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Le metafore della condizione umana: Vodolazy, Stomaki e Čurk

Un mondo descritto da parole e immagin

3.4 Le metafore della condizione umana: Vodolazy, Stomaki e Čurk

Così come i Dabloidy, anche la prima comparsa dei Vodolazy si colloca ai tempi delle caricature di Tiškov54. Questo soggetto è ricorrente anche in illustrazioni o dipinti, alcuni

dei quali anticipano le raffigurazioni tipiche dei Vodolazy o riprendono temi già trattati. Ne è un esempio il disegno intitolato Pros’ba o pogruženii [Richiesta d’immersione, 1986] (fig. 60), contemporaneo alla tela Richiesta di ferie, in cui però, a fare richiesta è un sommozzatore ancora molto diverso dai personaggi che compariranno qualche anno dopo in altri disegni, installazioni e libri, ma per il quale vale comunque la rigida burocrazia sovietica. Tra il sommozzatore e il burocrate è sospesa una didascalia che descrive la scena, ovvero il momento in cui il sommozzatore Akulov sottoscrive un permesso, ai fini di intraprendere una ricerca scientifica sui fondali marini. Così come per la pseudo-associazione che si occupava della ricerca sui Protodabloidy, anche le opere riguardanti i Vodolazy sono regolate da un “ente” chiamato OGV (Obščestvo

Glubokovodnych Vodolazov [Società dei sommozzatori dei fondali marini]), fondata nel

1997, di cui l’artista si dichiara presidente. Per rendere l’esistenza di questa società ancora più verosimile, venne redatto un testo con il quale si invitava chiunque fosse interessato a partecipare alla causa dei Vodolazy, il cosiddetto “popolo sottomarino”, per difenderli dall’imminente estinzione:

Di questi tempi, tempi di passaggio e irrequieti, i piccoli e gli indifesi – i bambini, i vecchi, gli invalidi e i Vodolazy – soffrono. È nostro dovere aiutarli! La Società dei sommozzatori dei fondali

marini , fondata nel 1997, quando si assunse l’onorevole e difficile compito di aiutare il popolo

dei sommozzatori e di fare tutto il possibile per salvarli da morte certa55.

53 “[…] ключевой мотив отечественной культуры, и Тишков вовсе не обязан быть исключением”

(Kuricyn,“Saga”, in Tiškov, Suščestva, op.cit., p. 28). 54 Tiškov, “Conversazione”, op.cit., p.155.

55 “В наше неспокойное и переходное время страдают малые и беззащитные – дети, старики,

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Come già era stato per i Dabloidy, definiti creature del subconscio, emerse in un periodo “di passaggio” per la Russia e per il suo popolo, anche i Vodolazy, con la loro natura forse più introversa e passiva, sono simbolo di precarietà, di un faticoso arrancare nel deserto dell’esistenza, incapaci di adattarsi alla novità e costantemente intimoriti dal mondo esterno.

La serie più completa di disegni dei Vodolazy risale a un periodo successivo, ovvero ai primi anni del terzo millennio: disegni realizzati a china, nei quali il contrasto tra bianco e nero determina l’atmosfera di oppressione e fatica di cui si è parlato. Prima di questa serie, però, all’interno dellamitologia dei sommozzatori, l’artista ideò un progetto di “archiviazione”: una biblioteca pensata per raccogliere i libri, le pergamene e i cartelloni narranti l’origine, il presente e il futuro dei Vodolazy, rinominata Biblioteka dei Vodolazy (menzionata nel capitolo precedente). Tale progetto iniziò verso la fine degli anni ’80 e fu completato nel 1993.

Dopo essere entrato in possesso di una certa quantità di carta trasparente, Tiškov individuò l’utilizzo che ne avrebbe fatto:

январе 1997 года взяло на себя почетную и непростую задачу помощи Водолазному народу и делает все возможное для спасения его от гибели.” (Tiškov, V poiskach čudesnogo, op.cit., p.56).

Fig. 60 L. Tiškov, Pros’ba o pogruženii [Richiesta d’immersione], carta da lucido, china, 1986

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All’improvviso mi fu chiaro: i Vodolazy avrebbero potuto utilizzare quella carta per farne le proprie pergamene. Misurai dieci metri, distesi la carta sul pavimento del mio atelier e la dipinsi di china e inchiostri colorati. Era evidente che quel giorno mi trasformai in un amanuense illuminato, autore della fratellanza dei Vodolazy, per cui sapevo esattamente che cosa dovevo disegnare […] E solo dopo qualche anno, quando ormai era pronta una gran quantità di libri, pergamene e fogli appartenenti alla collezione dei sommozzatori, mi fermai e presi un po’ di fiato56.

Il frutto dell’attività instancabile dell’artista ha portato alla realizzazione di più di dodici “palinsesti”, le antiche tracce lasciate dal passaggio dei Vodolazy. La tecnica del palinsesto prevede la presenza di un manoscritto, che viene raschiato e poi nuovamente ricoperto con altri testi e disegni, che si sovrappongono a quelli originali. Ispirandosi a questo procedimento, Tiškov disegnò una serie di geroglifici sulla carta da lucido, segni astratti intervallati da testi scritti in un carattere illeggibile, per poi coprire questo strato con una mano di colori acrilici e inchiostro colorato. In questo modo si ottenne un manoscritto “scritto” e poi “riscritto”, senza però avere effettuato la raschiatura, ma una sovrapposizione che rendeva ancora meno riconoscibile il testo e le immagini. Dopodiché, con uno strato di vetro solubile e con il vapore del ferro da stiro, la carta fu pressata, ottenendo su di essa delle increspature simili a quelle delle pergamene antiche.

Guardai la biblioteca che avevo creato e mi stupii della sua misteriosità, anche se ero stato io stesso a disegnarla. Era evidente che quei libri e pergamene contenessero informazioni rare e alquanto significative sulla vita e le tradizioni della stirpe dei Vodolazy, descrizioni di città, riti religiosi di queste creature strane, però tutto era scritto in una lingua andata perduta da molto tempo57.

È importante sottolineare, oltre al ripetersi del motivo della finzione, anche l’atteggiamento dell’artista nei confronti di quanto creato: il suo stupore di fronte all’illeggibilità dei palinsesti risulta quasi assurdo e permette di riflettere sulla natura a tratti ludica della sua arte, un giocare con le proprie storie inventate, come in questo caso per poter godere dell’ingannevole aspetto dei reperti lasciati dai Vodolazy. Questi reperti 56 “Мне вдруг ясно представилось: этой бумагой могли воспользоваться водолазы, чтобы созидать свои свитки. Я отмерил десять метров, расстелил бумагу на полу мастерской и закрасил тушью и цветными чернилами. Видимо, в этот день я превратился в иллюминатора скриптора, писца водолазного братства, поэтому точно знал, что надо рисовать. […] И только спустя несколько лет, когда было готово множество книг, свитков и отдельных листов из «водолазного» собрания, я остановился и перевел дыхание.” (Tiškov, Kak stat’ genial’nym chudožnikom, op.cit., p.167).

57 “Я смотрел на созданную мною библиотеку и удивился ее загадочности, хотя сам же ее

нарисовал. Было видно, что эти книги и свитки содержат какие-то редкие, весьма значительные сведения о жизни и бытие племени водолазов, описание городов, обычаев и религии этих странных существ, но написано все на языке давно утерянном, забытом.” (Ivi, p.168).

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non hanno una valenza solamente figurativa, ma anche testuale: “Per tutte le culture primitive, compresa quella dei Vodolazy, i concetti di scrittura e disegno erano sinonimi. Capii che le pergamene si leggono come dei geroglifici: ogni linea, tratto o macchia hanno un significato”58. In questo frammento, come già si era visto in riferimento all’origine del fumetto nelle pitture rupestri, viene ribadita l’unità di testo e immagine nella sua forma più primordiale, in un tempo passato al quale viene assegnata la storia dei Vodolazy, per estendere l’asse temporale della mitologia tiškoviana e darle uno spessore storico (fig. 61).

La raccolta della biblioteca comprende anche altri testi riguardanti questi personaggi, come il trattato Kosmogonija Vodolazov [Cosmogonia dei Vodolazy, 1997] (fig. 62), che verrà successivamente introdotto, nel 2005, nel primo dei tre volumi intitolati Vodolazy (contenenti immagini e scritti dell’artista, pubblicati ancora una volta da Gajatri).

58 “Для всех первобытных культур, в том числе и водолазной, понятия «писать» и «изображать»

былы синонимами. Я понял, что свитки читаются, как иероглиф: каждая линия, черта, пятно что-то обозначают.” (Ivi, p.169).

Fig. 61 L. Tiškov, Okna, obraščennye vnutr’ [Finestre rivolte verso l’interno], carta, inchiostro d’India, colla, collage, 105x77 cm, 1989

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Questo testo si propone come ricerca del dottor Leonid Tiškov, promosso dall’OGV, di cui si è parlato prima. La struttura del libro ricorda quella degli album dedicati ai Dabloidy, presentando sempre pagine in cui convivono più immagini e più episodi, affiancati da un commento o da un completamento testuale. Il tema centrale, come suggerisce il titolo, è la nascita dei Vodolazy, evento che avviene in forma più “umana’’ rispetto a quella dei Dabloidy. Sulle prime due pagine è infatti presente un motivo composto da una serie di raffigurazioni di piccoli Vodolazy in stato “embrionale”, dove il tubo di gomma, che permette loro di respirare, diventa il loro cordone ombelicale. Queste creature, definite nella prima pagina del libro “Protovodolazy’’, e lo spazio chiuso nel quale nascono sono un’anticipazione di quella che sarà la loro natura, estremamente introversa e chiusa nel proprio involucro, sia rifugio che prigione.

Vi è inoltre una minuziosa riproduzione degli organi interni, tipica dello stile di Tiškov, ma in questo caso particolarmente insolita, data l’abitudine a trattare le sue creature come qualcosa di non completamente umano. Invece i Vodolazy possiedono un cervello, un cuore, dei polmoni, dei reni e, dettaglio immancabile nell’iconografia tiškoviana, un apparato digerente (fig. 63). Nelle pagine del libro viene percorsa tratto per tratto la nascita dei Vodolazy, a partire dalla formazione dello spazio della capsula attorno a loro, fino alla sua distruzione e alla liberazione del sommozzatore formato. La quinta pagina, corrispondente anche al quinto capitolo, ricalca la famosa incisione di Goya: Son razuma

poroždaet Vodolazov [Il sogno della ragione genera i Vodolazy] (fig. 64). Vengono qui

Fig. 62 L. Tiškov, Kosmogonija Vodolazov [Cosmogonia dei Vodolazy], china su carta, 1997

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riproposte raffigurazioni già apparse al momento della narrazione della mitologia di Dablus, ovvero la madre che porta il Vodolaz a letto dalla figlia, mentre questa è immersa in un sonno profondo. Un altro aspetto che accomuna i Vodolazy a Dablus è la loro capacità di rigenerarsi automaticamente, senza la necessità di un accoppiamento, cosa che li rende capaci di sostentarsi da soli e di ricrearsi.

Fig. 63 L. Tiškov, Kosmogonija Vodolazov [Cosmogonia dei Vodolazy], 1997

Fig. 64 L. Tiškov, Kosmogonija Vodolazov

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Le ultime due pagine sono occupate dal ritratto anatomico di un Vodolaz (fig. 65). Le pareti del torace si trasformano in ali d’angelo, dal quale emergono diversi organi, compreso un rene, sul quale crescono dei gigli. Il fegato presenta nuovamente delle somiglianze con le montagne di Nižnie Sergi, per sottolineare l’appartenenza dei Vodolazy alla terra d’origine dell’artista. Le interiora del Vodolaz ricordano una mappa, nella quale è possibile ritrovare luoghi e immagini, come la luna che fa capolino in mezzo al fegato o il tramonto in corrispondenza dell’oblò aperto, che come in molte altre raffigurazioni, impedisce di vedere il vero volto del sommozzatore. In questa rappresentazione anatomica, però, appare un tratto antropomorfo, ossia il vero viso del Vodolaz che si rispecchia nello sportello dell’oblò, atto descritto dall’artista con un commento che corre a fianco: “Il Vodolaz che osserva se stesso”59. Questo particolare ribadisce non solo la ripetizione ad infinitum, ma anche il forte carattere introspettivo di questi personaggi.

Il corpo del Vodolaz, come atto di creazione e cosmogonia in sé, diventa anche terreno fertile per la nascita di nuovi sommozzatori: uno nasce dal suo orecchio, un altro dal ginocchio, mentre i piedi diventano le capsule contenenti i “Protovodolazy”, prima che queste si “schiudano”.

59 “Самонаблюдение водолаза за самим собой.” (Tiškov, Kosmogonija Vodolazov, Moskva 1997).

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Anche nella narrazione degli Stomaki si ripetono alcuni dei motivi che accomunano tra di loro gli abitanti della mitologia tiškoviana, come il momento della nascita, lo studio della loro anatomia e soprattutto l’interazione con gli esseri umani. Prima dell’album

Stomaki [Stomaci, 1993], il personaggio ispirato al principale organo digestivo umano

già aveva fatto la sua comparsa in altri lavori di Tiškov, anche come simbolo primordiale. Znak Stomaka [Il segno dello Stomak, 1990] (fig. 66) è una rappresentazione stilizzata, quasi suprematista, formata dall’intersezione di una linea nera lunga e una rossa, la prima corrispondente al corpo e la seconda ai piedi. Dalla tela

Stomaki idut po zemle [Gli Stomaki vanno in giro, 1990] (fig. 67) si evince quello che

sarà il motivo caratterizzante di questi personaggi, ovvero il loro intercedere in un paesaggio desolato, che dovrebbe essere l’interno del corpo di un uomo. Questo mondo è la terra d’appartenenza degli Stomaki, che viene definita rodina. Nella sesta pagina dell’album intitolato Stomaki, sotto una piccola miniatura raffigurante un paesaggio di campagna, dove fa capolino un piccolo Stomak, la scrittura a mano dell’artista recita: “Il sentimento della patria è il sentimento più importante per ogni persona. Per una persona adulta, esso assomiglia ad un grande fiume. Con convinzione, posso dire lo stesso anche dello stomaco”60.

60 “Чувство родины важнейшее чувство для каждого человека. У взрослого это чувство подобно

большой реке. Тоже с уверенностью я могу сказать и о стомаке.” (Tiškov, Stomaki, Moskva 1993, p.6).

Fig. 66 L. Tiškov, Znak Stomaka [Segno dello Stomak], olio su tela, 32x22 cm, 1990

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Lo stomaco, ritratto in modo molto verosimile dal punto di vista anatomico, è dotato di spirito patriottico, di amore per la sua terra, che in realtà è la stessa terra da cui proviene l’uomo che lo contiene (fig. 68). Nella quarta pagina dell’album, ogni Stomak si appresta a scegliere una professione; per ciascun lavoro, Tiškov inserisce un ritratto dello Stomak che lo esegue, alla maniera degli stemmi attribuiti alle gilde medievali. All’interno di una vignetta tondeggiante, nella quale si vede lo Stomak sedersi su un sasso dopo una stancante giornata di lavoro, si nota un ammasso di pezzi di legno sopra il quale l’artista ha inserito la frase “Buduščie Čurki” [Futuri Čurki], introducendo nello spazio dedicato alla narrazione degli Stomaki i personaggi che, cronologicamente, li seguiranno. Inoltre, questa autocitazione non è nemmeno del tutto casuale, considerando il rapporto conflittuale e l’atteggiamento nonnista da parte dei pezzi di legno (fig. 69). Stomaki ha una struttura testuale e raffigurativa ancora molto caotica, rimanendo così in linea con gli album di inizio anni ’90. La pagina di sinistra è spesso un preambolo o anticipa con alcuni temi ciò che viene trattato nella pagina di destra, dalla quale si distingue per una composizione più contenuta, con solitamente un’unica immagine al centro, circondata dal testo insistentemente descrittivo. È a destra che si scatena il caos, il flusso di coscienza nel quale testo e immagine sembrano lottare per emergere l’uno sull’altra, rendendo la lettura molto faticosa, in cui sia l’uno che l’altro elemento sono difficili da seguire.

Fig. 67 L. Tiškov, Stomaki idut po zemle [Gli Stomaki vanno in giro], olio su tela, 100x140 cm, 1990

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Nell’album Čurki, realizzato un paio di anni dopo, si nota una composizione ben diversa, più razionale, pulita e meno stilizzata, con una cura maggiore nei dettagli della rappresentazione delle varie figure. La prima parte è incentrata sull’essenza dei Čurki e la loro somiglianza con le persone: “Ecco il pezzo di legno di cui si parla in questo libro,

Fig. 68 L. Tiškov, Stomaki, offset, 1993

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un eroe fatto di materiale semplice, semplice come una persona di campagna, semplice come tutte gli abitanti semplici della nostra semplice terra. La Russia è un Paese semplice, ci sono semplici distese, semplici come lenzuola, semplice come l’odioso miglio”61 (fig. 70). Nell’angolo in alto a sinistra, un autoritratto dell’artista in un tondo sancisce la sua paternità di questa e delle precedenti creature. Accanto è presente la scritta Novyj Bažov [Il nuovo Bažov], in riferimento a Pavel Bažov, rivoluzionario, scrittore e folclorista vissuto nella prima metà del ’90 e famoso per i suoi racconti legati alla terra degli Urali, del quale Tiškov sembra portare avanti la missione narrativa.

Il termine čurka deriva dallo slang russo ed ha una connotazione offensiva nei confronti di chi proviene dal Caucaso; il personaggio creato da Tiškov non sembra voler avere a che fare con la natura offensiva del proprio nome, per cui quando viene preso in mano da un uomo per colpire un inorodec [straniero], piagnucola di non volerlo ferire. Il fatto stesso di essere usati in questa maniera impropria offende profondamente i Čurki, che preferiscono allontanarsi quando vengono utilizzati anche come gambe del tavolo e delle sedie durante una cena monotona: uno spazio senza metafisica, come scrive Tiškov, non è l’ideale per i Čurki (fig. 71).

61 “Вот чурка герой о котором эта книга, герой из простого дерева, простой как человек из деревни,

простой как все простые люди нашей простой страны. Россия простая страна просторы простые простые как простыни простой как просо постылое.” (Tiškov, Čurki, Moskva 1995, p.1).

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Secondo la storia elaborata da Tiškov, Maša scambia il proprio Burattino con un pezzo di legno; però poi ritrova il suo fedele amico e tornano a vivere insieme. Burattino è tormentato dagli incubi (impersonati da una minacciosa sega e dalle fiamme, nemici del legno), per cui Maša decide di portarlo dallo psichiatra, il dottor Mertvago (in un’ironica rivisitazione del nome del dottor Živago), che dichiara Burattino pazzo e decide di internarlo. Maša, sulla via del ritorno, trova un piccolo pezzo di legno, che decide di sotterrare in un vaso, per vedere cosa succede. Come il botanico Mičurin, con il quale Tiškov associa la protagonista, Maša esegue il trapianto e alla fine si ritroverà in possesso di un čurka.

Alcune vignette ricordano l’album La gente del mio villaggio, in particolare la scena in cui le donne si prendono cura di Dablus e lo lavano nella banja. Tuttavia, la quotidianità dei due amici, che passano tutto il loro tempo assieme, viene rovinata dalla presenza dei vicini cattivi (zlye sosedi), dei quali Tiškov fornisce dei ritratti con tanto di frasi identificative, che ricordano la polifonia di voci caratterizzante i quadri di Kabakov degli anni ’80 (ad esempio Č’ja ėto mucha?- Ėto mucha Nikolaja [Di chi è questa mosca? – È di Nikolaj, 1987), che portavano all’estremo situazioni verosimili all’interno di una

kommunalka. Diversamente dai personaggi di Kabakov, identificati solo tramite il nome

e patronimico, quelli di Tiškov possiedono anche un volto e delle caratteristiche fisiche.

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Tra i vicini, si rivelerà fatale l’invalido Aleksandr Kuklinov, che per scaldarsi cercherà di approfittarsi di Čurka per buttarlo nella stufa. Per difendersi, questi uccide il vicino, e per fuggire dalla polizia, che nel frattempo è giunta sul luogo del delitto, lui e Maša scappano. Dopo essersi nascosti a lungo, Maša individua sulla “testa” di Čurka dei segni nodosi che corrispondono alla mappa per il Čurkistan, una terra immaginaria dove finalmente saranno al sicuro.

All’interno di questo racconto, Tiškov tratta ogni pagina con uno stile diverso; è interessante quella dedicata all’omicidio di Kuklinov, organizzata come una pagina di cronaca nera o come un racconto a fumetti in stile poliziesco, così come quella che presenta i volti dei vicini di casa, che si lamentano del freddo, tranne il tedesco Klaus Wild, vestito da agente delle SS, che esordisce con un unico sostantivo, das

Sittlichkeitsverbrechen [delitto sessuale]. Il fumetto che contiene questa frase si distingue

dagli altri per essere colorato di giallo e per essere forse anche un giudizio severo nei confronti della condotta tenuta da Maša e Čurka, malvista dai vicini. L’artista gioca con le lamentele degli altri sul freddo, indicando il nome o il soprannome di ciascun vicino, scherzando anche su alcune loro caratteristiche (“Slavik”, per il taglio di capelli rado, diffuso tra i giovani russi). In particolare, sembra divertirsi con il personaggio di Zoja Morozova, che a causa del suo cognome (moroz significa infatti “gelo”), prova dentro di sé un forte dilemma esistenziale: “Non voglio più essere Zoja Morozova”62 (fig. 72).

62 “Я не хочу больше быть Зоей Морозовой.” (Ivi, p.25).

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L’analisi dello stile di Tiškov si limita qui a mettere in evidenza i significati dei segni che lo compongono, scegliendo quelli che meglio riescono a dare un’idea dell’ecletticità insita nella personalità dell’artista. L’interazione tra testo e immagine sono anche il risultato di un forte interesse per la letteratura, sia russa che straniera, e un tentativo di comunicare attraverso entrambi, senza necessariamente optare per una scelta esclusiva. Questo ricorda le osservazioni fatte dagli studiosi negli anni passati, in primis Lichačev63, che del principio di unità fa il fondamento della cultura russa, a partire dal

momento in cui venivano redatti testi scritti; o Lotman, che ce ne parla attraverso la metafora del girotondo delle muse, ovvero le arti che “danzano” assieme, pur rappresentando ciascuna una forma d’arte diversa, ma dichiarandosi così indispensabili l’una all’altra64.

63 Si veda Lichačev, “Slovo”, op.cit., pp.75-90.

64 Lotman, “L’insieme artistico come spazio quotidiano”, in Lotman, Il girotondo delle muse, op.cit.,

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Conclusioni

In questo elaborato è stata effettuata una ricognizione non solo dello stile di Leonid Tiškov nei lavori di fine anni ’80 e inizio 2000, passando in rassegna prevalentemente album e libri d’artista come spazi in cui si realizza il dialogo tra testo scritto e immagine, ma anche del contesto storico-artistico che lo ha visto emergere.

Per raggiungere questo obiettivo, si è dovuto far fronte a problematiche legate all’assenza di materiale specifico sulla figura di Tiškov. Nonostante l’elevato numero di mostre personali e la sua partecipazione a molte iniziative in collaborazione con altri artisti, non esistono monografie a lui dedicate. Grazie alla consultazione dell’archivio dell’artista presso il GCSI (Gosudarstvennyj Centr Sovremennogo Iskusstva, [Centro Statale d’Arte contemporanea], in inglese conosciuto con l’acronimo NCCA, National Centre for Contemporary Arts) di Mosca è stato possibile riunire articoli e recensioni che hanno permesso di ricostruire le considerazioni fatte dai critici sulla figura di Tiškov. Altri materiali utili ai fini della realizzazione di questa ricerca sono stati i cataloghi condivisi dall’artista, dimostratosi sempre disponibile a chiarire qualsiasi dubbio e a fornire i dati mancanti di cui si necessitava. Infatti, senza il suo contributo, non sarebbe stato possibile risalire a una datazione di alcune delle prime caricature e illustrazioni. Una difficoltà molto simile si è riscontrata anche al momento della stesura dell’elenco delle esposizioni personali e collettive. Consultando i cataloghi delle mostre o la pagina web