• Non ci sono risultati.

città palcoscenico

Nel documento Il corpo (pagine 49-51)

La spettacolarizzazione indotta dal sistema-moda a livello terri- toriale, fa sì che la città si trasformi in una “città-spettacolo”: un luogo caratterizzato da una continua produzione di eventi in gra- do di attribuirgli un’identità di città “alla moda”. Pur essendo un’i- dentità effimera, la sua efficacia viene dimostrata dalla “vendibi- lità” che la città acquista non appena questo appellativo le viene universalmente riconosciuto, perché diventa “vendibile” una città che mostra in vetrina la capacità di innovarsi, di sorprendere, di creare, grazie alla solerzia delle sue proposte, alternative in grado di attrarre, sedurre e sorprendere.

L’intera città, grazie alla popolarità acquisita, diventa una vetrina dove ciascuno è continuamente esposto ed ha acquisito il diritto di esibirsi ed affermarsi; dove il corpo-packaging dell’individuo può incessantemente mostrarsi e dunque anche la moda può esprimersi con compiutezza. Quest’ultima si trova infatti perfet- tamente a suo agio in quel processo di spettacolarizzazione della città che essa stessa contribuisce a determinare.

La capacità di una città di sapersi reinventare determina l’ascesa di determinati centri ed il decadimento di altri. Infatti è sempre

più evidente il declino e la progressiva entropia della città storica tradizionale. Secondo Alain Bourdin, è in atto un passaggio dalla “città come ordine”, alla “città come offerta”, cioè come possibilità di realizzazione dell’individuo. Vale a dire che “la città non dise- gna più un ordine sociale, societale o locale, che si materializza attraverso una organizzazione dello spazio, con i suoi viali, le sue piazze pubbliche ed i suoi monumenti. Essa costituisce un siste- ma di offerte: di attività professionali e di impiego, di servizi e di prodotti, di relazioni, di senso, di comportamenti possibili e, più specificamente, di ambienti, di racconti di avvenimenti, di strut- ture di mobilità. È l’intreccio di queste offerte, la loro capacità di strutturare delle domande, l’interazione tra le domande, che or- ganizzano l’esperienza metropolitana e la stessa città”56.

L’importanza assunta dalle città-spettacolo ha generato un mer- cato mondiale basato sulla circolazione dei flussi economici e co- municativi. Come ha sostenuto Antonietta Mazzette, nella città “si è creato uno squilibrio interno, dovuto al fatto che le funzioni dell’abitare e del lavorare sono state perifericizzate, mentre quelle del consumo, ed insieme ad esso, del circolare, hanno acquisito una tale importanza da incidere pesantemente sulla città e sul territorio complessivamente inteso. Vale a dire che il consumo (comprendendo stavolta anche la circolazione) ha inglobato gli spazi e i tempi urbani nella loro totalità. Il consumo, per la sua natura intrinseca, rinvia ai concetti di movimento (cioè di traffico) e di transitorietà, perciò la città è sottoposta ad un’alta flessibilità ed a processi dinamici in continuo cambiamento, non prevedibili e ordinabili a priori”57.

Pur essendo distanti tra loro gli individui sviluppano relazioni sociali e commerciali grazie all’impiego delle nuove tecnologie di comunicazione. Si va sempre più sviluppando in questa maniera negli spazi abitati il modello di metapoli (Ascher 1995) e di telepoli (Echeverrìa 1995), città cioè prive di territorio che si sovrappongo- no alle città e alle metropoli già esistenti, senza provocare però la loro distruzione. Ne deriva che la città si presenta insieme come un sistema territoriale locale e nodo di reti globali. Si nutre e vive in due spazialità, diverse e per certi aspetti tra loro contradditto- rie, quella fisico-territoriale della vita e delle interazioni di pros- simità e quella sovralocale, virtuale o topologica dei flussi e delle reti.

Alcune grandi metropoli sono in grado di assecondare la fun- zione circolatoria del sistema sociale, in quanto possiedono le attrezzature per le telecomunicazioni e le grandi arterie di tra-

56 A. Bourdin, La métropole des individus, 2005

sporto terrestre o aereo a grande velocità e possono pertanto più facilmente inserirsi nel flusso globale delle comunicazioni. Anzi, proprio in virtù della crescente dispersione nei flussi delle attività economiche e sociali, si è sviluppata la necessità di una rete omo- genea di “megacittà globali” (Parigi, Londra, New York, Los Angeles, Tokio, Milano ecc.) capaci di rispondere alla maggiore esigenza di centralizzazione delle funzioni di controllo e gestione. Tale rete, pertanto, incentiva e coordina la circolazione internazionale di capitale, merci, pubblicità, moda, design, arte, musica e cinema. Conseguentemente, le metropoli che ne fanno parte appaiono attraenti agli occhi dei consumatori. Anche perché si presentano come un susseguirsi ininterrotto di negozi e concept stores, cioè di spazi che traducono sul piano fisico i mondi immateriali delle marche. In molti casi, esse hanno trasformato i loro centri stori- ci in enormi centri commerciali a cielo aperto. Hanno rimesso a nuovo la loro zona centrale, restaurandone gli edifici e installan- dovi luoghi fortemente spettacolari come musei, centri commer- ciali, alberghi, ristoranti e locali di intrattenimento. L’intera città ha progressivamente rinunciato alle sue funzioni produttive tra- dizionali, trasferite altrove, e si è fatta centro di produzione delle attività finanziarie e di nuovi servizi, ma, soprattutto, si è fatta luccicante come una vetrina e oggetto di moda da consumare nel tempo libero.

Il centro storico assume nelle città-spettacolo il ruolo di palcosce- nico principale del corpo-packaging, fungendo da polo principale e magnete di attrazione per consumatori e turisti. Ciò avviene sia con i grandi centri della rete di megacittà globali, sia con i piccoli centri che possiedono risorse in grado di offrire attrazioni per tu- risti e consumatori. Come i media rincorrono l’audience, gli eser- cizi commerciali i clienti, le città rincorrono la loro domanda: per la prima volta, la domanda di città sta diventando il criterio con fondamentale con cui la città produce se stessa.

“Tutte le città inseguono lo stesso tipo di domanda, la stessa ri- cerca ostinata di evasione, di divertimento e di consumo, con la conseguenza che si attenuano le differenze specifiche tra le città. I nuovi edifici sono infatti sempre più simili tra loro, anche perché vengono spesso realizzati in materiali come il vetro, che li fanno tendere verso la trasparenza, la stessa trasparenza della vetrina”58. Ciò è il risultato di una ricerca di sintonia con un presente che, in quanto privo di radici, non può dare spazio alle identità troppo forti e diversificate. È il presente del consumo, che ha bisogno di favorire al massimo gli scambi ed i flussi di commercio, e non tol-

58V. Codeluppi, Vetrinizzazione sociale, 2007

lera identità solide e radicate, ma vuole invece identità “leggere” che cambiano al mutare sempre più rapido delle mode. Ne deriva che gli edifici si fanno “iconici”, cioè puri oggetti di comunicazione estranei al contesto in cui si trovano e destinati ad usurarsi rapi- damente, come prevedono le leggi del consumo e della moda. Allo stesso modo, anche l’identità di ogni singola città si indebolisce con la conseguente riduzione della sua capacità di richiamo.

Fabbrica Volkswagen a Dresda - 2001 - Henn Architekten

I luoghi diventano palcoscenico dove esibire la merce. Nella sede di Dresda della Volkswagen ciò che si espone non è tanto l’automobile in sé, quanto i processi produttivi messi in vetrina, in modo da mostrare attraverso la trasparenza dell’architettura il percorso del prodotto.

“Il concetto di spazio domestico e di domesticità e quello ad esso correlato di spazio pubblico, si è sviluppato tipicamente nel con- testo storico dell’occidente, alle prese con l’urbanesimo crescente, a partire dall’Europa del diciassettesimo secolo.”59

In quel periodo storico, la porta di casa segnava il confine giuridico tra lo “spazio sovrano del borghese e quello della città”; tuttavia, non implicava ancora una precisa separazione comportamentale ed emotiva tra le logiche specifiche dello spazio pubblico e quelle del privato, su cui si è successivamente costituita l’immagine mo- derna della domesticità. Nella letteratura sull’argomento, sono stati soprattutto i lavori degli storici e degli antropologi a cercare di circoscrivere il significato di questo concetto, che rimanda ad un luogo specifico – la casa -, le cui caratteristiche fisiche, funzio- nali, simboliche si sono delineate in modi diversi nel passato e presentano tuttora delle differenze secondo il contesto culturale di riferimento.

Questa separazione si è precisata nel corso dell’Ottocento, con il consolidarsi della cultura urbano-borghese. Si è così radicata nell’immaginario delle società occidentali moderne l’idea – tutto-

04.03

Nel documento Il corpo (pagine 49-51)