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Un mondo descritto da parole e immagin

3.3 Dabloidy: origini e significato

All’origine della mitologia tiškoviana, come un uovo cosmico40, si colloca Dablus. La sua comparsa, soggetto dell’album La gente del mio villaggio, avviene nei pressi di una fattoria collettiva degli Urali. Questo strano oggetto, la cui forma ricorda un cuscino piatto e allungato con due seni alle estremità, non viene inizialmente ben identificato dagli abitanti, che ne sono fortemente turbati. Nella raffigurazione della vicenda del ritrovamento di Dablus, la componente figurativa si mescola con il testo autografo dell’artista, allo stesso tempo voce del narratore (ovvero Tiškov, che non nega l’appartenenza al luogo in cui si svolge la vicenda, con cui già dal titolo dichiara di avere una certa parentela) e dei protagonisti della storia. Ciò che viene detto dai personaggi

39 Tiškov, “Conversazione”, op.cit., p.158.

40 Il motivo dell’uovo cosmico è presente in numerose mitologie, a partire da quella induista, antico-

greca, fino ad essere riconducibile anche alle cosmogonie presenti nelle credenze popolari di Lettonia, Estonia, Finlandia, America Centrale e Indonesia. La simbologia dell’uovo cosmico si collega ad un’idea di unità primordiale e di perfezione, oltre che di rinascita, come suggerisce l’usanza diffusa ad esempio nei Paesi slavi ortodossi di festeggiare la Pasqua preparando delle uova che poi vengono dipinte di rosso. Per una lettura più dettagliata riguardo questo motivo cosmogonico, si veda M. Eliade, Trattato di storia delle

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circonda disordinatamente chi parla, oppure è situato in poche righe all’altezza della bocca o sopra la testa.

Il primo foglio, intitolato Ljudi moej derevni nachodjat Dabl [La gente del mio villaggio trova Dabl] (fig. 46), è un esempio della rivisitazione particolare del genere del fumetto da parte di Tiškov. Per tutte le pagine è necessario compiere una lettura di tutti i dettagli presenti, ovvero i simboli che compongono uno dei mondi creati dall’artista. Infatti, nell’angolo sinistro, è visibile una piccola casella, contenente la dicitura Dablus

vulgaris [Dablus comune], indicante la denominazione scientifica di Dablus, insieme a

un ritratto della strana creatura ritrovata nella fattoria. Questo tipo di Dablus è stato ritrovato nei cespugli da un ragazzino soprannominato “Dochlyj” [“Scricciolo”], di cui nessuno nel villaggio sa nulla – né dove abiti, né chi siano i suoi genitori.

Interessante è l’approccio di Tiškov ai personaggi stessi, che vengono descritti nelle didascalie inserite tra i disegni; di essi egli precisa sempre aspetti caratteriali o fisici, oltre che il soprannome, qualora presente. Questo modo di vedere i protagonisti della propria opera quasi come dei conoscenti, dei veri e propri compaesani, fa pensare ancora alla terra in cui l’artista è cresciuto e alle dinamiche talvolta assurde, ma tipiche all’interno di un piccolo villaggio. Non a caso, Tiškov si è trovato spesso a dilungarsi e forse anche a romanzare sull’influenza della terra natia su coloro che vi vivono:

Fig. 46 L. Tiškov, “Ljudi moej derevni nachodjat Dabl’’ [La gente del mio villaggio trova Dabl], Ljudi moej derevni [La gente del mio villaggio], acquerelli e china su carta, 1989

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L’influenza della TERRA era così forte sulla gente che abitava nella regione degli Urali, che molti di loro andavano fuori di testa sin dall’infanzia. Nella mia città si aggiravano dei personaggi strani: Katja Seljabina, che raccoglieva l’elemosina nel suo sacco, per portarla agli animali che vivevano nel suo tugurio seminterrato sulla montagna; Šura Babuškina, sempre vestita di nero, con il bastone, era una Baba Jaga ed urlava dietro ai bambini, mettendogli paura; Vanja Konkin, un tranquillo pescatore, che indossava le medaglie e sosteneva di essere un generale, senza che ci fosse qualcosa che lo dimostrasse. I miei due amici di infanzia Lenja Bandurin e Sereža Kolmakov adesso vivono in un manicomio e io soffro per loro, che sono andati perduti. È evidente che nel nostro pianeta esistono dei luoghi, nei quali si concentra una forza mitologica e molte persone che vi vivono diventano detentori dell’eternità41.

I ricordi dell’infanzia qui si ricollegano a una visione quasi fiabesca dei propri compaesani, vista la loro corrispondenza con i personaggi principali del folclore russo, a partire dalla strega, per arrivare alle figure dei “folli” e degli emarginati, come i folli in Cristo. Accanto agli abitanti, in prevalenza contadini impiegati nella fattoria collettiva, vi è ovviamente il Partito. I suoi rappresentanti compaiono già nel secondo foglio, dove è raffigurata l’ispezione di Dablus da parte del Pravlenie kolchoza [la direzione del

kolchoz] (fig. 47) in presenza dell’istruttore. In una scena che rimanda ai quadri di

qualche anno prima, come Richiesta di ferie e Applicazione del timbro, caratterizzati da un’atmosfera di gravità collegata al mondo della burocrazia sovietica, anche qui, attorno a un tavolo, stanno seduti i rappresentanti del Partito, intenti ad analizzare la strana creatura rinvenuta dai contadini del kolchoz. All’interno di questa scena si insinua una vignetta facente riferimento a un episodio avvenuto in precedenza. In questo caso si tratta dei due lavoratori, che avrebbero trasportato Dablus presso l’ufficio del direttore della fattoria. I loro corpi stilizzati incalzano sul sentiero, sul quale cresce una betulla; la terra e l’albero vengono “nominalizzati” da Tiškov, il quale ne dà una descrizione molto dettagliata, anticipando anche la frequente presenza di questi due segni, visibili nelle pagine successive e nei lavori futuri. La betulla e la terra diventano simboli della terra d’origine, l’una prima di tutto emblema della russicità e la seconda, destinata a “sostenere” il villaggio di provenienza. Ciò che avviene in seguito ritrae uno 41 “Влияние ЗЕМЛИ было так сильно на людей, живущих на Урале, что многие сходили с ума с самого раннего детства. По моему городу бродили странные персонажи: Катя Селябина, собиравшая в мешок подаяния для своих животных, которые обитали во множестве у нее в земляной хижине на горе. Шура Бабушкина всегда в черной одежде, с палкой, старуха Баба Яга, ругалась и пугала детей. Ваня Конкин, спокойный и тихий рыбак, носил ордена, считал себя генералом без всяких на то оснований. Мои два детских друга Леня Бандурин и Сережа Колмаков сейчас живут в сумасшедшем доме, и моя душа болит за них, потерявшихся во времени. По- видимому, есть места на нашей планете, где мифологическая стихия концентрируется, и многие люди, живущие там, становятся проводниками вечности.” (Tiškov, “Ural”, in Tiškov, Suščestva, op.cit., p.8).

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stravolgimento della calma del kolchoz, scatenato dalla presenza di Dablus. In particolar modo si assiste a una contrapposizione tra chi dichiara la necessità di scatenarsi con la violenza su questa creatura, e chi invece la difende e sembra riconoscervi un potenziale benevolo, quasi divino. Kuricyn individua l’alternarsi di simboli legati al maschile e alfemminile, in rimando alla natura androgina di Dablus, che a sua volta, in diverse occasioni, si manifesta con caratteristiche dell’uno o dell’altro sesso. Anche gli abitanti del kolchoz reagiscono di conseguenza, andando ad acuire un divario tra i due generiche Dablus, nella sua sintesi, invece abbatte.

Riguardo la raffigurazione di Dablus, Kuricyn afferma: “[…] il “mascolino” nella raffigurazione di Dablus è il sesso maschile nel significato più stretto del termine (nell’aspetto di Dablus non c’è nessuno riferimento ad altri attributi maschili: la capacità di difendere, di costruire ecc.); il “femminino” nella raffigurazione di Dablus è invece la femminilità in generale”42. Questa totalità dell’essenza femminile in Dablus è confermata dal fatto che esso, quasi alla fine dell’album, genera i Dabloidy, che compaiono come delle protuberanze sulla sua superficie. Il comportamento di Dablus è qui simile a un terreno fertile, sul quale crescono le piante, particolare che porta a pensare all’importanza

42 “Мужское в Даблусе визуальном – конкретный секс (мужское в узком смысле, в облике Даблуса

нет намека на иные атрибуты мужественности: способность защищать, строить и т.д.); женское в Даблусе визуальном – это женское вообще.” (Kuricyn, “Saga”, op.cit., p.21).

Fig. 47 L. Tiškov, “Izučenie Dabla v pravlenii kolchoza v prisutstvii instruktora” [Analisi di Dabl nella direzione del kolchoz, con la supervisione dell’istruttore], Ljudi moej derevni [La gente del mio villaggio], 1989

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del ruolo della terra nella tradizione popolare russa. Essa era alla base dell’agricoltura, il mestiere più praticato non solo nell’antichità, ma anche nel XX secolo, essendo ad esempio attività principale all’interno del kolchoz descritto da Tiškov43.Inoltre, uno degli

elementi emblematici della cultura contadina, ovvero la banja44, diventa in questo album un luogo simbolico, in cui avviene un forte contatto tra la controparte femminile del villaggio e Dablus (fig. 48).

In Dablus si riuniscono tradizioni popolari, credenze religiose, ma soprattutto la sua comparsa all’interno della fattoria scatena una serie di comportamenti non controllati dalla ragione. In questo modo esso si distingue come rappresentazione di un inconscio collettivo che per molto tempo era stato represso. Nonostante l’atteggiamento di Dablus

43 Intorno alla terra ruotava gran parte dei riti praticati durante la primavera in epoca pagana, che si sono

conservati nelle usanze popolari tuttavia anche dopo la conversione al Cristianesimo. Tra queste è il caso di menzionare il culto di Mokoš’, divinità di origine ugro-finnica, ma che ebbe anche ampia diffusione in territorio russo: “Villages are named after her; her name, which appears related to the word for moist (mokryj) may have been adapted to the cult of the Russian Mother moist earth” (J. Hubbs, Mother Russia: The Feminine Myth in

Russian Culture, Bloomington and Indianapolis 1988, p. 20). A seguito della conversione, si assistette alla scomparsa della figura della divinità, ma tuttavia si mantenne il significato che essa incarnava. Tale significato venne acquisito dalla figura della Madre di Dio, che all’interno delle icone provenienti da Bisanzio si proponeva come sostituzione al culto di Mokoš’. Nella pratica del culto di questa divinità, soprattutto da parte delle donne, è possibile individuare un’analogia con la rappresentazione di Dablus circondato dalle giovani della fattoria collettiva all’interno della sauna, anch’esso luogo carico di una simbologia pagana (a riguardo si veda O. Figes,

La danza di Nataša: storia della cultura russa (XVIII-XX secolo), Torino 2004, p.276).

44 La banja, ovvero la sauna russa, è un luogo carico di valenza storica e culturale, il cui utilizzo si registra sin

dai tempi antichi.

Fig. 48 L. Tiškov, “Devočki igrajut s Dablusom” [Le ragazze giocano con Dablus], Ljudi moej derevni [La gente del mio villaggio], 1989

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sia quasi sempre passivo, l’energia da esso emanata, l’aura di misticità che alcuni dei personaggi gli riconoscono e l’orrore provato da chi, non rendendosi conto di che cosa sia, decide di attaccarlo, sono elementi che scatenano la reazione irrazionale e improvvisa degli abitanti del villaggio.

Dopo essere “nati” da Dablus, i Dabloidy cominciarono ad occupare uno spazio importante nel progetto artistico di Tiškov. Già nel 1990 venne scritta la pièce teatrale

Dabloidy, ispirata alla storia raccontata nell’album La gente del mio villaggio, a cui

seguirono gli album Dabloidy [1989-1991] (il cui contenuto, insieme al testo della pièce e ad alcuni disegni venne inserito dall’omonimo libro pubblicato dalla casa editrice Gajatri), Novoe o Dabloide [Qualcosa di nuovo su Dabloid, 1992], Pedagogika

Dabloidov [Pedagogia dei Dabloidy, 1992], Dabloidy i ich ljudi [I Dabloidy e la loro

gente, 1994], e il già menzionato Semplici azioni di D. [1992].

Dalla decima pagina di La gente del mio villaggio inizia la narrazione dedicata ai Dabloidy, che si apre con la scena intitolata Protivostojanie [Opposizione] (fig. 49). Una piccola porzione di testo scritto a mano racconta ciò che è accaduto dopo la loro comparsa. La loro presenza viene male interpretata dagli uomini del kolchoz, che sono pronti a fronteggiarli armati di fucili. A tutta pagina è raffigurata l’opposizione tra i rossi Dabloidy, innocui, contro i quali si scaglia con atteggiamento violento la controparte maschile del villaggio. Uno di loro, con la mano serrata in un pugno, minaccia il Dabloid che gli sta davanti e dietro di lui si vede la trascrizione di quanto esclama un altro personaggio che non si vede: “Perché non ci sono i rappresentanti del comitato

regionale?”45. Infine, in basso a destra, in un angolo, appare l’autoritratto dell’artista,

sopra al quale sono posizionate la data e la firma. La sua presenza ricorda quella di un tranquillo spettatore, o semplicemente l’elemento della comunità del villaggio che non si schiera con nessuno, ma se ne sta in disparte, a guardare incuriosito ciò che accade. Il suo è anche lo sguardo di chi si distacca saggiamente dalla lotta inevitabile, che viene raccontata a partire dalla pagina successiva. Da questa in poi è presente una trasposizione in chiave militare della lotta contro i Dabloidy, che assume quasi l’aspetto di una rievocazione della Seconda guerra mondiale (fig. 50). In alto a destra, la scrittura di Tiškov fa capolino con una retorica militare: “Come sempre nelle situazioni estreme,

accorsero i soldati”46.

45 “Почему нет представителей обкома?’’ (Tiškov, Ljudi moej derevni, Moskva 1989, p.10). 46 “Как всегда в экстремальных ситуациях на помощь пришли военнослужащие’’ (Ivi, p.11).

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La contrapposizione Uomini-Dabloidy avviene attraverso due schieramenti, dove ciascuna parte presenta ogni proprio “combattente”, con l’indicazione del nome e della professione. Dalla parte dei Dabloidy spiccano i compositori Musorgskij, Stravinskij, il poeta Tvardovskij, il capitano Andrian Nikolaev e il maresciallo Sokolovskij. A queste personificazioni dotate di una certa rilevanza storica si contrappone la rudezza dei

Fig. 49 L. Tiškov, “Protivostojanie” [Opposizione], Ljudi moej derevni [La gente del mio villaggio], 1989

Fig. 50 L. Tiškov, “Kak vsegda v ekstremal’nych situacijach na pomošč’ prišli voennoslužaščie” [Come sempre, nelle situazioni estreme, accorsero i soldati”, Ljudi moej derevni [La gente del mio villaggio], 1989

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generali che conducono la battaglia contro i Dabloidy, che ideano addirittura una strategia militare, come si vede nel tredicesimo foglio (fig. 51). Il conflitto si conclude assurdamente, con la dichiarazione di un soldato di aver terminato le cartucce. In questo modo, come annuncia la didascalia in cima alla quattordicesima pagina, comincia l’era dei Dabloidy, quindi la loro ufficiale accettazione nella vita di tutti i giorni dagli abitanti del kolchoz (fig. 52). La vignetta centrale ritrae un momento di gioia familiare, dove i bambini giocano con un grande Dabloid, mentre i genitori li guardano sereni; tutt’intorno, altre vignette che ritraggono diverse immagini, come i simboli runici che dovrebbero corrispondere a iscrizioni antiche premonitrici della presenza dei Dabloidy, i giovani pionieri che salutano le nuove creature, la giovane donna che abbraccia uno di loro mentre sta dormendo e un contadino che si lamenta con il direttore del kolchoz delle scorte di zucchero terminate.

Fig. 51 L. Tiškov, “Skol’ko ne vojuj – vse naprasno” [Per quanto tu possa lottare, è tutto inutile], (particolare), Ljudi moej derevni [La gente del mio villaggio], 1989

Fig. 52 L. Tiškov, “Preobrazuetsja selo – prišlo vremja Dabloida” [Il villaggio sta cambiando, è arrivato il tempo dei Dabloidy], Ljudi moej derevni [La gente del mio villaggio], 1989

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L’album Qualcosa di nuovo su Dabloid introdusse la struttura che da lì in poi avrebbero adottato quasi tutti i lavori di Tiškov appartenenti a quel genere. Interessante è la mescolanza di tecniche diverse, dal collage di foto all’uso degli acquerelli e della china. Il tutto è stato realizzato dall’artista, che non si è servito di nessun tipo di stampa, tranne che per le foto scattate dal fotografo Valerij Orlov. Nella copertina, il sottotitolo mette subito in risalto la caratteristica principale dell’album, ovvero la presenza di immagini con testi (kartinki s tekstami). Ogni pagina dell’album è dedicata a un tema diverso, uno dei quali è l’autobiografia di Tiškov (fig. 53). La raffigurazione ad acquerello delle montagne Kukan e Bol’ničnaja suggerisce un chiaro riferimento a Nižnie Sergi; sopra un autoritratto in giovane età la calligrafia dell’artista fa riferimento allo scritto Ural –

zemlja zolotaja [Ural, terra dorata, 1991], dedicato alla propria infanzia. Il resto della

pagina è occupato da una serie di raffigurazioni molto simili a pitture rupestri, che seguono un movimento prima discendente e poi ascendente. Sembra di intravedere animali selvatici, forme primordiali dei Dabloidy, alberi e due altri autoritratti ambientati a Mosca, uno riferito agli anni di studio e l’altro alla città in sé, che per Tiškov ha significato un allontanamento dalle origini, ma anche il contatto con il mondo dell’arte. La piccola vignetta in basso a sinistra fa riferimento al periodo di malattia, sofferto durante gli studi, momento in cui gli stati alterati della salute hanno favorito, a detta dello stesso artista, la comparsa dei primi Dabloidy. Nella vignetta è infatti presente una didascalia: “Leonid Aleksandrovič Tiškov si ammalò e gli apparve un Dabloid”47. In questo album Dabloid diventa anche un modello di vita, soprattutto per il diretto contatto che questa creatura sperimenta con la natura grazie alla propria fisionomia. Nel foglio intitolato Ploskostopie daet nam radost’ oščuščat’ žizn’ polnee [I piedi piatti ci permettono di sentire appieno la vita] (fig. 54), un disegno dimostra in che cosa si distingue la posizione delle ossa del piede in un caso di postura normale e in uno di piedi piatti. Sotto questa raffigurazione il testo autografo dell’artista descrive le due casistiche, mettendo in evidenza la capacità del piede piatto di far percepire un contatto più diretto con la terra su cui si cammina.

In Qualcosa di nuovo su Dabloid domina una pacatezza conferita dall’uso degli acquerelli che poi scomparirà, dando la precedenza all’impiego della serigrafia, offset e quindi di diverse tecniche di stampa, insieme alla scelta di colori più accesi. Anche il testo partecipa qui alle immagini senza pretendere il proprio spazio, non emergendo alla

47 “Леонид Александрович Тишков заболел и ему почудился Даблоид.” (Tiškov, Novoe o Dabloide,

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maniera di slogan volutamente dirompenti e talvolta invadenti nei confronti delle immagini. Cominciano a comparire citazioni di voci fuori campo, descrizioni attraverso un linguaggio pseudo-enciclopedico, che abbandona quasi subito la propria credibilità, cedendo alla descrizione più poetica delle curiosità sui Dabloidy.

Fig. 53 L. Tiškov, “Nizchoždenie s gory Kukan - vozrvaščenie obratno” [La discesa dal monte Kukan e il ritorno], Novoe o Dabloide [Qualcosa di nuovo su Dabloid], carta, acquerelli, china, collage, 1992

Fig. 54 L. Tiškov, “Ploskostopie daet nam radost’ oščuščat’ žizn’ polnee” [I piedi piatti ci permettono di sentire appieno la vita], Novoe o Dabloide [Qualcosa di nuovo su Dabloid], 1992

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Tiškov si dedicò alla realizzazione dell’album Dabloidy tra il 1989 e il 1991, segnando la prima tappa nella narrazione per immagini di queste creature. Egli stesso scrive: “C’erano molte cose nei miei album, si può persino dire che essi fossero realizzati secondo uno stile “tiškoviano”. Questo stile comprendeva il legame tra testo e immagine, una composizione “esplosiva” e la scrittura “nodosa” dei testi, con i quali riempivo gli angoli delle pagine”48.

La struttura di questo album prevede la facciata di sinistra occupata da una singola rappresentazione di un Dabloid, occupato in qualche azione particolare e puntualmente accompagnato dalla “voce” dell’autore, che con qualche parola permette anche di decifrare la situazione in cui la creatura rossa si trova. Sembra di vedere i Dabloidy impegnati in comportamenti “umani”, inseriti in contesti commentati da un linguaggio plausibile nella realtà di tutti i giorni: come sotto il Dabloid che tiene tra le proprie dita una sigaretta accesa, appare una scritta, precisamente una domanda retorica: “Quello fuma, ma dove trova i soldi per le sigarette?”49 che potrebbe e ssere uscito dalla bocca di qualsiasi persona all’entrata di casa o nella cucina di una kommunalka (fig. 55).

Nella facciata di destra, invece, l’episodio raffigurato (ciascuno è numerato in ordine crescente) si estende fino all’ultimo spazio bianco disponibile. In queste pagine tornano

48 “Многое совместилось в моих альбомах, смело можно сказать, что они сработаны в «стиле

Тишкова». Взаимопроникновение текста и рисунка, «взрывная» композиция, «корявый» шрифт, которым я писал тексты по углам листа.” (Tiškov, Kak stat’ genial’nym chudožnikom, op.cit., p.190). 49 “Курит а где деньги берет?’’ (Tiškov, Dabloidy, Moskva 1989-1991, p.17.

Fig. 55 L. Tiškov, “Kurit a gde den’gi beret?” [Quello fuma, ma dove trova i soldi per le sigarette?], Dabloidy, 1989-1991

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alcuni motivi da La gente del mio villaggio, come il ritrovamento di Dablus, la nascita dei Dabloidy e il salvataggio per mano di un pioniere, anche se decisamente ridimensionati e resi più che altro dettagli secondari. In primo piano ci sono riquadri concentrati prevalentemente su alcune “pose” assunte dai Dabloidy, illustrative del loro modo di essere. Alcune pagine presentano un tema generale, come la ottava (fig. 56). Al centro, affiancato da una betulla stilizzata, è raffigurato un Nastojaščij slavjanskij

Dabloid [Un vero Dabloid slavo]. Il motivo ricorrente è quindi il sentimento di

appartenenza alla cultura slava, visibile attraverso il ritratto caricaturale di Sergej Aksakov, rappresentante della corrente degli slavofili50, e nella raffigurazione, in basso, delle varie repubbliche dell’Unione Sovietica, sotto forma di Dabloidy. A partire dal Dabloid russo, non casualmente quello più grande, si arriva fino al Dabloid baltico, poco più evidente di un puntino rosso. In alto, un altro Dabloid vola sopra uno sputnik, simbolo della conquista dello spazio. Stando a questi elementi, assieme al sole che tramonta, su cui capeggia la scritta Svetlye dali [Il chiaro orizzonte], questa pagina si presenta come parodia dell’Unione Sovietica e del suo impegnarsi per realizzare la grande utopia comunista, dove le repubbliche godevano di eguale importanza.

50La corrente di pensiero degli slavofili (che negli anni 40 dell’800 iniziarono un dibattito ideologico con

gli occidentalisti), cercava di affrancare la Russia da ogni influenza ideologica e politica di matrice europea, in quanto ormai l’occidente veniva visto come la culla della decadenza. Nel loro pensiero prevalevano il concetto di sobornost’ (comunità) e l’idea di una missione affidata alla Russia, terra ricca di forza vitale