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Classificazione dei musei d’impresa

Per quanto concerne la classificazione dei musei d’impresa, il maggior contributo proviene ancora una volta, dal lavoro svolto da M. Amari.

Anche su questo fronte ci sono vari criteri classificatori, in quanto trovare un accordo unanime e piuttosto difficile e la materia si presta bene ad interpretazioni e categorizzazioni diverse, in base al differente punto di vista dal quale vengono osservati. Proveremo comunque a fare un po' di chiarezza senza escludere nessuna delle possibili interpretazioni.

In questo caso, i musei d’impresa o aziendali qual si voglia, vengono suddivisi in sottocategorie, la quale prende in considerazione tre criteri (Amari 1997; 1999)

1. L’oggetto: può essere un prodotto generico o una serie di prodotti correlati (progetti, macchinari, attrezzi, modelli e prototipi…) che vengono esposti secondo un percorso storico, seguendone la loro evoluzione nel corso del tempo;

2. L’epoca: quindi gli oggetti esposti hanno in comune il momento storico;

3. Il fondatore, il gestore, il soggetto titolare: in questo caso il focus del museo è incentrato sul fondatore dell’azienda, sulla sua storia e a come ha affermato il proprio nome/marchio nel contesto industriale.

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La classificazione di Amari non è stata esente da critiche. Le più comuni accusano un’eccessiva frammentazione, senza considerare che in molti casi un museo può contemporaneamente ricadere in più aree, così come per altri aspetti si rivelano poco esaustive. Insomma, i musei d’impresa sono molti e molto sfaccettati.

Alcuni esempi dell’imprecisione della classificazione possono essere utili a focalizzare meglio il problema.

Il “Museo Salvatore Ferragamo”41 , di cui ci occuperemo ampiamente più avanti, è

incentrato sulla figura del suo fondatore e ripercorre la nascita e il successo del brand attraverso le sue creazioni, tuttavia non mancano oggetti antichi; al contrario, possiamo trovare altri brand che si concentrano unicamente sull’attività dell’impresa, come Barilla42, Ferrari43, Piaggio44 e tanti altri.

Diventa palese allora, che è davvero difficile, se non impossibile inquadrare ognuno di questi musei all’interno di categorie prestabilite, in quanto ognuno di essi costituisce un unicum.

La suddivisione allora, piuttosto che essere basata su ciò che viene esposto, può essere incentrata sulla distinzione da altre fattispecie che ruotano intorno alla realtà industriale. In questo caso avremo tre forme alternative:

1. I musei industriali 2. I musei distrettuali 3. I musei d’impresa

I primi, i musei industriali, si pongono come testimoni dell’evoluzione di un settore e dei suoi riflessi, implicazioni, sul piano sociale;

i musei distrettuali, invece, documentano la realtà produttiva territoriale volendosi fare portavoce non solo dell’immagine di una singola impresa, ma di un’identità comune di tutte le imprese che ne fanno parte. Solitamente questi musei sono gestiti o fanno capo ad amministrazioni comunali o sono riuniti sotto forma di consorzio. L’attaccamento alla comunità locale è un elemento basilare (Amari, 1997).

41 http://www.ferragamo.com/museo/it/ita 42 http://www.barillagroup.it/

43 http://museomaranello.ferrari.com/it/ 44 http://www.museopiaggio.it/

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Infine, i musei d’impresa, presentano le seguenti peculiarità:

- Il nome coincide o evoca quello dell’impresa o dell’imprenditore; (es. Ferragamo, Barilla, Ferrari …)

- Nascono su iniziativa degli imprenditori stessi e/o dei dirigenti aziendali, i quali spesso appartengono alla famiglia del fondatore stesso (es. Ferragamo, il museo è stato fortemente voluto dalla primogenita di Salvatore Ferragamo, Fiamma); - Giuridicamente appartiene dall’impresa o all’imprenditore, qualche volta sotto

forma di Fondazione e/o Organizzazione non lucrativa di utilità sociale;

- Viene finanziato attraverso l’attività d’impresa e gestito da personale dipendente; - La sua ubicazione è attigua all’impresa (es. Ferragamo, Palazzo Spini Feroni), in

palazzi, ex – stabilimenti o in siti produttivi o commerciali; - L’esposizione ha un chiaro collegamento con la realtà d’impresa.

Quindi, elementi imprescindibili per la realizzazione di un museo d’impresa dei quali l’azienda dovrà tener conto sono (Amari, 1997):

1. Gli investimenti iniziali, adeguati anche per i successivi costi di gestione; 2. La predisposizione di uno spazio fisico consono alla finalità;

3. La selezione e formazione di personale qualificato; 4. La definizione di orari e tempi di apertura al pubblico;

5. La disponibilità di supporti didattici e la scelta della loro fruizione; 6. La scelta di eventuali servizi accessori da offrire al visitatore

Una definizione è stata data anche dall’associazione Museimpresa, la quale definisce i musei aziendali, come:

«istituzioni o strutture che siano emanazione di un’attività economica di un’impresa, di un distretto o di una tradizione produttiva con significativi legami con il territorio e che siano espressione esemplare della politica culturale dell’impresa»45.

Come possiamo notare, trattandosi di un fenomeno abbastanza recente, la frammentarietà delle fonti è tanta, così come scarsa è la coerenza della letteratura. Spesso sono associazioni come il Centro per la cultura d’impresa (nato nel 1991 presso la Camera di

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Commercio di Milano) e l’associazione Museimpresa (nata a Milano su iniziativa di Assolombardia e Confindustria) ad occuparsi sistematicamente dell’argomento.

Insomma, al di là delle mere definizioni, diversi autori (tra i quali Montella 2010; 2012) si trovano d’accordo nello stabile che affinché un museo possa definirsi d’impresa, deve inglobare le seguenti tre caratteristiche:

1. Devono appartenere ad un’impresa attiva, sia direttamente che indirettamente attraverso un soggetto strumentale;

2. Essere incentrati sulla storia dell’impresa e/o a temi connessi con l’attività dell’impresa46;

3. Devono contribuire alla creazione di valore per l’impresa, il tutto attraverso la diffusione del brand e dell’immagine aziendale.

Questa mission si lega in modo coerente alla prima definizione che abbiamo visto, quella di museo data dalla Museum Association del Regno Unito e ne chiude il cerchio. Un’altra classificazione suggerita da M. Amari prende in considerazione la natura giuridica dei musei stessi, ovvero del soggetto giuridico titolare.

In questo caso è possibile avere:

a. Musei di proprietà di Enti Territoriali (Stato, regioni, province, comuni);

b. Musei aziendali di imprese pubbliche (es. il Museo Storico delle Poste e delle Telecomunicazioni, il Museo dell’Energia Elettrica dell’Enel);

c. Musei aziendali privati, all’interno dei quali vengono incluse le fondazioni. Questi, a loro volta, si distinguono in:

c.1 musei mono – aziendali, quindi gestiti da una solo azienda; c.2 musei pluri – aziendali, gestiti da due o più aziende.

46«Dall’evoluzione dei prodotti e del brand, ai processi produttivi e all’avanzamento delle tecnologie

impiegate, agli impianti produttivi, alle maestranze interne all’organizzazione, alla figura del/i fondatore/i, allo sviluppo della comunicazione commerciale e del packaging, ai valori che hanno indirizzato lo sviluppo dell’impresa nel tempo, fino alla storia dei benefici sociali determinati da questa a vantaggio soprattutto della comunità locale e al forte legame che determina il profondo radicamento dell’impresa e dei suoi prodotti nel territorio» (Montella, 2010; 2012)

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Un’altra distinzione riguarda, invece, la tipologia di bene prodotto dall’azienda. In questo caso i beni si distinguono in:

a. Beni di largo consumo; b. Beni semidurevoli; c. Beni durevoli; d. Beni strumentali; e. Servizi.

Sulla base di quest’ultima classificazione, Amari sostiene che l’oggetto del museo d’impresa può essere riconducibile all’interno di:

a. Un settore merceologico; b. Un prodotto generico; c. Una marca di prodotto;

d. Un’attività tipica del territorio in cui opera l’azienda;

e. Un’attività attinente a quella abitualmente svolta dall’azienda.

Quindi, sulla base di quanto appena detto, una prima ed esaustiva classificazione di questa nuova forma museale può essere la seguente:

a. Un museo generico di settore; b. Un museo generico di prodotto; c. Un museo storico aziendale; d. Un museo territoriale; e. Un museo complementare. Vediamoli nel dettaglio uno per uno.

a. Il museo generico di settore: non si concentra sulla storia di una specifica azienda, ma si pone come obiettivo, quello di raccontare l’evoluzione di uno specifico settore industriale, in modo tale da ricostruirne le tappe fondamentali e caratterizzanti. Un esempio di questo genere di museo è il Museo Storico delle

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Poste e delle Telecomunicazioni47, con sede a Roma, al cui interno è possibile

rivivere l’evoluzione del servizio postale italiano, marittimo, terrestre ed aereo fino ai giorni d’oggi, comprese le apparecchiature usate in ambito militare. Al suo interno possiamo trovare apparecchi di Meucci, Morse e Marconi.

b. Il museo generico del prodotto: si concentra sulla storia ed evoluzione tecnica ed estetica di uno specifico prodotto. Appare chiaro ed evidente, quindi, come il museo sia concentrato sull’evoluzione di una specifica azienda e non più ad un settore. In questo caso tutto ciò che è disponibile al pubblico è riferito a quel particolare oggetto. Un esempio di questo museo è il Museo della Bilancia48 con

sede a Campogalliano (MO), al cui interno ospita un gran numero di bilance che vanno dall’epoca romana ai giorni d’oggi e attraverso il quale, insieme al supporto di altri oggetti, si pone come obiettivo quello di far conoscere l’evoluzione e i segreti nascosti dietro al semplice atto di pesare, pratica che da sempre ha interessato l’uomo.

c. Il museo storico aziendale: in questo caso il museo riguarda la storia di una singola e specifica impresa, la quale può essere pubblica o privata. In ogni caso, tutto ciò che viene esposto ha a che fare con la storia aziendale e può contenere, in base al tipo di prodotto/servizio offerto, prototipi, fotografie, modelli, macchinari, modelli unici. Esempio di questo tipo possono essere il Museo Storico Perugina49,

il Museo Ferrrari50.

d. Il museo territoriale: si pone come obiettivo quello di far conoscere la storia di un settore o di un’attività che si è sviluppata in un territorio circoscritto (può essere una regione, una provincia...). All’interno di questa tipologia museale potremmo citare il Museo dello Scarpone e della Calzatura Sportiva51 (TV) il quale ha come

obiettivo quello di far conoscere la storia di questa attività artigianale e industriale che ha reso famosa l’area della Marca Trevigiana.

e. Il museo complementare: nasce con l’obiettivo di far conoscere un prodotto o un’attività connessa all’attività/produzione svolta abitualmente dall’azienda. In genere questa tipologia museale è perseguita da aziende che realizzano, offrono

47 http://www.fondazioneproposta.it/museo/ 48 http://www.museodellabilancia.it/ 49 https://www.perugina.com/it/casa-del-cioccolato/Museo-Storico 50 http://museomaranello.ferrari.com/it/ 51 http://www.montebellunasportsystem.com/it/servizi/museo-scarpone

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servizi o beni di largo consumo. Un esempio di questo genere museale è il Museo della Radio e della Televisione52(TO), il quale è connesso all’attività della RAI.

Il museo ospita circa 1200 oggetti e secondo uno schema cronologico, vuole ripercorrere l’evoluzione tecnologica del nostro Paese.