La generalizzazione al caso ultrarelativistico è immediato, se seguiamo la stessa procedura questa volta nel caso U = 3nkT V e p = (1/3)U. I Crs giocano dunque un ruolo dinamico nell’alone galattico.
Riaccelerazione
In aggiunta alla diffusione spaziale, la deviazione della traiettoria delle particelle cariche da parte delle fluttuazioni di plasma magnetico, comporta un’accelerazione stocastica dei Crs, descrivibile nell’equazione del trasporto di quest’ultimi come una diffusione nello spazio degli impulsi, introducendo un coefficiente di diffusione
Dpp.
Il coefficiente di diffusione in impulso è lagato alla velocità delle irregolarità nel plasma idrodinamico, detta velocità di Alfvén. Dalla teoria quasi-lineare [35, 147], sappiamo che
Dpp = 4
3δ(4 − δ2)(4 − δ)vAp
2/D(E), (3.28)
dove D è il coefficiente di diffusione spaziale. Si può stimare esso come Dpp =
p2v2
A/9D, dove la velocità di Alfvén vAè introdotto come una velocità caratteristica
delle irregolarità deboli che si propagano nel campo magnetico.
3.2 Il codice GALPROP
GALPROPè un modello numerico di propagazione di particelle nella Galassia, che racchiude in sè la maggior parte delle conoscenze astrofisiche, analizzate con gli attuali sviluppi teorici (Strong & Moskalenko, 1998 [155])†.
Con oltre 15 anni di sviluppo alle spalle, originariamente realizzato in fortran90 e poi riscritto nel linguaggio C++ nel 2001, il codice GALPROP è stato realizzato con l’intento di riprodurre un gran numero di dati osservativi, quali il flusso di Crs, primari e secondari, sia adronici che leptonici, l’emissione γ diffusa galattica e la radiazione di sincrotrone. GALPROP è prima di tutto un codice di propagazione di Crs all’interno della Galassia, che risolve numericamente le equazioni rilevanti, in modalità 2D e/o 3D. Per ogni modello basato su GALPROP, l’obiettivo primario è di essere il più realistico possibile, e di fare uso dell’informazione astronomica attualmente disponibile. Per una data distribuzione delle sorgenti e per opportune condizioni al bordo, l’equazione del trasporto è risolta per tutte le specie nucleari, includendo i vari processi che tipicamente hanno luogo nel mezzo interstellare, quali: (i) il trasporto convettivo per effetto del vento galattico, (ii) la riaccelerazione diffusiva nel mezzo interstellare, (iii) i processi di spallazione nucleare, (iv) le perdite di energia, (v) i decadimenti radioattivi, (vi) la produzione di particelle ed isotopi secondari. Come condizioni al bordo spaziali, si assume la libera fuga delle particelle ai confini del volume di propagazione. Per una data altezza dell’alone galattico, il coefficiente di diffusione, come funzione dell’impulso e dei parametri propri della
†Il codice GALPROP è nato dal lavoro di due scienziati (Igor V.Moskalenko & Andrew W.Strong). Oggi è disponibile una versione pubblica in continua evoluzione, curata da un piccolo team di membri della Collaborazione Fermi-Lat. Il lavoro presentato in questa Tesi utilizza la versione corrente v54. Per maggiori dettagli si consulti il sito http://galprop.stanford.edu
40 Modelli di propagazione e metodi numerici. riaccelerazione e convenzione, è determinato principalmente dalla riproduzione dei dati relativi al rapporto Boro/Carbonio.
L’equazione del trasporto implementata in GALPROP è scritta nella forma [155]
∂ψ ∂t = Q(r, p, t) + ∇ · (D∇ − vcψ) + ∂ ∂pp 2D pp ∂ ∂p 1 p2ψ −∂p∂ ˙pψ −p3(∇ · vc)ψ −τ1 fψ − 1 τr ψ. (3.29)
Qui, ψ = ψ(r, p, t) è la densità di Crsper unità di impulso totale della particel- la, e in termini della densità f(p) nello spazio delle fasi, si scrive come ψ(p)dp = 4πp2f (p). Il termine di sorgente è indicato come Q(r, p, t), mentre D è il coefficien-
te di diffusione spaziale, assunto isotropo. La velocità convettiva è invece espressa con vc, il processo di riaccelerazione è descritto come una diffusione nello spazio
degli impulsi, Dpp∝p2vA/D, mentre ˙p ≡ dp/dt indica il rate di perdite di impulso.
Infine τf e τr sono, rispettivamente, il tempo scala per la frammentazione e per
il decadimento radioattivo. La soluzione numerica dell’equazione del trasporto è basata sullo schema implicito del secondo ordine di Crank-Nicholson (Press et al. 1992 [139]) e, in generale, essa dipende dal tempo. Sebbene la soluzione esplicita nel tempo sia di notevole interesse nello studio degli effetti di sorgenti discrete sto- castiche, nel lavoro discusso in questa Tesi ogni risultato ottenuto con GALPROP è da intendersi riferito allo stato stazionario raggiunto dal codice.
Simulata la propagazione dei Crs per tutte le specie, compresi i secondari, GALPROP utilizza lo spettro di quest’ultimi per calcolare, in ogni punto della Ga- lassia, l’emissione γ diffusa, servendosi di mappe di gas 3D, basate su osservazioni del gas neutro, sia atomico H I sia molecolare H2, e gas ionizzato H II, e di un model-
lo dettagliato per il campo di radiazione interstellare (Porter & Strong 2005 [138]). Infine, combinando lo spettro di elettroni e positroni con un modello 3D di campo magnetico galattico (Orlando et al. 2009 [130]), si giunge alla determinazione della radiazione di sincrotrone emessa dalla Galassia.
I modelli di propagazione cui faremo riferimento nei prossimi paragrafi sono stati numericamente implementati in GALPROP, e ognuno di essi assume, tra i prin- cipali input fisici, lo spettro di iniezione dei Crs primari, la distribuzione spaziale delle sorgenti, le dimensioni del volume di confinamento dei Crs, i coefficienti di diffusione, sia in impulso che nello spazio, e la loro dipendenza dalla rigidità delle particelle.
L’equazione di propagazione è applicata a tutte le specie cosmiche rilevanti, e il
network di reazioni è così risolto a partire dal nucleo più pesante,64Ni. Si calcolano
successivamente tutte le funzioni sorgenti per i secondari, processando le specie nucleari con A − 1. La procedura, naturalmente, è ripetuta fino ad A = 1. Per tener conto di qualche decadimento speciale β− (e.g., 10Be −−→β− 10B), è necessario
iterare la procedura una seconda volta. Infine, per i nucleoni secondari, il termine di sorgente è dato da
Q(r, p) = βcψp(r, p)[σHps(p)nH(r) + σHepsnHe(r)], (3.30)
dove σps
H(p) e σ
ps
He(p) sono le sezioni d’urto di produzione per i secondari, in seguito
3.2 Il codice GALPROP 41
sità dei progenitori, e nH e nHe sono le densità numeriche dell’idrogeno e dell’elio
interstellare, rispettivamente.
Geometria della Galassia
La caratteristica principale della nostra Galassia, nota anche come Via Lattea, è la sua struttura a disco piatto e sottile, di raggio R ∼ 15 ÷ 20 kpc ed un’altezza che varia localmente in funzione della classe spettrale delle stelle ivi contenute‡,
e che assume mediamente un valore pari a 2zh ∼ 400 ÷ 600 pc§. La Galassia è
dotata inoltre di una struttura di forma sferoidale, un bulge centrale, che si estende al di fuori del piano del disco con un raggio di circa 2 kpc, racchiudendo in sè la concentrazione di stelle più densa dell’intero sistema galattico. Infine, è presente un alone stellare, consistente di ammassi globulari e stelle di campo, esteso fino a più di 30 kpc dal centro della Galassia (Binney & Merrifield 1998 [36]).
Osservazioni radio-astronomiche dell’idrogeno neutro interstellare indicano che la Via Lattea possiede una struttura a spirale, simile a quella osservata nell’ottico in numerose galassie esterne. Galassie a spirale di questo genere esibiscono, tipicamen- te, due bracci disposti a spirale, partenti direttamente sia dal bulge centrale che dalle estremità della barra che attraversa diametralmente il bulge stesso. Osservandola dall’interno, è difficile determinare l’esatta forma a spirale della nostra Galassia; le attuali osservazioni radio indicano una struttura caratterizzata da un bulge di dimensioni medie e un moderato avvolgimento dei bracci (ovvero di tipo Sbc secon- do la classificazione di E. Hubble), mentre recenti immagini raccolte nell’infrarosso (Ir) del centro galattico mostrano chiaramente un barra centrale.
In accordo con la convenzione adottata dall’Unione Astronomica Internazionale, il Sistema Solare giace ad una distanza di R⊙= 8.5 kpc dal centro del disco, detto
anche Centro Galattico, e a circa 15 pc al di sopra del piano galattico (Kerr & Lynden-Bell 1986 [110]). Il Sole è localizzato tra il braccio interno del Sagittario e quello esterno di Perseo, in prossimità del bordo interno del braccio locale del
Cigno-Orione (Mihalas & Binney 1981 [123]).
Sappiamo che la propagazione dei Crs cessa di essere di natura diffusiva oltre la superficie che delimita l’alone magnetico, non necessariamente coincidente con quello galattico, al di fuori del quale le particelle possono liberamente scappare. Per quanto riguarda l’implementazione numerica in GALPROP, nel paragrafo 3.2 abbiamo visto che i Crssono propagati all’interno dell’intero volume diffusivo lavorando sia su griglia 2D che 3D. I modelli di propagazione, da noi adottati nel lavoro discusso in questa Tesi, assumono una configurazione spaziale a simmetria cilindrica per la Galassia. Il trasporto dei Crs è descritto attraverso il set di coordinate {r, z, p}, dove con r è indicato il raggio galattocentrico (in kpc), z rappresenta invece la distanza dal piano galattico (anch’essa in kpc), e p è l’impulso della particella (in MeV/c).
La regione di diffusione è dunque modellizzata come un cilindro confinato entro un raggio r = Rmax, ed una semi-altezza z = zmax = −zmin, al di là dei quali le
‡Osservazioni riferite ad oggetti situati nei pressi del Sistema Solare, entro ∼ 0.5 kpc, indicano che stelle di tipo O e B hanno una semi-altezza caratteristica di 100 pc, mentre stelle di classe spettrale G, come lo è il nostro Sole, possono trovarsi anche fino a 350 pc dal piano galattico.
§La semi-altezza z
hdi una distribuzione piana di materia è definita come la metà del rapporto
42 Modelli di propagazione e metodi numerici.
Figura 3.1: Realizzazione grafica della geometria della Galassia cui abbiamo fatto
riferimento nei nostri calcoli. Qui assumiamo che il disco galattico, riempito di gas interstellare e sorgenti di Crs, abbia un raggio R = 20 kpc. L’altezza totale dell’alone diffusivo è 2zh = 8 kpc
particelle saranno libere di fuggire verso i bordi esterni della Galassia non più in regime diffusivo. Le condizioni al bordo, che la densità dei Crs deve soddisfare, sono pertanto
ψ(r = Rmax, z, p) = ψ(r, zmin, p) = ψ(r, zmax, p) = 0. (3.31)
Per i nostri calcoli, abbiamo scelto Rmax= 20 kpc, e zmax= 4 kpc, con una griglia,
sia in r che in z, spaziata in scala logaritmica, con ∆r = 0.5 kpc e ∆z = 0.1 kpc rispettivamente, tale da rendere la propagazione più realistica possibile. Il valore
zmax adottato per la semi-altezza dell’alone diffusivo è suggerito dalla misura del
rapporto dei nuclei radioattivi, in particolar modo il10Be/9Be (si veda la Figura 3.4,
inclusa nella sezione relativa alla determinazione dei parametri della propagazione).
La distribuzione spaziale delle sorgenti e lo spettro di iniezione
Il termine di sorgente Q(r, p), incluso nell’equazione del trasporto (3.29), assume la forma generale Q(R, z, p) = R R⊙ α exp−β R − R⊙ R⊙ − |z| z0 ×dQ(R) dR , (3.32)
dove α e β sono parametri, R è la distanza galattocentrica, R⊙ = 8.5 kpc è la
distanza del Sistema Solare dal centro galattico, e dQ(R)/dR è lo spettro diffe- renziale di iniezione, con R = pc/Z|e| la rigidità delle particelle. La condizione di normalizzazione è tale per cui Q(R⊙, z⊙) = 1 alla posizione del Sole.
3.2 Il codice GALPROP 43
La dipendenza radiale, mostrata nell’Eq. 3.32, è motivata da studi statistici mirati a riprodurre la distribuzione spaziale dei resti di Supernovae (Snrs) osservata nella Galassia, per opportuni valori dei parametri α e β. Ad esempio, Case & Bhattacharya 1998 [49], basandosi sul catalogo di Snrs elaborato da Green 1996 [96], hanno fornito i seguenti valori: α = 2.00 ± 0.67 e β = 3.53 ± 0.77. Strong & Moskalenko 1998 [155] adottano invece α = 0.5 e β = 1.0, scelti per riprodurre (dopo propagazione) la distribuzione di Crs determinata dall’analisi dei dati γ di Egret [155]. Qui usiamo i valori α = 1.25 e β = 3.56, ed applichiamo un
cutoff nella distribuzione delle sorgenti a Rcut= 15 kpc, dato che risulta alquanto
improbabile la presenza di sorgenti significative a distanze maggiori. La dipendenza dalla coordinata z riflette invece l’ipotesi di contenimento delle sorgenti nel disco; per z0 è stato scelto un valore nominale pari a 200 pc.
Lo spettro in energia delle particelle emesse dalle sorgenti è determinato dai meccanismi di accelerazione che vi prendono parte. Gran parte dei lavori teorici presenti in letteratura, centrati sui processi di accelerazione da shock diffusivi (e.g., Blanford & Ostriker 1980 [39], Berezhko & Volk 2000 [33]), indicano che lo spettro di iniezione di Crsprimari segua un tipico andamento di legge a potenza, in funzione della rigidità R delle particelle emesse. Lo spettro differenziale sarà dunque
dQ(R) dR ≡ Q(R) = Q0 R 1 GV −Γinj , (3.33)
dove Q0 è un fattore di normalizzazione, mentre l’esatto valore dell’indice Γinj è,
tuttora, oggetto di confronto scientifico.
Nel corso dei nostri calcoli, assumiamo che l’indice di iniezione sia identico per tutti i Crs nucleonici, e il valore per esso scelto è tale per cui le specie primarie riproducano, dopo essersi propagate, quelle osservate.
44 Modelli di propagazione e metodi numerici.
(a) Distribuzione radiale delle sorgenti di Crs.
(b) Distibuzione tridimensionale delle sorgenti di Crs.
Figura 3.2: Modelli di distribuzione spaziale per Snrse pulsar, ritenute le principali sorgenti dei Raggi Cosmici. Pannello (a): Distribuzione radiale delle sorgenti adottata in GALPROP e utilizzata nel corso di questa Tesi (linea nera continua) , confrontata con altri modelli proposti in letteratura: Lorimer 2004 [115]; Strong & Moskalenko 1998 [155]; Case & Bhattacharya 1998 [49]; Taylor et al. 1993 [162].
Pannello (b): Profilo verticale e radiale della distribuzione delle sorgenti di Raggi
3.2 Il codice GALPROP 45
Il contenuto di gas della Galassia
Ultimato il processo di accelerazione dei Crs agli shock formati in seguito ad esplosioni di Supernovae, le particelle inizieranno il loro viaggio nel mezzo interstel- lare, per arrivare infine al Sistema Solare.
Lo spazio tra le stelle della Via Lattea è popolato di materia diffusa e radiazione, tutti possibili bersagli di interazione con i Crs. La materia interstellare costituisce circa il 10 ÷ 15% della massa totale del disco galattico, ed è formata principalmente di gas e polveri, con un rapporto in massa, in media, di 100 : 1. Essa tende a concentrarsi sul piano galattico e lungo i bracci a spirale, distribuendosi molto disomogeneamente a piccole scale. Quasi metà della massa interstellare è confinata in nubi, che occupano solo una piccola frazione (∼ 1÷2 %) del volume interstellare. Rispetto a valori tipicamente terrestri, la materia interstellare è notevolmente tenue: nelle vicinanze del Sole, la sua densità varia da ∼ 1.5 × 10−26 g cm−3 in un
mezzo caldo a ∼ 0.02 ÷ 2 × 10−18 g cm−3 nelle regioni molecolari più dense, con
un valore medio di circa 2.7 × 10−24 g cm−3.
La distribuzione di gas nella Galassia consiste principalmente di tre componenti: (i) idrogeno atomico H I, (ii) molecolare H2 e (iii) ionizzato H II. Una descrizione
completa e dettagliata del gas presente all’interno della Galassia esula dagli obiettivi del lavoro discusso in questa Tesi, per cui rimandiamo a testi più completi (e.g., si consulti l’opera di Review di Ferriere 2001 [79]). In questo paragrafo ci proponia- mo invece di descrivere il contenuto di gas, principalmente idrogeno, che GALPROP utilizza quale bersaglio dei Crs, necessario per la produzione dei secondari.
La distribuzione relativa di idrogeno neutro H I (atomo cm−3) è basata sul lavoro
di Gordon & Burton 1976 [93], e rinormalizzato in accordo con la distribuzione verticale ottenuta da Dickey & Lockman 1990 [67]¶. Questi ultimi stabiliscono che
l’integrale perpendicolare al piano è 6.2 × 1020cm−2:
nH I(R, z) = 1 nGBY (R)× X i=1,2 Aie−ln2 (z 2/z2 i)+ A3e−|z|/z3, R ≤ 8kpc interpolato, 8 < R < 10kpc nDLexp (−z2e−0.22R/z42), R ≥ 10kpc (3.34) Qui, Y (R) è la distribuzione radiale secondo il lavoro di Gordon & Burton (R < 16 kpc), nGB= 0.33 cm−3 e nDL= 0.57 cm−3 sono le densità nel disco nell’intervallo
4 < R < 8 kpc nei modelli di Gordon & Burton e Dickey & Lockman, rispetti- vamente. La dipendenza in z è calcolata usando l’approssimazione di Dickey & Lockman, per R < 8 kpc, quella di Cox et al. 1986 [60] per R > 10 kpc, ed interpo- lata nel mezzo, ed i valori dei parametri sono A1 = 0.395, A2= 0.107, A3= 0.064,
z1= 0.106, z2 = 0.265, z3 = 0.403, z4 = 0.0523.
¶NOTA. L’idrogeno neutro H I contenuto nella Galassia non è direttamente osservabile alle lunghezze d’onda del visibile. Difatti, nelle condizioni tipiche dell’Ism le collisioni sono assai poco frequenti, da lasciare l’H I allo stato fondamentale n = 1. Le transizioni possibili tra gli stati eccitati e lo stato fondamentale hanno pertanto frequenza caratteristica nell’ultravioletto, per il quale l’atmosfera terrestre è opaca. La presenza di idrogeno neutro H I nella Galassia può essere però rivelata dall’osservazione nel radio della riga a 21 cm (1420 MHz) dovuta alla struttura iperfine dell’atomo di idrogeno.
46 Modelli di propagazione e metodi numerici.
Figura 3.3: Distribuzione radiale adottata in GALPROP, per l’idrogeno molecolare,
atomico e ionizzato, sul piano galattico z = 0
L’idrogeno molecolare H2 è invece distribuito secondo il modello di Bronfman
et al. 1988 [44], e la sua densità numerica (in moli cm−3) è calcolata a partire
dall’espressione nH2(R, z) = 3.24 × 10 −22X COQCO(R) exp − ln 2 (z − z 0)2 z2 1/2 , (3.35)
dove QCO(R) (K km s−1kpc−1) è l’emissività del monossido di carbonio CO, z0(R)
e z1/2 sono l’altezza scala e la larghezza della distribuzione verticale, i cui valori
sono tabulati in Bronfman et al. 1988 [44]k. Il fattore di conversione X
COè definito
come (Strong & Mattox 1996 [154])
XCO≡
nH2
QCO = 1.9 × 10
20moli cm−2/(K km s−1), (3.36)
kNOTA. L’assenza di momento di dipolo permanente rende di fatto impossibile l’osservazione dell’idrogeno molecolare H2 nella banda del radio. Pertanto si deve ricorrere a dei traccianti, ovvero ad altre molecole di cui è possibile osservare delle transizioni, la cui presenza è correlata a quella dell’H2. Ad esempio, una molecola ampiamente utilizzata è il monossido di carbonio (CO), che presenta una transizione alla lunghezza d’onda 2.6 mm, nel range delle microonde. A differenza della riga a 21 cm, la riga del CO è otticamente spessa. Siccome l’emissione proviene da
clumps discreti, ognuno caratterizzato da un diverso spostamento Doppler rispetto all’altro, si può
trattare la linea come se fosse otticamente sottile. Esiste una relazione lineare tra la temperatura di brillanza misurata, ossia la temperatura che dovrebbe avere un corpo nero per emettere alla potenza osservata nella frequenza considerata, e la densità di colonna di H2; il coefficiente di conversione è denominato XCO. Il valore di questo coefficiente è noto con un’incertezza considerevole (circa un fattore 2) e per di più non è costante in tutta la Galassia, ma dipende dalle proprietà fisico-chimiche delle nubi interstellari da cui proviene l’emissione.