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corpo packaging

Nel documento Il corpo (pagine 40-45)

Il modello di bellezza, in passato caratterizzato dall’immobilità e dalla ieraticità, oggi si contraddistingue per il dinamismo con il quale muta i propri canoni. La democratizzazione della bellez- za (discussa nel cap 03.01 corpo flessibile) oggi consente a tutti di diventare belli, ma impone a ciascuno una continua cura del proprio corpo in modo da garantire la conservazione di tale bel- lezza nell’iterazione dei suoi cambiamenti. Le “tecnologie del sè”46, ovvero quelle tecniche adottate dagli individui per poter trasfor- mare sé stessi, hanno condotto l’individuo al modello del corpo flusso, il quale ha avuto conseguenze anche per l’onnipotente moda. Infatti, se in passato questa era costretta ad accettare il cor- po come qualcosa che non poteva modificare, oggi è necessario ricercare un abbinamento personale tra l’abito ed un corpo che muta in continuazione, abbinamento che perciò si fa sempre più difficoltoso. Probabilmente è proprio grazie a questa mutevolezza del corpo che la moda si può dire “onnipotente”. La società, però, ha assolutamente bisogno di questa disponibilità del corpo al cambiamento, perché essa consente di avere a disposizione degli individui sempre pronti a recepire le novità e le mode dell’ultimo

46 M. Foucault, Tecnologie del sé, 1992

momento.

La moda influenza ulteriormente il corpo facendogli seguire il suo stesso ideale di perfezione estetica basato sull’assenza di difetti. Ma le merci perfette non sono in realtà che un mito della pro- duzione in serie, un obiettivo desiderabile ma di difficile realiz- zazione. Come per la moda, dunque, anche per le merci normali la perfezione deve essere necessariamente ricercata sul piano dell’estetica. Il prodotto, a prescindere dai suoi difetti, si fa packa- ging luccicante sugli scaffali di vendita e nelle vetrine dei negozi. Seguendo il modello di packaging, anche il corpo tende a trasfor- marsi in involucro sfavillante, un involucro che imita i corpi per- fetti creati dalle nuove tecnologie elettroniche per le “bellezze di- gitali”, ovvero quelle donne seducenti e totalmente artificiali che invadono in maniera crescente i media.

Nel cercare di raggiungere la “perfezione industriale”, l’ossessione data dalla presenza di difetti corporei da dover cancellare sfocia nella “sindrome da dismorfismo corporeo”, ovvero l’idea coatta che si debba eliminare quell’elemento del corpo percepito come un difetto. La ricchezza della personalità umana passa in secondo piano e tutto si riduce a qualche particolare anatomico. Proprio quei particolari che fanno sentire oggi l’individuo imperfetto all’interno di tutte quelle vetrine in cui è costretto continuamente a esporsi nella sua esistenza sociale. Come si è visto, anche per ciò che riguarda l’aspetto estetico del corpo sta sempre più prevalen- do quel processo di progressiva vetrinizzazione, imponendo l’ado- zione della logica comunicativa che caratterizza la vetrina stessa. Alle continue manipolazioni che subisce nella disperata ricerca di una perfezione adeguata ai modelli esterni, il corpo può ribellarsi. Le forme di ribellione che caratterizzano il corpo contemporaneo nascono dalle contraddizioni che lo attraversano. Innanzitutto, va considerato che il corpo deve tenere insieme il controllo rigido ri- chiesto dall’etica del lavoro e l’edonismo che caratterizza l’etica del consumo: “Da un lato, in quanto produttori di beni e servizi dob- biamo sublimare, rinviare, reprimere il desiderio di una gratifica- zione immediata: dobbiamo coltivare l’etica del lavoro. Dall’altro, in quanto consumatori dobbiamo esibire una capacità illimitata di cedere al desiderio e assecondare l’impulso: dobbiamo anelare ad una soddisfazione costante e immediata” (S. Bordo, Il peso del corpo, 1997). Questa contraddizione tra repressione e soddisfazio- ne del piacere rende la regolazione del desiderio un problema so- ciale. L’individuo è assediato dalla tentazione, ma sente su di sé la condanna degli altri se si fa troppo trascinare da essa.

I maggiori problemi che affliggono la percezione del proprio cor- po sono causati da questa profonda antinomia.

Il tema dei disordini alimentari può essere utile per esplicare al meglio il prodotto di questa incoerenza, in quanto rappresenta infatti un tentativo di affermare la propria identità e risolvere così le contraddizioni sperimentate dagli individui. L’anoressia nasce dallo sforzo di annullare se stessi e reprimere il proprio desiderio (etica del lavoro), mentre la bulimia e l’obesità derivano invece dal cedimento al desiderio (etica del consumo).

L’ossessivo controllo di ciò che si ingerisce consente di sentirsi adeguati ai modelli corporei di bellezza, secondo una logica “fun- zionalistica” che prevede che il risultato dipenda dalle materie prime che vengono introdotte nella “macchina-corpo”. Nel mo- mento in cui, però, non ci si riesce ad adeguare ai modelli sociali dominanti, il cibo diventa anche uno strumento di autopunizione (anoressia, bulimia).

Quanto detto rientra in quel complesso processo di continuo mo- nitoraggio su se stessi che coloro che vivono in una condizione sociale di modernità avanzata devono necessariamente pratica- re, chiamata “riflessività”47. Pertanto, pure gli uomini, costretti a reagire al cambiamento del ruolo femminile, ma anche ad una società che ha sempre meno bisogno della loro forza fisica per la produzione, sono via via più disponibili ad accettare gli inviti pres- santi ad impiegare le nuove pratiche cosmetiche. In apparenza, si “femminilizzano”, ma solo perché cercano di riaffermare il loro ruolo virile servendosi delle tecniche seduttive che sono state tra- dizionalmente utilizzate dalle donne. Attraverso il controllo nar- cisistico del proprio corpo si manifesta infatti una nuova forma d’espressione della virilità. Una forma che si ritrova, ad esempio, nel modello sociale del cosiddetto metrosexual, ovvero “un ricco maschio trentenne, metropolitano e alla moda, molto attento a curare il proprio corpo e la propria apparenza”48.

Dunque, le nuove pratiche cosmetiche non fanno che riportare sia le donne che gli uomini ai loro ruoli tradizionali. Nonostante l’apparente tendenza al cambiamento, in realtà l’ossessione per un corpo perfetto riafferma le configurazioni di genere da sempre esistenti nel sociale. Lo conferma la crescente diffusione delle im- magini delle pin-up, la cui figura incarna una femminilità molto classica. I corpi delle pin-up sono corpi “desessualizzati”, ma anche corpi perfetti, immediatamente consumabili. La pin-up è ideale per una realtà sociale come l’attuale, dove il piacere inteso come modalità di soddisfazione specifica viene sempre più sostituito

47 A. Giddens, Identità e società moderna, 1999 48 V. Codeluppi, Vetrinizzazione sociale, 2007

da uno stato di eccitazione generalizzata. Le società occidentali avanzate, a differenza di quelle che le hanno precedute, produco- no moltissimi discorsi sul sesso. Ma più se ne parla, più esso viene vissuto come ideale e sembra indebolirsi sul piano sociale. Ciò a cui si assiste, dunque, è un processo di progressiva sostituzione del piacere specifico con una condizione di eccitazione generaliz- zata che sembra essere senza limiti.

Il limite invece esiste, e risiede nella capacità degli esseri uma- ni di abituarsi a tutto ciò. Il che vale soprattutto per gli uomini, sopraffatti oggi dal proliferare nei media di immagini femminili tentatrici, di giovani donne, bellissime e disponibili che sorridono sempre e non si lamentano mai. Invece, le donne vere “parlano, esigono, lavorano, sono stanche, amano i figli, non ne possono più, rifiutano di essere maltrattate per amore o disamore, diventano insopportabili, estranee, imprendibili, giudicano, possono fare a meno dell’uomo, non vogliono più quell’uomo. E se lui non sa staccarsi dalla sofferenza e dalla sconfitta, per difendersi le can- cella”49. Come hanno evidenziato molti episodi di cronaca, le eli- mina cioè fisicamente.

Si creano standard di bellezza fisica e di performance erotica de- siderabili, ma anche raggiungibili con difficoltà da parte delle persone comuni e dunque inevitabilmente frustranti. Inoltre, nel cinema porno “almeno da metà degli anni novanta la messa in scena hard ha privilegiato una potente e prepotente iconografia della violenza, organizzata in massima parte su meccanismi di esplicita subordinazione della femmina da parte del maschio”50. In questi ultimi anni nell’immaginario del cinema pornografico si è assistito ad una grande diffusione di scene di sottomissione e umiliazione delle donne, fino al vero e proprio stupro, con tutti gli effetti di legimitizzazione della violenza maschile che ne con- seguono.

Il bisogno degli uomini di reagire con la violenza alla sensazione di inadeguatezza che sperimentano è il risultato anche del progres- sivo emergere, a partire dal Settecento, della sessualità duttile51, cioè di una forma di sessualità che è libera dai vincoli della procre- azione e che è stata fondamentale nel processo di emancipazione femminile. Lo sviluppo di questa sessualità ha determinato negli ultimi due secoli un progressivo indebolimento del potere di con- trollo degli uomini sulle donne, e questo contribuisce a sua volta a generare per reazione “una marea montante di violenza maschile sulle donne”.

D’altronde ciò a cui si assiste oggi è anche una radicalizzazione

49 N. Aspesi, Quei maschi feriti che si amano, La Repubblica, 16 ottobre 2002 50 P. Adamo, Il porno di massa, 2004

della logica della vetrinizzazione da parte delle donne. Le quali esibiscono spesso nella vita quotidiana il contenuto erotico del loro corpo, ma apparentemente non per sedurre l’altro sesso, ben- sì, al contrario, per tentare di celebrare una castrazione simbolica del maschio. Sembrano, cioè, voler fare a meno degli uomini sod- disfacendosi da sole ed impedendo così all’uomo di raggiungere il suo oggetto del desiderio. Agli uomini non rimane, allora, che esibirsi anch’essi, mettendosi in vetrina e alimentando una con- trapposizione narcisistica che li allontana progressivamente dalle donne.

Quando gli appartenenti ai due sessi si attraggono, è sempre meno per effetto di un autentico impulso d’amore e sempre più, invece, per una progressiva adozione del meccanismo che scate- na il desiderio dei consumatori per le merci. Chiunque voglia un oggetto, e abbia i soldi necessari, se lo prende.

Tutte le mattine prima di uscire... - Gianni Pisani - 1973

Il corpo divenendo prodotto necessita di una comunicazione simile a quella della merce in vendita sugli scaffali, che deve ricoprirsi di segni atti a divulgarne le peculiarità.

03.05

autopubblicità

Ogni prodotto per poter essere conosciuto, acquistato e consu- mato deve prima essere notato. La comunicazione di un prodotto è la fase in cui ne si esaltano le caratteristiche di efficientismo e bellezza, è la fase in cui, con una corretta comunicazione, la qua- lità percepita da un acquirente può superare quella reale. Come ogni manufatto, il corpo vetrinizzato deve essere pubblicizzato, deve urlare la propria esistenza, deve esaltare le proprie caratte- ristiche, si deve rendere appetibile agli occhi dei consumatori per poter essere poi acquistato.

Dalla vetrina e dalla pubblicità gli individui hanno progressiva- mente imparato a costruire ed a gestire la propria identità per- sonale, e hanno dovuto farlo perché si sono via via disgregate le barriere tra pubblico e privato, con il conseguente obbligo sociale per tutti di promuovere al meglio la propria immagine. Secondo Abercrombie e Longhurst le attuali società sono “società perfor- mative”52, perché in esse gran parte delle attività professionali e sociali sono vissute come performance e dunque sono soggette ad uno sguardo “spettatoriale” diffuso. Gli individui vengono con- siderati dei performer e percepiscono se stessi come tali. Dunque

52 N. Abercrombie e B. Longhurst, Audiences, 1998

la vita sociale diviene una continua rappresentazione da parte dell’individuo, che non solo si presenta all’altro, ma anche a se stesso con un atto riflessivo, e gli individui sviluppano in maniera crescente la capacità di muoversi con facilità dagli spazi reali a quelli mediali e viceversa.

Ne consegue che si ricerca tutto ciò che serve per differenziarsi e mettersi in luce agli occhi altrui. Gli individui hanno sempre avu- to a disposizione a tale scopo gli status symbol, cioè oggetti dotati di un elevato valore economico e caratteristiche di visibilità tali da consentire la loro esibizione in società. Negli ultimi decenni, que- sta qualità, pur rimanendo importante, ha perso terreno rispetto alla capacità dei beni di esprimere significati di tipo culturale. Esibendoli davanti alla collettività l’uomo non fa altro che esibi- re la propria posizione sociale all’interno di una vetrina. Il valore economico e culturale dell’oggetto quindi, riconducendo ad un li- vello della scala sociale, è l’odierno mana, quel potere magico che nell’antichità conferiva importanza all’oggetto (cap. 02.05 fetici-

smo dei bisogni).

Persino i valori sociali diventano oggi qualcosa che può essere ve- trinizzato. Lo hanno testimoniato i braccialetti di gomma colorata che venivano acquistati per supportare campagne umanitarie di vario tipo per essere poi esibiti al polso. La lotta contro il cancro, contro il razzismo, contro la miseria, contro la violenza o la guerra sono quindi diventati valori da esibire che permettono lo sfoggio di un impegno sociale.

Naturalmente, anche la dimensione fisica del corpo viene esibita. Uno strumento particolarmente utilizzato è l’attività sportiva, che non a caso tende oggi a presentarsi sulla scena sociale soprattut- to come esibizione delle proprie capacità personali.

Tra gli strumenti a disposizione del soggetto per praticare una strategia esibitiva del proprio corpo rientrano anche il tatuaggio ed il piercing. Ma c’è pure chi si fa decorare le unghie in maniera vistosa. I capelli, invece, si fanno rasta, frisè, colorati, maculati o vengono allungati con le extensions. Me ntre gli occhi cambiano di colore a seconda delle occasioni con le lenti a contatto colorate e i denti vengono resi sempre più bianchi con svariate tecniche. Naturalmente, anche l’abbigliamento rientra tra gli strumenti a disposizione dell’individuo per valorizzare la sua identità perso- nale. Hanno incominciato i giovani delle subculture d’avanguar- dia, praticando quello che l’antropologo Ted Polhemus ha chia- mato style surfing53, ovvero il miscelare in assoluta liberà stili e codici vestimentari differenti. Successivamente anche le persone

comuni hanno iniziato ad adottare la strategia della dress-fiction, ovvero una moltiplicazione creativa degli stili vestimentari. Persino l’abbigliamento intimo si vetrinizza. Se nel passato è stato qualcosa da mostrare con pudore, oggi è diventato una fonda- mentale componente del linguaggio del vestire ed un importante strumento di seduzione. Probabilmente questa ostentata esibi- zione di ciò che è intimo per la persona è una ostentata esibizione della sua sessualità, verosimilmente veicolata dall’immaginario pornografico, divenuto sempre più accessibile grazie ad internet. La grande importanza odierna delle strategie personali di auto- promozione è evidente soprattutto nelle pratiche di ricerca del partner. Pratiche oggi facilitate dal dating, insieme di modalità di incontro attorno a cui è nato un fiorente mercato di servizi quali cene, party, incontri veloci nei locali ecc. A facilitare i contatti sono soprattutto le nuove tecnologie di comunicazione, ad esempio i siti internet di social networking con i quali si realizza una pagina personale, con notizie anagrafiche, commenti, interessi, passioni, foto e video. Non sorprende quindi che negli Stati Uniti le spese per i servizi di online dating sa pari a circa un terzo della spesa complessiva per i prodotti del web. Il profilo personale che ciascun utente costruisce all’interno del sito è uno strumento di autopro- mozione. Ci si descrive al meglio e si inserisce anche la propria foto migliore. Ci si costruisce, cioè, una vera e propria vetrina vir- tuale personalizzata.

Dal 1997 negli Stati Uniti hanno iniziato a prendere piede i blog personali. Un blog è più di una pagina personale, è una sorta di diario costantemente aggiornato e aperto a tutti con pensieri, immagini, filmati video e qualsiasi cosa la fantasia consenta di esprimere. Chi lo fa non pensa di appartenere al sistema dei me- dia o di riempire semplicemente uno spazio con dei contenuti. Pensa invece di comunicare con altre persone, e in effetti i lettori di blog sono moltissimi. Il blog non è la pubblicazione del diario ma è la pubblicazione del network, del mio network. Ci si trova di fronte, cioè, ad una creatura profondamente connettiva: non collettiva, non privata ma profondamente connettiva. In questo sta probabilmente la ragione di successo del blog. Esso infatti è la realizzazione concreta della posizione in cui si trova l’individuo nelle società ipermoderne: perfettamente al centro tra la dimen- sione privata e quella pubblica.

Un ulteriore punto di forza del blog consiste nel fatto che, a dif- ferenza degli altri strumenti di comunicazione disponibili su in- ternet, essi raggruppano i contenuti per persona, fornendo agli

individui uno strumento di identificazione fortissimo. Il blog, insomma, è una forma di rafforzamento dell’identità personale rispetto al processo di anonimizzazione che caratterizza il funzio- namento della rete, perché contribuisce a a stabilizzare nel tempo la presenza degli individui. In questo modo, si stabilizzano anche le relazioni interpersonali e si aprono dei confronti che portano allo sviluppo delle idee e ad un arricchimento delle conoscenze possedute dalla società nel suo complesso. La tecnologia rafforza le possibilità personali di esprimersi e di affermarsi in un conte- sto dove ciò appare sempre più difficoltoso. Consente, insomma, di essere più visibili all’interno del sistema delle vetrine sociali.

Les demoiselles d’avignon - Pablo Picasso - 1907

Le persone hanno imparato a gestire, costruire e promuovere la propria identità personale pianifi- cando una vera e propria comunicazione personale di tipo visivo.

Nel documento Il corpo (pagine 40-45)