava succedendo, Téa Obreht include in The Tiger’s Wife anche la descrizione dell’atteggiamento attivo dei cittadini, i quali da un certo punto hanno iniziato a proteggere con i propri corpi i ponti, quel simbolo di unificazione, particolarmente importante per una citt{ come Belgrado.
106Le motivazioni che hanno portato al bombardamento non sono esplicitate nel romanzo, per cui alcuni critici hanno
notato che da un lato si evita la questione di responsabilità, mentre dall‟altro si attribuisce alla Serbia il ruolo della vittima durante il bombardamento (Kosmos 2013). A proposito si può contraddire che non c‟è nessuna insinuazione nel romanzo che l‟autrice condivide la politica ufficiale all‟epoca in vigore e che le immagini dei cittadini che difendono i ponti con i propri corpi sono un fatto storico.
71 Essa, grazie alla sua posizione geografica era storicamente considerata la porta o il confine tra due civilt{ separate da quei stessi fiumi107:
[...] but after that particular raid, something changed, and all the indignation and self- righteousness that had seeped over from the end of the last war was now put to good use. Every night afterward, people marched for miles to stand shoulder to shoulder at the citadel gate. Others, meanwhile, stood packed in inebriated rows on the stone arches of our remaining brigdes. (ibid.: 277).
Anche se la descrizione della lotta per la normalit{ della vita e della resistenza occupa una quantit{ modesta di circa 10 pagine su più di 330, questo è bastato al critico di Evening Standard per affermare che il romanzo The Tiger’s wife migliora l’immagine della Serbia strappata dalla guerra108. Invece, secondo Robert Hayden, nonostante Téa Obreht riesca a creare un’immagine di Belgrado molto più personalizzata ed umana, rispetto agli altri due autori che analizza insieme, il fatto di prediligere il fantastico rimane leggermente fastidioso. In quel modo ciò che è veramente miracoloso, ovvero la lotta per la normalit{, per la dignit{ dell’esistenza quotidiana in una citt{ presa dal caos, come Belgrado negli anni novanta, rimane trascurato:
the fantastic imagery that fascinated these authors and their publics misses much of the reality of Belgrade, and of Serbia, places where the miraculous might best be seen in the ability of people to have normal lives through times of state collapse, hyperinflation, international isolation, war, severe economic depression, and not least, the tendency of outsiders to demonize them. (Hayden 2014: 16).
Come se scrivesse per rispondere a questo desiderio di Robert Hayden di vedere la realt{ della vita quotidiana rappresentata in un romanzo, Svetlana Slapšak si focalizza proprio su quell'aspetto – la lotta per la normalit{ – descrivendo la resistenza femminile a Belgrado degli anni novanta. Chiaramente, il suo romanzo Ravnoteža (Equilibrio, 2016) non è il primo che pone l’accento sulla vita di ogni giorno a Belgrado durante le guerre in Croazia e in Bosnia. La serie di questi romanzi inizia gi{ nel 1994 con U potpalublju (Sottocoperta) di Vladimir Arsenijević (1965), ma quello che distingue il romanzo di Slapšak è l’attenzione data alle
107Durante il bombardamento del ‟99, nessuno dei ponti a Belgrado è stato bombardato. Invece, tutti e tre ponti di Novi
Sad sono stati distrutti, oltre ad alcuni altri, ad esempio il ponte nella Gola di Grdelica, sul quale al momento dell‟attacco si trovava il treno con i passeggeri. A proposito di questo evento, il portavoce della NATO Jamie Shea ha dichiarato che i ponti rappresentato un leggitimo bersaglio militare. http://www.vreme.co.rs/arhiva_html/vb6/1.html
108“By accident [Téa Obreht], produced a book that could heal the international image of her birth country Serbia.“ (Lo
72 donne, in quanto portatrici dell’azione sociale. Questa rappresentazione delle donne in un ruolo attivo è contraria alla loro solita rappresentazione nel ruolo di vittima. Inoltre, nel romanzo è dato spazio all’analisi di responsabilit{ e colpa, per cui la sua pubblicazione è stata possibile solo a venti anni di distanza109 (il romanzo è stato scritto nel 1994-95 negli Stati uniti, ma in Serbia nessuno ha voluto pubblicarlo).
Il romanzo Ravnoteža ha una struttura relativamente complessa: si può dire che si tratta di un romanzo “3 in 1” (Krajišnik 2016). Oltre alla trama principale che segue la protagonista Milica e la cerchia dei suoi amici, ma soprattutto amiche e parenti femminili, ci sono altri due testi discorsivi – uno è il manoscritto del Grande scrittore nazionale (una parodia dello stile di Dobrica Ćosić110), e l'altro è il romanzo-pastiche delle sorelle Bronte, che scrive Milica per salvare la sua salute mentale mentre è costretta a copiare il suddetto manoscritto. L’immagine di Belgrado che Svetlana Slapšak vuole trasmettere è articolata nel discorso centrale, dedicato al meno conosciuto lato della guerra, a quello raramente raccontato perché si è svolto lontano dal campo di battaglia e dalle trincee: al ruolo delle donne. Milica e la sua migliore amica Dara, ma anche la zia Simka, opponendosi alla guerra, nascondendo gli amici, aiutandoli a scappare all’estero, organizzando strutture di sostegno per altre donne111, mantengono ogni illusione di normalit{ della vita e la vita in sé (Žuna 2017).
L’insopportabilit{ della situazione politica e del trattamento dei cittadini è chiaramente deducibile dalla scena nella quale Simka, una signora di almeno 65 anni, a causa del comportamento umiliante della polizia, nonostante la vita passata nella fiducia passiva
109Al contrario di Svetlana Slapšak, il focus di Arsenijević è sulla vita quotidiana, su un mondo piccolo e isolato (della
coppia di protagonista, con forti tratti autobiografici, e sua moglie incinta), nella quale un certo tipo di apatia è l'unico modo per sopravvivere al caos che li circonda e al quale i protagonisti rispondono con una resitenza passiva. Effettivamente quando Ravnoteţa si mette in relazione con il romanzo di Arsenijević, la passività dei caratteri maschili rappresentati diventa più comprensibile, lei stessa non condivide quel tipo di atteggiamento (ad esempio, recentamente ha chiamato i cittadini alla disobbedienza contro l'installazione dei fili spinati sui confini dell'UE) e sottolinea che le donne hanno „salvato l'onore della Serbia“.
110Svetlana Slapšak è stata esclusa dall‟Associazione degli scrittori della Serbia (UKS) nel 1996 a causa di una critica
dell‟opera di Dobrica Ćosić.
111Dara ad esempio ospita a casa sua una coppia di lesbiche (una serba e una musulmana). Mladenka, la dattilografa del
Grande scrittore nazionale, morendo lascia la casa a Dara perché la usi per fare qualcosa per le donne. Nel 1991 a Belgrado è stata fondata l‟organizazione femminista di orientazione anti-militare “Ţene u crnom“ (Le donne in nero) attiva tuttora, alla quale si riferisce anche Slapšak nel suo romanzo.
73 verso il governo, decide di mettere il suo appartamento a disposizione di tutti i giovani maschi, i quali non volevano né uccidere né essere uccisi (Slapšak 2016: 19), opponendosi in questa maniera all’assurdit{ della guerra. In un’intervista Svetlana Slapšak spiega come e perché si crea la resistenza femminile:
Le donne non sono contro la guerra per loro “natura” – il genere […] è condizionato culturalmente e socialmente. A causa delle limitazioni patriarcali gli è stato insegnato di cercare il proprio interesse lì dov‟è stato fissato dal patriarcato – in famiglia, in una qualche stabilità sociale, in cura per altri. Quando quello viene distrutto, al patriarcato sembra che le reazioni femminili siano indirizzate contro il patriarcato, perché esso richiede le vittime umane. In una situazione del genere, si incontrano le donne ordinarie, che non pensano del patriarcato, e quelle che gli si oppongono – per questa ragione sembra come una ribellione generale delle donne. Il risultato può essere, e lo è nel nostro caso, la nuova solidarietà femminile, la comprensione per le differenze del genere, e la solidarietà con tutti che si sono opposti al patriarcato sanguinario.xxxi(Krtinić 2017).
Inoltre, in Ravnoteža Slapšak disegna con precisione il tessuto urbano di Belgrado, le strade, i boulevard, la gente che si scalda sui fuochi accesi nei parchi, i bar da evitare, in quanto i punti di raduno della gioventù nazionalista (Slapšak 2016: 40), la nuova e dorata cupola del Tempio di Sveti Sava, il più grande tempio ortodosso e il simbolo di orgoglio nazionale, senza la quale la vista era più bella (ibid.: 72), ecc. Aggiungendo i dettagli che riguardano la fisicit{ della citt{, si esprime il degrado sia materiale che immateriale112:
Belgrado, nella sua condizione più miserabile, avvolta negli stracci di nebbia, puzzolente di tutto quello che nella citt{ in carestia si usava come combustibile, semioscura, si apriva come il mondo sotterraneo di fronte a loro, la guida e l’esploratore spaventato. (ibid.:145).
Nella piccola piazza si trovava, ancora parzialmente sotto le impalcature, il più brutto palazzo che Bo abbia mai visto, con le combinazioni impossibili di pilastri spessi, balconi sporgenti con le decorazioni in gesso – soprattutto in forma di leoni seduti – e superfici di marmo verde e rosa.
- Il Signore della guerra, uno dei piccoli – disse Dušan. – A quel posto c’era una delle più graziose case borghesi dell’inizio del novecento. (ibid.: 148)
La fortezza è piena di tane e buche, quasi tutte oggigiorno sono abitate. [La gente che vive lì] si nutre nei bidoni di spazzatura, ma gli abitanti della citt{, soprattutto gli anziani, occupano il loro spazio. Si dice che oggi sulla fortezza i ratti siano molto più rari. (ibid.: 151-152)xxxii.
112 Nel suo studio Lepši i stariji Beograd (2001) Mileta Prodanović avanza la tesi secondo la quale la regressione sul
piano estetico e visuale rappresenti una manifestazione della crisi morale della società, dovuta al crollo del sistema dei valori (riportato secondo: Santochirico 2010: 7).
74 Infine, la povert{ sia materiale che culturale e spirituale che regna a Belgrado nell’epoca del “risveglio nazionale”, è personificata nella figura del Grande scrittore nazionale: attraverso la sua persona e l’opera diventano visibili i valori nazionalistici promossi dal regime (nel momento in cui è in corso una guerra iniziata per i motivi nazionalistici). Il suo manoscritto dimostra il tragicamente basso livello culturale di quelli che erano considerati i portavoce della cultura nazionale. Questa situazione di deculturazione drammatica ha sostituito le discussioni teoriche e una scena culturale aperta del decennio precedente (menzionati anche in Stakleni zid e in Chernobyl Strawberris) nella quale la citt{ era interessante, intrigante, pericolosa, ma piena di gente e di lingue diverse, di posti dove si potevano sentire tante cose, di musica di alto livello, di teatri, festival internazionali, negozi pieni (ibid.: 147). Il contrasto è ancora più visibile grazie alla contrapposizione al fenomeno di ‘charme belgradese’ con il suo tipico „stile belgradese“, il quale confermava la tradizione urbana di Belgrado, ma non si limitava geograficamente al suo territorio:
Per quanto riguarda lo charme belgradese, esso è linguisticamente e culturalmente definito tra le due guerra, quando Belgrado era diventata una citt{ mondiale, e quando ci vivevamo tanti artisti d’avanguardia. Aleksandar Belić, il grande linguista e il creatore dell’ortografia moderna, è riuscito a dimostrare analizzando i testi letterali che veramente esisteva ‘lo stile belgradese’, caratterizzato da una particolare scelta di parole e di costruzioni grammaticali, nonché dei temi quasi esclusivamente urbani. ‘Lo stile belgradese’ era un progetto culturale ma anche politico, la liberazione del folclore e della mentalit{ contadina, il segno di un’apertura definitiva verso il mondo, soprattutto verso l’Europa. [...] Il più divertente e il più brillante rappresentante [dello stile belgradese] era Stanislav Vinaver113, traduttore, linguista, poeta e critic [...]xxxiii. (Slapšak
2016: 125-126).
Lo charme belgradese riusciva a sopravvivere anche durate i periodi più difficili e malgrado la censura, arrivando alla sua fioritura subito dopo la morte di Tito quando c'erano almeno dieci tribune e discussioni pubbliche ogni sera (ibid.). Essendo uno stile urbano e sovranazionale, però, non è potuto sopravvivere alla ferocia e all’odio del nazionalismo degli anni novanta i quali hanno annullato il carattere metropolitano di Belgrado. Comunque, le discussioni sulle proprie letture di Deleuze e Guattari della gente intorno a Milica, si possono interpretare come una forma di resistenza alla cultura di turbo-folk, alla reinvezione dei miti
113Secondo Vesna Goldsworthy l'immagine di Belgrado e della Serbia in Black Lamb and Grey Falcondi Rebecca West
75 nazionali e alla “ruralizzazione” della coscienza da parte dei grandi scrittori e poeti nazionali, nonché all’annullamento della realt{ attraverso la manipolazione di informazioni nei telegiornali114.
La normalit{ della vita è particolarmente accentuata in Chernobyl Strawberries di Vesna Goldsworthy, libro di memorie estensivamente letto in Occidente. L’autrice, consapevole dell’immagine dell’Europa orientale radicata in Gran Bretagna, il suo mercato principale, sottolinea che nella sua esperienza non c’era niente di particolare: “I have never seen the inside of a prison cell, never been tortured, for any beliefs. [...] The closest I ever came to a conflict with the communist power machine is a headed argument with Yugoslav custom officers over some LPs I was bringing back from Paris in 1980.” (Goldsworthy 2015). Inoltre, l’autrice non considera se stessa né esiliata né rifugiata visto che è emigrata per i motivi personali, uscendo dal paese con il visto ottenuto dopo un cordiale, anche se lungo, colloquio nell’ambasciata britannica. Si può ipotizzare che proprio questa insistenza con la quale autrice sottolinea che l’immagine di Jugoslavia nelle sue memorie è diversa da quello che un lettore occidentale si aspetta, ha provocato la curiosit{ dei lettori. Malgrado ciò, l’autrice non cerca di mascherare la segretezza del lavoro di suo padre presso uno dei ministeri del governo di Tito, né la propria e quasi involontaria adesione al partito comunista (e sua veloce uscita dallo stesso). Goldsworthy con un distacco quasi ironico descrive la sua