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I PARTE: LE CITTÀ PERSE

4.3 Due volti di un ritratto funebre

5.1.1 La riproduzione dell’orientalismo

Nel studio Inventing Ruritania, citato in precedenza, Vesna Goldsworthy nota che apparentemente l’area dei Balcani si allarga o restringe in base ai cambiamenti dei confini politici (Goldsvorti 2005: 4). A tal proposito questa autrice cita l’edizione dell’enciclopedia Britannica del 1910 secondo la quale i Balcani erano definiti come la zona che comprende Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia-Slavonija, Dobruja, Grecia, Illiria, Macedonia, Montenegro, Novi Pazar, Serbia e Turchia (ibid.). Nell’attuale edizione della stessa enciclopedia sotto la voce “Balcani”, scritta nel 1998 da Loring Danforth e Richard J. Crampton e revisionata nel 2015 da parte di Branketta Burich e Jeff Wallenfeldt, si legge:

Balkans, also called Balkan Peninsula, easternmost of Europe’s three great southern peninsulas. There is not universal agreement on the region’s components. The Balkans are usually characterized as comprising Albania, Bosnia and Herzegovina, Bulgaria, Croatia, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Romania, Serbia, and Slovenia231—with all or

part of each of those countries located within the peninsula.

Inoltre, nell’articolo della Britannica è sottolineato il fatto che il termine ha connotazioni negative e anche che alcuni autori definiscono la regione in base alle caratteristiche culturali

230 Kolinda Grabar-Kitanović è la presidente di Croazia dal 2015. Attualmente non è affiliata a nessun partito politico,

però proviene dal partito HDZ fondato da Franjo TuĊman, il primo presidente della Croazia indipendente e il capo dello stato durante la guerra nell'ex-Jugoslavia. Dal punto di vista della crescita di nazionalismo, la situazione in Serbia, con Aleksandar Vuĉić, proveniente dal Partito radicale serbo di Vojislav Šešelj, in ruolo del presidente. Per un'analisi più approfondita dei rapporti Serbia-Croazia e della costruzione dell‟identità di ciascun di questi paesi in opposizione all‟altro vedere la colonna di Ivica Đikić “Da Srbiji nije Hrvatske i da Hrvatskoj nije Srbije” (Đikić (2017)).

231 Ljiljana Šarić, invece, dimostra, basandosi sull'analisi dei articoli pubblicati nei giornali tedeschi, che secondo la

155 e alle circostanze storiche, mentre altri usano i criteri geografici. Questa distinzione, come sar{ dimostrato successivamente, è importante perché è stata usata dai paesi ex-Jugoslavi, geograficamente balcanici, per rivendicare la propria indipendenza basata sull’appartenenza a un altro cerchio culturale, ovvero quello centroeuropeo. Similmente, secondo l’enciclopedia Treccani nella penisola balcanica rientrano l’ex-Jugoslavia, la Bulgaria, l’Albania, la Grecia e la Turchia europea, mentre la Romania è esclusa, senza una spiegazione232. Secondo la più famosa enciclopedia francese Larousse, invece, i Balcani comprendono: Grecia, la parte europea della Turchia, Bulgaria, Macedonia, Albania, Serbia, Montenegro, Kosovo e Bosnia- Erzegovina, aggiungendo che secondo i criteri fisici o culturali qualche volta nella lista dei paesi balcanici possono essere incluse la regione montagnosa della Croazia233 e la Romania, quest’ultima a causa della religione ortodossa e l’influenza ottomana. Leggendo l’articolo si rileva che proprio questi due criteri, la religione ortodossa e l’influenza ottomana234, sono, secondo Larousse, decisivi per definire un paese come balcanico o meno. Perciò, sulla base di questo concetto, piuttosto ideologico che geografico (Larousse), l’enciclopedia francese comprende la Grecia ortodossa che ha subito l’influenza ottomana235, ma è anche membro dell’Unione Europea del 1981236 ed è tradizionalmente considerata ‘la culla della civilt{ europea’, mentre non include la Croazia, cattolica, legata ai Balcani attraverso la lingua e il patrimonio culturale comune jugoslavo. A tal proposito, nella Larousse (un po’ paradossalmente) si spiega:

Il concetto dei ‘Balcani’ è piuttosto ideologico che geografico e la Croazia, che non era particolarmente affetta del dominio ottomano, come la Slovenia, che ne era risparmiata, rifiutano ogni appartenenza al mondo balcanico, al quale le lega almeno l’esperienza jugoslava del XX secolo.cxix (Larousse [mia traduzione]).

232 I link verso l‟articolo “Penisola balcanica” della Treccani e della Larousse si possono trovare nella bibliografia, sotto

le voci Encyclopédie Larousse e Enciclopedia Treccani.

233 È interessante notare che secondo l‟enciclopedia Larousse la Croazia non fa parte dei Balcani, ma come

l‟illustrazione che accompagna l‟articolo è stata usata l‟immagine della costa dalmata (vedere:

http://www.larousse.fr/encyclopedie/autre-region/p%C3%A9ninsule_des_Balkans/107278#Y27gBK5Wxrlbu35k.99)

234 Fino al 1878 e il Congresso di Berlino l'area dei Balcani era caratterizzata partendo dalla presenza ottomana e si

usavano le denominazioni alternative quali: la' Turchia europea', la 'Turchia in Europa', l''Impero ottomano europeo'; Levante europeo (Todorova 1997).

235 Maria Todorova, basandosi sul criterio dell'esistenza del patrimonio ottomano, esclude la Slovenia dai Balcani

(Todorova 1997).

156 Robert Hayden e Milica Bakić-Hayden nel articolo „Orientalist Variations on the Theme ‘Balkans’: Symbolic Geography in Recent Yugoslav Cultural Politics” pubblicato nel 1992, rispondendo alla domanda ‘quali sono i criteri usati per escludere alcune parti della Jugoslavia, fisicamente in Europa, dal continente simbolico’, concludono che, come sembra, l’Europa simbolica non include la cultura bizantina, i Balcani e la chiesa ortodossa, (Bakić- Hayden & Hayden 1992: 9), definiti retrogradi, autoritari e associati al centralismo e al fascismo (ibid.). Sebbene queste idee fossero inizialmente create all’Occidente che, come è stato spiegato nei capitoli precedenti, ha trovato il proprio Altro nei Balcani237, la loro applicazione più concreta è stata quella dei politici e degli intellettuali sloveni e croati238 negli ultimi anni ottanta quando avevano bisogno di giustificare le loro richieste d’indipendenza. Ljiljana Šarić, docente di serbo, croato e bosniaco presso l'Universit{ di Oslo, nel capitolo “Domestic and Foreign Media Images of the Balkans” del libro Contesting Europe’s Eastern Rim: Cultural Identities in Public Discourse, spiega che i tentativi dei paesi balcanici, e in particolare dei paesi jugoslavi, di fuggire dai Balcani e di differenziarsi retoricamente dalle altre nazioni balcaniche, rappresenta una risposta diretta ai discorsi balcanici dell’Occidente (Šarić 2010: 53). Inoltre, Šarić, appoggiandosi agli studi “Svakodnevni orijentalizam: Doživljaj ‘Balkana’/’Evrope’ u Beogradu i Zagrebu’ (2002) di Jansen e “Between Europe and the Balkans: Mapping Slovenia and Croatia’s ‘return to Europe’ di Lindstrom (2003)239, afferma che il ‘balcanismo’ era al centro dei discorsi nazionalistici in Croazia negli anni novanta, mentre i Balcani rappresentavano l’Altro negativo, solitamente connesso ai serbi (Šarić 2010: 59). I Balcani rappresentavano l’argomento cruciale nei discorsi sull’identit{ croata di Franjo Tuđman (ibid.: 59-60), il primo presidente della Croazia indipendente, il cui partito HDZ, nella campagna elettorale nel 1995, usava lo slogan: “Tuđman, e non i Balcani”cxx (vedere: Luketić 2008: 23).

237 Katarina Luketić avverte che nell‟analisi del rapporto di Europa e dell‟occidente verso i Balcani bisogna essere

attenti a non accusare l‟Europa per essere l‟unico creatore delle immagini negative di questa regione. Secondo Luketić, il termine „Balcani‟ è ugualmente negativo anche nell‟immaginario dei popoli balcanici, che vogliono reprimere tutto che è balcanico e sfuggire da Balcani (Luketić 2008: 20). Questa tendenza è stata analizzata già durante gli anni novanta da Milica Bakić-Hayden e Robert Hayden (vedere: Bakić-Hayden & Hayden 1992, Bakić-Hayden 1995), mentre la paura dei Balcani nei Balcani è stata evidenziata da Maria Todorova (Todorova 1997).

238 L‟utilizzo del termine „Balcani‟/‟balcanico‟ con le connotazioni positive in Croazia degli anni novanta era

apertamente sovversivo e si poteva riscontrare prevalentemente nel discorso dei dissidenti anti-nazionalisti (Šarić 2010: 60).

157 I richiami all’indipendenza basata sulla differenza culturale, secondo la quale la Croazia e la Slovenia240 sarebbero appartenute all’Europa, mentre le altre repubbliche dell’ex- Jugoslavia sarebbero condannate come ‘balcaniche’ e ‘bizantine’, quindi non-europee (Bakić- Hayden & Hayden: 5) erano accompagnati anche dall’appello alla geografia simbolica fondata sulle due dicotomie assiologiche – nord-sud e ovest-est241. Da questo tipo di dinamiche nasce il fenomeno definito da Milica Bakić-Hayden e Robert Hayden come la 'riproduzione dell'orientalismo':

The gradation of “Orients” that I call “nesting orientalisms” is a pattern of reproduction of the original dichotomy upon which Orientalism is premised. (Bakić-Hayden 1995: 918).

e

In terms of cultural representations, of distinguishing disvalued Others, one might envision a system of "nesting" orientalisms, in which there exists a tendency for each region to view cultures and religions to the south and east of it as more conservative or primitive. (Bakić-Hayden & Hayden: 4).

Perciò, secondo questi criteri il valore simbolico dei paesi ex-jugoslavi sarebbe in declino partendo dal nord-ovest (il più alto valore) verso sud-est (il più basso valore) (ibid.: 4), mentre la frontiera orientale della Croazia indipendente sarebbe la frontiera dell’Europa Occidentale – il fatto frequentemente sottolineato nei discorsi di Tuđman242 e degli altri intellettuali croati.

240 In un articolo pubblicato sulla rivista croata Danas nel 1989 Slaven Letica, sociologo, colonnista, giornalista e

politico croato, che successivamente sarebbe diventato uno dei più stretti consiglieri di Franjo TuĊman dalle elezioni in Croazia in maggio del 1990 fino a marzo del 1991, ha incluso anche la Bosnia nel gruppo insieme alla Croazia e alla Slovenia, rappresentanti del modello politico occidentale, cioè „pluralistico‟, della democrazia parlamentare, contrapposto al modello orientale, monistico, di un partito politico (Bakić-Hayden & Hayden 1992: 9).

241 Nel XX secolo il ruolo dell‟Altro, tradizionalmente attribuito all‟Oriente, è stato assegnato all‟Altro ideologico, cioè

al comunismo. Milica Bakić-Hayden e Robert Hayden a tal proposito affermano che nonostante questo cambiamento, la geografia simbolica dell'inferiorità d'est è rimasta inalterata. Inoltre, questi studiosi spiegano che la retorica simile è stata applicata anche all‟altra orientazione della geografia simbolica del dopoguerra, secondo la quale il povero e sottosviluppato sud è contrastato dallo sviluppato e ricco nord (ibid.: 4).

242 Franjo TuĊman, tra l‟altro autore del volume Granice Hrvatske na zemljovidima od XII do XX stoljeća (Zagreb: Muzej za umjetnost i obrt 1992) ha affermato che i confini della Croazia sono i confini dell'Europa Occidentale (Bracewell, Wendy (1994). „Europeanism, 'Orientalism', and National Myths in Yugoslavia“. Articolo inedito, citato secondo Goldsvorti 2005: 10). Inoltre, nel discorso pronunciato all'Università Yale negli Stati uniti il 22 settembre 1992, ha fatto almeno tre riferimenti espliciti al ruolo della Croazia nella protezione dei confini dell'Europa occidentale: 1) „Nel nome di Gesù Cristo nei secoli i croati si sacrificavano – „per la croce onorevole e la libertà dorata‟ - ma non nell‟interesse della propria patria, ma affinché l‟Europa e l‟intero Occidente potessero sopravvivere e fiorire”, 2) Difendendo l‟Europa dall‟invasione turca, la Croazia si è meritata il titolo d‟onore „Antemurale Christianitatis‟. [...] all‟Occidente i croati, grazie della loro eroicità, hanno acquisito la fama di guerrieri temerari, però in realtà hanno salvato la gloria [„reliquiae reliquiarum“] del loro reame, una volta potente, piuttosto con il libro e il crocefisso, che con la spada; 3) l‟[esistenza della] Jugoslavia era in linea con gli interessi dei poteri-vincitori della Prima Guerra Mondiale

158 Anche all’inizio del XXI secolo in Croazia è visibile la negazione dell’appartenenza ai Balcani. La sopraccitata Ljiljana Šarić, analizzando il discorso mediatico in Croazia (in particolare i giornali Slobodna Dalmacija, Večernji list, Jutarnji list e Novi list) nel 2008, dimostra come il termine 'Balcani' è stato evitato dai media croati, consapevoli delle sue connotazioni negative243. Nei media analizzati esso è sostituito con il termine ‘Balcani occidentali’, nel quale le suddette connotazioni sono neutralizzate dall’aggettivo ‘occidentali’. Comunque, Šarić sottolinea che il fatto che nei giornali analizzati non esiste una sezione dedicata ai Balcani, ma le notizie relative agli alti paesi post-jugoslavi si trovano nella sezione 'Mondo', mette in evidenza il desiderio della Croazia di appartenere da qualche altra parte e di 'sfuggire' da questa regione (Šarić 2010: 60-67).