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I principali insuccessi dei modelli Gcre

4.2 Fermi-LAT e lo spettro degli elettroni

5.1.3 I principali insuccessi dei modelli Gcre

I modelli discussi nelle sottosezioni precedenti sono, lo ricordiamo, centrati sul- l’ipotesi di una componente di Crs elettronici, distribuita omogeneamente e sta- zionarimente su scala galattica (Gcre). Essi costituiscono, senza alcun dubbio,

NOTA. La Gould Belt, o Cintura di Gould, è un anello parziale di stelle esteso per circa 3000 anni luce, inclinato attorno al piano galattico di circa 16-20 gradi. Contiene un gran numero di stelle di classe spettrale O e B, e potrebbe rappresentare il braccio di spirale locale di cui il Sole è un membro, a circa 325 anni luce dal suo centro. Si pensa che abbia un’età compresa fra i 30 e i 50 milioni di anni, e la sua origine non è nota; il suo nome deriva da quello di Benjamin Gould, che fu il primo che la identificò nel 1879. Tra le stelle appartenenti alla Cintura di Gould vi sono gran parte delle stelle blu vicine appartenenti alle costellazioni di Cassiopea, Perseo, Toro, Orione,

Cane Maggiore (eccetto la stella Sirio), ex Nave Argo (Poppa, Carena e Vele), Croce del Sud, Cen- tauro, Lupo e Scorpione. La Cintura di Gould ha una forma rozzamente ellittica, con un semiasse

compreso fra 354 ± 5 e 232 ± 5 pc (1154 e 756 anni luce), un’altezza di 60 pc (circa 200 anni luce) e un’inclinazione compresa fra 16 e 20 gradi rispetto al piano della Via Lattea. Il centro della cin- tura è formato dall’associazione Perseus OB3, un membro dell’associazione Taurus-Cassiopeia. La posizione del Sole è quasi a metà via tra Per OB3 e Sco OB2, una parte dell’associazione Scorpius-

Centaurus. La cintura è in via di espansione e ruota attorno al suo centro in modo leggermente

diverso dalla rotazione galattica, così che la sua eccentricità aumenta in modo disomogeneo: l’asse maggiore cresce più rapidamente dell’asse minore.

5.1 Interpretazione convenzionale 89

lo strumento più semplice per l’interpretazione del flusso di elettroni e positroni misurato dal Fermi-Lat, come è possibile apprezzare in Figura 5.1.

Allo stesso tempo, non sono privi però di diversi problemi, come ad esempio la loro inadeguatezza nel riprodurre sia (i) i dati sperimentali di bassa energia, in particolare quelli relativi alla missione spaziale Ams-01 [8], sia (ii) quelli al di sopra del TeV, dovuti invece al telescopio Cerenkóv (Act) H.e.s.s. [11, 12].

Nel primo caso, una plausibile spiegazione di tale discrepanza potrebbe essere le- gata al fatto che i dati del Fermi-Lat possono subire una traslazione rigida sia lungo l’asse verticale E3

e±× J(Ee±) (GeV2m−2s−1sr−1), pari al ≃ 20% , che lungo quello

orizzontale Ee± (GeV), questa volta pari al ≃ 10%, per via delle incertezze legate

alla calibrazione in energia [3]. Anche gli altri esperimenti possono essere soggetti a simili sistematiche come evidente dalle fluttuazioni nelle loro normalizzazioni.

Per quanto riguarda invece lo scarso accordo tra i modelli Gcre proposti fin’ora ed i dati di altissima energia, possiamo, con ogni probabilità, attribuirlo ai limiti che condizionano i modelli continui quando sono chiamati ad interpretare lo spettro nel regno delle alte energie (Ee± &100 GeV), dove le tipiche distanze di diffusione

sono dello stesso ordine delle reali distanze tra le sorgenti.

Il problema davvero serio che i modelli convenzionali incontrano è, tuttavia, il rapporto dei positroni e+/(e++ e) da loro predetto, del tutto inconsistente con

quello misurato recentemente da Pamela. In Figura 5.3 è possibile rendersi conto delle predizioni, alquanto insoddisfacenti, del rapporto di positroni corrispondenti ai modelli di riferimento Ia, Ib, II e III, riassunti in Tabella 5.1. A ciascun di essi

è stato applicato un potenziale di modulazione pari a 550 MV, in approssimazione di force-free (si veda Sezione 3.3): un tale potenziale, potrebbe risultare però po- co indicato per il periodo relativo alla misura del rapporto dei positroni da parte dell’esperimento Pamela [5]. A tal proposito è bene ricordare che il comportamen- to alle basse energie (Ee± . 10 GeV) è fortemente influenzato dalla modulazione

solare, che a sua volta dipende dal tempo e dal segno della carica delle particelle, quest’ultima probabilmente responsabile della differenza tra i risultati di Pamela e quelli di altri esperimenti, in quell’intervallo di energia (Gast & Schael 2009 [88]).

Basati sulla trattazione standard, secondo cui il flusso di positroni osservato a Terra è unicamente il frutto di collisioni di Crs nucleonici con il gas interstellare, i modelli esplorati fin’ora in questo paragrafo ben riproducono i dati sperimentali al di sotto dei 10 GeV, ma non riescono a spiegare la risalita nella frazione dei positroni osservata in Pamela ad energie Ee± &10 GeV. La situazione non migliora se altre

possibili combinazioni dei parametri della propagazione e dell’indice spettrale di iniezione degli elettroni sono considerati, fornendo comunque un buon accordo con i dati dei Cre misurato dal Fermi-Lat. In Delahaye et al. 2009 [63], nonostante si disponesse dei soli dati precedenti a quelli rilasciati nel 2009 dal Fermi-Lat, affetti quindi da una grande incertezza sulla normalizzazione e sull’esatta forma spettrale del flusso di elettroni, gli autori riescono marginalmente a riprodurre la frazione dei positroni, così come misurata da Pamela, solo ammettendo uno spettro di elettroni piuttosto ripido (Γe

inj ∼ 3.5), e con una produzione standard di positroni

secondari. La misura di un spettro piatto (∝ E−3

e±) di elettroni, ottenuta dal Fermi-

Lat con una precisione senza precedenti, contribuisce ad esasperare ulteriormente la discordanza tra gli scenari standard di diffusione di elettroni e positroni nel mezzo galattico ed i flussi misurati da esperimenti di recente genarazione.

90 Interpretazione dello spettro di elettroni

Figura 5.3: Rapporto dei positroni e+/(e+ + e) predetto dai modelli Gcre de-

scritti nel paragrafo 5.1, confrontato con i diversi risulati sperimentali disponibili al riguardo ([5, 8, 30, 41]). Gli stili delle linee sono coerenti con quanto mostrato in Figura 5.1 (linea nera continua per il modello Ia, linea blu a trattini lunghi per il

modello Ib, linea rossa punto-tratteggiata per quello II, ed infine verde tratteggiata

per il modello III). Il potenziale di modulazione applicato ai nostri risultati teorici è sempre pari a Φ = 550 MV.

Alla luce di quanto fin qui esposto, la presenza di una sorgente addizionale di positroni primari, di natura astrofisica o esotica essa sia, sembra dunque essere un’ipotesi leggittima per poter giungere ad una corretta interpretazione dei risul- tati ottenuti di recente dal Fermi-Lat, soprattutto se combinati con i dati di altri importanti esperimenti, quali Pamela ed H.e.s.s..

5.2 Interpretare i dati del Fermi-LAT con sorgenti astrofisiche locali di Raggi Cosmici Elettronici (LCRE)

5.2.1 Lo scenario delle Pulsar

L’idea proposta per la prima volta nel 1968, indipendentemente, da Gold e Pacini, riguardo la natura delle pulsar, costituisce ancora oggi, a 43 anni dalla loro scoperta (Hewish et al. 1968 [136]), il riferimento principale per tutti i modelli proposti fin’ora in letteratura. Le pulsar sono descritte come stelle di neutroni, in rapida rotazione (con periodo P , 1 ms . P . 1 s), dotate di campi magnetici estremi (109 ÷ 1014G), prodotte con ogni probabilità durante le esplosioni di alcune