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Il clima culturale dell’Ottepel’ [Disgelo] e l’affermarsi dell’underground moscovita

La morte di Iosif Stalin, avvenuta il 6 marzo 1953, viene simbolicamente presa come punto di partenza del periodo comunemente conosciuto come Ottepel’, che metaforicamente allude allo stemperarsi della gelida atmosfera regnante dello stalinismo e alla progressiva, seppur non totale, apertura dell’Unione Sovietica verso l’occidente e alla creazione di un’atmosfera che suggeriva la possibilità di una certa libertà. Nikita Chruščev, che venne nominato primo segretario del Partito, nel 1956 emanò quello che passò alla storia come il rapporto segreto che fece emergere i crimini commessi da Stalin (non a caso nel 1962 sulla rivista “Novyj Mir” [Il nuovo mondo] fu possibile leggere Odin

den’ Ivana Denisoviča [Una giornata di Ivan Denisovič] di Solženicyn, in quanto ora

diveniva lecito affrontare il tema dei lager staliniani e delle persecuzioni che avevano caratterizzato non solo gli anni ’30, ma anche il secondo dopoguerra) e criticò aspramente il culto della personalità sorto attorno alla figura dell’ex leader. In una sorta di presa di coscienza della necessità di attuare una damnatio memoriae riguardo tutto ciò che fosse strettamente legato a Stalin, il clima culturale cambiò; il disgelo fu la possibilità di respirare “aria fresca”, di credere che un grande Paese come l’Unione Sovietica fosse degno di figurare accanto alle altre potenze mondiali e che al suo interno fosse possibile costruire un comunismo dal volto umano. Il’ja Erenburg, l’autore del romanzo che dà il nome a questo periodo storico, fu anche l’autore del reportage Ljudi, gody, žizn’ [Uomini, anni, vita], che dal 1960 fu pubblicato su “Novyj Mir”:

Il primo lungo e dettagliato reportage memorialistico sui diversi Paesi europei in cui l’Urss non venisse trattata come un mondo a parte, ma come una parte dell’Europa. Erenburg parlava con semplicità e naturalezza di Picasso e Lenin, di Modigliani e Esenin, di politica e poesia, di arte e letteratura, di Russia e di emigrazione64.

Se era ormai possibile parlare di questi temi, allora non era più necessario chiudersi nelle proprie stanze e leggere a sottovoce i versi di poeti che erano stati completamente cancellati dalla memoria collettiva per mano dello stalinismo, perché era ora possibile farlo allo scoperto: fu così che a Mosca, ai piedi della statura di Majakovskij, iniziarono a raccogliersi in centinaia per leggere i versi di Anna Achmatova, Evgenij Evtušenko, Andrej Voznesenskij, o per cantare i brani di Bulat Okudžava.

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Tale contesto fu influente anche per il modo in cui molti artisti, soprattutto coloro che non si erano allineati secondo il canone del realismo socialista iniziarono a concepire il loro ruolo, ora che emerse la sensazione di disporre di una certa libertà creativa. Esisteva infatti un piccolo numero di artisti che non faceva parte dell’Unione degli artisti, che quindi, non essendo per legge dei professionisti, esercitavano la loro arte nella sfera privata, mentre quotidianamente svolgevano dei lavori che non avevano nulla a che vedere con il mondo artistico, o facevano parte di organizzazioni ufficiali meno rigide, come l’Unione dei grafici. Questi artisti, che emersero proprio negli anni del disgelo, a partire dalla fine degli anni ’50, vengono denominati “non ufficiali”, “non-conformisti”, termini che sono tutti ugualmente corretti per indicare un fenomeno caratterizzante il tentativo di mettere in rilievo una tendenza contraria a quella ufficialmente riconosciuta. Nel corso degli anni questo movimento ha assunto diverse forme, trattandosi comunque di un fenomeno non caratterizzato da tratti comuni sul piano estetico, ma dal comune rifiuto di allinearsi ai canoni del realismo socialista ed esprimersi attraverso un linguaggio che non fosse quello del Partito, che a livello ufficiale già permeava ogni aspetto della vita dei cittadini sovietici.

Questo movimento eterogeneo ha risentito in modo particolare della vicinanza, seppur limitata nel tempo, con l’occidente. L’apertura dei primi anni del disgelo portò nella capitale sovietica alcuni degli eventi moscoviti più significativi nella storia del Paese: la mostra dedicata a Pablo Picasso nel 1956, il Sesto festival mondiale della gioventù e degli studenti nel 1957, la mostra d’arte nazionale americana del 1959 e la mostra d’arte nazionale francese del 1961. Il secondo evento in particolare, organizzato tra il Parco Gor’kij e il Parco Skol’niki, mise in contatto i giovani russi con artisti e studenti stranieri, provenienti da 51 Paesi, alcuni dei quali esterni all’Unione Sovietica e ciò permise loro di toccare con mano la loro arte, di assistere alle loro esibizioni, di conoscere nuovi punti di vista e, cosa non meno importante, l’avvenimento mise in contatto tra di loro gli artisti non allineati russi. Si trattò di un’occasione per riconoscersi nella folla, dopo essere usciti allo scoperto per prendere parte a un momento in cui tutti coloro che condividevano quelle idee potevano riunirsi. Inoltre, l’arte che i russi poterono contemplare fu l’arte astratta, che a quei tempi continuava a essere bandita dal potere e da ogni esposizione e che nessuno di loro aveva mai visto prima. In quell’occasione esposero anche alcuni artisti russi, come Oskar Rabin e Anatolij Zverev. L’astrattismo fu il protagonista della mostra d’arte americana, che presentò in territorio russo le tele dell’espressionismo astratto di James Pollock e Mark Rothko e che fece molto discutere, soprattutto tra le

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autorità. Tuttavia, almeno fino al 1962, sembrò che gli organi ufficiali non fossero particolarmente interessati a porre una rigida sorveglianza su questi giovani artisti russi. Essi cominciarono a incontrarsi negli appartamenti condivisi, in cui esponevano le loro opere, frequentati anche da poeti, intelletturali o persone semplicemente curiose, che cominciarono a far circolare idee e posizioni culturali diverse rispetto a quelle ufficialmente accettate65.

In questa occasione, scrittori e artisti fecero confluire le loro idee in un unico progetto culturale; questa cooperazione fu emblematica della Lianozovskaja gruppa [Gruppo di Lianozovo], che prende il nome dal quartiere di baracche situato nella periferia moscovita, a poca distanza dall’omonima stazione ferroviaria. Qui, attorno alla figura patriarcale di Evgenij Kropivnickij, a partire dalla metà degli anni ’50 si riunivano gli artisti Ol’ga Potapova (sua moglie), Lev e Valentina Kropivnickie (suoi figli), Vladimir Nemuchin e i poeti Genrich Sapgir, Vsevolod Nekrasov, Igor’ Cholin e altri. In particolare, le figure di Cholin e Sapgir furono di fondamentale importanza all’interno di un movimento poetico che emerse proprio in quegli anni non solo in Urss, ma anche in Austria e in Svizzera, ma che nella sua manifestazione in territorio sovietico diede dei risultati interessanti: il concretismo66. Scopo della poetica concretista era recuperare la purezza della parola, liberandola dalla contaminazione ideologica subita negli ultimi anni all’interno del sistema totalitario staliniano. Tale recupero doveva avvenire tramite la “desemantizzazione” della parola stessa, fino a “riportare la sfera semantica della parola al punto zero, da cui partire per ricostruire una poesia che potesse essere espressione concreta della realtà”67. In queste convinzioni estetiche sembra quasi risuonare

l’interpretazione futurista della zaum’. Il periodo di destalinizzazione portato da Chruščev fu percepito da molti artisti come la possibilità di cominciare un nuovo tipo di esistenza, così come le avanguardie storiche pensavano di poter plasmare con la loro arte la realtà di un mondo nuovo. A sua volta, il concretismo introdusse nella letteratura elementi che sarebbero stati impensabili in un’opera perfettamente corrispondente ai canoni del realismo socialista: nelle poesie si faceva uso del linguaggio della strada e si tendeva anche a trattare con ironia persino la figura stessa dell’autore e il ruolo del poeta.

65 Si veda S. Burini, “Undeground/Andegraund: Note sul nonconformismo”, in Moskva Underground:

pittura astratta dal 1960, a cura di N. Kotrelev, Venezia 2012, pp. 16-20.

66 Per un’analisi del concretismo come fenomeno letterario e, nello specifico, della poetica di Sapgir, si

veda M. Maurizio, “I primi due cicli di G. Sapgir nel contesto del concretismo russo: la ricerca della parola pura tra assenza e assurdo”, eSamizdat, 2005 (III), 1, pp. 71-89.

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In questo il concretismo sembra essere molto vicino alla scrittura degli obėriuty, i quali a loro volta si erano esposti con la convinzione che il mondo andava visto nella sua “nudità”: “Quando guarderete l’oggetto con occhi nudi, allora lo vedrete per la prima volta ripulito dalla decrepita doratura letteraria”68. La poesia di Sapgir Golosa [Voci], che dà il nome alla prima raccolta del poeta, si presenta come una serie di quartine in cui la figura dell’autore scompare totalmente e rimane la polifonia di voci di personaggi ignoti, che commentano delle situazioni, ripetendo frasi identiche tra di loro, nelle quali a variare è solo la punteggiatura. “L’uso di parole quasi identiche da parte dei quattro attori di questa poesia porta a vedere il mondo descritto da Sapgir come uniformato nei sentimenti e conformato a un solo modo di pensare”69.

Nello stesso periodo si formò il gruppo fondato dal poeta Nikolaj Čertkov, costituito principalmente da studenti dell’Istituto di Lingue Straniere e che cessò di esistere nel 1958, dopo che il suo leader venne arrestato con l’accusa di propaganda antisovietica. Diversamente dalla realtà staliniana, in cui il terrore e la macchina del Partito seguivano ogni aspetto della vita del singolo, insinuandosi anche nel privato e nelle relazioni interpersonali, nell’era chruščeviana si poteva parlare di una separazione tra sfera privata e sfera pubblica70. Il potere non poteva entrare nel privato, che quindi riusciva ad avere una propria dimensione, andando a declinarsi negli spazi dedicati alle discussioni politiche all’interno delle cucine, e quindi, per quanto concerne i gruppi artistico-letterari su cui ci si vuole soffermare, l’appartamento, la mansarda, persino la baracca divennero depositari di un inestimabile evento storico che avrebbe segnato indelebilmente la storia culturale russa. Questa situazione permetteva agli esponenti dell’underground di vivere in due dimensioni: una, riconosciuta ufficialmente (consentita dalle posizioni come illustratori o scrittori presso lo Gosudarstvennoe Izdatel’stvo detskoj literatury [Editore di stato per la letteratura infantile]), e l’altra, privata e non ufficiale, nella quale era possibile esprimersi nel proprio linguaggio artistico non allineato.

I membri dei vari gruppi menzionati erano di solito accomunati dai medesimi interessi artistici e letterari, il che non si traduceva quasi mai in un “progetto artistico con scopi precisi e chiaramente espressi”71: ciascuno rappresentava una personalità forte e

68 “Посмотрите на предмет голыми глазами, и вы увидите его впервые очищенным от ветхой

литературной позолоты.” (D. Stanislav, Literaturnye manifesty ot simvolizma do našich dnej, Moskva 2000, p. 477 cit. in Maurizio “I primi due cicli”, op.cit., p. 74).

69 Ivi, p.77.

70 M. Vanin, “Il mio colore preferito è quello che non fa male: Vladimir Jakovlev all’interno della cultura

andegraund moscovita”, eSamizdat, 2005 (III), 1, p. 142. 71 Ivi, p.141.

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indipendente, impegnata nell’individuale ricerca e sviluppo di un linguaggio artistico o poetico. Si potrebbe fare un’eccezione per il gruppo SMOG fondato nel 1965 da Leonid Gubanov, il cui acronimo veniva interpretato dai membri stessi talvolta come Samoe

molodoe obščestvo geniev [La più giovane associazione di geni] o come Smelost’, Mysl’, Obraz, Glubina [Coraggio, Pensiero, Immagine, Profondità]. Il gruppo era sorto con il

dichiarato intento di “diffondere la poesia in qualunque luogo”72.

Tutto ciò però non significava assoluta anarchia, poiché in Unione Sovietica nonostante tutto l’individuo rimaneva parte di un progetto più grande, ovvero la costruzione del comunismo, aspetto di cui Nikita Chruščev non si era certamente dimenticato.

L’ideologia ribadì infatti la sua presenza nel 1962, quando, in occasione del trentennio della Sezione moscovita dell’Unione degli Artisti, all’interno del Manež venne organizzata un’esposizione, nella quale erano presenti anche opere di artisti non allineati come Ėlij Beljutin, Jurij Sobolev, Ülo Sooster, Vladimir Jankilevskij ed Ėrnst Neizvestnyj, accanto a quelle di artisti sperimentali degli anni ’30 e ’40 come Robert Fal’k e David Šterenberg. Non è nel nostro interesse ripercorrere gli avvenimenti susseguitesi quel giorno, quanto piuttosto riferire la reazione di Chruščev, che rispose indignato alla vista di quadri astratti, o proponenti uno stile da lui incompreso e percepito come degenerato. Quell’arte non oggettuale non rispondeva affatto alla nuova rotta intrapresa dal cammino ideologico del Partito, che, punendo la roboante retorica staliniana con tutti i risultati che aveva comportato a livello artistico (le grandi tele celebranti un comunismo vittorioso, un popolo dedito fedelmente alla causa e dimostrante la propria gioia per esserne coinvolto), si riproponeva ora di presentare la realtà così come era, in piena autenticità, comprensibile al popolo e alla gente comune e non corrotta dal germe dell’arte occidentale.

Se fino a quel momento per l’ambiente culturale non allineato c’era stata la possibilità di smettere di temere i possibili provvedimenti intrapresi dal potere, ora era possibile continuare a produrre, a incontrarsi nella sfera privata, seppur vivendo in un’atmosfera di paura costante, che l’attenuarsi del morso del Partito aveva fatto brevemente dimenticare. Ciò non impedì ai rappresentanti dell’underground di cessare di “parlare” controcorrente; divenne ancora più importante e significativa la sfera domestica, lo spazio privato, in cui era possibile lavorare, mantenere i contatti e condividere le proprie vedute. Non bisogna inoltre dimenticare la presenza di diplomatici stranieri, che intrattenevano rapporti con gli artisti non ufficiali e ne frequentavano gli ambienti, come

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la comunità di Lianozovo, e in alcuni casi, grazie a loro, per qualche artista ci fu l’occasione di vendere ed esporre in Europa73.

Nel frattempo, il Paese aveva assistito all’allontanamento di Chruščev e all’insediamento al suo posto di Leonid Brežnev, personalità che andò a rappresentare il periodo passato alla storia come zastoj [stagnazione]. Quest’era si aprì con i processi a Josif Brodskij nel 1964 e a Andrej Sinjavskij e Julij Daniel’ nel 1966, imputati di aver fatto pubblicare in Europa le loro opere sotto pseudonimo. L’accusa di attività antisovietica era generalmente rivolta al mondo culturale, e l’atmosfera che si costituì in epoca brežneviana fu quella che permise la progressiva nascita di un movimento di dissenso che tra la seconda metà degli anni ’60 fino a metà degli anni ’80 uscì letteralmente allo scoperto e cominciò ad esprimere il proprio disappunto per le ingiustizie perpetrate dal Partito. La voce del dissenso passò attraverso il gruppo SMOG, i cui partecipanti che si ritrovavano ai piedi del monumento a Majakovskij leggevano poesie di Marina Cvetaeva, Osip Mandel’štam e Boris Pasternak; passò attraverso i cosiddetti pravozaščitniki [difensori dei diritti umani], che in quegli anni iniziarono a fare sentire la loro voce chiedendo giustizia e trasparenza per il processo Sinjavskij – Daniel’; infine assunse tinte più politiche, invece che culturali, come era stato fino a quel momento, quando cominciò a protestare a seguito degli avvenimenti legati alla Primavera di Praga74.

Sulla scia degli eventi perfettamente descrittivi del clima di chiusura e repressione della stagnazione, è giusto ricordare che, per l’underground diventava sempre più difficile disporre di spazi espositivi, tenendo conto anche che a partire dal 1965 venne introdotta la prassi di interrompere le mostre un’ora o addirittura qualche minuto dopo la loro apertura. Accanto agli incontri e discussioni a cui appassionatamente partecipavano scrittori e filosofi, gli appartamenti degli artisti divennero anche sede delle esposizioni di questo scenario non ufficiale. Per alcuni artisti, inoltre, lavorare come illustratori rappresentava una minima possibilità di ottenere un impiego senza dover rinunciare all’arte, così come altri scelsero professioni lontane dal mondo artistico per potersi guadagnare da vivere. L’illustrazione divenne così una strada praticata da molti esponenti della scena underground, che si avvicinarono in particolar modo all’editoria infantile, in

73 Basti pensare alla mostra personale di Zverev alla Galerie Motte di Parigi e Ginevra (tra febbraio e

giugno 1965), a quella di Rabin alla Grosvenor Gallery di Londra (giugno e luglio 1965) e alla collettiva presso la Galleria Castello Spagnolo di L’Aquila (tra giugno e settembre 1965), in occasione della quale furono esposti lavori di Anatolij Brusilovskij, Il’ja Kabakov, Ėrnst Neizvestnyj, Jurij Sobolev, Ülo Sooster, Vladimir Jankilevskij e altri.

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quanto sottoposta in forma minore alla censura. Un impiego di questo tipo permetteva di entrare, indirettamente, nell’Unione degli Artisti: all’interno di questa, infatti, esisteva una sezione dedicata alla grafica del libro. Chi ne faceva parte aveva diritto a vantaggi materiali ed economici, così come qualsiasi altro artista ufficiale riconosciuto dall’Unione. Tra le varie riviste con cui gli artisti collaboravano, si ricorda “Znanie – sila” [La conoscenza è forza], una rivista scientifica divulgativa, sulla quale venivano pubblicati anche racconti di fantascienza. Sulle sue pagine più volte comparvero le illustrazioni di Sooster, Kabakov, Jankilevskij, Neizvestnyj, Francisco Infante e Dmitrij Plavinskij. È interessante sottolineare la popolarità assunta proprio dalla fantascienza in quegli anni; ciò andava a pari passo anche con le scoperte in ambito scientifico, se non con le conquiste, a partire dalla fine degli anni ’50, nel mondo della cosmonautica. Inoltre, su questo tipo di letteratura non veniva esercitato un controllo particolarmente ferreo, per cui anche per gli artisti non conformisti era facile lavorare come illustratori di quelle opere. La fantascienza divenne un vero e proprio genere a cui si accostò Sooster, che illustrò le opere di Henry Kuttner, Isaak Azimov (fig.9) e Clifford Sajmak. Fu così anche per Viktor Pivovarov, che curò l’aspetto artistico del primo numero di “Al’manach naučnoj fantastiki” [Almanacco della fantascienza]. Proveniente da Tartu (Estonia), dove frequentava gli ambienti artistici non-ufficiali, Sooster venne introdotto nel mondo dell’underground moscovita da Jurij Sobolev, il cui appartamento, a partire dal 1960, divenne luogo di incontri e discussioni:

Nella mia stanza si radunavano costantemente i personaggi più svariati, non solo artisti, ma anche scienziati, musicisti jazz, in parte poeti, in parte gente senza occupazioni particolari, ma dotati di idee interessanti. Questa specie di associazione culturale prese il nome di “Arca di Nolev” (dal secondo cognome dell’artista, n.d.a.) […] era un altro dei posticini75 bohèmien di quegli anni.”76

In quel periodo si stava formando anche il gruppo Sretenskij bul’var, che prendeva il nome dalla via sulla quale a un certo punto ottennero gli studi Neizvestnyj, Sooster e Kabakov. Ed è proprio la masterskaja [atelier] che divenne uno spazio di confronto,

75 Infatti, accanto ai circoli di discussione che nascevano spontaneamente nelle abitazioni degli artisti

(anche l’appartamento di Ülo e Lidja Sooster divenne un altro dei punti focali, nel quale ogni martedì era diventato consuetudine ritrovarsi), altro luogo di ritrovo ed esposizione di lavori artistici della boheme andegraund erano i cafè Artističeskoe [Artistico], Molodežnoe [Gioventù] e Sinjaja Ptica [L’uccello azzurro].

76 “[…] у меня в комнате постоянно собирался разный любопытный народ, не только художники,

но и ученые, джазовые музыканты, отчасти поэты, отчасти люди без определенных занятий, но с интересными мыслями. Это некое культурологическое объединение получило название «Нолев ковчег» […] было еще одно богемное местечко тех лет.” (Ju. Sobolev, cit. in Drugoe iskusstvo: Moskva

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diverso dal circolo di Sobolev, nel quale si voleva ricreare una bohème, costretta a ricavarsi lo spazio in un locale strettissimo, dove discutere di tematiche filosofiche e culturali in generale:

Si trattava più di un concetto riguardante l’“arte non-ufficiale”. Ci facevamo visita a vicenda negli atelier, che si trovavano tutti nello stesso quartiere e qualche volta – soprattutto da Kabakov – degli studiosi tenevano lezioni sullo strutturalismo e sulla filosofia… Non avevamo un’unica piattaforma operativa o modalità ben definite. Si trattava della comunicazione degli artisti negli atelier, di uno scambio di informazioni e di sapere. Niente di più77.

Fig. 9 Ü. Sooster, illustrazioni di I. Azimov, Put’ marsian [Maledetti marziani], 1966

Nel 1975 venne fatto un tentativo da parte del Partito di regolarizzare anche gli artisti non ufficiali all’interno dell’Unione; per fare ciò, all’interno della sezione dedicata alle arti figurative del Gorkom grafikov [Comitato cittadino dei grafici], venne istituito il MOKChG (Moskovskij ob’’edinennyj komitet chudožnikov i grafikov, [Comitato

77 “Это прежде всего понятие, касающееся «неофициального искусства». Мы ходили друг к другу в мастерские, которые находились в одном районе, иногда – чаще всего у Кабакова – ученые читали лекции по структурализму, философии… У нас не было какой-либо единой творческой платформы или четких установок. Это было общение художников по мастерским, обмен информацией, взаимное обучение. Не более того.” (Ivi, p. 67).

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moscovita unitario per i pittori-grafici]). Tale decisione venne presa in seguito ad un altro avvenimento significativo per la storia dell’underground moscovita, ovvero la mostra organizzata il 29 settembre 1974 al parco Izmajlovskij, che passò alla storia con il nome di Bul’dozernaja vystavka [La mostra dei bulldozer]. Su iniziativa di Rabin venne mandata una lettera a nome suo, del figlio Aleksandr, di Nemuchin, Vitalij Komar, Alksandr Melamid, Lidija Masterkova e Anatolij Brusilovskij al Comitato Cittadino, nella quale veniva comunicata l’intenzione di organizzare l’esposizione. La risposta che ricevettero fu sostanzialmente un nullaosta all’organizzazione dell’evento, accompagnato tuttavia dal consiglio di spostarsi presso uno dei locali dell’Unione degli Artisti, prendendo preventivamente contatti con essa. Rabin e gli altri artisti decisero di rimanere fermi sulla loro idea originaria e la mostra si tenne al parco Beljaevo; il giorno