2. Riforma terzo settore: dalla legge delega alla pubblicazione in gazzetta ufficiale del codice del terzo settore
4.2 Codice terzo settore
Il 28 giugno 2017 il Consiglio dei Ministri, dopo l'iter di consultazione parlamentare, ha approvato in via definitiva i Decreti attuativi su Codice del Terzo Settore, impresa
sociale e cinque per mille, che si aggiungono a quelli già approvati su Servizio Civile e Fondazione Italia sociale. Con il decreto sull’impresa sociale, l’Italia si dota di una normativa innovativa: ampliamento dei campi di attività (commercio equo, alloggio sociale, nuovo credito, agricoltura sociale, ecc.); possibile, seppur parziale, distribuzione di utili e soprattutto incentivi all’investimento di capitale per le nuove imprese sociali: il 30% dell’investimento potrà essere fiscalmente deducibile o detraibile, analogamente a come avviene oggi per le startup innovative tecnologiche. Nel mese di luglio prenderà altresì avvio il Fondo di garanzia e per il credito agevolato dedicato proprio alle imprese sociali. Il Fondo ha una dotazione di 200 milioni.
Per il cinque per mille il decreto porta a compimento la riforma strutturale iniziata con la Legge di Bilancio 2015, che ha attribuito risorse in modo stabile per 500 milioni all’anno. Ora si tratta di accelerare i tempi di erogazione, introdurre criteri innovativi nel riparto delle risorse e rendere del tutto trasparente l’utilizzo delle risorse da parte dei beneficiari.
Il provvedimento più importante è quello del Codice del Terzo Settore che è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale il 2 Agosto 2017. Si tratta del decreto legislativo più corposo (104 articoli) e avrà bisogno a sua volta, entro il prossimo anno, di ben 20 decreti ministeriali perché funzioni, nella pratica, tutto quanto previsto.
La parola riordino, usata più volte anche dal sottosegretario Luigi Bobba, “padre” della riforma, è la più appropriata per indicare lo scopo principale del Codice. Tre esempi sono sufficienti a farne comprendere la portata.
Primo: vengono abrogate diverse normative, tra cui due leggi storiche come quella sul volontariato (266/91) e quella sulle associazioni di promozione sociale (383/2000), oltre che buona parte della “legge sulle Onlus” (460/97).
Secondo: vengono raggruppati in un solo testo tutte le tipologie di quelli che da ora in poi si dovranno chiamare Enti del Terzo settore57 (ETS). Ecco le sette nuove tipologie:
organizzazioni di volontariato (che dovranno aggiungere Odv alla loro denominazione); associazioni di promozione sociale (Aps); imprese sociali (incluse le attuali cooperative sociali), per le quali si rimanda a un decreto legislativo a parte; enti filantropici; reti associative; società di mutuo soccorso; altri enti (associazioni riconosciute e non, fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro diversi dalle società).
Restano dunque fuori dal nuovo universo degli ETS tra gli altri: le amministrazioni pubbliche, le fondazioni di origine bancaria, i partiti, i sindacati, le associazioni professionali, di categoria e di datori di lavoro. Mentre per gli enti religiosi il Codice si applicherà limitatamente alle attività di interesse generale di cui all’esempio successivo. Gli ETS saranno obbligati, per definirsi tali, all’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore (già denominato Runts...), che farà quindi pulizia dei vari elenchi oggi esistenti. Il Registro avrà sede presso il ministero delle Politiche sociali, ma sarà gestito e aggiornato a livello regionale. Viene infine costituito, presso lo stesso ministero, il Consiglio nazionale del Terzo settore, nuovo organismo di una trentina di componenti (senza alcun compenso) che sarà tra l’altro l’organo consultivo per l’armonizzazione legislativa dell’intera materia.
Terzo: vengono definite in un unico elenco riportato all’articolo 5 le “attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” che “in via esclusiva o principale” sono esercitati dagli ETS. Si tratta di un elenco, dichiaratamente aggiornabile, che “riordina” appunto le attività consuete del non profit (dalla sanità all’assistenza, dall’istruzione all’ambiente) e ne aggiunge alcune emerse negli ultimi anni (housing, agricoltura sociale, legalità, commercio equo ecc.).
Il codice come già detto si compone di 104 articoli suddivisi in 12 titoli:
I Titoli primo e secondo recano disposizioni di carattere generale relative agli enti del Terzo settore.
Il Titolo terzo prevede disposizioni in materia di volontari e di attività di volontariato. I Titoli quarto e quinto disciplinano le specifiche tipologie di enti del Terzo settore, in particolare le associazioni e le fondazioni, le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le reti associative e le società di mutuo soccorso. E' inoltre prevista una nonna di rinvio - articolo 40 - alla disciplina delle imprese sociali dettata dal decreto legislativo di cui all'articolo l, comma 2, lettera c), della legge 6 giugno 2016, n. 106 e alla disciplina delle cooperative sociali e dei loro consorzi di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381.
Il Titolo sesto disciplina il Registro unico nazionale del Terzo settore. Il Titolo settimo reca la disciplina relativa ai rapporti con gli enti pubblici.
Il Titolo ottavo detta disposizioni in materia di promozione e di sostegno degli enti del Terzo settore prevedendo l'istituzione del Consiglio nazionale del Terzo settore, la
disciplina dei centri di servizio per il volontariato e nonne in materia di risorse finanziarie destinate agli enti medesimi.
Il Titolo nono reca disposizioni in materia di titoli di solidarietà degli enti del Terzo settore e altre forme di finanza sociale.
Il Titolo decimo disciplina il regime fiscale degli enti in parola.
Il Titolo undicesimo detta disposizioni in materia di controlli e coordinamento . Il Titolo dodicesimo reca disposizioni transitorie e finali.
Il regime fiscale degli Enti del Terzo settore è contenuto nel Titolo X del Codice del terzo settore (artt. 79 -89).