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lo specchio nel mondo

Nel documento Il corpo (pagine 67-69)

del tipo greco detto “a scatola”.

Andrà infine rilevato come intorno alla metà dell’Ottocento il tradizionale procedimento dell’amalgama venisse sostituito da quello dell’argentatura, consistente nell’uso di una soluzione am- moniacale di un sale d’argento con l’aggiunta di acido tartarico e zucchero d’uva, ricoperta dopo la stesura di uno strato di gom- ma lacca e successivamente di minio e trementina. Una ulteriore modificazione nei procedimenti tecnici di fabbricazione si è avuta con la successiva introduzione della “ramatura elettronica”, siste- ma tuttora in uso per la produzione industriale degli specchi.

Specchio della dinastia Han - 206 Ac. Specchio cinese decorato in ottone.

de abilità nel lavorare le pietre e i materiali più duri. Il cosiddetto « specchio dorsale » era una piastra ornamentale che copriva, sulla schiena, i nodi del panno di lana che serviva da mantello; era in uso al tempo dei Toltechi, ma nel periodo azteco apparteneva or- mai solo al costume delle divinità.

perficie e recanti principalmente immagini delle divinità taoiste di Hsi-wang-mu e di Tung-wang-kung. Questa innovazione trova piena applicazione, però, nel periodo delle Sei Dinastie (220-590) accanto all’apparizione dell’immagine del re di Wu, staterello nei dintorni dell’attuale Shao-hsing. Gli specchi dei periodi Sui (581- 618) e T’ang (618-906) mostrano ancora la decorazione a “TLV “. Una categoria a sé costituiscono gli specchi usati nel cerimoniale matrimoniale che talvolta sono a forma lobata; essi sono decorati con fenici, pavoni, anatre e gazze. Spesso tali uccelli sono raffigu- rati con una corda nel becco (simbolo del legame matrimoniale). E’ dell’epoca T’ang la nascita di una tecnica decorativa con intarsio in argento e oro su lacca applicata ad un sottofondo di bronzo. Da questo periodo in poi gli specchi non subiscono più alcuna modifica, a parte l’introduzione di manici lavorati nel periodo del- le Cinque Dinastie. Inoltre minima diventa la produzione che, in ogni caso, si riallaccia per il disegno alla tradizione T’ang. Gli spec- chi giapponesi o kagami sembra che siano stati fabbricati per la prima volta nell’era Keikó (71-130), ma non esiste alcuna documen- tazione né alcun reperto archeologico che possa provarlo. Solo gli specchi conservati nello Shòsóin di Nara sembrano essere i più antichi finora posseduti: la loro fabbricazione risale al VII secolo e lo stile è quasi identico a quello degli specchi cinesi T’ang. Tut- tavia, i Giapponesi hanno adoperato tecniche diverse da quelle cinesi per la decorazione del retro degli specchi, tecniche che essi hanno adoperato per la decorazione di altri oggetti in metallo. Lo Shòsóin possiede una serie di specchi, la cui parte posteriore è decorata con fiori e animali diversi intagliati in madreperla e in ambra oppure in oro e argento, il tutto ricoperto da uno spesso strato di lacca. I disegni geometrici degli specchi giapponesi an- tichi differiscono da quelli cinesi; il più in uso è il motivo chokko- mon che consiste in semplici linee diritte e curve che circondano un motivo a croce. Gli specchi moderni sono fusi in bronzo molto pallido, sono di forma circolare e posseggono spesso un manico, fuso con tutto il resto del corpo dell’oggetto, che gli dà un aspetto di ventaglio metallico: sono di taglia piuttosto piccola e non pos- seggono bordo.

Per quanto riguarda la Mesoamerica, una delle corporazioni di mercanti del Messico precolombiano vendeva, tra i prodotti finiti, specchi di cristallo di pirite arrotata e specchi di lamina di ossidia- na; questi ultimi venivano chiusi solitamente in una cornice di le- gno intagliato. Che gli Aztechi sapessero produrre una superficie liscia di cristallo di pirite non deve meravigliare data la loro gran-

sono infatti specchi da terra, muro oppure da appoggio. Gli spec- chi ibridi, pur non identificando un gruppo che fa dell’ubicazione la principale caratteristica di scrematura, rappresenta un insieme che deve necessariamente essere separato dagli altri tre. Infatti gli specchi ibridi, complementi d’arredo nei quali la possibilità di riflessione è una parte integrante del mobile e delle sue perfor- mance, offrono grazie alla loro complessità prestazioni che vanno al di là della semplice riflessione. Se infatti uno specchio a muro può offrire in alcuni casi oltre alla riflessione un’ulteriore servi- zio come l’organizzazione temporanea delle vesti, a differenza un mobile ibrido è stato progettato per un altro scopo, o meglio la riflessione non è la caratteristica principale del mobile bensì una parte integrante che viene connotata all’interno del mobile stes- so e non della stanza.

Nelle schede che seguono è stato analizzato per ogni specchio l’anno di progettazione (che ne ordina in maniera cronologica la successione), il nome del progettista, del prodotto e del produtto- re. Questi dati “anagrafici” sono seguiti da dati prettamente pre- stazionali e tecnici. Fanno parte di questo secondo insieme la fun- zione che si divide in pura (semplice riflessione) e complementare (se sono offerte ulteriori performances), la riflessione che si divide in reale (riflessione pura) o performativa (prestazione ottica dif- ferente dalla semplice riflessione), i materiali specchianti e le di- mensioni d’ingombro del complemento. A chiusura di ogni sche- da, oltre alla descrizione del complemento, è presente una foto dell’oggetto alla quale è stato applicato un retino colorato sulla parte specchiante che ne identifica la classificazione.

Per poter affrontare un tema progettuale come quello della ri- flessione, si è mostrato necessario seguire un percorso che dal- la storia della tecnica portasse alla storia della produzione degli specchi. Si è quindi affrontata una ricerca atta ad investigare nel mondo degli specchi ciò che di più rappresentativo dalla nascita del disegno industriale sino ai giorni nostri è stato prodotto, clas- sificando e descrivendo oggetto per oggetto il suo rapporto con il corpo e le sue performance.

Le caratteristiche principali con le quali si è selezionato il gruppo di specchi che segue sono da ricercarsi nel rapporto corpo - am- biente - vesti. Difatti sono stati presi in considerazione solo quegli specchi che trovano ubicazione nell’ambiente casalingo del corpo (la camera da letto) e che dal punto di vista ottico riflettono il cor- po per intero, soddisfacendo la necessità di una visione totale del corpo per una sua presa di coscienza, oppure che permettono di organizzare le vesti con una soluzione che incorpori anche una superficie riflettente. Gli specchi che seguono sono stati classifi- cati a seconda della zona che occupano all’interno della camera, siccome è molto spesso la posizione che ne connota l’utilizzo; vi

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Nel documento Il corpo (pagine 67-69)